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Autore: jawaadhugsme    26/04/2013    63 recensioni
Li su quel ponte con i piedi a penzoloni Amanda osservava il suo riflesso nell'acqua:
i capelli ricci erano schiacciati sul suo viso a causa della pioggia, le lacrime rigate del mascara colato e gli occhi spenti.
Ancora non ci poteva credere, non voleva crederci.
Proprio il giorno prima aveva litigato con Harry e, ora, era morto.
Non avrebbe più rivisto quel sorriso completo di fossette.
Non avrebbe più incastrato i suoi occhi color nocciola in quelle iridi verdi di lui.
Non l'avrebbe più abbracciata e lei, non si sarebbe più lamentata dicendo di lasciarla andare.
Non avrebbe più sentito le sue labbra sulla propria guancia al risveglio, quando vi era l'occasione e all'ora di dormire.
E ora, era morto.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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Premessa:
con questa os, voglio farvi capire di vivere ogni minuto, ogni secondo la vita al meglio.
Voglio farvi capire di vivere ogni persona come se fosse l'ultimo giorno perchè potrebbe esserlo davvero.
Dedico questa os a mio nonno che, da qualche giorno, veglia su di me da lassù.
Buona lettura e ci vediamo in fondo.



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'Cause you turned your face,
and now I can't feel you anymore.
Turn your face, so now I can't see you anymore.
Walk away until you're not standing at my door.
Turn your face, walk away and stay.
Turn your face.







Li su quel ponte con i piedi a penzoloni Amanda osservava il suo riflesso nell'acqua:
i capelli ricci erano schiacciati sul suo viso a causa della pioggia, le lacrime rigate del mascara colato e gli occhi spenti.
Ancora non ci poteva credere, non voleva crederci.
Non avrebbe più rivisto quel sorriso completo di fossette.
Non avrebbe più incastrato i suoi occhi color nocciola in quelle iridi verdi di lui.
Non l'avrebbe più abbracciata e lei, non si sarebbe più lamentata dicendo di lasciarla andare.
Non avrebbe più sentito le sue labbra sulla propria guancia al risveglio, quando vi era l'occasione e all'ora di dormire.
E ora, era morto.
Amanda non poteva crederci, non voleva assolutamente: perché l'aveva abbandonata?
Perché l'aveva lasciata sola? Aveva promesso che non l'averebbe abbandonata mai.


Amanda conobbe Harry quando si trasferì all'età di tredici anni a Holmes Chapel e iniziò il periodo più duro della sua vita:
nuova città, nuova scuola, nuovi amici, nuova vita.
Harry Styles fu la prima persona che entrò a far parte di questa sua nuova vita.
Allora era un ragazzino di quindici anni sempre solo che giocava a basket nel giardino nella casa affianco alla sua.
Quando sua madre le ordinò di portare una torta ai loro nuovi vicini, fu proprio lui ad aprirgli la porta dopo aver eseguito gli ordini della madre ed aver citofonato.
«Si?» domandò il ragazzo affacciandosi dalla porta rivelando la fronte sudata ed i capelli appiccicati ad essa.
Amanda sorrise imbarazzata e porse la torta al ragazzo che, dopo averla guardata con un sopracciglio alzato e con molta curiosità, la prese con un dolce sorriso.
«Oh, sei la nuova vicina!» aveva esclamato per poi aggiungere un «Ti piace il basket? Ti andrebbe di giocare nel mio giardino?»
E Amanda sorrise annuendo con foga ed entrò in casa per poi seguirlo fino al giardino e iniziarono a giocare a basket.
Da allora i due ragazzi ogni pomeriggio si trovavano nel giardino di lui a giocare a basket ridendo e scherzando.

Amanda aveva iniziato a considerare Harry il suo migliore amico quando mise piede alla Holmes Chapel High School.
Era il suo primo giorno di liceo e, essendo una primina, dei ragazzi iniziarono a prendersela con lei.
«Guarda la ragazzina muta.» la indicarono e la presero in giro perché, appunto, non parlava mai.
E Amanda rimase in silenzio guardandosi la punta delle scarpe, stringendo al suo petto i libri come a volersi proteggere da tutte le cattiverie che le venivano dette.
«Smettetela.» disse una voce che le fece alzare lo sguardo e quando lo fece, l'unica cosa che vide fu una schiena fasciata da una polo grigia e dei ricci.
«Cos'è, Styles ha appreso come si parla e si scrive?»
Harry era dislessico e Amanda lo sapeva bene: glielo aveva confessato lui stesso un pomeriggio quando stavano facendo i compiti.
Quella fu la prima volta che Amanda lo vide piangere perché Harry considerava la dislessia come un problema vero e proprio, lo faceva sentire diverso.
«Smettetela o non so cosa potrei farvi.» si intromise lei afferrando la mano del ragazzo davanti a lui e affiancandolo.
Al che, i ragazzi iniziarono a ridere più forte indicandola. «E cosa pensi di fare, eh?» domandò Lucas del terzo anno in classe con Harry avvicinandosi alla ragazza.
«Sei solo un insignificante sgorbio.» sussurrò a denti stretti prima di spingerla facendola così cadere a terra.
E Harry esplose: prese tutto il coraggio che non aveva mai avuto in quegli anni e lo spinse subito dopo avergli tirato un pugno sul naso.
«Lasciatela stare.» sibilò e i ragazzi lo ascoltarono scappando verso le loro classi.
«Stai bene?» le chiese subito dopo inginocchiandosi al suo fianco e spostandole delle ciocche ricce dal viso.
Amanda annuì e, con gli occhi lucidi, portò le braccia al collo di lui stringendolo forte.
«Grazie Harry..» sussurrò.

Col passare del tempo, l'amicizia tra Harry e Amanda diventava sempre più unita.
Col passare del tempo, Harry iniziò ad ammalarsi.
«E' giovane, strano abbia avuto un infarto a solo questa età.» disse il medico sfogliando la cartella clinica del ragazzo.
Amanda rimase in silenzio con la mano intrecciata a quella di Harry ascoltando le parole del medico.
«Per fortuna lo avete portato qui in tempo.» sorrise l'uomo al ragazzo e alla madre.
«Le consiglio di non farlo sforzare, di non mandarlo in posti affollati e di farlo riposare.» concluse lasciandoli da soli.
Anne si voltò e guardò seriamente il figlio. «Questa sera niente ballo scolastico.»
«Cosa?!» esclamò subito Harry alzandosi dal lettino. «Hai sentito il dottore: niente sforzi.» disse la madre incrociando le braccia sotto il seno.
«Ma ho promesso ad Amanda di farle passare una magnifica serata!» disse indicando la ragazza al suo fianco.
«Non importa Harry.» gli sorrise accarezzandogli la guancia. «E' per il tuo bene e al ballo non ci andrò.» gli disse con un sorriso.
Quella stessa, Harry mandò un messaggio ad Amanda scrivendole che l'aspettava nel giardino di casa sua.
Velocemente, indossò le vans e scese le scale per poi uscire in giardino e scavalcò il muretto che separava il suo guardino da quello di Harry.
«Harry?» sussurrò guardandosi attorno. Improvvisamente, il giardino buio si illuminò grazie a delle lanterne appese svelando il ragazzo in smoking.
«Ti avevo promesso una serata indimenticabile, no?» le sorrise andandole incontro e scostandole i capelli dal viso.
Amanda sorrise con gli occhi lucidi e strinse la mano che Harry le porse, facendosi trascinare in mezzo al prato mentre la canzone isn't she lovely riempì l'aria.
Harry le sorrise poggiandole le mani sui fianchi mentre lei allacciò le braccia dietro al suo collo, iniziarono poi così a muoversi sulle note di quella magnifica canzone.
«Non è il massimo, lo so, ma volevo farti sentire speciale come avrei voluto fare questa sera a scuola.» sorrise timidamente.
E il cuore di Amanda prese a battere ad una velocità che mai prima d'ora aveva sperimentato e proprio quella notte ballando un lento tra le braccia di Harry, capì cos'era l'amore.
Perché quella notte, si rese conto di amare il suo migliore amico.

Ma Amanda era troppo orgogliosa, troppo testarda per ammettere i suoi sentimenti e rovinare la magia che si era creata tra i due.
Così, iniziò a prendere le distanze: iniziarono i litigi, i pianti durante la notte fino ad allontanarsi definitivamente.
«Sei una bambina!» le urlò dietro mentre scavalcava il muretto per poi correre dentro casa e, ancora una volta, piangere sul cuscino e macchiarlo di lacrime amare.
Era il dodici aprile duemilatredici quando Amanda, durante il cuore della notte della litigata con Harry, ricevette una telefonata da parte di Anne.
«Amanda, Amanda, Harry ha avuto un infarto grave, è in ospedale ora!» disse balbettando la donna tra le lacrime e, dopo aver realizzato le parole, Amanda si alzò dal letto e indossò i primi vestiti che trovò sotto tiro per poi uscire di casa diretta in ospedale.
Corse per le strade buie di Holmes Chapel illuminate solo da dei lampioni mentre il tipico venticello della notte le batteva sul viso.
Giunse dopo una decina di minuti davanti all'edificio e salì le scale diretta al reparto che le disse Anne tramite messaggio.
Quando arrivò e notò i parenti di Harry distanti da lei a qualche metro, notò le lacrime sui loro volti.
«Ha avuto un infarto grave, non sappiamo se si riprenderà.» sussurrò Anne tra le lacrime abbracciandola e lei, ancora sconvolta, la lasciò fare.
Andò a trovarlo in ospedale ogni giorno: gli stringeva la mano e gli parlava dicendogli che doveva rimanere lì con lei e che glielo aveva promesso.
Trascorse undici giorni tra scuola e ospedale con le occhiaie evidenti sul suo viso e la stanchezza.
E proprio quella mattina di un ventiquattro aprile venne chiamata dall'ospedale e le dissero che sarebbe durato qualche ora:
il telefono le cadde di mano così come le lacrime mentre afferrava la giacca ed usciva da scuola spintonando gli studenti facendosi spazio tra la folla per poi uscire dall'istituto e correre verso l'ospedale.
Quando giunse al piano meno uno vide la madre di Harry urlare e le infermiere tenerla saldamente tra le braccia.
Capì che non era arrivata in tempo, capì che lui l'aveva lasciata, capì che se ne era andato per sempre.
Si portò la mano alla bocca e poggiò la schiena al muro, scivolando fino a trovarsi seduta con la testa tra le gambe mentre le lacrime scendevano ancora più di prima.
Harry l'aveva lasciata.

Anne aveva avvisato che i funerali sarebbero stati il venerdì, due giorni dopo la morte del figlio.
Durante quei due giorni, Amanda rimase chiusa nella sua camera con le tapparelle giù e le braccia legate attorno alle gambe, piangendo come una bambina.
Rimpianse le parole mai dette, gli abbracci mai dati, i baci mai dati, rimpianse di non avergli mai detto quanto l'amava.

In Chiesa, quella mattina del ventisei aprile, Amanda rimase con lo sguardo fisso sulla bara e i fuori rossi su di essa che aveva comprato.
Non ascoltava le parole del prete, non ascoltava le preghiere rivolte a Dio, non ascoltava i pianti dei parenti, rimase con lo sguardo su di essa e gli occhi lucidi.
Si chiedeva perché Dio glielo avesse portato via e lo odiava per questo: gli aveva strappato la persona più importante che possedeva.
Il tragitto dalla Chiesa al cimitero, fu il viaggio più lungo della sua vita e Amanda sperava non finisse mai.
Gli addetti, sollevarono la bara e la riposero nella fossa e allora le lacrime iniziarono a cadere senza limite: lì si rese conto che non avrebbe mai più rivisto Harry.
Rimase ferma durante tutto il tempo in cui gli uomini misero il cemento su di essa stringendo la gonna nera che aveva indossato.
«Amanda, è ora di andare..» le sussurrò la madre una volta che misero anche il marmo sopra il cemento completa di fotografia e lapide.
Ma lei scosse la testa avvicinandosi ad essa e sedendosi davanti non curante dei vestiti che si sarebbero sporcati.
E la madre sospirò lasciandole le spalle per poi uscire dal cimitero assieme a tutte le persone che avevano partecipato al funerale.
«Hey..» sussurrò guardando la foto di Harry sulla lapide e lesse la scritta incisa: Harry Styles, 01.02.94 - 24.04.13.
«Sono rimasta in silenzio fino ad ora e sai perché?» sussurrò al vento non distogliendo lo sguardo dalla fotografia.
« Perché ora ho bisogno di parlare con te: io e te da soli, come abbiamo sempre fatto.» sorrise amaramente accarezzando il marmo come se fosse il braccio del suo migliore amico.
«Voglio chiederti scusa Harry e i motivi sono tanti per farlo.
Scusa se quando alle volte mi abbracciavi io mi ritiravo: avrei dovuto stringerti più forte.
Scusa se ti ho urlato contro parole di odio nei tuoi confronti: avrei dovuto urlarti quanti eri importante per me.
Scusa se mi sono arrabbiata quando non potevi uscire: dovevo capirlo che non potevi sforzarti.
Scusa se ti ho mentito alle volte: avrei dovuto dirti il perché stessi male.
Scusami se eravamo arrivati a dove eravamo: avrei dovuto dirti perché stavo così e non avrei dovuto allontanarmi da te.
E in fine, ti chiedo scusa se non ho detto di amarti.
Veglia su di me da lassù e non abbandonarmi questa volta. Ti amo amore mio.»
disse tra le lacrime baciando la lapide e appoggiando sul marmo una rosa rossa.
Si alzò e pulì le calze sporche di terriccio per poi sospirare camminando tra le tombe di quel triste cimitero.


60 anni dopo.

Jasmine sbuffò sedendosi su una panchina affianco a un'anziana signora intenta a guardare delle vecchie foto.
«Che succede ragazza?» domandò la donna che si accorse dalla giovane imbronciata al suo fianco.
«Ho litigato con il mio migliore amico, ancora.» sospirò incrociando le braccia sotto il seno.
La nonnina rise dolcemente accarezzandole il capo. «E come mai?» domandò infine.
« Perché quello stupido non capisce che Rebecca non è la ragazza giusta per lui, per diamine!» scoppiò la ragazza alzando le braccia al cielo.
L'anziana signora sorrise dolcemente e porse una fotografia alla giovane che, con sguardo dubbioso, la prese e la afferrò.
«Chi è?» domandò guardandola negli occhi. A quella domanda, l'anziana sorrise.
«E' l'uomo che amo e che più ho amato in vita mia. Ora non c'è più, ma so che lui veglia su di me.» sorrise.
«Oh, mi spiace.» sussurrò la giovane passandole la foto che rimise nel portafoglio con estrema cura.
«Non importa. Sono sessantun anni che è morto.» sorrise osservando gli uccelli volare spensierati nel cielo.
« Sessantuno?! Quindi significa che è morto giovane!» esclamò stupita la ragazza dagli occhi verdi, così simili al suo amato.
«Esatto. E sai cosa rimpiango?» domandò allora l'anziana. Lei scosse la testa, curiosa di sapere.
«Rimpiango di non averglielo mai detto e di aver litigato con lui il giorno prima che morisse.» le sorrise tristemente.
La ragazza annuì pensierosa e si alzò dalla panchina pulendosi i pantaloni sporchi d'erba per poi sorridere all'anziana e voltarsi nella direzione dove era giunta.
«Dove vai ragazzina?!» domandò l'anziana. Ella si voltò e le sorrise. «A far pace con lui e a dirgli che lo amo.» disse con semplicità per poi tornare sul suo cammino.
La donna sorrise e scosse la testa per poi alzarsi e incamminarsi verso casa dove, appena arrivata, si stese nel letto con la vecchia foto tra le mani.
«Oh Harry, i giovani d'oggi.» scherzò accarezzandola delicatamente con le mani rugose.
E poi chiuse gli occhi con un sorriso sulle labbra mentre vide una luce bianca, delle persone e infine, il suo amato Harry che le sorrideva tendendole la mano.
Era in paradiso.















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Inanzi tutto, ringrazio chiunque è giunto fino a qui.
Questa os, come ho detto prima, è dedicata a mio nonno.
Proprio oggi ci sono stati i funerali e molte emozioni provate dalla protagonista, sono quelle che ho provato io.
Come ho detto all'inizio, volevo farvi capire di vivere ogni giorno come se fosse l'ultimo e di dare importanza a ogni cosa.
Spero vi sia piaciuta, non voglio dilungarmi troppo quindi, fatemi sapere cosa ve ne pare.
Un bacio a tutte,
jawaadhugsme.


   
 
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