La notte mi avvolgeva, ma non riuscivo a prendere sonno. No. Non potevo farcela, non adesso, non ora che sapevo che non avrei potuto più vivere sapendo che un altro era divenuto il padrone indiscusso di me e del mio cuore.
Sì, lui.
Non mi sarei mai immaginato che uno stupido Marimo, il mio Marimo, potesse diventare così importante per me, così essenziale. Come l’ossigeno, come l’aria. Solo che era verde. Maledettamente verde. Ogni cosa colorata di verde faceva sì che il mio cervello continuasse a fantasticare riguardo ai suoi capelli, a come li stringessi l’altra notte.
Basta. Devo alzarmi.
Devo vederlo, non ce la faccio più.
 
 
-Ma io sto impazzendo.- Cazzo, non avevo pensato di dirlo, l’avevo proprio urlato. Ok, bene. Nelle cose bisogna essere razionali, bisogna ragionarci sopra prima di tirare conclusioni affrettate: è stato solo uno sbaglio, sarà stato l’alcool, sarà stato che avevo bisogno di amore, che ero ubriaco fradicio, che avevo bisogno di lui, che..
No, ma chi prendo in giro! Mi sono innamorato.. di Sanji! Fa proprio strano dirlo ma è così. Non passa momento che non pensi a lui ed a quelle sue insulse sopracciglia a ricciolo. Non passa momento in cui non pensi all’odore della sua dannata pelle sotto di me.
Fantastico. Non può capitare a me. Io, il futuro spadaccino più forte del mondo, non posso innamorarmi di un insulso cuoco.
Ma che palle, non riesco nemmeno a dormire. Che sia maledetta la notte e chi l’ha creata. Sarà meglio andare sul ponte a prendere un po’ d’aria.
 
-Ehi ciao- mi disse Sanji non appena mi vide arrivare sul ponte. –Zoro, io..-
-Eh, sì, ehm.. Riguardo l’altra notte io volevo dirti che anche io.. Ehm, è difficile..-
-No, no, Zoro, parla tu, dimmi.- non potevo sopportarlo quando mi guardava con quegli occhi, così vicino a me.
Non resistetti. Lo presi per la camicia e lo misi spalle al muro. Fu un attimo. Mi prese la faccia fra le sue mani e mi baciò con passione. Le nostre lingue si incontrarono prestissimo, ormai avevo venduto l’anima al Diavolo, ero suo. Maledettamente suo.
Cominciò ad armeggiare con la mia camicia ed i miei pantaloni, che potevo farci? Ormai non avevo via di scampo, dovetti collaborare anch’io.
Lo spinsi con violenza in cucina e ci ritrovammo sul tavolo, io mezzo nudo e lui con ancora i vestiti addosso, lo svestii in un secondo e cominciai a mordergli il collo mentre lui ansimava il mio nome.
-Io non lo so se è uno sbaglio quello che stiamo facendo ma mi piaci da morire!- riuscì a dirmi in un attimo di lucidità.
Io lo guardai e riuscii a rispondergli solo questo: “Anche tu mi piaci da morire” e continuai a farlo godere.
Alla fine era quello che volevo.
Alla fine era quello che voleva.
A me andava bene così.
A lui anche.
Il mio cuore gli apparteneva ed io anche.
Avevo bisogno di lui e lui aveva bisogno di me.
Che vita piacevole, quella dei pirati.