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Autore: Kira Kinohari    30/04/2013    2 recensioni
Kai appena uscito dall'ultimo incontro con Takao ha finalmente capito di doversi affidare a qualcuno, di non poter combattere solo per sé e quando gli si presenta l'occasione di mettere in atto ciò che ha appena imparato, se la fa sfuggire.
Cercherà di rimediare a modo suo, aspettando che il tempo faccia il suo corso e rimargini le ferite.
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hilary, Kei Hiwatari, Nuovo personaggio, Rei Kon, Takao Kinomiya
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quando Aya si svegliò, due mattine dopo era in un posto sconosciuto, in un letto terribilmente grande, con coperte di seta, in una stanza arredata con mobili costosi, tende colorate. Si alzò e in punta di piedi cercò di uscire dalfla stanza, indossava ancora i vestiti della sera prima, uno short e una canotta verde scuro. Aprì la porta e osservo il corridoio alla sua sinistra, era vuoto. Ovunque fosse finita, non aveva voglia di rimanere in quel posto, che comunque le sembrava familiare. Iniziò a camminare piano per non farsi sentire da nessuno, ma dopo qualche passo vide un'ombra dietro di sé.
“Dove credi di andare?” le chiese una voce maschile.
In quel momento si accorse di essere a casa Hiwatari, lo conosceva bene quel corridoio, qualche passo più avanti c'era la camera di Kai, dove aveva dormito una notte, dove l'aveva fatto stendere per ben due volte.
“A casa mia” rispose senza voltarsi
“Scordatelo, devi ancora riprenderti dalla sbronza.”
“No tengo resaca!” ribattè lei in spagnolo. Lui la osservò in silenzio.
“Non ho nessun postumo perché non c'è stata nessuna sbornia”
“Questo è quello che credi tu. Ti ho trovata ieri sera in un bar distesa su un divanetto e ubriaca.”
“Non avresti dovuto portarmi qui”
“Rilassati, non ti ho fatto nulla. Ti ho lasciato dormire perché ne avevi bisogno e volevo dirti se volevi mangiare qualcosa.”
In quel momento il suo stomaco ringhiò, affamato.
“Qualcuno ha fame, a quanto pare.” disse prima di prenderla in braccio e portarla di peso in cucina. Lei provò a divincolarsi, ma non ci riuscì. Lui aveva una presa terribilmente forte.
Lui la obbligò a mangiare la sua colazione, poi la accompagnò a casa sua, attese che si cambiasse e la portò lontano dalla città. Lei provò in ogni modo a ribellarsi, ma non riuscì proprio a dissuaderlo dai suoi intenti, a quanto pare era irremovibile. Dopo aver parcheggiato in un luogo sperduto lui la guidò lungo una ripida discesa che la obbligò ad appoggiarsi a lui molto spesso.
“Non ti perdonerò quello che mi hai fatto.” urlò lei
“Non te l'ho chiesto.”
Continuarono a camminare in silenzio, finchè non si trovarono su una lunga spiaggia, lì, ormeggiata c'era un piccola barca a remi, Kai aiutò Aya a salire, ma lei si rifiutò
“Non salgo su quell'affare!”
“Oh, certo che ci sali”
“No, soffro il mare”
“Vorrà dire che vomiterai. Ora muovi il culo.”
“No”

Il dondolio della barca la disturbava, ma non quanto la disturbava il comportamento di Kai, l'aveva trascinata in quella sorta di gita inaspettata e soprattutto non voluta. Lei odiava le gite, le piaceva stare sul divano a guardare la tv, le piaceva andare al mare e stare tutto il giorno sotto al sole, non le piaceva girare, amava i posti che già conosceva, ma soprattutto non amava fare le cose che le venivano ordinate e quel giorno non aveva fatto altro. Odiava Kai, lo odiava con tutta se stessa, con tutta quella forza con cui pensava di averlo amato quando era giovane.
“Possiamo tornare a riva?”
“No.”
“Ma perché?”
“Perchè siamo quasi arrivati.” rispose lui, sorridendo.
Dietro di loro si stagliava un piccolo isolotto, lui armeggiò la barca al piccolo porticciolo che avevano creato. Fatto questo scese e aiutò la ragazza a toccare terra e quando lo fece lei si chinò sul legno e iniziò a ringraziare il cielo per essere viva.
“Benvenuta sull'isola Hiwatari.”
Rimasero sull'isola fin quando non fu quasi calato il sole, nella piccola casetta c'erano un bagno e una saletta con una piccola credenza ben rifornita, pranzarono lì, poi attesero il tramonto. Non parlarono, ma rimasero lì, come se già solo le loro presenze riuscissero a riempire i vuoti. Dopo aver visto il tramonto si prepararono per ripartire, tornarono alla barca, alla riva, alla macchina e in città. Kai non la portò subito a casa, si fermò a un Mc Drive, ordinò qualcosa e poi la portò in una sorta di giardino, dove fecero un pic-nic al buio. Infine, tornarono a casa di lei. Aya lo invitò a salire e lui accettò, accomodandosi sul divano non appena furono entrati.
“Posso offrirti qualcosa?”
“No ti ringrazio. “ rispose lui osservandola
“Oh, va bene. “
“Ora devo proprio andare.”
“Certo.” disse mentre lo osservava uscire da casa sua. Quando stava per chiudere la porta si fermò e lo ringraziò per essersi preso cura di lei. Lui le rispose che era in debito di troppe cure e non c'era bisogno di ringraziarlo, poi le diede la buonanotte e sparì.
Due mesi dopo facevano la loro terza uscita. Lui le aveva proposto ancora due uscite, per sdebitarsi per le sue cure passate e loro erano usciti, una volta l'aveva portata al luna park, direttamente a Kyoto, mentre la volta dopo, beh lei proprio non sapeva dove sarebbero finiti.
Quando lui arrivò suonò il clacson un paio di volte e lei scese. Salì sulla sua utilitaria e gli sorrise.
“Oggi dove mi porti?”
Lui la portò al paese originario di sua madre, un piccolo paesino su una collina del Giappone, fuori dalle grandi città. La fece camminare per molti chilometri, ma ne valse la pena per lo spettacolo che riuscì a vedere da casa di sua madre, si potevano vedere tutte le conifere, i laghetti. Era meraviglioso nella luce del giorno.
Per la sera dovettero passare da casa di lui, per la cena dovevano cambiarsi, quando lo vide, con il suo completo nero e la camicia bianca pensò di svenire, non poteva dire che non fosse bello, era meraviglioso.
“Bene, ora tocca a me!” disse lei, cercando la giacca per uscire.
“Non c'è bisogno di passare da te, disse passandole una scatola.
Dentro c'era un vestito color crema che era la fine del mondo, lungo fino alle caviglie, da abbinare ad un bellissimo paio di scarpe.

Le stava d'incanto, pensò Kai quando la vide uscire dalla stanza degli ospiti, era così bella che guardarla faceva quasi male e lui si sentiva terribilmente fortunato per averla incontrata e terribilmente triste perché quella sarebbe stata la loro ultima serata. Sì, lei era felice quando girava con lui, ma non aveva mai dato un segno del suo interesse, come se fosse stato il suo migliore amico e niente più.
“Allora, perché abbiamo questo abito elegante?”
“Si esce.”
Il locale era bellissimo e sicuramente anche molto costoso. I piatti erano divini e il vino scendeva così bene che nemmeno ci se ne accorgeva. Era stato dolcissimo a portarla ad un ristorante italiano, le ricordava le sue vacanze sul mare della provincia di La Spezia. Le ricordava Portofino, per il pesce fresco e ben cucinato, le ricordava le viti per il vino buonissimo
“Grazie.” gli disse quando uscirono “Era tutto ottimo”.
“Ne sono felice.”
SI sentiva strana, voleva dormire, ma voleva anche rimanere tutta la notte sveglia.
“Ti dispiace se andiamo da te? Vorrei stare ancora un po' sveglia e riprendere i vestiti.”
“Ok.” rispose lui aprendole la portiera.
Quando arrivarono alla villa lei si mise sul divano e aspettò che lui si sedesse accanto a lei. Ora si era tolto la giacca e aveva slacciato la camicia, lei non voleva fare altro che toglierla e osservare il suo petto muscoloso. Chiuse un attimo gli occhi per cercare di cancellare quell'immagine ma tutto ciò che vide fu lui che la invitava nel suo letto quattro anni prima. Un brivido le percorse la schiena e quando aprì gli occhi vide lui che la osservava preoccupato.
“Troppo vino?”
“No, sto bene.” disse.
“Non sembra.”
“Effettivamente mi sento strana”
“Strana come?”
“Strana così.” rispose lei sedendosi sulle su di lui e baciandolo.
“Cosa stai facendo?”
“Mi prendo quello che mi sono lasciata sfuggire qualche tempo fa.”
Si baciarono ancora, lei gli slacciò ogni bottone della camicia, la tolse e lo osservò eccitata. Era bellissimo.
“Aspetta,” disse lui “Senti Aya tu non sei una ragazza da buon sesso e basta. Oddio, se penso all'unica ultima volta in cui siamo stati insieme devo dire che è stato bellissimo, però è stato bello perché abbiamo fatto l'amore. Quando ti sei addormentata tra le mie braccia è stato il momento forse più emozionante della mia vita e lasciarti quella mattina e scriverti quel fottuto biglietto è stato così difficile che non sapevo se avrei avuto la forza di farlo. Non immaginavo che tu reagissi così quella volta, pensavo che saresti stata furiosa con me, ma pensavo anche che saresti rimasta, pensavo che saremmo stati bene insieme, magari avremmo fatto le cose di nascosto per non dare fastidio a Yuya, però saremmo stati bene io e te. Ma tu te ne sei andata e io da quando te ne sei andata non ho fatto altro che pensarti. Quattro anni a pensarti e credimi mi dispiace di aver fatto quello che ho fatto, ma non avevo ancora capito che ti amo.” disse, poi prese un respiro “Non voglio fare del sesso con te, perché non voglio che tra noi sia una notte sola. Preferisco che non ci sia niente.”
Avrebbe voluto continuare, ma lei gli tappò la bocca con un bacio da lasciare senza fiato.

Cinque anni dopo
Takao cercava di capire qualcosa dai fogli della conferenza del giorno prima, non si ricordava molto perché avevano parlato in troppi e non si era capito nulla, avrebbe dovuto chiamare qualcuno per delle informazioni più sicure, oppure avrebbe dovuto semplicemente scegliere lui. Il campionato doveva iniziare al più presto. Stava ancora giocando con i fogli quando entrò il suo migliore amico e lo salutò. Kai portava i suoi soliti occhiali neri, ma sorrideva, adesso.
“Lo sai che non vogliamo la concorrenza?” chiese una voce femminile che avanzava nel suo vestito largo massaggiandosi la pancia.
“Buongiorno a te.”
Aya guardò negli occhi suo marito e lo baciò.
“Cosa ci fai qu?”
“Dobbiamo andare dal dottore, Aya. Hai un appuntamento tra mezz'ora. Non mi dire che l'avevi dimenticato.”
“Certo che no” disse lei avvicinandosi alle scale per andare a prendere la giacca in ufficio.
Lui la fermò e la portò verso l'ascensore. Quando ritornarono al piano terra stavano litigando.
“Ti dico che sarà una femminuccia.” disse lui
“E io ti ripeto che sarà un maschio.”
“Come lo sai?”
“Una madre certe cose le sente.”
“Lo scopriremo tra cinque mesi.” rispose lui, baciandola.
  
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