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Autore: Raffaele De Masi    27/04/2013    2 recensioni
Un uomo viene interrogato in un commissariato, perché accusato di aver istigato una donna ad uccidere suo marito.
Gli agenti tuttavia, non sospettano che l'indiziato non è altri che lo Spettatore: il demonio per eccellenza.
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Lo Spettatore è il personaggio di cui vado più fiero... spero che vi incanti, così come ha incantato me, mentre scrivevo di lui.
Genere: Horror, Sovrannaturale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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«Posso sapere come ti chiami, o ti ostini a fare l’uomo dei misteri?»
«Non mi chiamo, commissario, di solito sono gli altri a chiamarmi»
«E questi altri come ti chiamano, di preciso?»
«"Lo Spettatore"… perché osservare, è ciò che di meglio so fare, nonché il mio passatempo preferito»

*

L’uomo era stato prelevato dalla sua villa nera e portato in commissariato, perché accusato di aver istigato una donna ad uccidere suo marito mediante avvelenamento. La donna di nome Anna, aveva ottime ragioni per odiare il suo congiunto, datasi l’indole violenta di quest’ultimo che, in più di un’occasione, l’aveva picchiata a sangue in preda ad una patologica gelosia. L’indagine non era stata duratura, poiché gli elementi utili a finirla erano tutti presenti, per questo motivo Anna non fu presa molto sul serio quando disse che un uomo le aveva consigliato di uccidere.
A suo dire, mentre percorreva la strada di casa, la sua macchina si era ingolfata, fermandosi dirimpetto alla casa più tetra che avesse mai visto. Disse che era strano che non l’avesse mai vista, dato che percorreva spesso quella via per tornare a casa dopo il lavoro (era proprietaria di un negozio di parrucche). Si era sentita parecchio a disagio, poiché non c’erano altre abitazioni nei dintorni... era come se, inavvertitamente, avesse varcato il confine di un’altra dimensione: il silenzio era opprimente, il cielo era coperto di nuvole verdi sature d’acqua, e non c’era traccia di altre auto di passaggio.
Anna aveva provato a chiamare suo marito, ma la batteria del cellulare si era scaricata prima che potesse digitare il numero, nonostante il fatto che quel maledetto cellulare fosse stato caricato quella mattina stessa… una batteria da sostituire, altri soldi da spendere.
Non c’era altra scelta che rivolgersi al proprietario di quella casa, chiedendogli di poter usare il telefono e farsi venire a prendere da quell’ubriacone di suo marito, sperando che quella sera fosse meno incazzato.
L’uomo che abitava in quella casa fu molto cortese: le offrì del caffè e rivelò una comprensione nei suoi confronti che suo marito non avrebbe mai potuto eguagliare, nonostante vivessero sotto lo stesso tetto da più di vent’anni. Aveva l’impressione che quell’uomo la conoscesse praticamente da sempre… una sensazione magica, eppure, sotto sotto, forse nell’inconscio, non riusciva a non sentire una punta di disagio.
Prima che suo marito venisse a prenderla, Anna restò a parlare con l’uomo in un tempo che le sembrò durare diverse ore. Parlarono di cose apparentemente prive di grande importanza: fatti quotidiani come le difficoltà economiche, problemi di salute, preoccupazioni per il futuro dei figli… e l’alcolismo di Giorgio (suo marito) che gli provocava sempre più spesso degli scatti violenti nei suoi confronti.
Quando Giorgio finalmente si fece vivo, chiamò a gran voce sua moglie, la quale sobbalzò e si sentì quasi dispiaciuta di dover smettere di parlare a quell’uomo, il quale le fece cenno di uscire e le consigliò di fare ciò che più riteneva giusto.

Mentre Giorgio si accingeva a legare l’auto di Anna dietro la sua, la vide uscire da quella spettrale villa nera, in volto una strana espressione ansiosa. Lei gli chiese perché ci avesse messo tanto e lui si sentì un po’ confuso… di sicuro non era passato più di un quarto d’ora da quando lei l’aveva chiamato. Si avviò a casa con quella scema che aveva sposato, non riuscendo a capire il motivo per cui non avesse mai  visto quella casa prima d’allora… quella era una strada che aveva percorso più volte, possibile che non l’avesse mai nemmeno intravista?
Sarebbe morto quella sera stessa, avvelenato da una dose di pillole farmaceutiche scadute, fatte scogliere nel vino di nascosto. Non avrebbe mai sospettato che il suo assassino sarebbe stato Anna, una donna inetta e sottomessa, che raramente aveva osato alzare la voce con lui.

*

«Come vi è sembrato a prima vista?» Domandò il commissario Lino Oliveri ai tre uomini che avevano prelevato l’accusato dalla sua abitazione.
«Insolitamente calmo, come se si aspettasse l’arrivo della polizia.»
«Questo gioca a nostro favore.» ribadì il più anziano dei tre, l’ispettore capo Carlo Dabellani, e gli altri annuirono «Il fatto che non sia stato sorpreso del nostro arrivo, può significare che abbia preparato una storia convincente.»
«Si ma, vedi Carlo, ho visto in faccia quel tipo e mi ha dato i brividi. Mi è sembrato uno sveglio, e il comportamento che hai descritto l’hanno quelli goffi, che crollano dopo una decina di minuti» disse Mirco Lamberti, un ispettore sulla trentina che aveva arrestato un pluriomicida affetto da personalità dissociante cinque anni prima «questo mi sembra uno che sa il fatto suo, ma potrei sbagliarmi.»
«Inutile sopravvalutare un indiziato senza conoscerlo, basta usare cautela e ricordargli che noi siamo sempre un passo avanti.» puntualizzò il commissario «La tua impressione Gaspard, qual è?»

Il terzo uomo, un agente scelto di nome Gaspard Delgado, dopo pochi anni di carriera come poliziotto di strada, durante le ferie si era imbattuto in uno psicopatico illusionista di un circo, un assassino seriale ancora ricercato conosciuto come "Smile"… un caso unico per quel corpo di polizia. Da quando Gaspard aveva visto quelle persone bruciare vive in quel circo degli orrori, non era più stato l’ingenuo poliziotto non molto affezionato al suo mestiere: il trauma lo aveva professionalmente migliorato.
«Penso che sia ancora presto giudicare quel tipo, per ora credo soltanto che non sia uno facile.» Disse Gaspard, alzando le spalle in un gesto dubbioso «dobbiamo solo andare a conoscerlo e capire se ciò che ha detto Anna sia fondato»
«Bene Gaspard. Io e te resteremo dall’altra parte dello specchio magico, interverremo dopo Carlo e Mirco, nel caso i risultati del primo interrogatorio non fossero soddisfacenti. I media ci hanno fatto una testa così con questa storia, voglio che questa giornata termini senza misteri.»

«Oggi c’è un problema elettrico qui.» Disse Carlo guardando per l’ennesima volta le luci della caserma tremolare, parlando più che altro a se stesso, mentre lui e i suoi colleghi si dirigevano verso la stanza dove era stato scortato l’indiziato. «Non appena quel tipo ha messo piede qui dentro, non va bene niente… secondo me porta rogna»
«Carlo, secondo me ti porti da solo rogna, sei troppo superstizioso! Certo è che fa una certa impressione… tutto vestito di nero, quell’aria tenebrosa, somiglia a Van Helsing, guardatelo.» Erano arrivati all’ingresso della stanza degli interrogatori, e dall’altra parte dello specchio unidirezionale (lo chiamavano specchio magico), potevano vedere quell’uomo starsene seduto tranquillo, per niente teso, ad aspettare.
«Vabbè, noi entriamo eh.» Disse Mirco, aprendo la porta per entrare con Carlo nella stanza infestata dal demonio.

*

Carlo e Mirco guardarono negli occhi l’indiziato, il quale non tradiva il minimo segno di nervosismo… anzi, sembrava a suo agio come se fosse a casa sua, con le mani congiunte appoggiate alle gambe. Fu il primo a rompere il silenzio «Buonasera ispettori»
«Buonasera signor… com’è che si chiama?»
«Credo ci sia un problema con questa sedia, sapete, è tanto scomoda che gli indiziati confesserebbero crimini mai commessi a costo di farsi scortare in galera, pur di alzarsi.» Rise sommessamente, sinceramente divertito dalla sua battuta ma Carlo non lo era altrettanto, e rispose duramente «guardi che è inutile che faccia lo spiritoso, la sua simpatia non la rende più simpatico ai nostri occhi!»
«Mi perdonerà per il mio atteggiamento, ispettore capo.» Disse pacato l’uomo, il quale sorprese per un attimo Carlo: l’indiziato aveva buon occhio, evidentemente aveva visto il distintivo di qualifica… uno che se ne intende? Di solito la gente sbagliava, lo chiamavano in tutti modi, ma non azzeccavano mai quello giusto: maresciallo, commissario e, in alcune occasioni, addirittura tenente. «La mia timidezza cerca sempre di farmi apparire un po’ troppo sicuro della mia personalità, occultando la mia natura introversa.»
«Ah, quindi lei è un tipo timido eh? Non ha mostrato timidezza quando ha parlato con una certa signora però, vero?»
«Non saprei, dipende se la signora in questione attiri la mia natura "umana" più di quella spirituale» Quella doveva essere una battuta, dal modo in cui sorrideva beato.
«E non le viene in mente il motivo per cui è stato prelevato dalla sua casa?» Era intervenuto Mirco stavolta, e l’uomo gli rivolse attenzione per la prima volta, dicendo «Ho molte idee a riguardo, ma sarebbe inutile esprimerle rischiando di sbagliare, sono certo che mi suggerirete la risposta giusta.»
«Questo vuole pigliarci per il culo» disse l’ispettore al suo collega, guardandolo annoiato, e si rivolse di nuovo all’indiziato «Tu ti sei fatta una precisa idea! Da come parli, hai cervello da vendere, non pigliarmi per il culo! Hai presente una donna di nome Anna? Questo nome ti dice niente?»
L’uomo sorrise e disse «Intendi Sant’Anna?» e Mirco batté entrambe le mani sulla scrivania, facendo sobbalzare Carlo ma non ottenendo alcuna reazione da parte dell’uomo «ti ho appena detto di non prendermi per il culo stronzo!»
Carlo chiese sottovoce al collega di calmarsi, e tornò a rivolgersi all’indiziato, ma quest’ultimo lo precedette, indicando Mirco «Quello deve essere l’agente cattivo, senza dubbio. Beata gioventù.»
«Lei sta facendo troppo lo stronzo, questo non facilita la sua posizione» Disse con calma Carlo, guardandolo in modo grave.
L’uomo scosse la testa in segno di contrarietà «Ispettore capo, perché non ci diamo del tu? Prendi esempio dal tuo giovane collega, si è rivelato molto più aperto di te nel dialogare»
«Se ti fa piacere d’accordo, però cerca di renderci il lavoro facile. Ci dici come ti chiami?»
«Da uomo scrupoloso, suggerisco a voi e agli altri due dall’altra parte dello specchio di lasciar perdere il mio nome, ritengo che non sia di alcuna utilità per voi.» Disse con serietà.
«E perché pensi questo? Sei per caso un latitante?» Domandò Carlo aggrottando le sopracciglia
«Lo penso per il fatto che il nome terreno faccia dimenticare la vera identità di un’anima » Carlo strinse gli occhi concentrandosi «meglio che conosciate ciò che vedete di me, piuttosto che inventi all’istante un nome per ingannarvi.»

"Da dove è uscito questo, dalla Divina Commedia?" disse Gaspard al commissario, dall’altra parte del vetro, mentre Carlo si spazientiva e lanciava uno sguardo a Mirco, che cominciò a mordersi la lingua per contenere la frustrazione.
Mentre andava avanti e indietro, Mirco si girò di scatto verso l’indiziato e disse con rabbia «Va bene amico, non ce lo dire chi sei, dicci solo cosa hai detto alla donna chiamata Anna. Vediamo quale perla di saggezza ci riservi a riguardo!»
«Conosco tante donne di nome Anna, ispettore»
«Quella in questione ha ucciso suo marito! Per ironia della sorte, proprio la sera del giorno in cui aveva parlato con te! Bella coincidenza, vero?»
«Istigazione all’omicidio» disse l’uomo lentamente, e poi rise «oggigiorno non possiamo donare consigli al prossimo senza essere martirizzati in qualche modo.»
«Quindi non hai nulla da dire a riguardo?» Domandò Carlo in tono pacato ma che lasciava prevalere lo scetticismo.
«Avrei tante cose da dire a riguardo, ma temo che siano irrilevanti per la vostra indagine.» Ci fu un momento di silenzio, poi l’uomo disse «non mi è stata ancora posta la vera domanda, per cui desidero che uno di voi me la ponga»
«Molto bene» Carlo si sedette di fronte all’indiziato e domandò in modo professionale «Hai detto tu ad Anna Ercoli di uccidere suo marito?»

L’uomo mostrava un mezzo sorriso molto caratteristico, che rendeva la sua aria bonaria ma, allo stesso tempo, inquietante e malvagia.
«Dipende da cosa intendi per "aver detto di uccidere"»
«No, dai!» esclamò Carlo annoiato, portandosi la mano destra alla fronte «non ricominciare a sviare, lo sai cosa voglio dire…»
«Non sei preciso Carlo. Sono uno che ama dare consigli, e c’è una bella differenza tra il consigliare di fare qualcosa e il dire di farlo»
«E allora, dato che tu sei "precisino", hai consigliato ad Anna di uccidere suo marito?»
«No, le ho solo svelato dei punti su suo marito che necessitava di sapere.»
«Lo conoscevi suo marito?»
«Come conosco tutti gli uomini»
«Quindi non lo conoscevi?»
«Come non conosco anche te e il tuo collega.»
Carlo e Mirco si guardarono interrogativi, e l’ispettore disse arrabbiato «E allora bello mio, perché non parli un po’ di me, vediamo quanto mi conosci!»
«Hai una moglie, una figlia adolescente e un bel po’ di problemi economici… il tipico padre di famiglia, onesto lavoratore che non rifiuta mai le occasioni di mettersi alla prova. Peccato però che consideri il tuo lavoro più importante della tua stessa famiglia.» Al termine di quella frase, Mirco sferrò un forte pugno al volto dell’uomo, il quale non reagì nemmeno d’istinto, senza alcuna smorfia di dolore. Al contrario, Mirco sembrò avere la mano dolorante subito dopo.
Entrarono il commissario e l’agente Gaspard, decidendo che era meglio sostituire i due ispettori. Mirco si stringeva la mano, mentre era tenuto cautamente fermo da Carlo. «È di ferro questo bastardo!» Disse ansimando, mentre si teneva la mano dolorante.
«Ispettore Mirco Lamberti» lo chiamò l’uomo, il cui volto non aveva lasciato il segno del pugno subito «non dimenticare questa data: il 20 novembre 2014.»

D’improvviso, Mirco fu investito da allucinazioni che cambiavano in grande velocità: vide un calendario datato 2014; poi vide gli occhi di sua figlia, nascosti improvvisamente da mani che l’afferravano alle spalle; poi vide un medico che praticava un’operazione; poi vide uno schema raffigurante un corpo umano, i cui reni erano stati cerchiati in rosso; sentì la disperazione sua e di sua moglie mentre assistevano ad un funerale.

I poliziotti videro Mirco camminare per la stanza, sbandando come un cieco senza il bastone da sostegno, per poi crollare a terra colpito da convulsioni. Immediatamente fu assistito da Carlo e Gaspard, che gli misero una penna sotto la lingua per evitare che se la masticasse. A causa del baccano, furono allertati altri poliziotti della centrale, che trasportarono di peso Mirco, non appena i suoi muscoli si rilassarono. Il commissario e Carlo ebbero modo di sentire l’uomo, nonostante la confusione, dire a Mirco mentre questi era svenuto «Quel giorno, eviterei di far uscire di casa tua figlia, ispettore.»

*

Quando il trambusto fu cessato, Carlo guardò furibondo l’uomo, e lo avvicinò quasi al punto da toccargli la punta del naso con il suo. «Non so in che modo tu possa centrarci con quanto è avvenuto ma di sicuro c’è il tuo zampino» gli disse quasi sussurrando
«Ispettore capo, la vostra mente è limitata in base a ciò che i vostri sensi sono in grado di donarvi… andare oltre potrebbe danneggiarvi. Non ho fatto altro che donare a Mirco l’occasione di porre rimedio al suo futuro. Non si è danneggiato, te lo assicuro, la sua giovane età è la sua garanzia.»
«Cosa gli hai trasmesso?» Chiese Carlo sempre sussurrando, restandogli a faccia a faccia.
«Una verità che la vostra amicizia non riuscirà a tenere segreta, ti fornirà lui stesso queste informazioni» disse l’uomo fissando negli occhi Carlo «Non commettere l’errore di ambire all’assoluta verità, ispettore capo, un visionario di Roma ci ha provato e ha raggiunto il suo obiettivo, che l’ha devastato tanto da trovare sollievo nel suicidio.»
«Sei una cosa maligna, l’ho capito da quando hai messo piede qui dentro»
«Carlo!» Lo richiamò il commissario «Ora ti chiedo di uscire, continueremo l’interrogatorio io e Gaspard.»
L’ispettore capo si allontanò dall’indiziato guardandolo in cagnesco e, prima di uscire, si rivolse al commissario «siate cauti voi due, questo è pericoloso.» E uscì dalla stanza, osservando l’interrogatorio da dietro lo specchio. Le luci continuavano a tremolare, e Carlo era più inquieto che mai "Altro che interrogatorio, qua ci vorrebbe un esorcismo"

*

Il commissario Lino si sedette di fronte all’indiziato, di cattivo umore ma con mente assai lucida. Lo guardò spazientito e gli disse «Posso sapere come ti chiami, o ti ostini a fare l’uomo dei misteri?»
«Non mi chiamo, commissario, di solito sono gli altri a chiamarmi» risposte l’uomo con il suo caratteristico mezzo sorriso.
«E questi altri come ti chiamano, di preciso?»
«"Lo Spettatore"… perché osservare, è ciò che di meglio so fare, nonché il mio passatempo preferito»
«Ah, lo Spettatore» annuì Lino «almeno c’è un modo con cui posso appellarti quando serve.» Lo Spettatore rimase in attesa, guardando il commissario con un sorriso quasi "paterno", come se osservasse un bambino che recita la poesia di Natale.
«Agente Gaspard Delgado !» Lo Spettatore l’aveva chiamato inaspettatamente, tanto che Lino era sobbalzato «Sappi che l’ossessione è una delle principali vie della dannazione, e l’assassino seriale cui dai la caccia non può più essere considerato un essere umano… mentalmente è un mostro, proprio come quegli esseri terrificanti che si leggono negli antichi romanzi gotici»
Gaspard si dimenticò all’istante della base di quell’interrogatorio, e domandò nervosamente «tu conosci quel pazzo? Se lo conosci, devi dirmelo! Non puoi nascondere informazioni su un sadico bastardo come quello!»
«Calmo Gaspard, questo conosce tutto di tutti, parla tanto ma non dice nulla, ormai ho capito il tipo» Disse Lino, sorridendo sarcastico nei confronti dello Spettatore, che ribatté «Commissario Lino Olivieri, posso sempre offrire un consiglio, una cosa su cui Gaspard potrà riflettere.»
L’agente scelto si chinò speranzoso, e lo Spettatore parlò «Smile non ha più nulla di umano, a parte il suo corpo. L’umanità perduta è un particolare che non può essere pienamente compreso da chi si ostina a rimanere con i piedi inchiodati per terra. Se vuoi conoscere la mente di Smile, Gaspard, devi semplicemente evitare di pensare.»
Gaspard restò in attesa ma evidentemente lo Spettatore non aveva più nulla da dire a riguardo. Deluso e arrabbiato, fece per rivolgersi al commissario ma questi alzò una mano e disse «abbiamo altro su cui indagare adesso.» e si rivolse di nuovo allo Spettatore «mi dici cosa hai detto ad Anna riguardo suo marito? Perché avrebbe dovuto ucciderlo?»
«Perché in mia presenza ella ha visto, proprio com’è successo con il vostro collega Mirco Lamberti»
«E cos’è che ha visto?» Chiese il commissario in un sussurro.
«La data del suo assassinio.»

Il silenzio fu assoluto, anche Carlo dall’altra parte del vetro, avvertiva la tensione crescente. Il commissario chiese pacatamente «che vuol dire? Ha visto il futuro?»
«Se preferisci, chiamalo pure così» rispose lo Spettatore alzando le spalle «Per me il tempo è un elemento del tutto astratto. Però si, vide con chiarezza che il tre Aprile di quest’anno, in preda ad una forte ubriachezza, il marito di Anna avrebbe usato la sua mazza da baseball per colpirla venticinque volte, riducendo in poltiglia l’interno del suo corpo.» Il commissario rimase in silenzio, lasciando che lo Spettatore proseguisse «Non esiste modo di denunciare un evento che ancora deve "fisicamente" avvenire, per cui Anna si è difesa nell’unico modo che le sia venuto in mente.»

D’improvviso, si sentì un forte baccano proveniente dal corridoio, e la porta della stanza fu spalancata improvvisamente da un grosso poliziotto, che esclamò «Gaspard abbiamo scoperto il covo di Smile! È possibile che sia ancora lì dentro!»
Gaspard scattò veloce verso la porta, intento a chiudere la sua questione personale con lo psicopatico, ma venne per un attimo bloccato dal sussurro dello Spettatore, udito nonostante il chiasso «Stai attento ai tuoi piedi Gaspard Delgado». Non ci badò oltre, e uscì con gran foga per raggiungere il covo dell’assassino.

*

«Sai da cosa è possibile capire se una persona è sposata da tempo, commissario?» Disse lo Spettatore.
«No, ma sono sicuro che me lo dirai»
«Dai feromoni che il suo corpo rilascia… io posso avvertirli. Le persone sposate non ne rilasciano in grande quantità, perché la loro attrazione diminuisce in carenza di novità.»
« Una lezione interessante ma la ritieni rilevante in questo momento?» Disse il commissario con scarsa pazienza.
«Non esattamente… non quanto il legame fraterno»
E a quelle parole, improvvisamente il commissario Lino sbiancò, assumendo una colorazione cinerea. Carlo si sentì disgustato "pezzo di merda, lo sai che il fratello del commissario è scomparso da quindici anni e vuoi riaprire una vecchia ferita… ti ho capito, infame."
«Perché il legame fraterno dovrebbe essere rilevante adesso?» Domandò Lino, con un tono di voce neutro che falliva nel nascondere una forte emozione.
«Perché mi si chiede la verità. Tu e i tuoi colleghi me la state chiedendo da quando mi avete condotto qui, lasciando che questo posto soffrisse della mia presenza – si riferì alle luci tremolanti – quando tu per primo non doni il giusto esempio.»
«Ma di cosa diavolo stai parlando?» Domandò rabbioso il commissario, non nascondendo tuttavia, di conoscere l’argomento che lo Spettatore aveva tirato in ballo. L’indiziato non disse nulla, ma continuò a guardare negli occhi Lino, sorridendo bonario. Carlo stava chiedendosi se intervenire o no, ponendo fine alla tortura psicologica che quell’essere orribile stava attuando.
«I tuoi feromoni rilasciano un altro tipo di odore, commissario, ed è quello della colpevolezza. Ora, non giudico mai il prossimo, io sono abituato a donare consigli a chiunque me li chiede… puoi dirmelo tuttavia, perché uccidesti tuo fratello?»
"GESÚ!" Esclamò Carlo, portandosi entrambe le mani alla bocca per non farsi sentire. Si aspettava (sperava) che il commissario negasse tutto, che si alzasse e mollasse un pugno a quell’essere come aveva fatto Mirco… invece, colpo di scena, Lino scoppiò in lacrime.

«Quindici anni fa avevo diciassette anni. Odiavo il mio neonato fratellino, avevo contratto un sentimento che allora mi divorò l’anima: la gelosia. Le attenzioni che, prima che mio fratello nascesse, mi riservavano i miei genitori, erano il mio tesoro… ero un bastardo viziato. La nascita di mio fratello mi ha fatto sentire più minacciato di tutte le altre volte in cui qualche criminale mi abbia puntato contro la pistola. Premeditai e fantasticai sulla sua sparizione per mesi, finché non trovai il coraggio di passare ai fatti.
«Abitavamo al piano terra, sarebbe stato facile fingere che qualche zingaro fosse entrato in casa di soppiatto e avesse rapito un neonato. Quel giorno i miei non c’erano, avevano affidato mio fratello alla mia sorveglianza. Lui stava dormendo nella sua culla, quando presi il suo cuscino e lo usai per soffocarlo. Fu più facile di quanto pensassi, ci mise poco a spirare. Lo seppellii in una terra abbandonata poco distante dalla nostra abitazione, nessuno l’avrebbe mai più trovato. Sopportai le crisi di nervi dei miei genitori senza provare alcun rimorso… quello cominciai a sentirlo solo dopo alcuni anni. Il fatto che stia raccontando questo proprio a te, è un segno del mio indebolimento come uomo.»

Carlo tremava da capo a piedi, non avrebbe mai sospettato che il commissario si fosse macchiato di un infanticidio. Non riusciva a muoversi. Quella storia l’aveva lasciato imbambolato.
«È chiaro che cercavo solo una scusa per confessarlo.»
«Chi l’avrebbe mai detto che uno come me fungesse da confessore»
"Dio, che schifo!" esclamò sottovoce Carlo, pronto ad arrestare il suo stesso commissario, non appena i suoi nervi si fossero calmati.
Lo Spettatore rivelò improvvisamente «Il neonato è seppellito dove in questo momento sorge la mia villa, se intendete recuperarlo dovrete solo scavare. Immagino che gli darete una degna "sepoltura"… quale magnanimità mi ha colto in questa interessante giornata»

Un altro trambusto invase la centrale, numerosi poliziotti stavano correndo alle loro vetture… chiaramente era successo qualcosa di grave. Uno di loro urtò Carlo, il quale chiese distrattamente «Ma che succede?» e l’agente gli rispose «il covo di Smile era minato, numerosi poliziotti feriti. A Gaspard gli sono saltate tutte e due le gambe.»
«Dio Dio Dio» sussurrò Carlo, tenendo le mani congiunte come in preghiera. Quando guardò di nuovo nella stanza degli interrogatori, vide che lo Spettatore si era alzato e stava uscendo. Aprì la porta e gli si avvicinò… non si era reso conto di quanto era alto, quando l’aveva prelevato da quella casa orribile.
«Tu sei un timorato di Dio, eri tra la folla quando è stato eletto il nuovo pontefice… anch’io mi trovavo li in mezzo sai? Credo che ci siamo incrociati per un breve momento. Semmai desiderassi entrare in Vaticano, puoi chiedere a me… io sono da sempre un gradito ospite lì dentro.»
Lo Spettatore si allontanò verso l’uscita, lasciando ammutolito l’ispettore capo Carlo Dabellani, che istintivamente si fece il segno della croce.



No Note dell'autore:

In questo racconto ci sono dei riferimenti ad altri miei precedenti scritti:

Lo Spettatore è anche il protagonista dell' omonimo racconto.
Smile è lo spietato assassino del racconto L'illusionista
Il visionario suicida è un riferimento al racconto Negazione

  
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