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Autore: Yanothing    25/04/2013    3 recensioni
La mia prima ff basata a grandi linee su una storia vera.
Un amicizia che comincia all'età di sedici anni, periodi molto difficili, problemi con alcool e farmaci, il mondo della musica punk-rock, un amore sano e puro, continue sfide che si infrangono contro le vite dei personaggi, sopratutto contro la vita dell'eterno giovane Billie.
"Portami indietro a un’ora fa, il tempo sta fermo mentre gli anni passano".
Genere: Malinconico, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Adrienne Nesser Armstrong, Billie J. Armstrong, Mike Dirnt, Tré Cool
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Aprii gli occhi lentamente, infastidito da una forte luce che mi faceva vedere rosso attraverso le palpebre.
Sentii freddo sotto i palmi delle mie mani, talmente tanto freddo che credetti di essere morto, così sollevai le mani e le portai davanti gli occhi semichiusi, fino a coprire la luce e a far ombra sul mio viso. Erano vive, ma tremendamente pallide.
Cominciai a sentir freddo lungo tutto il corpo, non capivo cosa fosse.
Mi guardai attorno e riconobbi le sagome sfocate, ma familiari, degli oggetti che arredavano il mio bagno.
Il pavimento in cotto provocava dei brividi lungo la mia schiena.
Misi a fuoco meglio, avevo un forte mal di testa, non ricordavo nulla.
Cosa ci facevo a dormire sul pavimento del bagno di camera mia?
Che cazzo avevo combinato questa volta?
Mi sollevai lentamente e poggiai le spalle contro la porta, mi guardai i vestiti zuppi di sudore e mi passai una mano tra i capelli, anch'essi infradiciti e freddi.
Mi portai le ginocchia al petto e ci poggiai sopra le braccia incrociate, facendo affondare la testa nell'abbisso che c'era tra me e il pavimento, chiusi gli occhi cercando di ricordare anche solo qualcosa, ma niente.
Non so quanto tempo passò, ma dopo un po' bussarono alla porta e io sentii come delle martellate in testa, sollevai la testa e mi scansai dalla porta, strisciando sul pavimento, e vidi una chioma di capelli castani sbucare da uno spiraglio.
“Come ti senti?” mi chiese Adrienne, vistosamente preoccupata per come mi ero ridotto.

B-bene..” biascicai, mentendo vistosamente.
Lei spalancò la porta ed entro in bagno, dopo aver chiuso a chiave si inginocchiò davanti a me.
“Come ti senti?”
La guardai per minuti interminabili, nei suoi grandi occhi castani, quegli occhi che molti anni prima mi avevano stregato, lei aspettava una risposta, era stanca in viso, i capelli raccolti in un'alta coda le lasciavano allo scoperto tutti i lineamenti, era così bella, così splendete, un raggio di sole nella mia cupa vita.
“Billie..”
Il mio nome spezzò il flusso di pensieri che volteggiava nella mia vuota mente, così mi decisi a rispondere.
“Sei bellissima come la prima volta che ti ho vista.”
“Ti ho chiesto come ti senti..” mi poggiò una mano sul braccio, mordendosi il labbro di fronte quello spettacolo pietoso, quello scherzo che ero diventato.
“Ho mal di testa..”
“Ora passa..”
“Posso prend..”
“No.”
La sua voce così autoritaria come poche volte precedette la mia stupida richiesta. Ci guardammo per secondi interminabili, avrei voluto baciarla, ma non sapevo se era la cosa giusta da fare, le mie labbra avevano ancora lo stesso sapore di cui si era innamorata? Era delusa? Cosa avevo fatto? In cosa mi ero trasformato?
La verità è che non mi ero trasformato in niente, sono sempre stato io, ogni singolo momento, è solo che sono un diamante dalle mille sfaccettature, e questa volta avevo fatto uscire fuori la peggiore.
“Scusa..” chinai il capo sulle fughe del pavimento e lei mi prese il mento tra due dita, sollevandolo fino a farmi incrociare il suo sguardo.
“Ti amo Billie..”
“Anche io, Adrienne.”
Così, mi diede un bacio sulla fronte, come se fossi un bambino, si alzò e usci dal bagno, lasciandomi nella rovina di me stesso.
Ricordai perché ero lì, da due giorni era cominciata la mia riabilitazione, in casa, davanti gli occhi di mia moglie e dei miei figli, delle volte mi chiedo se non sarebbe stato meglio andare in un istituto.
Il bagno era un posto sicuro? Mi bastava alzarmi dal pavimento per trovarmi di fronte il mobiletto dei medicinali, e a quel punto avrei potuto mandare giù qualsiasi cosa, ma conoscendo Adie aveva svuotato tutto.
“Era tutto finito? Billie Joe Armstrong era finito? Quella roba lo aveva sconfitto?”
Risposi a tutto con calma, infondo non avevo altro da fare.
Non era tutto finito, non è finita fino a quando non sei sotto terra.
Quel mostro che si era impadronito di me non era Billie Joe Armstrong, lui stava nell'angolino, buono buono, ad aspettare di poter tornare in scena.
Quella roba non mi aveva sconfitto, e non aveva sconfitto il mostro che c'è in me. Lui ne è uscito fortificato, io indebolito, ma lui non lo ama nessuno quindi nessuno cerca di salvarlo, lo facevo io inconsciamente, ma ho chiuso, non posso tornare indietro, ma lo farei, vorrei cancellare tutte le delusioni che ho causato, ma non posso, e quel demone che c'è in me ha finito di vivere, non è stata la roba a sconfiggerlo, lo sto sconfiggendo io, lentamente, ci riuscirò.
Mi accasciai nuovamente sul pavimento del bagno, appallottolai il tappetino e ci poggiai la testa sopra, chiusi gli occhi e continuai a pensare a come rimediare, a cosa fare, cosa dire, a quanto tempo mi ci sarebbe voluto, a quanto tempo sarebbe passato dal mio ritorno ad una vita normale; poi le braccia di Morfeo mi avvolsero, fino a trascinarmi in un sonno quasi micidiale.

Mi svegliai accecato da una luce bianca, molto forte, sopratutto dopo il profondo buio in cui erano sprofondati i miei occhi.
Misi lentamente a fuoco l'ambiente che mi circondava.
Pochi elementi lo caratterizzavano; la stanza bianca sembrava essere molto grande, doveva essere anche per via di quella purezza delle pareti che la rendeva fin troppo luminosa, non notai oggetti attorno a me, così rivolsi il mio sguardo verso il pavimento, anch'esso lucente, come appena pulito.
Girai il collo a destra, poi a sinistra.
Lentamente e con la mia tipica pigrizia mi resi conto di dove mi trovavo.
Lenzuola bianche con un ricamo azzurro lungo i bordi.
Un odore forte e tipico del luogo in cui mi trovavo percorreva le mie narici fino ad arrivare al cervello al quale sembrava provocare una scossa.
Una forte fitta al centro delle tempie. Ci premetti contro due dita cercando di contrastare quel dolore.
Ero in ospedale. In quell'ospedale.
Fitta al petto.
Che mi succedeva? Stavo bene, almeno credevo.

Mi svegliai di colpo, non era un sogno, era come il flashback di un sogno, ero sicuro di aver già fatto questo sogno, non avevo idea di quando lo avessi fatto o di cosa succedeva dopo, ma sapevo che lo avevo fatto.
Feci un respiro profondo e chiusi nuovamente gli occhi, cercando di ricordare il resto del sogno.
Cos'era? Una premonizione? Sarei presto finito in ospedale? Magari ci sarei finito per overdose.
Vuoto totale, non riuscivo a ricordare niente.
La porta si aprì lentamente, io alzai lo sguardo e non vidi nessuno, ora avevo anche le allucinazioni.
Una lingua umidiccia e appiccicosa mi leccò la guancia, Cleo era entrata di soppiatto, io scoppiai a ridere.
"Hei cucciolotta!”
La guardai e le carezzai la testa, sorridendo, lei sapeva cosa mi stava succedendo e aveva paura per me, riuscivo a capirlo dai suoi occhi, mi scrutava, si chiedeva cosa facessi steso in bagno, tutto sudato, perché non la portavo a passeggiare, perché non ero più io.
Lei si accucciò accanto a me poggiando il musetto sul mio ventre, io cominciai ad accarezzarla sulla testa, dietro l'orecchio, sulla schiena, di li a poco si addormentò e io insieme a lei, di nuovo.

Alzai lo sguardo e cominciai a scrutare ogni minimo particolare, ogni piccolo indizio, e scoprii che la stanza non aveva finestre, solo una porta di faggio chiaro, quella tipica degli ospedali, con un rettangolo di vetro opaco.
La porta si spalancò dopo poco e tirai un sospiro di sollievo.
Forse finalmente qualcuno mi avrebbe spiegato che succedeva.
Tenni lo sguardo basso e notai delle scarpe maschili avanzare con una lentezza estenuante e io, con la medesima lentezza alzai il viso su quell'uomo.

Che ci faceva lui qui?
Si sedette ai piedi del letto.
Chiusi le labbra in una linea sottile e deglutii a fatica continuando a guardare l'uomo dritto negli occhi.
“Billie ritrova te stesso, hai superato tutto nella vita, la mia morte per prima cosa..”
“Non l'ho superato papà..”
“Sh..supera anche questo..”
“Ti ho deluso..”
“No, non mi hai deluso campione, sono fiero di ciò che sei diventato, gli errori li facciamo tutti, devi solo prendere in mano le redini, ce la puoi fare, credo in te.”

Mi svegliai nuovamente, con le lacrime agli occhi, il labbro inferiore che tremava e la mano poggiata sulla testolina di Cleo che ronfava tranquillamente, poggiata su di me come a proteggermi.
Non potevo perdere tutto questo, non volevo, Adie, i ragazzi, Mike e Frank, Cleo e gli altri cani che avevo.
Avevo una vita da invidia, e non potevo rovinarla, non era giusto, me la meritavo quella vita, ma ero stato irrispettoso nei suoi confronti.
Sorrisi inspiegabilmente, mi sentivo in pace con me stesso, ero ben felice di essere steso sul pavimento del mio bagno, con Adie che passava l'aspirapolvere ogni due minuti per mettere fine al silenzio che era piombato in casa dopo la mia riabilitazione, con Cleo che mi sbavava sulla maglietta e russava come una bambina col raffreddore, con Mike che mi scriveva e Frank che mi mandava messaggi. Ero felice perché stavo sconfiggendo i miei demoni, ed era la cosa giusta da fare, rimettere a posto la mia vita, ricominciare a vivere, trovare rifugio in altre cose, smettere di avere paura e vivere nell'ansia.
Sono più forte di tutto questo, lo sono già stato per cose molto più gravi, posso farcela, devo farcela.
Mi asciugai le lacrime e svegliai Cleo dolcemente, come se fosse veramente una bambina, e mi alzai, barcollai per un attimo a causa del sangue che mi affluì velocemente al cervello e aprii la porta, scesi di sotto, seguendo il rumore dell'aspirapolvere, trovai Adie in salotto, staccai la presa e rimasi a guardarla dall'angolino, lei si girò e sgranò leggermente gli occhi dallo spavento.
“Ti da fastidio? Scusa lo stacco..” si affrettò a dire, preoccupata di disturbare il mio sonno sul pavimento del bagno, mi avvicinai a lei senza proferire parola, la presi dai fianchi e le diedi un bacio a stampo, premendo le mie labbra contro le sue, facendole sentire tutto il mio amore e la mia gratitudine nei suoi confronti, poi mi staccai controvoglia, ma rimasi con la fronte poggiata contro la sua e gli occhi fissi nei suoi.
“Grazie.”
Poggiai nuovamente le labbra contro le sue e sentii le guance bagnate dalle sue lacrime, che piano piano si fusero con le mie, le nostre labbra si schiusero e ci travolse quello che sarebbe stato l'inizio di una nuova vita, di un nuovo me.

“Scusa Mike. Perdonami. Perdonami ti prego. Sono un idiota.” lo guardai con sguardo implorante, inginocchiato su quella panchina alla 'periferia' del parco, lo guardai dritto negli occhi, cercando di fargli capire che le mie scuse venivano dal profondo del mio cuore, che ero pentito, ma stavo lavorando per superare tutto, però avevo bisogno di lui, avevo bisogno di Frank, avevo bisogno della mia musica e dei miei migliori amici, altrimenti non ce l'avrei fatta, per come non ce l'avrei fatta a superare tutto quello che era successo negli anni precedenti.
“Cristo Billie ho avuto paura..ho avuto paura di perderti..” mi abbracciò e io ricambiai stringendolo forte, sentendo gli occhi umidi e le sue mani accarezzarmi la schiena.
Passò qualche minuto e dopo che entrambi ci fummo ripresi ci mettemmo a parlare del più e del meno, di tutte le cose che non c'eravamo potuti raccontare in quei giorni, non che avessi molto da dire, però lui si, e mi piaceva starlo ad ascoltare, mi piaceva immaginarci tra vent'anni su quella panchina, a ricordare i vecchi tempi e a tirare briciole di pane ai piccioni.



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Siamo arrivati alla fine dei giochi. Non mi sembra vero. E' finita. Ho il magone, mi viene da piangere, questa ff significa molto per me, veramente, è la mia piccola bambina e non avete idea di quanto mi faccia male che sia già finita, contemporaneamente però sono felice di essere giunta alla fine, è stato puro masochismo scrivere certe cose, beh spero vi sia piaciuta, non so se ci rivedremo presto, però sappiate che vi voglio bene.
Grazie infinite infine a chi ha sempre creduto in me, sempre, ha chi mi ha compresa e a chi mi è stata vicina. 
Grazie, grazie, grazie.
Rage & love, Joe.

  
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