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Autore: Shireen    30/04/2013    1 recensioni
«Hai già salutato il nostro ospite, tesoro?» Disse madame Bernard entrando nella stanza.
Il coniglio abbassò le orecchie. Non sembrava in grado di muovere nient'altro.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il coniglio di madame Bernard

 


Si diceva che madame Bernard avesse un coniglio. Lo teneva in una gabbia di legno, e aveva tutta una stanza dedicata soltanto a lui. Era un animale grasso, brutto, deformato. Non si muoveva mai.
«Non ti avvicinare alla casa di madame Bernard, non è gentile con i bambini» dicevano sempre le madri ai loro figli, quando li lasciavano uscire per andare a scuola o a trovare gli amici.
Che cosa avesse di male madame Bernard, il piccolo Stephane non lo capiva. Era sempre così normale quando la vedeva in piazza. Portava quegli eccentrici cappelli colorati, e quegli abiti così appariscenti, ma non sembrava per niente cattiva.
Un giorno decise che sarebbe passato vicino all’abitazione della signora, e avrebbe smentito le voci che circolavano su di lei. Magari lo avrebbe accolto dentro e gli avrebbe offerto un dolcetto.
Viveva isolata, in una casa di due piani non lontana dal cimitero, circondata da un piccolo bosco.
All’inizio della stradina che portava da lei, il bambino fu fermato da un gruppo di ragazzini non molto più grandi di lui, che giocavano a pallone.
«Dove stai andando?» Gli chiesero.
«Vado da madame Bernard» rispose fermamente Stephane.
«Questo è matto!» Lo presero in giro.
«Madame Bernard non è cattiva! Sono sicuro che mi offrirà un dolcetto, e mi tratterà bene!»
«Ha detto così anche Bruno, prima di sparire nel nulla» commentò uno dei bambini.
«E chissà quanti altri prima di lui…» aggiunse un altro.
Stephane si arrabbiò e continuò il suo cammino scuotendo il capo. Odiava i pregiudizi. Odiava tutte queste infondate paure. C’era sempre, in ogni paesino, una persona su cui venivano raccontate storie diffamatorie. Così, tanto per avere qualcuno a cui addossare la colpa per qualcosa.
Madame Bernard non era cattiva. Era sempre cordiale, con i venditori, quando andava al mercato.
Percorse in fretta il tratto che lo separava dalla casa della donna. Arrivato, si avvicinò al cancello e si appoggiò alla ringhiera. Non vedeva più il gruppo di ragazzi.
La porta d’entrata si aprì, e lei comparse sulla soglia. Indossava un leggero vestito a fiori, e aveva i capelli raccolti sulla nuca.
«Ehi, piccolo, che cosa ci fai qui?» Gli chiese.
«Ecco, io… Credo di essermi perso, signora» rispose Stephane. Era la scusa perfetta, un metodo infallibile per testare la gentilezza di una persona.
«Oh, povero bambino. Vieni dentro, il cancello è aperto. Riposati un po’, poi ti riporterò a casa.»
Era fatta! Madame Bernard era ufficialmente una delle donne più gentili che Stephane avesse mai incontrato.
Non si fece pregare ed entrò in casa. Gli serviva soltanto un dolcetto da mostrare agli altri ragazzini e ai suoi genitori come prova della sua piccola avventura.
L’abitazione della signora era elegante seppur modesta. C’erano tappeti sul pavimento di legno, mentre le pareti erano decorate con della carta da parati dai colori brillanti.
«Accomodati nella stanza del mio amico, piccolo. È la seconda porta a destra» disse. «Io vado a prendere del tè e dei dolcetti.»
Era come se gli avesse letto nel pensiero!
Ubbidì, ed entrò nella stanza. Era piuttosto spoglia, arredata con solo un tavolino e due sedie, ma bene illuminata, con un’ampia finestra che dava sul giardino fiorito. Tuttavia, non fu questo ad attirare l’attenzione del bambino.
Il coniglio. Si era scordato del coniglio di madame Bernard.
Era in un angolo della stanza, sotto la finestra, chiuso nella sua gabbia troppo piccola per contenere tutti quegli strati di grasso. I suoi occhi scrutavano il nuovo arrivato, attenti. Rossi. Sembrava quasi umano.
«Hai già salutato il nostro ospite, tesoro?» Disse madame Bernard entrando nella stanza.
Il coniglio abbassò le orecchie. Non sembrava in grado di muovere nient’altro.
«Accomodati, ragazzo. E serviti» disse appoggiando sul tavolo il vassoio con una tazza di tè e un piatto colmo di dolci. Si avvicinò alla gabbia e l’aprì, poi accarezzò la morbida pelliccia candida dell’animale, che continuava a scrutare il bambino.
Stephane prese un dolce e l’assaggiò. Non aveva un buon sapore; non sapeva per niente di dolce.
All’improvviso non si sentì più così a suo agio dalla signora Bernard.
«Dovrei tornare a casa, signora. Penso di essere in grado di ritrovare la strada» disse alzandosi dalla sedia.
«Rimani ancora un po’. Non abbiamo ospiti da molto, molto tempo» lo fermò la donna, prima di chiudere bene la porta.
«Ma…»
«Il mio amorino ha fame.»
Sul davanzale c’era un coltello da cucina.
Quella sera il coniglio mangiò.
Stephane, che avrebbe fatto bene, per una volta, a fidarsi delle dicerie che circolavano su madame Bernard, non tornò più a casa.

   
 
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