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Autore: Ziggie    02/05/2013    1 recensioni
Capitan Hector Barbossa è da poco diventato pirata nobile ed una nuova avventura lo attende al di là dei Caraibi, proprio in quelle zone che dovrebbe controllare indirettamente: il mar Caspio. Mitologia greca e leggende di dei Russi ad unirsi a una donna, una vecchia conoscenza del capitano, una perla, un'amica e chissà?
Cambio di nick si, ma non cambio di personaggi, non potevo non parlare più del buon capitano.
Buona lettura. Ile
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Hector Barbossa, Pintel, Raghetti
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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Ahoy! Scusate il ritardo, ormai sapete la causa delle mie madornali attese, ha solo un nome: università. Ma non per questo smetterò di scrivere, vi chiedo solo un filo in più di pazienza :) Un piccolo capitolo, un grande mistero. Non dico altro, non voglio svelarvi altro. Lascio a voi la lettura e i commenti se vi va :)
Ile

 

                                                              3. La conoscenza di Stefen

Acqua cristallina che solletica la chiglia, riflessi del sole sul blu profondo, chiaro scuro, caldo e freddo. Le vele innalzate aperte al vento, le cime sbattono contro i pennoni, gli uomini cantano e ognuno lavora.

La cabina attendeva i discorsi, le spiegazioni, attutiti e racchiusi dai muri, che non li avrebbero fatti uscire finchè non fosse stato il momento opportuno, il che poteva essere più tardi, domani o mai.

La fiammella era ormai debole nella lampada ad olio, fletteva leggera accompagnata dalla poca aria che le era rimasta, le passai accanto e, la spensi con un lieve soffio, prima di aggirare la scrivania e accomodarmi sulla sedia; una gamba a cavalcioni sul bracciolo, l'altra accavallata sopra: si, era una posizione comoda per ascoltare quanto il ragazzo aveva da dire. La mia scimmietta arrivò di lì a poco , trillò e con agile balzo si accomodò sul proprio trespolo, accucciandosi lì: eravamo due anime in attesa.

Notai lo sguardo perso, quasi timoroso, di Stefen entrare prima del suo corpo, restando sulla porta intimidito e meravigliato al tempo stesso.

- Non credete che vi convenga entrare, ragazzo? - ridacchiai in domanda, con pungente ironia e fu allora che si riscosse, entrando e richiudendo la porta alle spalle, annuendo.

Io stesso conoscevo quello sguardo, tempo immemore addietro lo avevo usato. Chiglie bramate a terra divengono diamanti del mare e del vento una volta che vi sali a bordo; divengono parte di te e poco importa quante ne vedrai, poco importa quante ne cambierai, il mare ti ha scelto e presto ti servirà il gioiello che ti spetta.

Notai l'attrazione negli occhi del ragazzo soffermarsi su ogni minimo particolare della cabina, stupito dell'ampiezza del luogo che si celava dietro quel piccolo apperente spazio visto da fuori, nascosto da quella semplice porta. Tre stanze di una modica grandezza: una parte principale, dove ci si trovava ora, la camera da letto e un vano più piccolo, una sorta di ripostiglio per armi, pergamene, mappe e libri. Cercai di attirare la sua attenzione al tavolo, non avevo troppo tempo da perdere e il suo culo doveva trovarsi sul ponte a dargli degna pulita.

- Allora, signor Stefen, siamo qui per iniziare un discorso interessante o per perderci nel rimirare la mia cabina? - feci sarcastico e un pò spazientito.

- Capitano... Signore, devo ringraziarvi per avermi preso a bordo, signore - iniziò a parlare velocemente, le sue parole, una ripetizione unica.

- Si, si, si, questo l'ho capito, sempre i soliti ringraziamenti. Vediamo di non farmi cambiare idea a riguardo - roteai gli occhi al cielo.

- Perdonatemi capitano, ma non credevo ci fosse un qualcuno disposto a dar retta a quelli che tutti, a Rodi, ritengono discorsi infondati - abbassò appena lo sguardo, recuperando da sotto il gilet una specie di mappa - questa me la diede mio nonno, un gentiluomo di ventura che servì sotto il vessillo di uno dei pirati più famosi di queste acque: il Minotauro del mare -.

Aggrottai la fronte a quel nome alquanto bizzarro, molti capitani alzavano il grado di terrore che portavano con un soprannome, ce ne erano di più svariati anche nei Caraibi, ma il Minotauro del mare più che un nomignolo per incutere paura e panico, sembrava inventato su due piedi.

- E sentiamo, aveva un paio di corna, un anello al naso, si nutriva di ragazze vergini ed era metà uomo e metà toro? - sospirai, incrociando le braccia al petto, osservando da lontano la pergamena che il ragazzo srotolò sul tavolo.

- Così venne chiamato per la sua enorme stazza e per la violenza nella battaglia, ferite che potevano risultare mortali per molti, a lui scalfivano a malapena la pelle, fu solo decapitandolo che raggiunse il Creatore, ma non perì in battaglia, bensì per mano di una donna - fece una lieve pausa, ma riprese poco dopo - una donna fluida e leggiadra come il mare, molti dicono sia stato Volga in persona ad ucciderlo -.

La mia fronte si aggrottò maggiormente a quel continuo di storia, ma mi avvicinai di più alla pergamena deposta sul tavolo. Vecchia pelle essiccata che odorava di vino e inchiostro, leggermente annerita, riportava scritte in diverse lingue e il greco antico era quella più leggibile.

- Un Dio che fa i propri interessi, quindi, c'era da aspettarselo - mormorai, mentre cercavo di intendere quanto c'era scritto, se dovevo qualcosa a quei cani della marina era conoscere le lingue morte e, una lieve conoscenza del greco antico, giocava un punto a mio favore - Una nave ancorata tra monti e mare - lessi tra le righe - Volga non la volle, ma la sorveglia a distanza -.

- Volga non è propriamente il Dio del mare, sono i russi a riconoscerlo tale, così come le popolazioni turche e del Caspio. E' un sottoposto del potente Poseidone, un mutaforma, un dio caotico, come potrebbe essere il Loki scandinavo - spiegò il ragazzo e dovetti ammettere che per la sua giovane età sapeva molte cose.

- E scommetto che il Minotauro del mare era sulle tracce dell'Argo, Volga l'ha scoperto, l'ha ammaliato e al momento opportuno gli ha mozzato la testa come fece Teseo nel labirinto - non ci voleva molto ad unire mitologia ad una pseudo leggenda - Quello che non torna è: come mai la mappa è nelle tue mani? -

- Mio nonno e altri tre gentiluomini di ventura erano stati incaricati di andare in avanscoperta quando successe il tutto, il Minotauro gli aveva affidato la mappa per seguire parte del tracciato, ma fu quando tornarono indietro e videro l'incendio divampare nel campo e la testa del loro capitano appesa al centro, impalata sull'albero di trinchetto spezzato, che tempo al tempo si allontanarono il più possibile da quella terra maledetta -

Il silenzio regnò dopo quella risposta. Avevo lasciato i Caraibi per venire a conoscenza delle mie nuove terre, i miei spazi di neo pirata nobile. Avevo lasciato Tortuga, le insidie di Cuba, i leviatani, per veleggiare in questi mari più piccoli, ma non tanto diversi. Le maledizioni lasciavano la loro scia ovunque, così come le leggende. Gli dei erano sempre in mezzo, signori pomposi a cui tutto è dovuto. Ma cos'era un Dio se non un uomo immortale con qualche potere speciale? Si poteva sfidare un Dio? Si poteva ingannarlo? Era quello che avevo intenzione di fare, una maledizione non è nient'altro che una storia della buonanotte piena di terrore, di quelle che si raccontano nelle notti tetre, una storia di passato e fantasmi, che punta a non farti muovere in quella direzione, ma la morte ti solletica e ti fa sorridere e non sono i brevi racconti ad incutere timore. 

- Nonostante la tua decisione nel raccontar la storia, ragazzo, i tuoi occhi tremano più delle tue parole - gli feci notare e, colto in fallo, Stefen abbassò subito lo sguardo.

- Perchè volete muovervi in questa avventura? - mi chiese cupo.

- Diciamo che voglio toccare con mano la mitologia - ridacchiai imperterrito - ma potrei rigirarvi la domanda, il vostro perchè, signor Stefen? -

- Voglio dare un perchè alle storie di mio nonno, vedere se c'è un fondo di verità in questa pergamena e tornare per dirgli che non è morto invano -

- Un motivo molto nobile - dichiarai mellifluo, portandomi una mano sul cuore - Direi che dopo questa chiacchierata questa rimane a me - gli comunicai arrotolando la mappa e agitandola tra le mani. Il ragazzo non fu contrario, si limitò ad annuire - D'accordo, capitano. Occorre però non sottovalutare Volga, è stato per suo volere che l'Argo è stata confinata tra il mar Caspio e il Caucaso, accolta da Gea. Una nave però non può che appartenere al mare e un uomo non può sovrastare gli dei e attraversare poi il loro territorio - disse infine Stefen, alzandosi, ricordandosi del lavoro che doveva svolgere sul ponte.

- Non nella mia esperienza - gli riservai un sorriso spavaldo e lo lasciai uscire, la nave aveva bisogno di una degna pulita.

 

  
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