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Autore: xhisdimples    28/04/2013    7 recensioni
“Harold Edward Tomlinson! Vieni subito qui.” Rimetto il bambino a terra lasciando che raggiunga la madre mentre una fitta di dolore mi attanaglia lo stomaco: com’è possibile che sentire il suo nome faccia ancora così male dopo 10 fottuti anni?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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*Questa non è una OS Larry*
 
BUON NATALE HARRY

 
Osservo le sagome soffermandomi il più a lungo possibile su ognuna di loro: voglio che anche il più piccolo particolare venga impresso a fuoco nella mia mente, o forse sarebbe più corretto dire nella mia anima.
 
Nella stanza regna il più totale e assoluto silenzio, l’atmosfera è carica d’aspettativa, come se tutti questi pezzi di cartone sapessero cosa succederà da qui a poco.
Prendo un respiro profondo e chiudo gli occhi: voglio essere certo di aver salvato l’immagine che sto osservando nella mia testa.
Quando li riapro vengo colpito dalla luce e dal rimorso, ma ormai non posso più tornare indietro.
Alzo lo sguardo verso l’orologio: ormai dovremmo esserci, ancora qualche minuto e tutti i problemi contro i quali ho dovuto lottare per diciannove interminabili anni finiranno.
 
Posiziono la vecchia Polaroid sul mobile per poi preme il tastino dello scatto e lanciarmi sul divano, in mezzo alle sagome, per l’ultima foto insieme e da lucido.
La sagoma di Louis profuma di lui.
Certo: non ha lo stesso calore della sua pelle, non è morbida al tatto e se infilo la testa in quello che dovrebbe essere l’incavo della sua spalla non riesco a sentire il profumo floreale del detersivo che Johanna usa per lavargli i vestiti, ma l’intera boccetta di profumo che “gli” ho spruzzato addosso qualche ora fa è servita a qualcosa.
 
Louis.
 
Se solo penso che lui, quello vero e in carne ed ossa, in questo momento è in macchina diretto qui mi sento ancora peggio. Quasi riesco a vederlo: i jeans scuri a fasciargli le gambe lunghe e affusolate, la felpa grigia che usa mettere il sabato, gli occhi azzurri che scrutano vigili la strada e le mani che stringono attente il volante della sua Mini Cooper rossa.
Fermati Boo, buca, finisci la benzina, dimenticati qualcosa, ma non arrivare a casa mia.
Non stasera.
Non adesso.
Non quando ho deciso.
                     
Dalla Polaroid esce un rumore sordo che mi distrae dai miei pensieri: la foto è pronta.
Me la rigiro tra le mani osservando quanto i cartonati siano in realtà inespressivi e quanto la mia idea di addobbare la stanza a festa sia stata veramente di pessimo gusto.
I miei occhi si soffermano sull’immagine di Louis: verde nell’azzurro.
Quell’azzurro sempre più spento dallo stress dei concerti, quell’azzurro che ho tanto amato, che mi ha dato riparo quando ne ho avuto bisogno e che ora non vedrò più.
 
Scusami Lou.
 
Silenzio.

 
 

LOUIS
 

Silenzio.

Non avverto altro.
Ormai ho smesso anche di piangere, dopo quattro fottuti giorni, non ho più lacrime da versare.
Mi limito a starmene così, immobile, nel letto a fissare il soffitto color panna: ignoro qualsiasi segnale il mio corpo cerchi di inviarmi, tant’è che credo ormai abbia smesso di farlo.
Ignoro il cellulare che vibra incessantemente sul comodino: prima o poi si spegnerà, spero. Dopo tutto, quando ti serve la carica dura sì e no 10 minuti, ora, che non voglio essere disturbato, quell’aggeggio sta squillando da 96 ore.
Vaffanculo.
Vorrei prendermela con lui.
Vorrei prenderlo e lanciarlo dall’altra parte della stanza, ma non ne ho la forza.
Vorrei gridargli contro che è colpa sua se, quando chiudo gli occhi, i SUOI occhi mi appaiono impedendomi di dormire.
Vorrei poter dire che è colpa sua se Harry non c’è più.
Invece non è così.
Lui ha scelto. Harry ha scelto di andarsene, di lasciare me, la sua famiglia e i suoi amici. Ha preso una decisione e io non mi sono accorto di quanto stesse male. Io non l’ho mai guardato, non l’ho mai osservato abbastanza attentamente da capire le sue intenzioni e fermarlo.
Coglione.
Mi aveva lanciato tutti i segnali, dovevo solo capire.
Non l’ho fatto, semplice, ho lasciato che lui mi scivolasse via dalle mani e ora non posso più riparare al mio errore.

***

Qualcuno apre la porta, lasciando entrare un pochino di luce che prontamente mi irrita gli occhi gonfi di lacrime e dalla mancanza di sonno.
Come osa il sole splendere quando LUI non c’è più?
Siamo in Inghilterra, qui piove sempre, e oggi c’è il sole?
Fanculo.
 
Il letto cigola leggermente: se mia madre si aspetta che mi alzi e la degni d’attenzione ha sbagliato a capire.
“Puzzi fratello.” La voce di Zayn è roca, spezzata quasi, e fa decisamente fatica ad uscire.
Alzo leggermente la testa dal cuscino per poterlo guardare: la pelle solitamente color cappuccino ha assunto una sfumatura olivastra, tendente al bianco smunto. Ha delle pesanti occhiaie che gli contornano gli occhi e i capelli, i sacri capelli di Zayn Malik, non sono neanche pettinati.
“C-cosa c-i f-ai q-ui?” La voce impastata dal lungo silenzio e rotta dalle lacrime che minacciano di scendere mi fanno sembrare un perfetto idiota, ma non mi interessa.
“Sono venuto a salvarti. E poi mi sembra che H.., che ti abbia chiesto qualcosa.” Non riesce a pronunciare il suo nome. Non riesce a dire “Harry”.
Una fitta di dolore mi attraversa lo stomaco mentre Zayn scosta le tende, apre la finestra e lascia entrare dell’aria fresca nella mia stanza. Poi infila una mano in tasca e mi passa un pezzetto di carta tutto accartocciato: al momento non riesco a riconoscerlo, ma poi tutto si fa chiaro.
 

“Canta il nostro sogno.
Scusa. H.”

 

Alzo gli occhi scontrandomi con quelli color cioccolato del moro trovandoli lucidi. “Lo so. So quanto è dura, lo è anche per noi.” Appoggia una mano sulla mia spalla e lascia che qualche lacrima gli righi il volto.
Perché ci hai fatto questo Harry? Perché hai preso quelle fottute pillole?
Spero che ora tu stia bene, perché, senza di te, qui è uno schifo.
“Zayn?” Sussurro. “Vado a fare la doccia.” Lui tira su col naso e abbozza un sorriso tra i singhiozzi.
“Okay, io do una sistemata a questa stanza.” Annuisco e mi alzo, diretto al bagno.
 
Harold Edward Styles, lo so che dal Paradiso ci puoi ascoltare, quindi fallo attentamente: canterò il nostro sogno, come mi hai chiesto, ma non ti azzardare a farmi una cosa del genere ancora, o vengo a riprenderti.
 
 

Sei mesi dopo

 

Mi siedo in fianco alla lapide pensando a quanto mia madre sarà felice di dover lavare via il terriccio dai pantaloni, di nuovo.
“Ciao Haz.” Il cimitero è silenzioso: dovrebbe essere chiuso, ma Bill il custode mi ha lasciato entrare. “Come stai? Io bene.” Sorrido mentre il vento mi solletica il collo, costringendomi a stringermi ancora di più nel bavero della giacca. “Il tour procede bene sai? Domani suoniamo a Londra.”
Una lacrima calda mi bagna la guancia e io la lascio correre: quanto posso essere stupido?
Perché tutte le settimane vengo qui e gli parlo di cose inutili come il nuovo album, il tour, le fan e non riesco a dirgli ciò che mi preme di più. “Harry..”
Il cancello del cimitero cigola leggermente, liberando l’ingresso ad una ragazza stretta in un cappottino nero lungo fino alle ginocchia. I capelli rosso mogano spuntano ribelli dal cappello color panna decisamente in contrasto con le gote arrossate per il freddo.
Muove dei passi incerti verso la tomba dove sono seduto, ma quando si accorge della mia presenza si ferma, come pietrificata. Punta gli occhi marroni nei miei prima di voltarsi e correre lungo la stradina di ciottoli per la quale era venuta.
Tutto questo è strano.
“Ciao Hazza, torno domani prima del concerto.” Mi alzo cercando di togliere un po’ di terra dai jeans e mi incammino verso il cancello in ferro battuto: gli occhi della sconosciuta ancora impressi nella mente.

 
***
 
 Quando arrivo al cimitero, il giorno seguente, il cancello è semplicemente accostato e non chiuso come dovrebbe invece essere a quest’ora del sabato pomeriggio.
   
Mi incammino verso la tomba di Harry cercando di fare meno rumore possibile quando la vedo, la ragazza di ieri, chinata sulla lapide intenta a cambiare i fiori ormai rovinati con un mazzo di tulipani bianco conchiglia. Indossa il cappotto che le ho già visto indosso, ma i capelli rossi sono raccolti in uno chignon morbido e non porta il cappello: il che è strano perché la temperatura è quasi più bassa rispetto a 24 ore fa.
 
Non voglio disturbarla, così mi appoggio ad una delle grandi querce lì vicine e la osservo scattare una foto ai nuovi fiori con una Polaroid ed inserirla in un album che poggia ai piedi della lapide.
“Ecco Harry, ora tutti i fiori e i peluches che le tue Directioners ti hanno portato sono raccolti qua dentro e nemmeno il tempo può portarteli via.” Sussurra asciugandosi una lacrima. “Ora devo andare, lo sai. Ci vediamo domani.” Porta le dita alle labbra, sfiora la foto del riccio e poi se ne va, ignorandomi del tutto.
Spinto da una vorace curiosità, corro alla tomba del mio migliore amico e apro l’album: la prima metà è piena di foto raffiguranti tutti i pupazzi, i fiori e i bigliettini che le fan hanno portato qui, esattamente come aveva detto la sconosciuta. Le ultime pagine sono bianche, segno che deve ancora riempirle con i pensieri che verranno.
Sento gli occhi divenire lucidi e inizio a sbatterli come un idiota cercando di non piangere per la dolcezza di questa ragazza. “Hai visto Harold? Tutti ti amano.”

 

***
 

Per tutta la settimana seguente, prima o dopo i concerti, sono venuto qui, al cimitero di Holmes Chapel, a trovare Harry, sperando di rivedere la sconosciuta dai capelli color mogano.
E’ una cosa davvero triste da dire, no?
Le persone buone vanno a trovare i loro cari perché ne sentono la mancanza, io solo perché spero di rivedere una ragazza: che amico terribile. Forse è per questo che LUI ha preferito abbandonarmi.
 
Perso nei miei pensieri non mi sono nemmeno accorto che lei è arrivata: stretta del solito cappottino nero, cammina indecisa verso la tomba bianca dove, seduto, la aspetto impaziente.
Appena sento il rumore dei passi fermarsi alzo la testa, facendo incontrare i nostri occhi per la seconda volta: abbozzo un sorriso imbarazzato mentre la sua espressione è indecifrabile.
“Louis.” Parla talmente piano che sembra sibilare.
“C-come fai a conoscere il mio nome?” Lei mi lancia un’occhiata a metà tra lo scioccato e il divertito, per poi regalarmi un tenero sorriso: il primo che le vedo fare da quando la “conosco”.
“Io so praticamente tutto di te Louis William Tomlinson, cantante degli One Direction, nato a Doncaster il 24 dicembre 1991. Le tue sorelle si chiamano F..” La interrompo prima che mi snoccioli l’albero genealogico della mia famiglia e che mi riveli qualche informazione su di me che solo le Direcitoners sanno.
“Okay, okay.” Ridacchio. “Ora dimmi qualcosa di te, piccola stalker.”
Arrossisce, visibilmente imbarazzata dalla mia affermazione. “Mi chiamo Bonnie Wright e vivo a Holmes Chapel da.. beh da sempre.” Sorride fissandosi le scarpe e iniziando a torturarsi il labbro inferiore con i denti: sembra molto tenera ed indifesa.
“Bene Bonnie, perché vieni a trovare Harry tutti i giorni?” Appena pronuncio il suo nome, la ragazza emette un sospiro soffocato: Dio come vorrei abbracciarla e dirle che tutto passerà!
Porto lo sguardo alla tomba mentre aspetto che risponda, non voglio che si senta costretta a farlo, anche se lo spero vivamente.
“Io lo amo Louis. Lo amo come una ragazza qualunque ama un ragazzo qualunque. Lo amo come una fan ama un idolo. Lo amo come si può amare un migliore amico. Quando, quando lui..” La voce le si spezza e inizia a singhiozzare, cercando di asciugarsi le lacrime con le maniche del cappotto. “Beh è morta anche una parte di me. Non l’ho mai incontrato da vivo, ma non l’abbandonerò solo perché lui ha lasciato me.”
Si inginocchia e inizia a sistemare i fiori: toglie quelli morti sostituendoli con un mazzo di qualcosa di cui non conosco il nome, scatta una foto e la ripone insieme alle altre nell’album. Le lacrime continuando incessanti a rigarle le guance, questa volta lei non fa niente per fermarle.
Lentamente mi volto e mi allontano: la potenza dei suoi sentimenti mi ha spiazzato.
 

10 anni dopo

 
    I raggi del sole filtrano attraverso le tende, colpendomi gli occhi e finendo per svegliarmi: l’avevo detto che dovevamo comprarle di un colore più scuro, questo azzurro è bellissimo ma non ripara dalla luce.
Mi volto verso la porta laccata di bianco e inizio a sentire degli strani rumori provenire dall’anticamera: evidentemente la casa si è già svegliata.
Mi alzo, infilo le pantofole e apro la porta: facendo capolino in corridoio.
“Papà si è svegliato! Mamma! Papà si è svegliato!” Un mini-missile mi si lancia addosso spalancando le braccia, cercando di farsi prendere in braccio.
“Hey scricciolo.” Strofino il naso sul suo petto, coperto solo da una canottiera di cotone, facendolo ridere. “Da chi scappi?”
Non serve che mi risponda: una Bonnie indiavolata spunta dalla parte opposta dell’anticamera brandendo una camicia come se fosse un’arma.
“Harold Edward Tomlinson! Vieni subito qui.” Rimetto il bambino a terra lasciando che raggiunga la madre mentre una fitta di dolore mi attanaglia lo stomaco: com’è possibile che sentire il suo nome faccia ancora così male dopo 10 fottuti anni? “Lou? E’ tutto a posto?”
Sorrido alla ragazza, per poi annunciare che andrò a fare una doccia: devo decisamente schiarire i pensieri prima di andare.
 
 
L’ultima volta che siamo venuti qui tutti insieme è stato per il suo 25esimo compleanno, quasi 6 anni fa, ed ora eccoci di nuovo. Non che tra di noi abbiamo perso i contatti, anzi, la morte di Harry, anche se è brutto da dire, ha contribuito a stringere ancora di più il nostro legame fraterno.
Il matrimonio tra Liam e Danielle è stato un parto: si sono lasciati e rimessi insieme troppe volte negli ultimi anni, fino a quando lei ha deciso di trascinarlo su una spiaggia alle Maldive e sposarlo. Mi era sempre piaciuta quella ragazza.
Zayn e Perrie non si sono ancora sposati: stanno felicemente insieme da sempre, e la loro bambina è una bambola cresciuta con tutto l’amore che potrebbe desiderare.
Niall, dopo una lunga ricerca, è felicemente fidanzato con una fan: dovrebbero essere prossimi alle nozze, e non ho mai visto l’Irlandese tanto felice ed appagato.
Poi, ci siamo io e Bonnie. Dopo i nostri primi incontri in questo cimitero, io sono dovuto partire nuovamente per il tour, ma, ogni volta che tornavo, la trovavo qui a prendersi cura di Harry e, spero, ad aspettarmi. Giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, ci siamo innamorati e quando lei è rimasta incinta del piccolo, non abbiamo avuto dubbi sul come chiamarlo: LUI che ci guardava da lassù avrebbe fatto parte della nostra vita per sempre.
“Hey Haz, hai visto chi ti ho portato?” Sento il vento solleticarmi i capelli e so che lui mi sta ascoltando. “Lo sappiamo, saremmo dovuti venire tutti insieme un po’ più spesso, ma ora siamo qui, giusto?” Sorrido in direzione della tomba e sento Bonnie poggiare una mano sulla mia spalla. “Oggi sono 10 anni che non ci sei più e.. e ci manchi da morire riccio. Ti voglio bene.”
Le lacrime iniziano a scendere copiose lungo le mie guance ed io non posso far altro che farmi stringere da mia moglie, la quale è scossa dai singhiozzi esattamente come me. Mio figlio, nel frattempo, mi prende una mano stringendola forte, come a farmi capire che c’è anche lui.
 
 
Un’ora dopo, tutti abbiamo salutato Harry promettendogli di tornare più spesso a trovarlo tutti insieme e Bonnie ha aggiunto qualche foto all’ennesimo album di ricordi (o almeno così li chiama lei) che non ha mai smesso di fare.
“Lou amore, andiamo?”
“Incamminati tesoro, voglio restare ancora un minuto.” La ragazza mi sorride prendendo in braccio il nostro bambino e ripercorre il sentiero di ciottoli che tante volte abbiamo calpestato insieme.
“Haz.” Mi volto verso la tomba e prendo un respiro profondo. “Sono 10 anni che te lo voglio chiedere e ora devo farlo. Perché hai deciso di andartene il giorno di Natale? Perché il giorno dopo il mio compleanno?”
Mi asciugo un’altra lacrima mentre il vento mi fa rabbrividire, poi la mia attenzione viene attirata da uno dei quaderni che Bonnie ha lasciato aperto. Sulla pagina che sto osservando c’è incollata una foto di Harry e me, mentre giochiamo con la neve, e sotto la scritta recita:
“Non lascerei mai Louis solo per il suo compleanno, mai! – Harry Styles”
Il vento si fa improvvisamente meno pungente e mi avvolge, come un abbraccio.
“Buon Natale Harry.”

      
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

SPAZIO AUTRICE

 

Oddio.. ce l’ho fatta a finire questa OS!
Dovete capire che l’ho iniziata praticamente due settimane fa, ma avevo scritto solo la parte di Harry.. probabilmente sono stata distrutta dal fatto di averlo ucciso e quindi non sono più riuscita a scrivere una parola *forse sarebbe stato meglio così* poi stamattina ho ripreso il pc e ho detto: “Hey, quel poveretto è morto e la storia merita un finale!”
Quindi eccomi qui.
Ora.. grazie a te che sei arrivata/o a leggere fin qui.. spero che ti sia piaciuta.
Grazie a Bruno Mars per aver scritto “When I was your man” che mi ha ispirata in qualche modo.
Grazie alle Larry Shipper che, con i loro pensieri dolci, hanno aiutato i miei Harry e Louis.
E grazie a te che/se lascerai una recensione per dirmi cosa pensi di questa storia :)
 
TWITTER - @xhisdimples
ASK - @hazzasmile69

 
p.s. nel caso stavate seguendo “Vorrei dirti che ti amo, ma poi dovrei ucciderti” mi sono vista costretta a cancellarla :( come sapete sono in Inghilterra e non trovo il tempo per scrivere una fan fiction decente! In ogni caso è salvata nel mio caro pc quindi, magari, tornerò a darvi fastidio più in là ;)
un bacio

   
 
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