1)1) Arrivederci Poway, ciao San Diego
Ci
sono delle cose che non
cambieranno mai, nemmeno in un miliardo di anni: una di queste sono i
litigi
con mia madre.
È
passato un anno da
quando c’è stata la festa di Ferragosto a casa
Hoppus. Un anno lungo e pieno in
cui ho lentamente colonizzato l’appartamento di Mark a San
Diego aiutandolo ad
arredarlo, portandoci mano a mano le mie cose e andando da lui quasi
ogni
weekend.
Ormai
sono di casa al Soma
e conosco abbastanza bene la città e su questo il generale
in gonnella che è
mia madre non ha sollevato obbiezioni.
Le
piace che il mio
ragazzo sia lontano e
che – secondo il
suo parere – io possa pienamente dedicarmi alla scuola senza
distrazioni. Non
che le abbia dato motivi di pensare altro; mi sono diplomata a pieni
voti e
Mark era in prima fila ad applaudirmi.
Ho
anche le idee quasi
chiare per il futuro, mi sono iscritta
all’università di San Diego per studiare
storia dell’arte puntando a fare l’insegnante e lei
ne è soddisfatta.
Le
piace l’idea di una
figlia insegnante, molto più di una figlia tatuatore come
vuole fare Erin.
Ora,
perché stiamo
litigando?
Perché
voglio vivere a San
Diego, con Mark. Nel suo appartamento.
Questa
è una decisione in
grado di mandarla fuori di testa, soprattutto perché sa di
non potermi fermare
in alcun modo, dato che ormai ho diciotto anni.
“Ruby,
dobbiamo parlare!”
Eccola, mentre sta facendo
irruzione in camera mia.
Guarda
con malcelato
disprezzo le valigie che sto preparando e poi guarda me.
“Cosa
c’è mamma? È tutta
estate che parliamo!”
“Ruby,
io non voglio che
tu vada a vivere da lui!”
Io
sospiro.
“Lo
so, dimmi non ti
piace?”
“Non
è questo.”
“E
allora? Alla fine l’hai
accettato. Non sarà mai la persona con cui uscirai a farti
due spaghetti e a
parlare delle vostre condivise visioni del mondo, ma ti va bene, hai
smesso di
fargli a guerra.
Allora
qual è il problema?
Ti
ricordo che ho diciotto
anni e posso andare a vivere con lui secondo la legge.”
“Non
voglio che tu vada a
vivere a San Diego.”
“Anche
Erin va a vivere a
san Diego e non hai sollevato tutto questo polverone.”
“Erin
è più furba di te.”
Alzo
un sopracciglio.
“Lo
sai che non è vero,
sputa il rospo mamma.”
“Erin
va a vivere da sola,
tu vai a vivere con Mark. Siete troppo giovani, accidenti!”
“Non
dobbiamo sposarci!”
“E
se vi doveste lasciare,
cosa pensi di fare?
Vivere
sotto i ponti?”
“Mi
troverò un altro
appartamento!”
“è
troppo presto, non vi
conoscete abbastanza, finirà male.
La
convivenza è quasi come
il matrimonio, manca solo la firma di un giudice tra i due!”
“Mamma,
stai esagerando.”
“No,
sono realista! E se
rimanessi incinta?”
“Hanno
inventato i
preservativi e comunque prendo la pillola, lo sai benissimo.”
Lei
scuote la testa.
“Non
sono d’accordo.”
“Lo
so, ma non posso farci
niente.
Mi
è pesato un sacco
questo anno lontana da lui e mi conviene vivere in un posto che
già conosco,
invece di cercare un nuovo appartamento correndo il rischio di trovare
dei
coinquilini fuori di testa.
E
lo amo.
Lo
amo più della mia vita.
Rispetto
la tua opinione,
ma non mi farà cambiare idea e adesso scusami, ma devo
finire di preparare le
ultime cose, Tom passerà tra poco.”
Lei
scuote di nuovo la
testa.
“Cosa
ha combinato quella
testa calda di tua sorella? Perché ultimamente Tom viene
pochissimo a
trovarla?”
“Non
ne ho idea, nessuno
dei due mi ha detto niente a riguardo e ho paura a chiedere
qualcosa.”
“Spero
non si siano
mollati, potrebbe mettersi con uno spostato peggiore di lui in
futuro.”
Detto
questo esce dalla
stanza e mi lascia finire di preparare la mia roba. Nemmeno cinque
minuti dopo
suona il campanello: è Tom.
Hai
di nuovo i capelli
biondi e mi sembra che abbia più tatuaggi,
chiederò notizie non appena saremo
in macchina.
Lo
vedo entrare in casa e
quindi mi precipito a urlare in cima alle scale che
arriverò, lo sento sbuffare
e salire. Poco dopo si affaccia alla porta della mia camera, ha un
tatuaggio
nuovo – delle stelle sul polso – e un piercing al
naso.
“Beh,
non avresti dovuto
essere pronta?”
“Scusa,
ma mi ha madre ha
deciso che dovevamo parlare, è stato il suo ultimo tentativo
per convincermi a
non convivere.”
“Non
ha tutti i torti.”
Lo
fulmino con un’occhiata
e chiudo con un colpo secco la valigia.
“Fingo
di non avere
sentito, DeLonge, ma in macchina mi devi spiegare un po’ di
cose.”
Lui
annuisce, dallo
scocciato si fa triste.
Senza
dire nient’altro mi
dà una mano a portare giù le valige, sulla soglia
della cucina c’è mia madre.
“E
così te ne vai…”
“Sì.”
“Que Dios te benediga, mi
hijia.”
“Gracias
mama.”
Ci
abbracciamo e poi lei
guarda Tom.
“Non
hai l’aria di uno che
stia troppo bene, ma sappi che passerà e che se qualcosa o
qualcuno è tuo
tornerà da te.”
“Grazie,
signora.”
Detto
questo, congedata
mamma, usciamo.
Quando
la porta si chiude
ho un brivido che è un misto di paura e piacere. Mi sto
mettendo alle spalle la
mia adolescenza per iniziare la mia vita adulta e fa un po’
paura.
“Ruby?”
La
voce di Tom mi riscuote
e mi fa capire che non sono da sola: ho una sorella, degli amici e un
ragazzo.
“Arrivo,
scusa. Momento
di….”
“Paura?”
Lui
sorride.
“Succede
a tutti.”
Mi
tende una mano e io
sorrido mentre la afferro.
“Sono
pronta.”
“Bene,
allora carichiamo
le cose in macchina che si parte e che Dio ce la mandi buona.”
Detto
fatto, le mie valige
sono archiviate nella nuova macchina di Tom insieme alle sue e
finalmente
partiamo.
“Ora
mi vuoi spiegare cosa
diavolo è successo tra te e
Erin?”
Lui
si incupisce.
“Siamo
in pausa di
riflessione.”
Io
sobbalzo.
“Come
mai?”
“L’ha
chiesta lei e io non
ci ho capito molto. Dice che non sente più le stesse cose di
prima, che deve
capire cosa prova per me, se è ancora amore o solo
amicizia.”
“E
tu?”
“Non
lo so, Ruby. Ci sono
dei giorni in cui mi dico che ha ragione, altri in cui brucia da morire
e in
cui sento la sua mancanza in modo intollerabile.
Mi
ha confuso, non so cosa
fare se non darle il tempo che mi ha chiesto.
Beata
te che non hai di
questi problemi con Mark!”
Io
non so cosa dire, non
ci capisco molto di amore, so solo che sono fortunata che Mark mi abbia
scovata
e abbia tenacemente lottato per tirarmi fuori dal mio guscio.
“Mi
dispiace Tom, non so
cosa dirti. Sono una frana in queste cose,
sappi solo che se vuoi parlare io sono qui ad
ascoltarti.”
“Grazie,
è già tanto.”
“Figurati.
Siamo amici,
no?”
Lui
annuisce sorridendo.
“Cosa
sono questi nuovi
tatuaggi?”
“Le
stelle? Beh,
rappresentano i punti fermi della mia vita: la mia famiglia, la mia
ragazza, la
band, i miei migliori amici e i miei futuri figli.”
Io
alzo un sopracciglio.
“Ok,
un giorno mi sono
ubriacato da fare schifo e ho supplicato un mio amico tatuatore di
farmele, non
mi ricordo perché. So solo che alla mattina mi sono
svegliato con queste stelle
sul polso e mi sono inventato questa storia.”
“è
ok, propinala a tutti,
ti crederanno.”
C’è
un lungo attimo di
silenzio tra di noi.
“Crescere
fa schifo. Se
non fossi cresciuto non avrei avuto questi problemi con Erin.
La
notte perfetta per me è
stata Ferragosto di un anno fa.”
“Sì,
eravamo tutti così…
felici. Come se non ci fosse un futuro e tutto fosse perfetto in
quell’attimo.”
“E
lo era.”
“Sì,
lo era. Ci si accorge
sempre dopo di quanto si sia stati felici.”
Il
silenzio cala di nuovo
su di noi.
“Basta
Ferreira, stai per
andare da Mark non devi farti deprimere da questo.
Sei
felice di rivederlo,
vero?”
“Ci
puoi giurare! Ora
finalmente non dovrò aspettare il fine settimana..”
“Per
scopare!”
Io
rido.
“Anche.
Sono così curiosa
su come sarà vivere con lui.”
“SE
vuoi metterlo a tacere
basta che gli dai una tazza di acqua e cereali e lo schiaffi davanti a
un film
di Star wars.”
“Giusto.
Dio, non posso
credere che abiterò davvero in quell’appartamento.
È bellissimo!
Si
vede la baia e ha la
terrazza. Ti rendi conto?
E
poi vedrò tutte le
mattina Mark svegliarsi, gli preparerò la colazione e la
cena e ci
addormenteremo insieme.”
Esclamo
sognante,
facendolo sorridere.
“Sei
la ragazza perfetta e
lui ha bisogno di coccole e amore, anche se non lo
ammetterebbe.”
“Già.
A volte mi chiedo
come diavolo abbia fatto a vedere quella che sono io adesso in quella
che ero
un anno fa.”
Tom
aggrotta le
sopracciglia.
“Misteri
di Mark Hoppus.
Un anno fa facevi paura e ora sei un essere umano e sei mia
amica.”
“Mi
piace quell’ “ora sei
un essere umano.”. Prima cosa ero? Un abitante di
Nibiru?”
“NO,
un mezzo abitante
degli inferi. La principessa salvata dal principe Hoppus.”
“Dio
Tom, come siamo
smielati!”
Ridiamo
insieme, mentre
l’autostrada scorre sotto i nostri piedi.
San
Diego sto arrivando.
San
Diego ci accoglie con
il suo solito caos. Non è Tijuana – che tende ad
essere più un bordello
ingestibile – ma non è nemmeno la placida Poway.
Tom ci si destreggia
benissimo, sembra nato per stare su di una macchina.
“Non
posso credere che tu
abbia ceduto la tua macchina a Erin.”
Esclama
lui a un certo
punto.
“Me
ne comprerò una nuova,
io posso usare i mezzi o usare quella di Mark.
A
proposito, non ti sei
iscritto a nessuna università cosa pensi di fare qui a San
Diego oltre a
scrivere canzoni e a rompere le palle a chiunque per avere un
ingaggio?”
“Lavoro
come autista,
scarico incluso.”
“Diventerai
un figone
palestrato.”
“Sono
già un figone.”
“Giusto.”
Mi
guardo attorno
eccitata, nonostante conosca già questo panorama non posso
fare a meno di
essere incantata dai grattacieli e dall’ambiente.
Finalmente
non vivrò più
in un’oscura cittadina, ma in una CITTA’,
finalmente ci saranno iniziative dopo
le nove di sera e non ci sarà una vicina pettegola a cui
rendere conto.
“Un
giorno dobbiamo andare
allo zoo.”
“Lo
faremo, stai tranquilla
e ci faremo anche i parchi a tema della zona.”
“Bella
lì.”
“Bellissima!
Finalmente un
posto vivo, senza vicine rompicoglioni, con gente in giro dopo le nove
di sera,
il SOMA vicino, la spiaggia, un parco da skate che spacca il
culo.”
“Un
posto in cui troverete
più ingaggi.”
“Oh,
ci puoi giurare. Io e
Mark abbiamo avuto un’idea e Scott è
d’accordo.”
Lo
guardo interessata.
“Ossia?”
“Lo
sai che ora che
abbiamo un nome, abbiamo anche un logo, sì?
Ecco,
pensavamo di
stampare delle magliette con quello, delle nostre frasi o dei miei
disegni.
Nel
garage della casa di
Scott c’è una macchina per stampare, quindi le
faremo lì, se vuoi puoi
partecipare anche tu con i tuoi disegni.”
“Grazie,
ma non è questo quello
che vuoi propormi, vero?”
“No,
non è questo.
Che
ne dici di vendere le
magliette insieme ad Anne? Se dovessimo andare in tour sarebbe una
bella
occasione per viaggiare e vedere posti nuovi.”
Io
ci penso per un attimo.
Pensare a un tour adesso mi sembra prematuro – si sono appena
formati, ma so
che Tom soffre inconfessabilmente di manie di grandezza – ma
non sarebbe poi
così male in fondo.
Girare
il mondo mi è
sempre piaciuto, è sempre stato il mio sogno e farlo con
gente ok come loro
sarebbe un doppio sogno.
“Ci
sto, DeLonge. Alla
fine ci hai schiavizzati tutti.”
“Non
vi ho schiavizzati,
vi ho assegnato un parte nel mio sogno e se tutto andrà come
deve, Ferreira,
alla fine ci saranno palate di soldi per tutti.”
“E
anche se non ci saranno
sarà divertente averlo fatto, no?”
Lui
si apre in uno dei
suoi famosi ghigni.
“Esatto,
inizi a capire,
strega.”
Io
sorrido e non dico
niente, augurandogli dentro di me di essere davvero famosi un giorno.
Finalmente
ci addentriamo
nel quartiere dove vive Mark, inizio a non stare più nella
pelle e se ne
accorge anche Tom. Iniziare a tamburella con le unghie è un
buon modo per farsi
sgamare in pieno.
“Oh,
prevedo una notte di
fuoco per qualcuno.”
Io
alzo gli occhi al cielo
e tengo d’occhio le case: sono tutte curate e con un bel
giardino davanti.
Lui
abita in un condominio
di quelli tipici californiani con la piscina al centro del cortile in
fondo a
questa via.
“Ehi,
non te l’ho chiesto,
ma dove ti sei stabilito?”
“In
una casetta poco
lontano da qui.”
“Casetta?
Ho capito bene?”
“Ah
ah! Io David e Matt.”
“Poveri
i vostri vicini!”
La
vedo.
Alla
fine la vedo.
Vedo
il condominio e vedo
una sagoma davanti, Tom sorride divertito e parcheggia la macchina. Non
appena
è fermo schizzo giù come una pazza e corro verso
la MIA sagoma: indossa un
capellino, una maglia bianca di star wars e dei pantaloni beige a tre
quarti.
Dall’impeto
gli salto
praticamente in braccio stringendogli le braccia attorno al collo e le
gambe
attorno alla vita, rischiamo di cadere tutti e due per terra
– lui traballa
pericolosamente – e il capellino cade.
Ha
i capelli di un colore
diverso: se li è fatti rossi.
Oh,
mio Dio!
Lo
sento trattenere il
fiato mentre passo e ripasso incredula la mano nella sua neonata
zazzera rossa.
“Sono
bellissimi, mi
piacciono un sacco!”
Lui
sorride e fa in modo
di tirare il mio volto all’altezza del suo.
“Anche
tu sei bellissima,
hai i capelli ancora più lunghi.”
“Volevo
tagliarmeli.”
“Non
lo fare. Amo
giocarci!”
E
poi mi bacia – come
desideravo da almeno una settimana – con
violenza, deciso.
Sembriamo
due persone in
astinenza nera ed è così: non riusciamo a stare
troppo lontani uno dall’altra
nonostante sia più di un anno che stiamo insieme.
Lo
sento sorridere e sento
le sue mani intrufolarsi sotto la mia maglia e accarezzare la mia
schiena nuda.
Brividi.
“Bello
spettacolo, posso
partecipare anch’io?
Ho
sempre desiderato fare
parte di un bacio a tre!”
Una
mano di Mark si stacca
dalla mia e si alza per fare il medio al suo amico.
Siamo
in carenza di fiato,
quindi ci stacchiamo poco dopo e urliamo un sentito:
“no!”.
“Eccoli,
i soliti
guastafeste!”
“Ehi,
Ruby è la mia
ragazza!”
Tom
si incupisce per un
attimo e Mark realizza troppo tardi di avere toccato un tasto dolente,
ho il
sospetto che Erin sarà sempre il tasto dolente di Tom anche
quando la loro
storia sarà finita.
Non
deve essere stato
facile avere a che fare con mia sorella, lei è quella che ha
sofferto di più
per il divorzio dei nostri genitori e ancora non sa della seconda
famiglia di
papà.
Una
volta li ho persino
visti, lei è una stangona yankee con i capelli rossi e gli
occhi azzurri, i
loro figli erano semplicemente bellissimi e lui era più
affettuoso con loro che
con quanto lo ricordavo essere stato con noi.
In
quel momento non avrei
voluto avere un cuore, né un cervello, né un
corpo. Avrei voluto essere solo
aria.
“Hai
ragione Mark.”
“Scusa
Tom, ancora non ho
realizzato che tu ed Erin siete in pausa di riflessione. Non volevo
fare lo
stronzo!
Dai,
venite su che vi
offro una birra.”
Il
sorriso di Tom è
storto.
“Non
sei l’unico ad averlo
non realizzato. Accetto le scuse e la birra a patto che tu mi aiuti con
le
valige della tua ragazza.”
Mark
annuisce, mia fa
scendere con una punta di dispiacere e si avvia verso la macchina di
Tom.
Mi
chiedo come finirà tra lui
ed Erin, se si dovessero lasciare credo che quello che ci rimarrebbe
più
scottato sarebbe lui.
La
mie elucubrazioni sono
interrotte dal chiacchiericcio degli altri due: discutono senza
soluzione di
continuità di skate, musica, alieni e sesso.
Tom
sembra essere tornato
quello di sempre, lo scemo sorridente che tutti adorano e a volte non
posso
fare a meno di
chiedermi se finga o
meno.
Portare
tutta la mia roba
di sopra non è una faccenda semplice, alla fine la birra
giunge gradita e
meritata.
Ce
la godiamo seduti
intorno al tavolino della microscopica terrazza con vista sulla baia.
Si sta
bene, non fa troppo caldo e tira un venticello piacevole.
“Stasera
che fate,
piccioncini?
Vi
va di venire a
festeggiare al SOMA o sarete troppo impegnati a far saltare le molle
del
letto?”
La
mia idea sarebbe quella
di sistemare le mie cose, ma lo sguardo supplicante che mi rivolge Mark
mi fa
cambiare idea: posso sempre sistemarle domani.
Iniziamo
bene.
“Per
me va bene.”
Il
volto del mio ragazzo
si illumina.
“Anche
per me va bene.”
“Perfetto.
Ci vediamo alle
dieci fuori dal SOMA.”
Chiacchieriamo
un altro
po’, poi Tom si alza, batte le mani sulle cosce e fa
comparire uno dei suoi
ghigni.
“Beh,
io vado a scaricare
la mia roba nella nuova casa, voi inaugurate questa!”
“Ciao
Tom!”
Esclamiamo
ridendo.
“Quante
probabilità ci
sono che dopo aver scaricato la sua roba si piazzerà in
camera a suonare per
sfogarsi per la storia di Erin?”
Chiedo
a Mark, non appena
sento il rumore della porta che si chiude dietro Tom.
“Moltissime,
direi che è
praticamente una certezza, ma non pensiamo a lui.
Vieni.”
Mi
fa segno di seguirlo
dentro l’appartamento. Sorridendo si butta sul divano , io lo
imito con un
ghigno delongesco immediatamente.
Non
appena tocco il divano
le sue braccia mi attirano a lui, mi sono mancate, sto bene nel suo
abbraccio.
È
la cosa più bella
appoggiare la mia testa sul suo petto e ascoltare il ritmo del suo
cuore che
batte.
È
un ritmo ipnotico e
rilassante.
È
il ritmo con cui voglio
iniziare questa nuova fase della mia vita.
Benvenuta,
vita adulta!