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Autore: StefanoReaper    29/04/2013    4 recensioni
Ian Madton, nato il 6 giugno 1944, all'età di 25 anni inizia a fare strani incubi su guerre mai combattute, lettere mai lette e donne mai conosciute. Decide allora di partire alla ricerca una risposta ai suoi interminabili incubi, ritrovandosi sulla costa della Normandia dove, tra sogno, follia e delirio dovrà riconciliare il passato con il presente, in un mortale scontro contro se stesso.
Genere: Drammatico, Mistero, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1. INCUBI OLTREMARE

 

Who am I, what's my creed
This is the price of my deed
One day over the sea
Will born another me

Lady Reaper - Another Me



Stipata nella chiglia dell'enorme corazzata da sbarco, la 1ª Divisione Fanteria statunitense veniva cullata dalle onde della Manica mentre le prime luci del mattino iniziavano a riflettersi sulla superficie del mare. L'aria era pesante: trai 140 soldati come lui stipati nel ventre della nave regnava un silenzio teso e angoscioso, rotto solamente da vaghi mormorii e sussurri.

Il momento stava per giungere. Quella mattina, alla fine di un viaggio snervante verso la battaglia, sarebbero finalmente sbarcati. Il silenzio fu improvvisamente rotto da un assordante rombo proveniente da sopra le loro teste.
- Li senti, Corentrain? - chiese timidamente una voce.
Ma Corentrain non badava al rombo degli aerei, né all'alta marea che si avvicinava, né alla battaglia che stava per cominciare. Con l'elmetto in grembo fissava la foto di una ragazza - Rose era la firma, un dolce viso contornato da semplici ricci neri che con eleganza le cadono sulle spalle - e stringeva tra le mani una lettera.
- Corentrain, li senti? - continuava.
- Corentrain, tutto ok?
Poi si sentì un fischio e un'esplosione, lontano sulla spiaggia.


- Ian, tutto ok?
Seduto sotto alle coperte, in un bagno di sudore, Ian tentava di riacquisire contatto con la realtà, aiutato dalla mano che lo accarezzava con dolcezza.
- Sì.. Tutto ok.. - rispose lui affannatamente - Solo i soliti incubi.
Poi si alzò, rimanendo per un attimo fermo a lato del letto. Era madido di sudore, e tremava.
- Farfugliavi ancora di quella donna, della lettera, della nave.. Che cosa significa?
- Non lo so, amore - cominciò lui - Non lo so. Non riesco a capire. Credo abbia a che fare con una guerra, o qualcosa.. Non lo so, non ce la faccio più.
Ancora farfugliava.
Stremato e tremante, Ian si sedette la lato del letto, massaggiandosi la testa con le mani.
- Ian, io ti amo. E mi fido di te - disse lei a voce spezzata mentre gli stringeva la mano - Ma ho paura. Paura per te. Non stai bene: sei sempre più stanco, più pallido..
Scese il silenzio. Ian si voltò verso di lei che lo strinse forte a sé in un abbraccio.
- Ora stai tranquillo.. Rimettiamoci a dormire.
E dopo averlo fatto stendere lo baciò, continuandogli poi ad accarezzare i neri capelli.

Attenzione soldati. Qui è il Comandante Bradley che vi parla. Tra trenta minuti, aiutati dall'alta marea e anticipati da un pesante raid aereo e da un intenso cannoneggiamento, sbarcheremo a Omaha Beach.”
La voce del generale risuonava metallica in tutta la chiglia della corazzata, ascoltata in religioso silenzio da ogni soldato, marinaio e mozzo a bordo.

Una volta sbarcati, vi faranno seguito i carri Sherman, dunque la vostra discesa dovrà essere fulminea per permettere la rapida azione di questi. Bene soldati, pronti al combattimento. E che Dio benedica l'America.”
A quelle parole, l'intera 1
ª Divisione Fanteria statunitense fece riecheggiare un urlo misto di orgoglio, coraggio e consapevolezza. Ora ogni soldato controllava le munizioni, puliva la mitraglia, stringeva l'elmetto.
- Corentrain, non ti prepari?
Ma il soldato ancora fissava l'ormai opaca foto di quella ragazza. Se la posò sulle labbra e, stringendo gli occhi pieni di lacrime, la baciò. Poi la infilò, insieme alla lettera, in una cucitura nell'elmetto.
Le esplosioni si udivano sempre più forti. Era l'ora della battaglia.

***


“Signori e signore, tra meno di mezz'ora arriveremo a Omaha Beach, dove la 1ª Divisione Fateria statunitense subì la peggiore esperienza di sbarco durante il D-Day.”
La voce metallica usciva dall'altoparlante situato all'esterno della torre di comando.
“Vi chiediamo, una volta a terra, di non separarvi dal gruppo e di mantenere un comportamento adatto al luogo che andremo a visitare, ormai santuario e monumento agli eroi caduti”
Qui troverò le risposte che cerco. Spero non sia una pazzia, pensò Ian mentre il forte vento gli scompigliava i ricci capelli neri. La spiaggia era a meno di un miglio di distanza e già si intravedeva tra la nebbia la distesa di croci marmoree che la ricopriva.

- Guarda, Corentrain, in quella foschia quasi non si vede la spiaggia.
Era vero, la fitta nebbia che era scesa durante la notte ancora resisteva ai primi flebili raggi del sole. Il vento fischiava forte, ma non riusciva a coprire le esplosioni, né tantomeno i rombi dei motori degli aerei che ronzavano nel cielo plumbeo.


“Signori stiamo completando le manovre di attracco. Vi chiediamo di attendere la fuoriuscita completa del ponte e di scendere uno per volta.”

- TUTTI GIÙ, TUTTI GIÙ! DI CORSA! VIA, VIA, VIA!
La 1
ª Divisione Fanteria statunitense stava sbarcando a un centinaio di metri dalla riva. Immersi nell'acqua gelida fino al petto, tenevano le mitraglie rialzate sopra la testa, mentre tentavano di avanzare verso la riva, lottando contro le forti onde.

- Purtroppo, la maggior parte dei carri anfibi Sherman venne persa, in quanto vennero fatti sbarcare troppo lontano dalla riva, e le deboli protezioni aggiunte per permetterne la navigazione cedettero sotto gli urti delle onde. Inoltre, i tedeschi avevano piazzato proprio su quella spiaggia alcune unità della 352ª Divisione tedesca, che...
La guida continuava a parlare ininterrottamente, ma Ian non ascoltava. Avevo lo sguardo perso verso la bianca distesa di croci che ricopriva tutta la spiaggia.

Era un suicidio. Dalle ripide colline non molto lontane dalla riva arrivavano ininterrottamente raffiche di mitragliatrici, cannonate e colpi di mortaio. Da ogni parte, nascosti e soffocati dalle nuvole di fumo, decine di soldati cadevano al suolo inanimi, tra le urla di disperazione e le esplosioni assordanti.

Seguendo la scia di ricordi non suoi, Ian si aggirava tra le centinaia di croci di marmo che inondavano la spiaggia.
Tutto ciò, mentre nascevo, dovette pensare.
Su alcune croci erano incisi dei nomi, su altre perfino le date di nascita o qualche dedica. Altre invece erano completamente spoglie, non essendo stato possibile riconoscere il corpo completamente dilaniato dalle esplosioni. Sopra o accanto alcune erano posati oggetti risalenti al fatidico giorno: collanine, munizioni, elmetti.

Ian correva tra le esplosioni e i corpi dei compagni facendosi strada attraverso una coltre di fumo invalicabile. Poi si fermò e si gettò sulle ginocchia. Non aveva più senso proseguire quella battaglia. Non aveva più senso tornare a casa. Non c'era più niente da ritrovare a casa, non c'era più nessuno ad aspettarlo.

Si fermò. Non poteva dire come facesse a saperlo, ma quella era la croce che cercava. Una semplice croce, come tutte le altre, con un elmetto poggiato sopra.

- Fosse l'ultima cosa che faccio, Dio me ne sarà testimone, io, Ian Corentrain, auguro sventura a ogni discendente, figlio o figlia, di Rose Patton, che per carenza di spirito ha preferito infrangere un giuramento piuttosto che vivere nel ricordo di un amore. Così sia.
E così dicendo fu spazzato via da un colpo di mortaio.

Ian Corentrain
18.02.1919 - 06.06.1944

Quanta gente è morta mentre venivo al mondo, si ritrovò a pensare per l'ennesima volta.
Questa realtà lo aveva sempre tormentato. Ma doveva esserci una risposta, e quell'assurdo viaggio pieno di incubi alla ricerca di una ragione l'aveva portato dritto davanti a quella croce.
Prese l'elmetto ormai logoro e se lo rigirò tra le mani.
Una foto completamente sbiadita e una busta da lettere caddero ai suoi piedi.

   
 
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