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Autore: jackjackXD    01/05/2013    0 recensioni
"Alle mie spalle una città d'oro, ottone e bronzo, nei miei occhi un nulla che colma le distanze fra le fronde di un albero che geme e sanguina. Non avrò la forza di un dio, l'intellingenza di un genio, la destrezza di un'assassina... ma posso sentire il canto dei mondi. Una voce che sembra sorreggere la vita"
Il gruppo dei vendicatori è stato evocato da due figure: due giovani opposti che si lasciano trasportare dalla fluida linfa del destino
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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“Esiste un canto che collega i mondi. Esiste una voce che riempie la vita. Per me è la tua voce Jane quella che riempie il cielo di calore, l'acqua di forza, la mia mente di emozioni e ogni mia azione di vita”.


“Ha smesso di cantare...” disse Steve sturandosi le orecchie che finalmente parevano riposare.
“Oh ma che uomo sofisticato! Ora vuoi pulirti il...” ma il caro Tony non finì mai di schernire il gigante biondo perché delicatamente una manciata di piastrelle nere del pavimento si sollevarono, volteggiarono attorno a loro e nel vuoto che avevano lasciato salì una piattaforma che sembrava di marmo bianchissimo.
Sopra di essa, strenuamente in piedi c'era il ragazzo rosso. Sembrava un po' provato. Non disse nulla, attraversò la sala e imboccò il corridoio che portava all'unica entrata, seguito dal fedele Fang.
Il suoi occhi erano di pietra, non sembra volessero notare nessuno, esprimere alcuna emozione.
“Tre ore per entrare, sei ore per uscire... Direi che è troppo stanco per dirci qualcosa. Cinque metri di corridoio ucciderebbero anche Steve!”
Tony era rigorosamente a lamentarsi e Steve come al solito era caduto nella stupida trappola dell'amico.
Natasha li fissò pochi secondi, con uno sguardo pieno di pietà:”Si diverte a stuzzicarlo” disse con un tono frivolo, Clint non rispose. Fissava ancora la luce che si era delineata in fondo al corridoio.
“Thor sembra credere in lui...” disse infine. Si vedeva come la sua mente stesse soppesando ogni ipotesi, vagliasse ogni idea; perché erano li e cosa stava facendo quella figura sconosciuta atona, piatta, fragile.
Si girò verso gli altri e con uno sguardo incerto chiese ciò che tutti si chiedevano da delle ore:”Cosa ci facciamo qui? E quello chi è?”.
Bruce che era appoggiato ad una parete curva si avvicinò agli altri. La bocca sembrava quasi torta, prese di forza Thor per una spalla, lo strattonò in mezzo al cerchio dei vendicatori.
Tutti gli occhi erano su di lui, perché sapevano che lui sapeva.
“Ora vuota il sacco dio” la voce non più scherzosa di Tony era accompagnata dalla contrazione muscolare di Steve.
Tutti si aspettavano qualcosa da lui, e beh, lui ne sapeva quanto loro; con l'unica differenza che aveva conosciuto un lato più dolce e umano di quel ragazzo.
“Il rosso e l'armadio rugbista che si porta dietro... chi sono?” chiese ancora Tony, questa volta alterato tanto da far apparire una leggera vena sulla fronte.
“Mi dispiace ammetterlo ma Tony ha ragione” soffiò Steve con lo sguardo basso.
“Steve, forza e coraggio; hai tutto il diritto di fare questa domanda...” la docile Natasha gli aveva posto una mano sulla spalla.
Thor aprì bocca:”E' apparso... e beh...” ma non riuscì a dire altro. Cosa sapeva lui? Nulla. Cosa gli aveva rivelato suo padre? Nulla. Come sempre sembrava tutto un gioco del destino, una matassa di fili informi che qualcuno tirava, e qualcun altro tagliava.
“Thor?” la voce di Natasha ora era delicata come la rugiada sulle foglie, la sua forma perfetta si era mossa e si era chinata davanti a lui. Un dito affusolato gentilmente aveva alzato uno sguardo perso, e ora si osservavano.
“Un altro intrigo della tua famiglia?” chiese schietta.
“Thor, non sei stanco di vivere in questo mondo di fili?” e glielo chiese con sentimento vero. Nella sua testa questa domanda tamburellava da tempo.
“La forza e il tuo martello non possono strapparli, solo il tuo volere può. Penso sia ora che tu viva più libero” nel dirlo gli tese una mano e attese.
Fu un attimo, una folgore scoccò negli occhi del dio che strinse forte l'appiglio della fanciulla e si eresse in tutta la sua maestosità.
“E' tempo di parlare con Odino”.

Sbucarono nel blu di un giorno fresco e luminoso, l'oscurità di quel loculo era scomparsa per dare spazio alla luce riflessa delle strutture dorate del palazzo reale di Asgard che si stagliavano sul parco. Gli occhi di tutti impiegarono qualche secondo per abituarsi a quello sprazzo di felice vita estiva, quando furono pronti seguirono le grandi falcate di un dio mosso dal caos e dalla disperazione. Si fermò improvvisamente davanti ad un salice piangente che sembrava voler affogare le proprie fronde in un pacifico laghetto.
Smise si respirare e richiamando a se tutta la sua forza di volontà continuò a camminare.
Nulla sembrava arrestare la sua ascesa, ne alti portoni di pesante metallo dorato finemente decorati, ne lunghe scalinate impreziosite da freschi ruscelli che zampillavano ai loro lati.
Nessuno voleva parlare, erano tesi e proiettati verso un unico obbiettivo. Sapere cosa stesse succedendo. Che fosse un dio, una donna o qualunque altra cosa a scortarli a quella meta non importava. Loro volevano sapere e il loro sguardo concentrato e serio esprimeva questa tensione.
Thor si fermò davanti ad un portone immenso, gli altri a confronto erano piccole e rudimentali porte. Trasse un profondo respiro e parlò ai compagni.
“Dietro questa porta siede il re degli dei, mio padre Odino... Lasciatemi parlare, non offendetelo in alcun modo”.
Tony stava già sorridendo pronto a  snocciolare una sciocca e frivola battuta, ma Bruce gli diede una sonora gomitata che spense il sorriso sghembo dell'uomo intelligente.
Fu così che Thor posò le grandi mani sulle due porte e inarcando la schiena spinse con tutta la forza che aveva in corpo, lottando, ansimando per lo sforzo immane. Le porte sembravano non volersi spostare, sembrano sigillate.
Il potere del dio non era abbastanza? O non era stato invitato ad entrare?
A lui non importava, quando la muscolatura iniziò a cede percepì un fuoco divampare: lo sconforto, il caos della sua anima, il tedio di essere sempre stato relegato negli abili giochi di intelletto del fratello e del padre, che tanto adorava e serviva, smossero una forza nuova, più impura e scura, irrazionale e inquietante.
Le porte cigolarono e infine si smossero accompagnate dal ruggito gutturale crescente dell'uomo che reggeva il martello del potere.
Dopo lo sforzo crollò sulle ginocchia, sfiancato ma gli occhi azzurri fecero in tempo a registrare cosa stava accadendo nella sala.
Nelle luci vive dell'oro, fra i giochi dei riflessi delle fontane che sgorgavano da ogni punto delle pareti, vide suo padre seduto fissare il centro della sala. La luce che penetrava il foro nel soffitto illuminava una piccola porzione di pavimento d'ottone.
Gli scambiarono degli sguardi impietriti: Odino non si scompose nel vedere il figlio, e Thor non carpì il pensiero del padre fino a che non lo rese pubblico.
La voce del saggio re era come miele per le orecchie, anche Tony rimase sbalordito dal carisma potente e vivo di quell'uomo finemente vestito di oro e argento.
“Nessuno di voi è stato invitato ad entrare” fu l'unica cosa che il re disse, prima di stendere la mano in direzione delle porte.
Queste iniziarono gentilmente a chiudersi, allontanando la verità dalle orecchie di umani e dei famelici di risposte.
Il figlio di Odino si levò fra i portoni e poggiando le mani fra gli spessori fece pressione con tutta la forza che possedeva. “Passate...” sussurrò nello sforzo e i suoi compagni attraversarono quell'arco di immensa forza muscolare.
“Figlio, non disubbidire. Esci assieme ai tuoi compagni da qui. Nessuno di voi ha il diritto di presenziare!” la voce che prima era dolce e carismatica era divenuta potente, spessa e ringhiosa.
Bruciava nelle orecchie e sembrava stagliarsi caoticamente quasi partorita dalle rughe di ira e disonore che aveva preso posto sul volto del re. Rombò ovunque, sui metalli curvi e lisci, nelle acque, fino alle orecchie del giovane sotto la luce.
Il figlio reietto e ribelle, per la prima volta dopo secoli, additò il padre, le braccia sfinite:”Ora ci dovete delle spiegazioni!”.
Un affronto. Era un affronto per l'autorità di Odino. Di nuovo impose le mani verso il figlio e una lunga catena di luce lo avvolse come un filo da baco ingabbiandolo sotto lo sguardo attonito di tutti. Si umettò le labbra e si rivolse a gli altri eroi:”Ora andate, non è cosa che possiate capire!”.
Fu un istante, rombò il rumore dei razzi della tuta di Ironman, una freccia sibilò, Bruce si gettò verso la sua vittima come una cascata nel vuoto gonfiando il corpo e rendendolo di un appariscente verde smeraldo; sotto di lui con un rapido scatto si era portato Steve, pronto con lo scudo indistruttibile a parare il colpo che Odino stava già emanando.
Il caos era scoppiato: rimbombava il grido di ira del gigante, il fischio della freccia, il rombo delle fiamme dalla lancia, il ritmico danzare dei piedi.
Fu come un battito d'ali di farfalla, una contrazione di un ventricolo: ti aspetti la sistole, ti aspetti un secondo colpo, che tutti questi suoni a cascata si miscelino, auto-alimentandosi e rombando impregnino l'intero spazio; e invece fu un silenzio scandito dalla pace della sublimazione di un fischio, il galleggiamento di un balzo, lo spegnersi delle fiamme e la stasi dei piedi. Tutto era fermo, silenzioso, quasi di cristallo.
Quell'assenza di suono era quasi più fastidiosa del rumore stesso, smosse le menti, bruciò le sinapsi. Due mani affusolare volteggiarono nell'aria portandosi alle tempie coperte di rossi capelli femminili. Esplose un grido acuto:”Che sta succedendo” e tutti crollarono sotto il peso di quel silenzio assoluto, il silenzio di una stasi dinamica, di un equilibrio in moto instabile, che continuamente rincorre se stesso. Come era arrivata quell'aura, quell'atmosfera cessò in un battito d'ali, in una contrazione del ventricolo. Il silenzio ora era riempito dai gemiti di dolore e dall'affannosa contrazione dei muscoli. Erano tutti stati colpiti da schegge di follia? Perfino Odino giaceva a terra ansante.
Il bozzolo si sciolse e ne colò fuori un'ombra stanca, Thor era distrutto. Nel silenzio il caos della sua mente era dilatato come il quarzo quando spinto dal caldo partorisce da se stesso cristobalite.
“Padre...” soffiò. Con le ultime forze provò a strisciare verso il trono, disperato.
“Cosa... accade?” soffiò con la poca aria nei polmoni.
Odino ansimava e fissava terrorizzato l'essere in mezzo alla sala.
“Andatevene tutti” provò ad imbastire una voce carismatica ma questa sembrava un fuoco di paglia.
Così per la prima volta il giovane rosso si mosse verso la scorta che lo stava tradendo. Si chinò davanti al volto esausto del biondo dio, dagli occhi scoloriti, il volto biancastro, e la bava che colava dalla bocca mentre ansimava per la stanchezza. Prese la fredda guancia che era sul pavimento e abbracciò quella grande testa bionda, quasi sentendo il profumo dei suoi capelli.
Lo disse piano, in modo tale che lo sapesse solo lui, lo disse in modo intimo e disperato:”Thor... andatevene. Voi non volete sapere, perché tutto a questo mondo ha un prezzo. Esci da queste stanze e cerca Fenrir digli di prepararsi. Riposa, e credici perché lei ti sta cercando” e nel dire queste parole, il dio sentì il cuore del giovane pulsargli sul volto, agitato e frenetico. Era anche lui umano, quella sedimentata durezza era scomparsa? Una calda lacrima toccò il volto di Thor e si impigliò nella barba bionda.
“Thor vai...” disse ancora e lo aiutò ad alzarsi.
Steve con una formidabile forza di volontà si alzò e caricò sulle spalle un Bruce svenuto e il debilitato dio. Natasha si strinse a Clint e Tony fissò incredulo la scena.
“Ce ne andiamo così?!” gridò.
Fu Steve ad annuire volse le spalle al giovane e re degli dei diretto verso il portone che poco prima avevano forzato. Questo con un cigolio struggente si aprì non per volontà del re, ma si aprì. Si incamminarono tutti verso l'uscita, a parte Tony ancora scosso e irato: gli occhi erano paonazzi e gonfi, fissi, spiritati su un punto nullo, vuoto della stanza. Clint gli possò una mano sulla spalla per spronarlo, ma lui la scansò e rimase li fermo a fissare il nulla.
Gli occhi di Thor vuoti incontrarono quelli spenti del giovane che gli aveva appena parlato.
Cosa vuoi fare? Gli dissero quelle gemme azzurre. Scappa ora che sei in tempo, tutto questo non ha senso, furono gli ultimi pensieri che si lanciarono prima di scomparire dietro le porte che si chiusero mestamente.
“Tony tu rimani quindi?” il rosso si rivolse al compagno sconvolto.
Non disse nulla, non proferì parola e smise di respirare nell'attesa. Il rosso non si mosse
Si morse le labbra dal dolore e contrasse il volto, lasciando sempre nei suo occhi una limpida pietà e dolcezza; umettò le labbra, spalancò le labbra fini e intonò lo stesso canto di miele e solennità che aveva cantato lo spirito. La voce cristallina si levò, alta pura, viva, quasi potesse sostenere la vita. Il sole, l'acqua, il metallo sembrano nutrirsi di quelle note, di quella stucchevole magnificenza. Una voce perfetta e ultraterrena attraversò tutto il palazzo, diffondendo nel parco e ingoiando nella sua atmosfera tutta la città d'oro. Ogni persona si fermò per respirare a pieno quel suono, quell'onda che sembrava un dono, sembrava energia pura.
Era un suono che profumava di vita.
Natasha ne fu investita per prima, si fermò inarcò la schiena e dovette portare la mano alla bocca per soffocare il gemito del pianto: immagini schizzavano sulla sua retina, come scintille colorate nel cervello, lo permeavano a pieno, saturando, solubilizzandosi in un solvente chiamato memoria e facendo precipitare altre vivide scene. Fu tutto troppo veloce, piangeva e non aveva controllo. Non era crollata in un baratro; sentiva la vita dentro di se smuoversi e provare ad espandersi fino oltre la sua bella e soffice pelle. Steve si rabbuiò, e contraendo i muscoli mantenne il sua carico sospeso. Clint abbracciava calorosamente l'amica, e anche in lui balenavano luci, ricordi, scene. La prese in braccio e i due uomini si incamminarono verso l'uscita del palazzo. Nel chiarore della luce che penetrava dalla porta scomparvero lasciando sul pavimento un ultima lacrima del dio del tuonò stremato e perso.
L'aria era densa nella sala del trono, tanto da bruciare quasi i polmoni di Tony che avidi incameravano aria, suoni, energia. Ogni elemento investito era nel pieno silenzio, propenso all'ascolto. L'acqua non risuonava, gli uccelli erano quieti e il battito di ogni cuore sembrava volesse felpare ogni suo passo.
La mente di Tony si contrasse nello spasmo di quell'energia e la sua anima si perse nel vuoto.
Il suo cuore si perse nell'ultimo sogno.


“Nel sogno giace una verità nascosta a chi vive, solo abbandonando ogni eccesso, ogni scoria di ciò che ci nutre potremmo penetrarvi e conoscerla.
La verità giace nell'ultimo sogno e ha i colori del primo canto: il Dono di Yggdrasill”
  
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