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Autore: LeFleurDuMal    19/11/2007    12 recensioni
Un trittico ambientato durante l'assalto al Santuario da parte degli Spectre.
Un riscatto per DeathMask e Aphrodite che rischiano pelle e anima per Athena, ma nessuno si accorge di loro, mai.
Prima che si fraintenda: a me Shiryu piace. A DeathMask, no.
Si, DeathMask ha un gergo da scaricatore di porto.
E si, Aphrodite prende l'iniziativa.
Genere: Malinconico, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Cancer DeathMask, Pisces Aphrodite
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Con questo ha termine il mio trittico. Meglio di così non posso fare, giuro, anche se continua a piangermi il cuore alla morte dei due Cavalieri che si contendono qui la palma dei protagonisti. La fine non l’ho decretata io purtroppo.

Non avrei mai scritto di Aphrodite e DeathMask se non fosse stato per Kijomi e Leryu, che li interpretano come guidate dalla mano di Athena XD : ribadisco, questa fanfiction appartiene a loro.
Il mio dono ha cercato, fino all’ultimo, di essere un riscatto per Cancer e Pisces, che muoiono due volte, in Hades, senza che nessuno dica una sillaba.

Chiunque conosca i personaggi, non può che trovarlo intollerabile.  Io inorridisco.  è_é  Merierebbero di più, di queste tre paginette, immagino.

 

 

 

 

Tutta Colpa di Shiryu il Dragone
+ Morire è difficile +

 

 

PARING: DeathMaskxAphrodite

PERSONAGGI: DeathMask, Aphrodite.  Poi: Saga, Camus, Shura, Sion, Mu, Radhamanthis
COSE: Un po' shonen-Ai lo è, dai. Avrei voluto mettercene di più, ma c'era sempre qualcuno che si intrometteva. Provate voi a pomiciare davanti a Radhamanthis.

 


Morire una volta è difficile.

E’ l’attimo mostruoso in cui un petalo si stacca e finisce a terra: la descrizione del suo ondeggiare può durare a lungo, ma si sa, la fine è ineluttabile.

L’ondeggiare di Aphrodite si era concluso alla Dodicesima Casa, per mano di un bambino che era caduto al suo fianco, nel sangue e nelle rose.

Dopo c’era stato l’oblio.

Ad Aphrodite l’oblio non piaceva nemmeno un po’.

A DeathMask ancora meno, molto probabilmente, visto che si dava da fare come mai prima, probabilmente per recuperare il tempo perduto.

“Idioti. Levatevi dai piedi!” Sibilò, annientando gli ultimi soldati, che avevano cercato di arrestarli, appena avevano mosso i passi verso Hades.

Non c’era nulla di estetico, nell’oblio. Solo un’eterna damnatio memoriae. Se non altro, in quello che era stato deciso per loro.

Avevano creduto che fosse possibile cambiare le cose, forse, ma lo scontro con Mu alla Prima Casa dello Zodiaco aveva ricordato loro con chiarezza da che parte guardava la Nike: dalla parte di Shiryu il Dragone, aveva ragione Cancer, non dalla loro.

“Qualsiasi cosa faccia quello va bene!” gli aveva detto, prima “Qualsiasi. Anche prendere a calci una cascata. Se noi cerchiamo di renderci utili alla causa prendiamo su come ridere e ci troviamo negli Inferi tre secondi dopo. Dimmi tu.”

Aphrodite non aveva trovato niente con cui controbattere, quella volta.

“Voglio proprio dire due parole al signor Hades.” Ringhiò con disprezzo DeathMask che, in tutta probabilità, stava pensando a qualcosa cui nemmeno il dio dell’Oltretomba avrebbe potuto obiettare. “Rispediti al mittente! Come un pacco postale!”
Aphrodite, rispedito al mittente come un pacco postale, si mosse in avanti, scavalcando il cadavere di una guardia, senza degnare di uno sguardo quegli occhi spenti. Quegli occhi morti.
Guadagnò il fianco di DeathMask e appoggiò una mano sul portone intarsiato, come lo erano tutti, fastosi e pesanti, nel regno degli Inferi.
”Aphrodite.”

Pisces si voltò, adombrando appena lo sguardo con le sopracciglia sottili, a cercare quello del compagno.

Con urgenza, DeathMask gli affondò una mano tra i capelli, strattonandolo verso di sé con una tenerezza rude che l’avrebbe fatto ridere, in un’altra occasione, e lo baciò con foga, con rabbia, con amore represso.

“Un ultimo desiderio per un condannato” borbottò come scusa, quando si staccò.
Aphrodite non sorrise. Lo guardò e basta. E ritenendo di avere bisogno di un desiderio a sua volta, si accostò e pretese di nuovo le sue labbra.

Cercò il suo sapore, che conosceva, quello aspro e dolce appena sotto il gusto aromatico delle Assos.

Il portone venne tirato indietro d’improvviso, strappando la maniglia dalle dita di Aphrodite. DeathMask si mise in guardia, teso, e il Saint dei Pesci sollevò con orrore lo sguardo in quello di Radhamanthis, appena apparso sulla soglia, elegante e letale, che li osservava con gentile sorpresa. Nei suoi occhi, Aphrodite riassaporò l’oblio.

Radhamantis fece un passo in avanti. Con più o meno nonchalance, Aphrodite e DeathMask ne fecero uno indietro.

“Voi cosa ci fate qui, ragazzi?”

“Non hai bisogno di saperlo,” ringhiò DeathMask, per nulla impressionato dal tono flautato e carezzevole dell’altro.

“Non me lo volete dire?” un altro passo avanti.

“Siamo qui per parlare con il signor Hades.” Aphrodite lo sfidò con la stessa voce di velluto.

“Vedere il signor Hades? I perdenti non hanno diritti da avanzare.”

“Che diavolo dici, monosopracciglio?!” lo rimbeccò DeathMask, punto sul vivo. Eccone un altro che rimarcava la linea che separava vincitori e vinti.

“Dico che ti prendo a calci fino allo Sekishiki.”

“Se pensi di farcela, allora accomodati.”

E Radhamanthis si accomodò. Si accomodò con tutti i comfort, proprio.


“Non può essere…” alla Prima Casa, Mu fece un passo indietro, come Aphrodite e DeathMask negli Inferi. Si era trovato davanti ad altri compagni caduti: Camus, Shura e Saga avevano salito la scalinata ed ora lo fronteggiano, senza una parola o uno sguardo che non fosse ostile. Tuttavia… “Non può essere. Saga sta piangendo. Il cuore di Saga sta piangendo! Non solo Saga. Camus, anche Shura. Sento che le loro anime sono in pena e stanno piangendo lacrime di sangue!"

Percepì qualcosa, nonostante nessuno dei tre mosse un muscolo del viso.

“Quindi è così.” Balbettò Mu, che comprese. Comprese perché. “E’ dunque questo il motivo…”

Alla Prima Casa Mu intuì quello che dopo gli sarebbe stato chiaro. Che Saga e gli altri erano solo carne da macello, solo un diversivo. Che Shura avrebbe tenuto sulle labbra quell’espressione dura fino alla fine, nonostante piangesse ora lacrime di dolore. Che Camus guardava l’Ottava Casa adesso, che Milo non poteva vederlo, ma se avesse dovuto arrivargli di fronte avrebbe mantenuto una maschera imperturbabile.

Alla prima Casa Mu comprese che Saga, Shura e Camus non erano traditori. Che forse il vero intralcio erano lui e gli altri Cavalieri d’Oro.

Continuò a combattere perché intuì soltanto e non poteva correre il rischio, ma infondo al cuore quelle lacrime lo toccarono.

Se qualcuno gliel’avesse fatto notare, Mu avrebbe riconosciuto con sorpresa la propria leggerezza, ma in quel momento non ci pensò.

Alla Prima Casa, il fatto era quello, Mu non prese nemmeno in considerazione l’idea che DeathMask e Aphrodite avessero pianto, nel cuore, le stesse lacrime.

E, a pensarci dopo, non avrebbe davvero potuto dirne il perché.


Non più Gold Saints, non più Specter, traditori per entrambe le parti . Non erano mai stati tanto indifesi. Una vulnerabilità che sembrò eccitare Radhamanthis. Avanzò compassato, lo sguardo luminoso della belva in agguato e portò i suoi attacchi con rapidità sconvolgente. Li colpì alle spalle. Più volte. Mentre correvano nell’unica direzione concessa, quella che li avrebbe portati verso la Bocca dell’Ade.

Aphrodite non udì DeathMask implorare, ma si sentì il sangue rombare nelle orecchie per la vergogna, perché di certo lui lo fece. Si maledì, mordendosi le labbra, e il sangue le rese rosse come i petali.

Pochi istanti dopo, i loro piedi pendevano nel vuoto.

Radhamanthis, il monosopracciglio, il Gigante Infernale numero Uno, li teneva per il collo senza sforzo apparente, uno con una mano, uno con l’altra.

Radhamanthis era uno Specter democratico.

Iniziò a stringere, poco a poco.

DeathMask scoccò un’occhiata ad Aphrodite. Ah, non ci voleva. Che schifo, morire così. Dopo tutte le figure di merda al Santuario, quella era la Figura di Merda con la lettera maiuscola. Una figura così davanti ad Aphrodite.

La Giustizia? Avrebbe dovuto credere in quella?

“Com’è che ha fatto quella biscia orba ad uscire da questa situazione?” pensò ad alta voce, febbrilmente. Guadagnandosi un’occhiata sconvolta di Aphrodite, che stringeva le mani al polso di Radhamanthis. “Beh, era in una situazione simile, no?!” Si ricordava eccome di com’erano andate le cose: bello come il sole della sua Sicilia, DeathMask stava gettando la lucertola cieca nel buco infernale. Poi aveva spintonato giù da una roccia, da qualche parte della Cina, la morosa petulante di Shiryu il Dragone. Gli dava noia, con quelle preghiere da rompipalle. Beh, era stato l’inizio della fine: Shiryu il Dragone si era ripreso miracolosamente. Aveva cominciato quel discorso allucinante e a metà il suo cloth l’aveva lasciato in mutande. Digrignò i denti. L’eventualità di prendere esempio da Shiryu il Dragone era assolutamente fuori discussione. “Quello deve il culo alla morosa!” latrò di rabbia, senza suscitare nemmeno un battito di ciglia da parte di Radhamanthis.

Suscitando un gemito da parte di Aphrodite, che detestava l’oblio, che aveva desiderato per sé e DeathMask una seconda possibilità.

Che aveva pianto lacrime di Sangue sulla scalinata del tempio, e Mu non le aveva viste.

Aphrodite sapeva che morire era difficile. Se ne era accorto quella notte stellata alle soglie della Dodicesima casa, in cui era morto per mano di un bambino, disteso al suo fianco nel sangue e nelle rose.

Se la prima volta la morte l’aveva sorpreso, alle spalle, in quel modo orribilmente semplice che non era riuscito a spiegare, questa volta si faceva strada verso di lui guardandolo dal basso, nelle sembianze oscene di un’orbita cieca che si beffava di lui. Adesso la vedeva. Adesso la riconosceva.

Le dita di Radhamanthis strette alla gola erano un contatto quasi rassicurante, sulla Bocca dell’Ade. Quando se ne accorse, smise di implorare.

Non era elegante andare verso la morte in lacrime.

Non era da cavaliere.

Non era bello.

E invece lui doveva essere bellissimo, sospeso sull’orlo dell’abisso, cosciente dei suoi ultimi istanti prima di esserne inghiottito.
Sollevò il viso, incurante del dolore di dita inguainate nel metallo oscuro di Hades, che premevano il suo collo, affamate.

Ci fu un momento in cui girò la testa, per quanto possibile, e fissò gli occhi azzurri in quelli di DeathMask. Un muto addio, ma di quelli intensi, di quelli che si fanno sentire. A dirgli che questa volta non sarebbe morto per primo, ma se ne sarebbero andati insieme. Poi decise.

Guardò bene negli occhi di Radhamanthis e gli sputò in faccia.

Un gesto fatale.

Caddero entrambi.

Aphrodite si trovò ad aderire al fianco di Cancer nell’attimo della caduta infernale, mentre guardava in su. Aveva DeathMask a fianco e in bocca il sapore di quell’ultima Assos.

Per un attimo fu tutto perfetto così com’era.

Che cosa c’era da invidiare, in fondo, a Shiryu il Dragone? Era vero o no, dopotutto, che loro non erano traditori e quello doveva il culo alla sua morosa?

 

 

   
 
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