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Autore: Clahp    30/04/2013    9 recensioni
Non che la Muraglia Cinese o il Canal Grande non la allettassero, naturalmente: ma far cadere il geniale, miliardario, (ex) playboy, filantropo Tony Stark dal suo tanto amato piedistallo era il gioco più bello del mondo… gioco che non tutti avevano l’ardore o il privilegio di poter giocare, ma a cui Virginia Potts era ammessa al di là di ogni ragionevole dubbio.
[Pepperony, Pepperony ovunque!]
[Lievissimi spoiler IronMan 3]
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Tony Stark, Virginia 'Pepper' Potts
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Un lievissimo jazz proveniente da un grammofono –mai oggetto sarebbe stato più stonato in quella stanza, in quella casa, in quel palazzo- risuonava lungo le pareti di quell’enorme sala, mentre le luci fuori dalla finestra andavano via via dissolvendosi;

 

 

 

 

 

 

Un lievissimo jazz proveniente da un grammofono –mai oggetto sarebbe stato più stonato in quella stanza, in quell’appartamento, in quel palazzo- risuonava lungo le pareti dell’enorme sala, mentre le luci fuori dalla finestra andavano via via dissolvendosi; la melodia era così bassa che ogni tanto un leggero blob dell’acqua ne copriva qualche nota.

La donna sorrideva; avvicinandosi al bordo della vasca con le punte dei piedi nudi, osservò la superficie. Non appena il quantitativo di bolle fu soddisfacente per i suoi gusti (vivere con un miliardario alle volte aveva i suoi lati positivi), mormorò un qualche comando che fece fermare il getto d’acqua e di sapone; fatto questo, si sgranchì la schiena, si stiracchiò un po’, si avvolse i capelli carota in una crocchia, si levò l’accappatoio… e via.

«Signorina Potts

Lei annuì leggermente mentre affiorava dalla densa coperta di bolle.

«Aumento un po’ la musica, o la temperatura dell’acqua? Scurisco i vetri per non farle arrivare il riflesso del sole?» chiese la voce metallica.

«No, Jarvis, va tutto benissimo così –è stata una giornata terribile, sai.»

Oh, sì. Virginia Potts non desiderava assolutamente altro che un leggero jazz e un bagno caldo, dopo una giornata così…

 

 

 

 

 

Ordinary.

 

 

 

La mattina era iniziata come da qualche tempo a quella parte: cielo newyorkese particolarmente cupo, il suo tailleur preferito drammaticamente macchiato mentre si versava del caffè, il rossetto lievemente sbiadito a causa delle sue labbra troppo secche… e la segretaria del Presidente degli Stati Uniti d’America al telefono.

«Stark Industries?» aveva esordito la signora.

Virginia Potts aveva professionalmente levato gli occhi al cielo.

«Sì, certo. Mi dica, in cosa potremmo essere…?»

«Lo sappiamo tutti in cosa potreste essere utili… lei, io e tutti gli americani.» sibilò l’altra, iraconda, saltando qualsiasi formalità. «Abbiamo bisogno di quel nuovo prototipo di armatura che il signor Anthony Stark…»

«…Non vuole assolutamente concedervi, né ora né mai. Signora, ha perfettamente centrato il punto nodale della situazione, come mai io sarei stata capace.» concluse affabilmente Pepper, passando la cornetta del telefono da un orecchio all’altro, mentre firmava qualche foglio qui e là con una verosimilissima grafia del signor Stark.

La segretaria incassò il duro colpo, come ogni volta; prima che potesse berciare qualcos’altro riguardo al poco senso patriottico dei supereroi moderni e alla galera che il signor Stark avrebbe finalmente conosciuto, la signorina Potts mormorò un gentile ma fermo commiato e riattaccò.

Nelle due ore successive ebbe addirittura il tempo di partecipare alla riunione del giorno senza che il suo cellulare hi-tech squillasse nemmeno una volta. Tuttavia, tornata al suo studio non fece a tempo a pensare alla noia del solito tram-tram quotidiano che il suo telefonino squillò: ne uscì l’immagine di un James Rhodes non particolarmente sorridente.

«Pepper, ma dove diavolo è Tony? Dovevamo vederci per una partita e sono due ore che lo aspetto e mi sono decisamente rotto e…»

«Rhodey, sai meglio di me che per una volta che è qui al suo posto non lo faccio muovere per nessun motivo» rispose lei allo schermo. «Mea culpa. Gli ho sequestrato il cellulare come a un quindicenne, ma almeno sta facendo lui ciò che faccio sempre io… volevo godermi un po’ di vacanza.»

Jim era fin troppo buono per avercela con lei; ammiccò di risposta.

«Nessun problema se per una volta fa il suo dovere, anzi… credo che nessuno prima del robot Pepper Potts ci sia mai riuscito, sai?»

Cosa che lei non stentava assolutamente a credere. Si salutarono, lei si stiracchiò leggermente, si abbarbicò sulla sua poltrona di pelle… ma qualcuno, come da agenda, bussò alla porta.

La solita fila di scienziati più o meno disadattati richiedeva sempre più spesso appuntamento per mostrare al cuore dell’industria americana –leggasi, le Stark Industries- i beni del proprio intelletto; quel giorno erano in programma due piccoli spettacolini. Il primo, un quindicenne dagli occhi persi nel vuoto, propose l’idea di diventare il personale collaboratore di Iron Man contro il male, indossando un’armatura rosso e verde oliva (e consigliando caldamente come nome un inspiegabile Irobin Man); il secondo offriva invece un nuovo tipo di vernice rivoluzionaria per l’armatura del signor Anthony: avrebbe incrementato la protezione da attacchi esterni del quaranta per cento, sarebbe stata immune a bruciature, scalfitture e ghiaccio… e avrebbe avuto perfino la fashionissima nuance di rosa fosforescente. Liquidati entrambi con un sorriso sulle labbra e un velatissimo “ma guarda te cosa mi tocca fare” negli occhi, fu la volta dei beneamati giornalisti. L’inviato del Wall Street Journal volle sapere da lei, in veste di amministratore delegato, quale sarebbero state le prossime mosse delle industrie Stark in materia di economia; quello del New York Times cosa avrebbe fatto Iron Man di fronte all’ennesima richiesta del senatore Stern di vendere la propria tecnologia al governo americano; e infine la solita, invadente, maliziosa inviata del People le chiese senza alcun problema che nome avrebbe dato al bambino.

«Bambino?» borbottò Pepper, colta per una volta alla sprovvista.

«Oh, sì! Sa, quello suo e del signor Stark… tutti i giornali ne –»

«Davvero?» ribatté l’altra, livida. «Grazie per il pensiero, non sapevo proprio di essere incinta. Provvederò a dirlo al diretto interessato, a meno che anche lui non lo sappia già.»

Infine, fu la volta di una lunga litigata al telefono con un’azienda di automobili che il signor Stark aveva denunciato poiché aveva usato il marchio e la presenza di Iron Man senza il rispetto dei dovuti diritti di immagine e di copyright. Naturalmente anche in questo caso l’abilità di Pepper nel firmare nello stesso modo del proprio capo (o socio che dir si voglia) aveva avuto i suoi vantaggi, dal momento che il suddetto capo ignorava il nome di qualsiasi azienda di automobili al di fuori di Lamborghini e Ferrari.

Fu perciò quasi con letizia che sbocconcellò al volo un panino al tonno davanti a Nick Fury.

«Ma, esattamente, il suo capo dov’è?» chiese quest’ultimo, squadrandola con l’unico occhio rimastogli. «E’ da stamattina che tento di contattarlo…»

Lei ammiccò professionalmente, sebbene una briciola di pane le fosse rimasta incastrata fra i denti; maledicendo mentalmente il suo fidanzato, si coprì la bocca in modo molto educato e rispose:

«E’ il mio socio, non più capo, e… E’ in Siberia per importanti impegni di lavoro… probabilmente il suo cellulare non è raggiungibile perché lo stacca, se impegnato, e lì sicuramente non è in vacanza… Provvederò io ad avvertirlo di qualsiasi cosa.»

L’altro alzò un sopracciglio scuro, quasi sorrise (ok, forse a questo qui l’affabile CEO Potts non l’avrebbe data a bere così facilmente come a quei giornalisti idioti), ma non disse nulla. Sbuffò.

«Bene, allora mi faccia chiamare non appena si libera dai suoi impegni di lavoro. Non sia mai che lo Shield lo disturbi, ma Steve Rogers avrebbe un paio di domande da fargli circa la scomparsa del dottor Banner… e Capitan America non sa aspettare, lo sa meglio di me.»

Pepper lo sapeva: d’altra parte, Tony parlava male di Rogers più o meno una volta al giorno. Ma naturalmente non lasciò trasparire niente; si concesse un affabile sorriso (aveva rimosso la dannatissima crosta dai denti), prese la sua agenda e scribacchiò qualcosa.

«Ne sono certa. Dirò al signor Stark di richiamarla al più presto, non appena si sarà liberato dai suoi impegni.».

E così Fury se ne andò, dopo aver parlottato fra sé e sé di quei dannati Vendicatori che si comportavano come ragazzini; la sua uscita concesse alla donna di mangiarsi un altro piccolo panino, finalmente incurante del numero di briciole che le ricadeva sul suo finissimo tailleur o che s’incastrava fra denti e rossetto… quando il suo cellulare squillò ancora, e all’altro capo della cornetta apparve la voce della persona probabilmente più strana della giornata e con le più assurde richieste da svariati giorni a quella parte.

Sua madre, che le chiedeva semplicemente come stesse.

 

 

 

 

 

*°*

 

 

 

 

Nulla, nulla, in casa Stark era normale, nemmeno le vasche da bagno: un enorme cubicolo di dieci metri per quattro era scavato nell’esatto centro di un’enorme area pavimentata di marmo bianco; si entrava nell’apposita vasca tramite delle piccole scale, aiutati da un passamano dorato. Il tutto era circondato da un’enorme vetrata che affacciava direttamente sui grattacieli di New York, godendosi una vista mozzafiato a più di cento metri d’altezza.

«E… signorina Potts, se mi permette… cosa c’è di terribile, in questa giornata? La fatica, lo stress, gli impegni…?»

Pepper si massaggiò lievemente il collo con abbondante sapone, mentre il sole spariva definitivamente dietro i grattacieli di New York, oscurando l’enorme vetrata che ricopriva la Stark Tower. Un raffinatissimo sistema di luci si attivò gradualmente, in modo che ogni mattonella della vasca (o, per meglio dire, della piscina) risplendesse di una debole luce propria e non lasciasse l’occupante completamente al buio, assicurandogli al tempo stesso un magnifico spettacolo di colori e riverberi.

«Ma no, Jarvis, no!» ribattè lei, come se parlare con una voce metallica della propria terribile giornata fosse una cosa perfettamente normale. «Mi sono completamente annoiata. Ma non capisci? La mia vita è così banale, così monotona… non so, faccio sempre le stesse quattro cose, ma a me la monotonia dopo un po’ uccide, sai? Altro che stress…»

Il jazz pervadeva la sala, lievissimo, rilassante.

«Certo, posso capirlo. Se posso, consiglierei un qualche fermento lattico nel suo caffè la mattina, per combattere il senso di torpore e di noia che la attanaglia… Oppure, consiglierei un programma di cromoterapia che ho appena scaricato da Internet e che ha ricevuto ottime recensioni…»

«…O magari, un cheeseburger con il supereoe più figo degli ultimi anni, mentre ci facciamo un giro sulla Muraglia Cinese?» mormorò un’altra voce, ben più profonda, ben più attraente.

Pepper aprì gli occhi; Tony Stark in persona la stava guardando dall’alto in basso. La donna lo studiò, ridendo suo malgrado.

«Tony, non puoi entrare nel bagno con le scarpe, è poco igienico, e…. Cheesburger sulla Muraglia Cinese, eh?» mormorò.

Lui si piegò sulle ginocchia, appoggiandosi ai talloni, e dandole un leggero bacio sulla fronte. Lei nemmeno si curò di coprirsi: il velo di bolle di sapone era così spesso e denso che sembrava una coperta.

«Sì, probabilmente hai ragione, ma sai già che non lo farò, e… sì, allora, ti alletta l’idea per combattere la terribile noia in cui ti ho fatto sprofondare? Ho parcheggiato l’armatura qui fuori, un’oretta e siamo a Pechino.»

«Ma lo abbiamo già fatto, due volte, il mese scorso. Sta diventando alquanto noioso, Signor Stark.» ribatté lei, strofinandosi un braccio lentigginoso e lasciando cadere abbondante acqua sulla faccia.

Il diretto interessato incassò il colpo fin troppo bene.

«Ok, ok… allora, passeggiata fra le Piramidi… no, cena a lume di candele sulla Senn– No, no, NO! Venezia! Venezia! Gondolata sul Canal Grande e in serata…»

«Venezia, Venezia, sempre Venezia! Lo vedi, Tony? Sei come tutti gli uomini: sei diventato noioso. All’inizio prometti, fai, proponi cose nuove… e ora… sei banale

…Non che la Muraglia Cinese o il Canal Grande non la allettassero, naturalmente: ma far cadere il geniale, miliardario, (ex) playboy, filantropo Tony Stark dal suo tanto amato piedistallo era il gioco più bello del mondo… gioco che non tutti avevano l’ardore o il privilegio di poter giocare, ma a cui Virginia Potts era ammessa al di là di ogni ragionevole dubbio.

Perché Tony Stark, Iron Man, o in qualsiasi modo lo si volesse chiamare, era il suo personale socio, capo, uomo, e per lui, solo ed esclusivamente per lui, Pepper Potts aveva fatto qualsiasi tipo di cambiamento nella vita. Dalla scrupolosa e puntigliosa Virginia che aveva paura di un qualsiasi evento fuori dalla normalità (o di un banalissimo giro a cento chilometri orari aggrappata a un’armatura rosso smaltata di titanio, zinco e acciaio), con il suo perfetto tailleur e con la sua meticolosa memoria per scadenze, codici fiscali, password o impegni ai quattro angoli della Terra, era divenuta una donna in carriera con tailleur non più così impeccabili e che considerava banale e noioso dover trattare con petulanti segretarie del Presidente degli Stati Uniti o discutere con capi di organizzazioni di supereroi che combattevano contro alieni di un’altra dimensione… ma tutto questo altro non era che la diretta conseguenza dell’avere un tipo del calibro di Anthony Stark come fidanzato. Ma, per una qualche strana ragione, le andava benissimo così.

«Io, banale?» bisbigliò lui, quasi fosse una profondissima offesa personale. Si portò indietro i capelli lunghi e si grattò la barba scura, pronto a ribattere qualcosa per tenere alto il suo onore. «Senti, Pep… Ho combattuto contro un coso verde tutto il giorno e non voglio altro che un po’ di relax… dimmi cosa vuoi e io provvedo subito, senza bisogno che litighiamo o altro…»

Pepper non potè fare a meno di ridere; d’altra parte, se la sua giornata era stata noiosa, non altrettanto si poteva dire di quella di lui. Ultimamente Tony aveva infatti l’abitudine di incontrarsi sempre di più con il dottor Banner per un qualche consiglio di carattere prettamente scientifico… ma con tutta evidenza qualcosa doveva essere andato storto nelle loro riunioni, perché proprio quella mattina Bruce era diventato un esserino verde chiamato Hulk. E quindi Iron Man era dovuto intervenire, decidendo misteriosamente di mantenere lo Shield e Nick Fury all’oscuro di tutto: e, se Pepper lo conosceva tanto bene quanto in effetti lo conosceva, Tony era sicuramente colpevole dell’accaduto.

Ma stranamente decise di non indagare: anzi, in maniera del tutto casuale, sollevò un polpaccio che iniziò a insaponare. Tony non rimase insensibile a quella vista… anzi, le sfiorò la pelle morbida con un lieve gesto delle dita, e arrivato al ginocchio girò il volto verso di lei.

Sollevò un sopracciglio, sorridendo come se avesse davanti a sé lo spettacolo più bello del mondo… e ammiccò, maliziosamente divertito.

«Oppure, signor Stark… potremmo anche rimanere a New York, una volta tanto, e fare qualcosa di più… originale, non so se capisce.» mormorò lei, tornando tranquillamente alla seria, distaccata, meticolosa Virginia.

«Mmm, sì, sì, direi di sì.» concesse l’altro, arrendevole come sempre lo era con lei.

 

In effetti, Pepper Potts era cambiata davvero tanto, così tanto da stufarsi ben presto di cose che la gente comune chiamava come straordinarie o fuori dal normale… ma di Tony Stark, mai, mai si sarebbe stufata, tutto questo era certo; e la sua vita non sarebbe mai stata davvero banale con un certo Iron Man accanto a .

 

«…Jarvis, puoi spegnere le luci, sì?»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Tre e ventiquattro del mattino, e domani ho lezione all’universitàààà *lalalala* <3

 

MA NON IMPORTA! Perché è da quando ho visto IronMan 3 –di cui non parlerò nel caso in cui voi non l’abbiate visto- che mi sto sfregando le mani, visto che muoio dalla volontà di scrivere qualcosa, qualsiasi cosa di loro.

E così, eccola qui! Spero di aver reso anche solo in minima parte quanto io ami il Pepperony (MAI NOME FU Più FIGO!). E’ la primissima volta che non scrivo di maghi o di ninja perciò non so come mi sono mossa XD vedere scritte cose così “normali” sullo schermo del pc mi ha sorpreso parecchio!

 

Quattro piccole note:

1. i giornali citati sono veri giornali americani: il primo di economia, il secondo è più generale, il terzo è una rivista di gossip.

2. (spoiler IM3) “L’incidente” avvenuto con Bruce Banner è dovuto al suo supporto “psicologico” presente nel terzo film nei confronti di Tony… che *evidentemente* gli ha rotto un po’ troppo le balle, tanto da farlo arrabbiare e farlo diventare Hulk X°D Per questo motivo né FuryRhodes lo trovano, ma Pepper naturalmente copre tutto per non farlo sputtanare (immagino abbia capito tutto sulle fughe di Tony e Banner, ah ehm);

3. Venezia è nominata da Tony nel 2° IronMan come un luogo in cui Tony va molto spesso;

4. Irobin Man è un orribile gioco di parole creato da me XD Volevo citare la casa rivale della Marvel, la DC, in quanto l’aiutante di Batman è appunto Robin, e farlo entrare come aiutante di Iron Man, cosa che naturalmente Pepper non può sapere perché in questo universo Batman non esiste… 

 

 

 

…Commentino? <3

 

 

Clahp

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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