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Autore: Aritos biscuits    26/04/2013    7 recensioni
"Per ricordare ai ribelli che neppure i più forti di loro possono sconfiggere Capitol City, i tributi verranno scelti tra i vincitori ancora in vita."
In tutti i Distretti, anche coloro che pensavano di essere al sicuro tremarono.
L'incubo tornava vivo, la giostra ricominciava a girare. Giovani e vecchi, uomini e ragazzi richiamati alla morte, costretti a tornare in quel luogo per la Capitale.
Perché la propria famiglia continuasse a stare bene.
-
Katniss sedeva di fronte ad Haymitch. Il mentore bevve un sorso di vodka e guardò la ragazza negli occhi. Le iridi grigie di entrambi si scontrarono, crude, mentre il volto del Presidente Snow spariva dalla televisione. Fuori era già buio. Quando l’arnese elettronico venne spento, solo le candele rimasero a fare luce sul tavolo.
« Sai cosa significa questo, dolcezza? » chiese lui in tono vuoto e amaro, conscio che lei sapesse la risposta ma volenteroso di sentirla. Per rendersene conto, dato che la sbronza non lo aiutava certo a metabolizzare le cose.
« Torneremo nell'arena. » sentenziò Katniss.
Una risata isterica scosse il corpo del quarantenne. La sedicenne lo osservò, tesa.
Il suono della sua voce suonò come una pallottola.
« Solo io e te. »
Genere: Azione, Drammatico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
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E se gli sparo in fronte o nel cuore,
soltanto il tempo avrà per morire.
Ma a te resterà il tempo per vedere
vedere gli occhi di un uomo che muore.

- La guerra di Piero, Fabrizio De Andrè



 

 

La freccia di Katniss si conficcò nel cranio di Cato come ultimo gesto di pietà: dopo ore di tortura, per quel ragazzo arrivò finalmente la fine.
« L’hai preso? » chiese Peeta, ancora steso sul corno d’oro con la gamba sanguinante.
Per tutta risposta, il ventiduesimo cannone di quei settantaquattresimi giochi sparò.
« Allora abbiamo vinto, Katniss. » disse con voce assente e occhi vacui.
« Urrà per noi. » si lasciò sfuggire la mora, senza gioia nella voce per la vittoria.
Il suo sguardo venne catturato da una buca apertasi al centro della pianura in cui, senza esitare, si lanciarono tutti gli ibridi rimasti. Attesero che l’hovercraft arrivasse a prendere ciò che rimaneva di Cato invano. Si aspettavano di sentire le trombe della vittoria ad annunciare la fine di quei Settantaquattresimi Giochi della Fame.
Ma non arrivarono.
« Ehi! Cosa succede? » urlò la ragazza all’aria, quasi si aspettasse una risposta. Risposta che, ovviamente, non arrivò; solo il cinguettio degli uccelli appena svegli le fece capire che non era ancora finita. Non del tutto.
« Forse è il cadavere. Forse dobbiamo allontanarci. » disse Peeta, una nota di speranza troppo acuta nella voce. Cercavano ancora una ragione per quell’improvviso ritardo nell’annuncio del vincitore, cercavano ancora di convincersi che potessero tornare a casa insieme.
« Bene. Pensi di riuscire ad arrivare al lago? » domandò.
« Penso che farei meglio a provarci. » le rispose, sempre convinto che sarebbe accaduto qualcosa di buono.
Si mossero lentamente verso la coda del corno e caddero a terra. Katniss si rialzò per prima, cercando in ogni modo di aiutare il biondo compagno che a malapena si reggeva in piedi. Zoppicavano, ci misero minuti anche solo per fare pochi metri. Fu un miracolo che arrivassero al lago, contando che il ragazzo sarebbe potuto morire ad ogni passo. La mora si avvicinò all’acqua prendendone un po’ per l’altro oltre che per sé, gli portò la mano alle labbra e fece gocciolare il liquido nella sua bocca.
Una ghiandaia imitatrice emise un lungo fischio. Gli Sfortunati Amanti del Distretto 12 si misero a piangere, commossi, mentre l’hovercraft portava via ciò che rimaneva del Ragazzo del 2.
 Adesso prenderanno anche noi. Adesso possiamo andare a casa., si ripeteva la sedicenne meccanicamente.
« Cosa stanno aspettando? » la voce di Peeta era appena udibile, mentre l’aereo ancora faceva rumore in cielo. La ferita sulla sua gamba era di nuovo aperta: senza laccio emostatico, la sua morte sarebbe stata questione di minuti.
« Non lo so. » rispose, provando ad immaginare il motivo di quel ritardo. Si alzò per cercare un bastoncino, oppure un’altra freccia per  medicare di nuovo la coscia del ragazzo. Trovò quasi subito la freccia che era rimbalzata contro la corazza di Cato. Mentre si chinava a prenderla, sentì la voce di Claudius Templesmith riecheggiare sulla sua testa e nel resto dell’arena:  « Un saluto ai concorrenti finali dei settantaquattresimi Hunger Games. La modifica precedente è stata revocata. Un esame più accurato del regolamento ha rivelato che ci può essere soltanto un vincitore. Possa la buona sorte sempre essere a vostro favore. »
I due rabbrividirono. Un breve fruscio ed anche quell’unico suono fu ormai un ricordo lontano. Katniss si tirò su, guardando l’innamorato ancora incredula, mentre la verità si faceva strada nella mente di entrambi. Capitol City non ebbe mai l’intenzione di lasciarli vivi: era stato solo uno stratagemma degli Strateghi per garantire lo spettacolo migliore mai visto ai Giochi. E loro ci avevano creduto.
« Se ci pensi, non è poi tanto sorprendente. » sputò realista e amaro il giovane. Si alzò, facendo forza sulle braccia e stando rigidamente in piedi, immobile. Andò verso di lei, quasi a rallentatore, estraendo il coltello dalla cintura.
Katniss tese l’arco, pronta a scoccare la sua freccia verso il cuore dell’altro. Peeta restò spaesato e, per tutta risposta, lanciò il coltello verso il lago, dove affondò con un colpo sordo. Anche lei abbassò l’arma e arretrò, il viso rosso di vergogna. Aveva davvero pensato che Peeta Mellark, il figlio del fornaio che le aveva lanciato il pane quando stava morendo di fame, l’avrebbe uccisa? Per un secondo, aveva dimenticato che lui era buono, proprio come quelle pagnotte all’uva passa che le avevano salvato la vita.
« No. » la incitò lui. « Fallo. »
 Arrancò verso di lei, abbassandosi per raccogliere l’arco e rimetterglielo in mano.
« Non posso. » disse ancora lei. « Non lo farò. »
Forse l’unica cosa che la tratteneva dall’ucciderlo era il pensiero che avrebbero avuto poi i suoi compaesani di lei. Non amore, solo puro egoismo.
« Fallo. » ripeté Peeta. « Fallo, prima che rimandino indietro quegli ibridi o qualcos’altro. Non voglio morire come Cato. » e nel suo viso si lesse tutta la rassegnazione che poteva possedere: era il viso di un sedicenne pronto ad affrontare la morte senza battere ciglio, accettare il suo destino senza protestare.
« Allora uccidimi! » sbottò lei, senza un preciso motivo, restituendogli l’arma. « Mi uccidi, vai a casa e te ne fai una ragione! »
Ma Katniss lo sapeva, che senza di lei Peeta sarebbe stato perso, ma che lei ce l’avrebbe fatta: si sarebbe rifatta una vita – magari con Gale – e avrebbe metabolizzato la cosa.
« Sai che non posso. » disse, dando voce a tutti i dubbi della ragazza. Buttò le armi a terra. « Bene, me ne andrò comunque per primo. » Si chinò, strappandosi la fasciatura alla gamba, facendo in modo che il sangue sgorgasse a fontanella dal profondo taglio sulla sua coscia.
« No, non puoi ucciderti. » quasi balbettò, inginocchiandosi e tentando di riavvolgere la garza intorno alla ferita.
« Katniss, è quello che vogliono. »
« Non mi lascerai qui da sola. » sussurrò, nonostante sapesse quando lui avesse ragione.
« Senti » Peeta cercò il suo tono più ammaliante, tirando Katniss in piedi, « sappiamo entrambi che devono avere un vincitore. Può essere soltanto uno di noi. Ti prego, accettalo. Per me. Perché io ti amo e non desidero nient’altro che il tuo bene, la tua vita anche a costo della mia. » vide gli occhi della ragazza inumidirsi e capì che stava andando bene. Continuò: « Perché io non potrei mai vivere sapendo di averti ucciso o, comunque, che tu sei morta per me. Pensa a te, a tua madre, a Gale. Pensa a Prim. Cosa direbbe Prim, se vedesse sua sorella arrivare in finale per poi morire? »
Forse furono le ultime parole a smuovere in Katniss quel qualcosa che le permise di incoccare di nuovo la freccia e tirare la corda dell’arco, puntando contro il cuore del compagno. Doveva farlo per Prim, perché non morisse e avesse qualcuno su cui contare: le aveva promesso che sarebbe tornata ed allora lo avrebbe fatto, anche a costo della sua vita. 
Ma ce l’avrebbe fatta ad uccidere qualcun'altro: il ragazzo che conosceva e l’aveva aiutata quando tutto era buio?
Nella sua mente, era convinta di sì.
Tutto sembrò rallentare, il tempo fermarsi mentre Peeta la guardava. Voleva che i suoi occhi fossero l’ultima cosa che vedesse, l’ultimo ricordo felice prima di andarsene. Voleva essere certo che sarebbe vissuta a lungo e felicemente senza di lui.
Le mani della ragazza tremavano, il sudore le rigava le tempie impercettibile. Non riusciva a stare ferma, eppure non voleva prendere male la mira, facendo in modo da prolungare l’agonia dell’altro. Per quanto fosse sbagliato e insensato, voleva sopravvivere, anche a costo di ucciderlo. Anche a costo di venire odiata dal Distretto, che l’aveva creduta davvero innamorata di lui. Anche lei lo aveva fatto, ma aveva capito che non lo era nel momento stesso in cui aveva preferito ucciderlo piuttosto che morire.

Quando  il biondo sentì la punta della freccia un po’ più vicina al suo petto, sussurrò qualcosa di appena percettibile.
« Ti amo. »
« Lo so. »
La corda scattò, facendo arrancare il sedicenne. Era inginocchiato e rimase in quella posizione un altro paio di secondi. Poi si portò le mani attorno alla ferita, vedendo il sangue. Ci mise poco a smettere di respirare, caduto a terra di faccia, facendo solo in modo che la freccia lo trapassasse.
Solo allora, quando il ventitreesimo cannone sparò, Katniss capì cosa aveva fatto: lo aveva ucciso, aveva preferito la sua vita a quella del Figlio del Fornaio pronto ad aiutare chiunque, anche a costo di rimetterci tutto. Come in quel caso, quando aveva deciso che valeva la pena lasciare che tornasse a casa, perché lui non avrebbe mai potuto vivere senza di lei. Aveva dimostrato di conoscerla meglio di chiunque altro, di amarla e di sapere che lei amava un altro. Le aveva donato la vita solo perché lei vivesse la propria.
Si lasciò cadere, girando il corpo di Peeta in modo che fosse a pancia in su e provando a rianimarlo. Piangeva. Piangeva nonostante sapesse che era stata lei a decidere la fine di quel ragazzo che l’aveva salvata più di una volta.
Passarono diversi minuti così, forse perché il Capo Stratega voleva far legare in qualche modo i Capitolini a lei, farli soffrire di quel suo stesso immenso dolore. Oppure anche solo fargli capire cosa si è disposti a fare quando c’è la propria vita in gioco, fare in modo che la odiassero, perché tutti si erano affezionati agli “Sfortunati Amanti del Distretto 12” prima di vederli autodistruggersi.
Far capire loro che era stato solo il suo egoismo ad uccidere il giovane Peeta.
Poi le trombe squillarono ed una voce annunciò:
« Ecco a voi Katniss Everdeen, tributo del Distretto 12 e vincitrice dei Settantaquattresimi Hunger Games! »















Adolf's biscuits.
Buongiorno! Siamo AriiiC_ e pandamito e questa è la nostra prima long assieme.
Prima di tutto salutiamo tutti Adolf *indica la koala* e poi passiamo alle spiegazioni.
Come potete vedere, questo è un What If bello e buono ed abbiamo intenzione di riscrivere tutti i 75esimi Hunger Games se non ci fosse stato il trucco dei morsi della notte, con la conseguenza della morte di Peeta.
Ci si spezza il cuore ad uccidere uno dei nostri personaggi preferiti, ma ci serve e lo ricorderemo per sempre.
Quindi bao e spero recensiate o ci mandiate a vendere banane.
Baci e biscotti,
Ari, Mito ed Adolf.

  
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