Era una classica tempesta d’estate.
Severus Snape, vestito di un'odiosa maglietta smessa del padre e patetici jeans babbani, se ne stava sotto un albero, ignorando l’acqua che filtrava dalle foglie e che gli gocciolava sulla testa, bagnando i suoi lunghi capelli neri arrivati a coprirgli gli occhi.
Era una classica tempesta di estate per gli altri forse, per lui era semplicemente l'inferno che si meritava come inizio della prima estate che avrebbe trascorso senza di lei. Lily.
Come aveva potuto chiamarla in quel modo, perché si era permesso di lasciarla andare? Era ormai da tempo che passava le notti sveglio a pensarci, per rispondersi sempre le stesse cose e dilaniarsi l'anima.
Un rumoroso tuono lo scosse, cominciò a tossire e tremare di freddo. Non aveva nessuna intenzione di alzarsi, perché in quel punto esattamente un anno prima era successo qualcosa di magico.
Qualcosa che nessun incantesimo avrebbe potuto eguagliare, ma che mai più avrebbe potuto sperare di vedersi ripetere.
Se chiudeva gli occhi e respirava piano, cercando di acquietare l'incendio esploso nei suoi polmoni, poteva rievocare quelle immagini: la corsa a nascondino lungo il prato, il diluvio esploso d'improvviso, la spontaneità con cui Lily si era tolta la maglia bagnata, i suoi piccoli seni scoperti, la voglia di poterla baciare. Guardarsi a lungo, la paura di dire qualcosa. La sensazione di essere capitati all'interno di un film, e il richiamo di Petunia come risveglio da un sogno che lo aveva nutrito di speranze. Da solo sotto l'albero Severus avrebbe voluto tornare indietro a coglierle, una ad una, insieme alle occasioni che aveva avuto e che si era lasciato scappare, opportunità di un anno intero che aveva pensato bene di concludere con il litigio che già sapeva gli avrebbe rovinato la vita per sempre. Aveva perso tutto. Seduto, abbracciò le proprie gambe, e, chinandosi sulle ginocchia, schiacciò con forza gli occhi su di esse. Senza di Lily, non avrebbe più avuto senso vedere il mondo.
Restò in quella posizione per qualche minuto, desiderando di venire colpito da un fulmine, quando sentì dietro di sé il rumore di un ramo spezzato. Si voltò, il cuore in gola.
Lily Evans, fradicia, lo stava fissando, in piedi a pochi metri di distanza. Indossava la stessa maglia a pallini dell'anno prima, stava mordendosi le labbra, i lunghi capelli rossi come serpenti morti sulle spalle.
-Lily…- trovò la forza di sussurrare lui, la voce roca, la morte in fondo alle viscere.
Lei lo fissò, senza rispondere.
Rimasero secoli così, a guardarsi, e Severus immaginò di poterle dire tutto quello che da sempre aveva voluto che lei sapesse.
Immaginava di poterle dire che davvero gli dispiaceva, non sopportava di averla messa al secondo posto rispetto ai compagni di Casa.
Immaginava di poterle dire che lei era al primo posto in qualunque cosa.
Immaginava di poterle dire che era stato ucciso quel giorno, trafitto dai suoi occhi delusi.
Immaginava di poterle dire che per lei avrebbe fatto tutto quello che gli sarebbe stato impossibile.
Immaginava di poterle dire che l'amava e che sapeva che avrebbero potuto passare insieme il resto dei loro giorno, che avrebbe fatto tutto il possibile, anche rinunciare all'oscurità. Ma anche i secoli finiscono quando il dolore diventa insostenibile, e prima che Severus potesse trovare anche solo il coraggio di dirle quelle cose, lei iniziò ad allontanarsi.
Il ragazzo restò immobile, incapace di alzarsi e di raggiungerla, mentre il suono dei singhiozzi di Lily Evans, amare chiavi di segreti e sogni infranti, venne coperto dall'acqua scrosciante.