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Autore: ELLEcrz    25/04/2013    24 recensioni
Klaroline is THE way!
Gli occhi di Caroline non guardano più Klaus allo stesso modo, questo la spaventa, la confonde, la cambia. La cambia ma non la rende diversa da Klaus.
“Noi siamo uguali, Caroline” [Cit. Klaus]
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Klaus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Canzone consigliata per la lettura: http://www.youtube.com/watch?v=xq2LEmrl5GA

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CAROLINE


Conoscevo ormai fin troppo bene la strada per raggiungere quell'enorme villa bianca, non mi ci volle perciò molto per arrivarci.
Come avevo fatto solo poche ore prima entrai senza bussare né annunciarmi, sapevo dove trovarlo. Attraversai l'atrio e percorsi il corridoio ma la sicurezza che avevo dimostrato nel tardo pomeriggio ora mi aveva abbandonato.
Ero nervosa, sempre di più, ogni passo che mi avvicinava a lui. Ero sempre nervosa quando si trattava di Klaus, questa volta però era un nervosismo differente, non rabbioso o infastidito, ma quasi imbarazzato.
Non c'era un vera ragione per cui mi trovassi lì, non era stato lui a chiamarmi, non avevo bisogno di lui, mi sembrava giusto esserci e basta.Volevo esserci e basta.
Più il nervosismo saliva più iniziavo a pentirmi di non averci riflettuto abbastanza e trovarmi lì ora.
Arrestai il passo quando ormai ne mancavano una manciata per raggiungere il salone. Sentivo lo scoppiettare delle fiamme del caminetto, i suoi passi sul parquet.
Non ero una codarda, non lo ero mai stata.
Feci un lungo respiro e percorsi quegli ultimi passi senza pensarci ulteriormente.
«Quindi, come sto?» domandai tutto d'un fiato fermandomi sistemando il vestito ed alzando lo sguardo su di lui. Per l'agitazione sembrò più uno squittio, acuto e breve. Sentivo già l'imbarazzo prendere forma ed arrossarmi il viso.
Era di spalle e stringeva tra le mani una lettera, sussultò alle mie parole, sorpreso di non essere solo. Si voltò in mia direzione richiudendo la lettera ed alzando lo sguardo sino ad incontrare il mio.
«Caroline» La sua espressione confusa e concentrata, su chissà quali notizie quella lettera gli avesse portato, lasciò il posto al suo solito sorriso che gli illuminava il viso.
Mi studiò da capo a piedi a bocca socchiusa per quelli che sembrarono interminabili secondi. Il suo sguardo su di me mi innervosiva.
Seccata ed imbarazzata spezzai il silenzio, insistente «Allora?» misi le mani ai fianchi.
«Perfetta» riportò il suo sguardo ad incrociare il mio. «Come sempre» aggiunse sorridendo ancora.
«Grazie» commentai compiaciuta.
Continuammo a guardarci per diversi secondi. Non sapevo che dire e lui gioiva per questo mio disagio, sorridendo divertito. Stavo cercando in ogni angolo della mia mente qualcosa da dire, qualsiasi cosa, anche sciocca e senza senso, ma nulla. Quando ero con lui le parole venivano da sole, spontanee, non dovevo pesarle o ponderarle, ero sicura di me, ora invece non lo ero affatto.
Finalmente smise di bearsi del mio imbarazzo e parlò.
«Quindi com'è stato il ballo? Da sogno come volevi che fosse?» portò le mani dietro la schiena e mosse qualche passo in mia direzione. Solo allora mi resi conto che ero rimasta ai margini della stanza.
«Si» commentai confusa così come doveva apparire il mio sguardo. Feci una piccola pausa «grazie a te» realizzai.
Pure lui rimase sorpreso, quanto me, delle mie parole. Per quanto fosse presuntuoso ed amasse avere il controllo su tutto, non si prese il merito di nulla.
«Ho solo curato un dettaglio, Caroline.» la sua voce era calda e sincera.
Non potevo reggere il suo sguardo «Già» sussurrai sorridendo non sapendo come altro rispondere. Non potevo continuare a mostrarmi così impacciata, non in sua presenza. Dovevo riprendere il controllo.
«Se è stato così perfetto, come mai ti trovi qui ora?» era davvero sorpreso lo avessi raggiunto. Bella domanda Klaus. Strinsi i pugni per una frazione di secondo e poi li rilassai. Scesi i due scalini lentamente avvicinandomi a lui.
«Sai, amicizia. Fase due: mostra riconoscimento.» sorrisi al ricordo di quella folle giornata.
L'avevo ormai raggiunto, a dividerci c'erano solo pochi centimetri. Finalmente avevo riacquistato la mia sicurezza.
«Perciò grazie» sorrisi in modo dolce guardandolo negli occhi. 'Grazie' ripetei nella mia mente. Stavo ringraziando Klaus. Non potevo crederci. Il mostro, l'assassino, colui che avevo portato dolore nelle nostre vite. Mi dimenticavo in momenti come questo di tutto il male che aveva commesso, non era più mostro di quanto non lo fossimo stati anche noi.
«Amicizia» ripeté sorridendo compiaciuto.
«Allora, in segno di riconoscimento, concedimi un ballo» tornò serio. Chinai leggermente di lato la testa guardandolo non del tutto convinta della sua serietà ma il modo in cui mi guardò mi fece capire quanto quella richiesta fosse seria ed il suo sguardo, quasi malinconico, sperava non declinassi l'invito.
Allungò una mano in mia direzione. La seguii con lo sguardo e mentre la mia mente cercava di formulare una risposta razionale la mia mano si allungò sino a raggiungere la sua.
Il suo viso tornò ad illuminarsi, mi strinse la mano tirandomi a se. Trattenni il respiro quando la sua mano cince il mio fianco, lo ammonì con lo sguardo ma lui non se ne curò.
Quando gli poggiai una mano sulla spalla mi accorsi quanto pericolosamente vicini fossero i nostri visi. Per una manciata di secondi lo fissai negli occhi e lui fece altrettanto.
Ero consapevole di aver perso nuovamente la mia sicurezza.
Non per la sua mano sul mio fianco, non per la vicinanza del suo viso, non perchè eravamo così vicini, da soli, nella sua enorme casa, non per i suoi occhi su di me, non perchè solo un'ora prima ero stretta tra le braccia del ragazzo che amavo e che l'uomo che ora mi stringeva l'aveva cacciato minacciandolo di morte, non perché ero a conoscenza dei sentimenti che lui provava per me, ma bensì perchè tutto questo non mi infastidiva. Non mi infastidiva la sua mano, il suo viso, i suoi occhi, la sua stretta, i suoi sentimenti per me. Il mio cuore batteva a ritmo irregolare.
«Fase uno.» sussurrò imitando la mia voce, mi fu impossibile non fissargli le labbra «dimostrami che posso fidarmi di te»continuò prima che entrambi scoppiassimo a ridere.
Allontanò leggermente il viso dal mio ed iniziammo a ballare.
Avevamo già ballato altre volte, la prima volta in quella stessa casa, la seconda al ballo a tema a scuola, ma quello, quello era tutt'altro tipo di ballo. C'era intimità mentre volteggiavamo, mentre i nostri piedi si muovevano in sincrono a ritmo di una canzone non suonata, mentre i nostri sguardi si incrociavano. C'era intimità mentre nessuno dei due parlava, in quel silenzio elettrico.
Avrei pagato oro per sapere cosa gli passasse per la mente in quel momento. Sorrideva, mi guardava, distoglieva lo sguardo puntandolo su qualcosa di indistinto, tornava a guardarmi. Poteva sembrare fosse a suo agio ma un osservatore più attento, come lo ero io, poteva capire non lo fosse del tutto. Rimasi interdetta quando inizia a prestare attenzione a quello che stavo facendo e realizzai che le mie azioni erano eco delle sue.
Noi siamo uguali, Caroline”
Un'involontaria breve risata uscì dalle mie labbra.
«Cosa?» domandò lui stupito e stranito.
Non potevo di certo rivelargli cosa mi avesse divertito tanto.
«Nulla» arrossii ed abbassai lo sguardo.
Arrestò la danza fissandomi insistente, non in modo arrogante ma più curioso. Probabilmente avrebbe pagato anche lui oro per sapere a cosa stessi pensando io ora. Sostenni il suo sguardo per una frazione di secondo. Sospirai ed alla fine cedetti.
«Questo» quel ballo. Mi scostai da lui. Avevo ceduto ma non per questo gli avrei rivelato tutti i miei pensieri.
«A due amici non è permesso ballare?» domandò lui divertito.
Stava sfruttando le mie stesse parole a suo vantaggio. Meschino. Lo guardai chinando la testa poco convinta aspettando che ribattesse seriamente.
«Ah..» sospirai alla fine arrendendomi e tornando ad avvinarmi a lui afferrandogli la mano e riportando la mia mano sulla sua spalla. Fu lui questa volta a ridere.
«Cosa?» Chiesi rude.
«Mi piace vederti arrabbiata Caroline, quasi quanto mi piace vederti sorridere» rivelò lasciandomi interdetta. Lo guardai stupita «Mi piace saper di avere contribuito a rendere la tua serata perfetta anche solo avendoti regalato questo abito» continuò facendomi roteare su me stessa ammirando i movimenti del vestito. Completai il giro quando riafferrai la sua mano ed i miei occhi rincontrarono i suoi ad una breve distanza li uni dagli altri.
«Non pensarci nemmeno» gli fissai involontariamente di nuovo le labbra, continuai a parlare senza distogliere gli occhi da esse «Questo vestito è un prestito» chiarii.
Sospirò allentando la tensione che si era creata. «Voglio che lo tenga tu»
«No!» obbiettai.
«È un regalo»
«No!»
«Caroline?»
«Klaus!»
Sostenemmo uno lo sguardo dell'altra aspettando che uno dei due cedette, fieri ed orgogliosi, per diversi secondi.
«Ti prego di accettare il vestito Caroline, consideralo un regalo d'addio» il suo sguardo orgoglioso fu travolto da uno dolce e supplichevole. Ero pronta a ribattere immediatamente alla prima parte della frase ma non alla seconda. “..consideralo un regalo d'addio” No! Urlai nella mia testa ma dalla mia bocca uscì solo un piccolo lamento. La mia mente era completamente paralizzata quindi lasciai che le parole mi uscissero spontanee.
«D'addio?» chiesi perdendo anch'io il mio sguardo fiero diventando improvvisamente cupa.
«Lascio la città domani» per la sorpresa strinsi meccanicamente la sua mano. Di scatto entrambi portammo lo sguardo sulle nostre mani unite prima che io ritrassi la mia. Interruppi il ballo e mi allontanai di qualche passo.
«Come mai questa partenza improvvisa?» non sapevo come definire la mia reazione, la sensazione che stavo provando, o forse, mi vergognavo di ammetterlo persino a me stessa. Ero delusa.
Studiò confuso il mio sguardo prima di rispondermi «Devo sistemare alcune faccende a New Orleans il prima possibile, devo accertarmi che alcune voci che mi sono giunte all'orecchio non siano veritiere e nel caso lo fossero, dovrò agire di conseguenza» un sorriso sadico spuntò sulle sue labbra per una frazione di secondo.
« e la cura? Silas?» continuai confusa.
«non c'è più nulla per me qui, tesoro.» commentò secco.
«Ma...» non sapevo cosa aggiungere.
Avevamo desiderato per mesi che lui sparisse per sempre, come poteva spaventarmi ora l'idea che lui non fosse più stato lì? Rabbrividii senza poterlo controllare.
Il mio ritardo a ribattere confuse anche lui.
«Ti inviterei a venire con me ma sappiamo entrambi che non sei ancora pronta ad accettare la mia offerta» il ricordo di quelle stesse parole rivoltemi mesi prima mi fecero perdere un battito. Lui sorrise malinconico. «Perciò accetterai il mio regalo? Magari fra un anno o un secolo ti imbatterai in questo vestito e ti ricorderai di quel qualcuno, capace di fare cose terribili, a cui, per qualche ragione, importava solo di te» questa volta il mio cuore non perse un battito, si strinse.
Non riuscivo a ribattere, a pensare. Mi sarebbero dovute uscire un fiume di parole, questo era quello che avrebbe voluto lui e forse anch'io.
«Sì» risposi semplicemente in un sussurrò e dovetti ripercorrere a ritroso le parole che mi aveva rivolto per accertarmi a cosa quel sì fosse rivolto.
Sì, avrei accettato il suo regalo e no, in realtà non lo volevo.
Sì, non ero ancora pronta ad accettare la sua proposta e no, non sapevo se un giorno lo sarei stata.
Sì, un giorno mi sarei imbattuta di nuovo in quel vestito e sì, mi avrebbe ricordato lui. Me lo avrebbe ricordato non solo perchè era stato lui a regalarmelo ma bensì perchè quel vestito lo rappresentava. Elegante, regale, non passava in osservato, unico e, per quanto fastidioso e scomodo da indossare, perfetto.
Lo stavo guardando ma il mio sguardo era perso. Si avvicinò a me lentamente, a mio avviso, ma non potevo esserne sicura, confusa com'ero.
«Non so se questo sarà un addio ma, in qualità di amico» scherzò ma non stetti al gioco. Prese la mia mano tra le sue.«grazie» per quello stupido vestito? «per aver cercato di venirmi incontro nonostante io non fossi in grado di cambiare idea, per non avermi voltato le spalle quando avresti dovuto farlo, per aver visto un mio lato umano, per aver cercato di conoscermi ,per...» pendevo dalle sue labbra aspettando che continuasse la frase. «aver cercato di dimenticare le cose orribili che ho fatto, per aver illuminato me con la luce che emani» Non capivo perchè stesse riportando a galla ogni singolo ricordo, ogni singolo momento trascorso con lui in quei mesi, non volevo che lo facesse.
Avrei potuto ferirlo ora come avevo fatto in passato, ma non ero più la stessa come non lo era lui. Non potevo ferirlo, non volevo ferirlo.
Non c'era altro che lui avesse potuto aggiungere, aveva già detto tutto. Toccava a me rispondere e, come molteplici volte nell'arco di quella serata, mi trovavo in difficoltà.
Fissai ogni angolo del suo viso comprendendo quanto le parole che mi aveva appena rivolto fossero vere. Non stava mentendo, quella non era una delle sue strategie che usava con gli altri con i quali alzava la guardia mostrando la sua forza, mostrandosi invincibile, superiore.
Ma lui, quanto me, sapeva non fossi pronta ad abbassare la guardia come faceva lui, non potevo fidarmi di lui quanto lui si fidava di me. Non ancora.
«Grazie, per il meraviglioso regalo.»
Puntai lo sguardo sui suoi occhi profondi e luminosi e su quelle lunghe ciglia. Feci un breve respiro e colmai la distanza che ci separava posando una bacio sulla sua guancia.
Quando mi allontanai abbassai lo sguardo per non rischiare di incrociare il suo. Gli voltai le spalle allontanandomi da lui e da quella stanza. Risalii quei due scalini con molta più difficoltà di quanta ne avessi avuta per scenderli. La morsa al cuore si faceva sentire e non riuscivo a capirla, a darle una ragione. Non capivo perchè mi importasse. Eppure quei passi erano pesanti.
Sentivo il suo sguardo puntato su di me e mi stavo torturando perchè volevo sapere di che natura fosse quello sguardo. Ma non dovevo voltarmi. Raccolsi tutto la forza che possedevo ma non bastò.
Mi voltai.
Sorrideva. Compiaciuto, soddisfatto, sorpreso, felice? Non potevo saperlo. Come non controllai il mio corpo non controllai nemmeno le mie parole.
«A presto, Klaus» sorrisi sparendo dalla stanza prima che il mio corpo commettesse altri guai.
Ripercorsi a passo svelto quel corridoio, attraversai velocemente quell'atrio. Trattenevo il respiro come le emozioni che di li a poco si sarebbero manifestate più impetuose che mai.
Non potevo però trattenere quel senso di insicurezza che mi attanagliava. Quella sensazione di vuoto, nostalgia, mancanza, la sensazione di essere indifesa.
Scossi la testa ed aprii la porta. Mi voltai per richiuderla lentamente senza far troppo rumore. Quando anche l'ultimo sguardo all'interno della casa mi fu privato una volta chiusa avevo un'ultima cosa da dire.

'Grazie Klaus, per avermi fatto sentire la prescelta.' 






Spazio autore:  
Prima di tutto dovete sapere che http://25.media.tumblr.com/3e6a6aeda79cc90a297c40de391abd56/tumblr_mls9z57BIf1s7d2gpo2_250.gif

Ho voluto scrivere quella che per ora è solo una OS ma che spero di continuare nel caso sia di vostro gradimento perchè amo il Klaroline.
Dal prossimo episodio Klaus si trasferirà e forse ogni mio sogno Klaroline svanirà a causa della sua partenza (GUAI) quindi mi sembrava giusto farli salutare. Salutandosi hanno ricordato molti dei loro momenti più importanti, parole molto importanti che si sono scambiati. Caroline ama Tyler e questo non si può negare, ma non si può nemmeno negare che tra lei e Klaus ci sia qualcosa. Se volete una Caroline che si lancia tra le braccia di Klaus, be' avete scelto la storia dell'autore sbagliato da leggere. Voglio seguire coerentemente il personaggio di Caroline per quanto mi sia possibile, voglio costruire momenti che le facciano guardare Klaus in un nuovo modo e questo di certo non succederà da un giorno all'altro.
Ovviamente nal caso continuassi seguirei gli ultimi episodi di TVD e poi andrei avanti per i fatti miei. :)

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, fatemelo sapere e fatemi sapere se per voi è il caso che io continui. 
Un bacio Klaroliners e non,
ELLEcrz.
  
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