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Autore: summers001    02/05/2013    3 recensioni
Non è strettamente una CaptainSwan, accenni forse, potenzialità. Non ci sono delle vere interazioni, ma è tenera, sentimentale, malinconica e triste. Racconta dell'evoluzione di un personaggio, dalla fine ad un nuovo inizio, l'elaborazione di una perdita, il rendersene conto. Sto parlando ovviamente di Killian Jones/Capitan Uncino. Mi auguro che apprezziate . Tenete bene a mente il filo degli eventi in Once Upon A Time!
Spoiler 2x20
Uncino era tornato nella sua cabina, sulla nave. Ancora. Odiava tornarci. Odiava riposare, odiava non sentire la stanchezza ed il dolore. Odiava pensare. Preferiva camminare in cerca di qualcosa, studiare le erbe e progettare il veleno migliore, magari morire nel tentativo come un verme fallito. Pensava alla morte, la sua, poi quella di Milah, poi al Coccodrillo. L'avrebbe ucciso, avrebbe perseverato. Covava rabbia ad ogni passo.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Milah
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Sopravvivo

 

Capitan Uncino e la sua ciurma ce l'avevano fatta.
"Terra!! Capitano!! Terraa!" urlò dall'alto una vedetta. Il capitano sorrise soddisfatto, lasciò il timone, s'avviò lungo il parapetto di prua. I suoi uomini s'allontanavano, gli aprivano la strada e lo lasciavano passare.
Sorrise di nuovo e si voltò di lato. Si aspettava ancora di vedere i capelli neri di Milah mossi dal vento. Strizzò gli occhi e strinse i pugni, si ricordò allora di non avere più una mano. Una fitta di dolore gli partì dal petto e raggiunse il viso contrito.
"Signor Spugna!" chiamò.
Spugna, il nuovo marinaio, corse verso di lui, gli si fermò ai piedi e s'inchinò tenendo in mano il cappello rosso di lana. Era con il capitano da così poco e già provava un'innata devozione.
"Diminuite la velocità di dieci nodi, altre poche miglia e calate l'ancora, poi preparate le scialuppe" la voce ferma senza sentimento.
"Scendiamo a terra, capitano?"
Uncino alzò lo sguardo ed incontrò quello di mastro Spugna, s'era irritato. Spugna chinò di nuovo la testa imbarazzato e s'allontano a piccoli passi camminando all'indietro, fino a che non fu abbastanza lontano da voltarsi e correr via, disponendo poi gli ordini del capitano.



Uncino era tornato nella sua cabina, sulla nave. Ancora. Odiava tornarci. Odiava riposare, odiava non sentire la stanchezza ed il dolore. Odiava pensare. Preferiva camminare in cerca di qualcosa, studiare le erbe e progettare il veleno migliore, magari morire nel tentativo come un verme fallito. Pensava alla morte, la sua, poi quella di Milah, poi al Coccodrillo. L'avrebbe ucciso, avrebbe perseverato. Covava rabbia ad ogni passo.
Scese nella stiva e riempì di nuovo la sua bottiglia con il peggior alcol che avessero mai imbarcato. Tornò nei suoi alloggi, raggiunse una sedia di legno, incrociò i piedi sul tavolo e bevve da solo. Rise sonoramente, folle, solo.
Chiuse gli occhi.
"Eccoti finalmente credevo di averti persa!" disse Uncino sorridendo felice. Si rimise meglio a sedere ed aprì le braccia aspettandola.
"In quale altro luogo sarei dovuta andare? Il mio posto è con te!" Milah si avvicinò da un angolo scuro della nave. Aveva un vestito lungo elegante. Un corpetto del colore del vino le stringeva la vita e le schiacciava il seno procace, una gonna ampia le accarezzava i fianchi morbidi e danzava con i suoi passi lenti. Raggiunse Uncino, si mise a cavalcioni sulle sue gambe, gli scrutò il viso e passò col dorso delle dita sulla sua barba scomposta.
"Lo sai che quest'isola ti renderà pazzo, lo sai?" gli disse lei.
"Devo restare qui, per te, per vendicarti..." le parole iniziavano a sciogliersi dalla sua bocca mentre il tocco di Milah dolce e leggero si trasformò in una carezza più forte e decisa. Gli prese le guance e con il pollice gli premette le labbra costringendolo ad aprirle. Uncino mosse languido il viso sotto le mani di lei a guidare le sue carezze.
"Sto pensando ad una cosa..." iniziò lui sensuale, succhiandole il dito.
"Accendo le luci!" rispose lei (1).



"Quanto tempo sarà passato, Capitano?" gli chiese Spugna, mentre entrambi osservavano gli altri uomini scendere dalla nave, a nuoto, di primo mattino, per andare da loro, dalle sirene.
"La mia vita è finita Spugna" annunciò Uncino senza ragione. Portò la mano all'elsa della spada, si avviò verso la sua cabina e lasciò il marinaio interdetto. Spugna lo guardò prima sbalordito, poi lo seguì correndo goffamente. Si precipitò davanti a lui.
"Perchè – perché non andiamo a giocare con gli indiani? O con i bimbi sperduti... Faccio preparare i cannoni!"
"Non stavolta Spugna," disse mestamente il capitano superandolo e raggiungendo i suoi alloggi "non fermarmi!"
Uncino sollevò un pugnale e osservò la punta meravigliato. Se lo rigirò attorno al suo sguardo ed iniziò ad avvicinarselo al collo. Premette il coltello sulla carne ed assaporò la sensazione di un rivolo di sangue che scorreva col sudore lungo il collo sul suo petto.
"Perché ancora non mi fermi Spugna?" chiese con un sorriso maniacale.
Spugna gli corse incontro, gli prese il coltello dalle mani e lo guardò lasciarsi cadere sul suo letto, dove le coperte piene di morbide piume si gonfiarono.
"Dovete trovare un modo per uccidere l'Oscuro, ricordate?" gli si avvicinò il marinaio con una bottiglia di rhum. Gliela portò fino alle labbra. Uncino lo guardò offeso e gli strappo la bottiglia da mano, bevendo autonamamente.
"Il Coccodrillo!" riprese lucidità "Dì, come va con quel veleno?"
"Sembra quasi pronto Capitano!" rispose Spugna alzando entrambe le mani al petto. Intimidito aspettava di fargli un annuncio. "In più..."
"Cosa?" chiese infastidito.
"Sono arrivate notizie dal nostro mondo: una ragazza, una certa Belle..."
Il Capitano si riprese. Felice. Felicità. Era quella? Si avvicinava almeno un pò.



La rivedeva ancora tutte le notti da più di trecento anni ormai. Avevano passato una vita insieme, nella sua testa. Ubriaco.
"Puzzi d'alcol" gli disse lei arrabbiata quando comparve, ancora in quella stiva di nave, fetida e nauseabonda, "e la metà del tuo equipaggio ti ha abbandonato! Non credi di esserti torturato abbastanza?"
"Smettila!" le rispose lui urlando, dandole addosso.
Milah si rizzò sulla schiena e si spaventò.
"Scusa!" fece lui correndole incontro "Scusa, scusa tesoro, scusa!" le circondò con la mano a coppa la guacia, appoggiò la fronte a quella di lei e col naso le accarezzò il naso. La donna si riprese, gli prese il braccio con una mano e con l'altra raggiunse il suo viso.
"Forse è il momento di tornare!" fece lei dolce e rassicurante. Uncino fece cenno di sì con la testa, ad occhi chiusi per bloccare le lacrime.



Affiancato da Cora, Uncino vedeva un muro di luce salire dai confini della terra e circondare la foresta, creando un cupolone, sul quale una nube di fumo nero e viola si arrampicava ed oscurava il sole.
"Ventotto anni?" chiese lui preoccupato, quasi arrabbiato.
"Non preoccuparti non ce ne accorgeremo!"
Restò ad ammirare ancora lo spettacolo malefico della magia. L'orrore che poteva creare era sorprendente, l'odio verso le arti magiche cresceva a dismisura ad ogni granello di polvere che sollevava. Cercava di non farci caso, di non darlo a vedere. Doveva nutrirsi dentro in silenzio del suo stesso odio, far crescere il desiderio di vendetta, l'unica cosa che lo stava saziando e più vicina al sentimento della felicità, nera.
Chiuse gli occhi.
"Sei matto? Allearti con una strega? Ti ucciderà!"
Si girò di lato, incontrò gli occhi di Milah preoccupati. "Non preoccuparti amore mio, è solo un passaggio!"
Milah sospirò. "Killian, non..."
"Non torcerò più un capello al tuo Bealfire!"
La donna gli sorrise.



Incatenato ad una parete, in un castello gigante, su una pianta di fagioli, aveva avuto il tempo di pensare. Erano passate quasi altre dieci ore. Trecentoventotto anni e si preoccupava di dieci ore. Aveva i nervi a fior di pelle. La vendetta era così vicina eppure non poteva toccarla. Aveva sollevato pietre e le aveva lanciate contro il muro, aveva cercato di disinnescare la serratura col suo uncino, aveva fatto leva sul primo anello della catena. Aveva tirato fino a farsi sanguinare il polso. Niente. Quasi pensava di tagliarsi anche l'altra mano.
Si lasciò cadere contro il muro.
Con il gomito sul ginocchio si portò una mano sulla fronte e tra i capelli, chiuse gli occhi distrutto dalla rabbia.
"Tu lo sai perché il suo tradimento ti ha infastidito tanto?" gli chiese Milah, sedendosi accanto a lui e portandogli una mano tra i capelli.
"Perché ero così vicino..." iniziò lui urlando "A tanto così" fece gesto con le dita della mano. Si girò verso di lei disperato. "Non c'è magia lì capisci?" urlò ancora.
"Era una speranza!" fece lei più pacata, in un suggerimento.
"Quel posto!" urlò.
"La ragazza!" gli sussurrò lei contraddicendolo, avvicinando al suo viso.



"Il nostro carico è al sicuro?" gli chiese Cora, imbarcandosi sulla Jolly Roger.
"Certamente, vostra Altezza!" le rispose ridendo sbruffone. Finalmente avrebbe raggiunto il suo Coccodrillo.
"Bene!" concluse freddamente "Partiamo allora!"
Uncino preparò la nave a salpare. Issò magicamente l'ancora. La vela di fonda si gonfiò. Se ne andarono nascosti nella nebbia della Foresta Incantata, affiorando da quella di Storybrooke.
Gli sembrò di sentir urlare "terra" da uno dei suoi marinai. Si ricordò di quante altre volte aveva vissuto quel momento: il sollievo del ritorno, la voglia già di ripartire, salpare, pregustare l'odore del porto, del pesce nei mercati, alcol e donne allegre nelle locande. Quella vita era lontana, non era più la sua, non aveva più una vita.



Aiutò la strega con i suoi folli piani per la figlia.
Attese.
Scrutò la nuova città dall'alto dei tetti. Non lo trovava, il Coccodrillo.
Ricevette una visita inaspettata, proprio mentre torturava un insetto. Sentì dei passi sul molo, s'apprestò veloce a controllare. Spugna, col suo cappello rosso. Gli parlò, raccolse, informazioni su Tremotino. Aveva ancora la sua ragazza, quella Belle. Quanto lo infastidiva. Belle. Il Coccodrillo era felice con la sua donna. Poteva toccarla, baciarla, scoparla. Gliel'avrebbe tolta. Non la meritava. Povera donna.
"Sta cercand suo figlio" concluse Spugna il suo racconto.
"Killian!" Milah comparve al suo fianco, terrorizzata.
Non ricordava di aver mai visto Milah così, con la paura in volto per un altro. Strinse gli occhi e si ricordò della sua morte. Scosse il viso. Non era morta, non era morta, non era morta.
Spunga e Milah lo circondavano, aspettavano una sua decisione. La rabbia, la confusione, l'amarezza, il dolore.
"Va bene," iniziò lui. Lasciò che la vendetta si nutrisse di tutto, riprendendosi con difficoltà. "lo fermiamo. Spugna recupera quello straccio!"
"Grazie!" gli fece cenno la donna più sollevata.
Uncino attese che Spugna se ne fosse andato. Si portò una mano alla fronte, si accarezzò le tempie. Cominciava ad essere stanco.



"Mi dispiace tesoro, non ho avuto la forza di distruggerlo!" disse Uncino verso Milah, alzandosi dalle assi di legno della sua nave, pulendosi il sangue che gli scorreva lungo la faccia. Era stato picchiato da Tremotino o signor Gold, come si faceva chiamare in quel mondo. Uno zoppo con un bastone.
Milah si avvicinò a lui "Lascia" gli disse pulendogli le ferite del viso con la manica del suo vestito.
"Hai sentito?" chiese lui ridendo "Mi ha detto di andarmene!" la sua risata suonava cupa e malata. "Non ci riuscirà, non ci riuscirà, non ci riuscirà" disse con voce decrescente, malato.
Tornò nella stiva, scrutò quel che era rimasto. Non si premurò dei pezzi scomposti. Guardò per terra, un luccichio attirò la sua attenzione. Metallo. Sollevò un sopracciglio. L'arma di Belle era ancora lì. Bingo.



"Killian! Killian apri gli occhi!" Milah lo chiamava, scuotendogli il petto mentre lui, disteso sulla strada, si lamentava in un ghigno di dolore. "Guarda Killian!" cercava di attirare la sua attenzione "Guarda chi è venuto a soccorrerti!"
Uncino aprì gli occhi incuriosito, sperando di trovarsi la sua donna davanti a lui, con i capelli neri che gli scendevano sul petto, le circondavano il seno, si schiacciavano bagnati sulla pelle candida e rosea.
Aprì gli occhi e vide Emma. "Hey splendore!".
Milah rimase a guardare il suo capitano da lontano, sapeva che lui ancora non capiva, per questo era lì. Per il momento.



"E' venuta lei a soccorrerti e ti ha portato qui, era spaventata sai? Come si chiama questo posto?" chiese Milah, sorgendo dal buio non appena la scia di Swan, la ragazza, fosse sparita dietro la porta della sua stanza d'ospedale.
"Ospedale" rispose pacato e quasi freddo Uncino.
"Con me non hai mai fatto così!" gli disse con lei con un pizzico di gelosia. Si avvicinò a lui e gli prese la mano con le sue, facendo suonare le manette contro le sbarre del letto. Uncino mosse la mano, allontanandola da quelle di lei, facendo suonare i metalli anche lui. L'aveva legato, ancora.
"Era solo per divertirmi!" rispose sorpreso, infastidito e finto "Lei non mi vorrebbe mai, mi odia. Volevo solo che si irritasse!"
Milah sospirò arredendosi. Tornò sulla sua mano, gliela strinse forte e sorrise nonostante tutto. "Finalmente sento di nuovo la tua voce, Killian" marcò la voce sul suo nome.
Uncino alzò il viso per guardarla negli occhi, le lanciò uno sguardo interrogativo col sopracciglio alto.
"Non stai urlando!" gli spiegò lei pacata.
"Già..." iniziò a notare lui. Ci penso qualche attimo. "Questo non cambia niente, avrai la tua vendetta tesoro, giuro!"
Milah lo guardò in uno sguardo di rimprovero."Questo cambia tutto!" disse mestamente.



"Hai visto tesoro?" esultò Uncino "Ce l'ho fatta!!" spinse i gomiti più volte verso il basso, in una danza esultante frenetica, un gesto di felicità.
"Ma dove siamo?" chiese lei persa, guardava verso gli angoli bui di una stanza vuota e scura. Teneva lo sguardo verso l'alto in allerta, cercando di cogliere i rumori che venivano dall'esterno.
"Ma che importa?" chiese lui avvicinandosi a lei, prendendole una guancia nella mano "Ce l'ho fatta!"
L'attenzione di Milah fu finalmente catturata da lui, mosse il viso sotto la pelle callosa della mano di lui volgendosi sul suo viso, sorridendo. "Sono fiera di te!" gli sussurrò felice "Meritava di morire!"
"Sì lo meritava" Uncino scrutò il suo viso, quello della donna assente. Cercò di imprimerselo nella sua memoria. "Ora sei libera amore mio!" si aspettava di vederla librare via nell'aria che puzzava di chiuso di quella cantina.
"Non posso lasciarti solo proprio ora!" rispose affrettata "Che faresti?"
"Niente" disse vuoto.
I discorsi di Uncino furono interrotti da voci provenienti dall'alto. Una donna ed un uomo parlavano. Si sentirono passi che parevano camminare sul soffitto, poi si fermavano. "E tu come fai a conoscere Uncino?" "Se fossi vissuto solo qui dovrei avere quache centinaia di anni"
Le voci erano lontane, ma le parole ben chiare.
"Bealfire!" sospirò Milah con le mani al petto, sorpresa, felice, illuminata in viso dalla voce del suo ragazzo. Sorrideva.
"Hai sentito? Non mi chiama neanche per nome" Uncino non aveva notato la reazione della donna. Teneva lo sguardo basso, deluso. Cercò di evitare lo sguardo di lei.
"Killian, tesoro, parla sempre di te!" tentò di consolarlo lei, accarezzandolo.



I due aggressori l'avevano liberato. Gli avevano detto di aspettare, stavano preparando un marchingegno, in una sorta di magazzino con macchine, scatole di ferro. Erano vicino al porto, sentiva l'odore del pesce e dell'acqua e sale.
Lo lasciarono solo. Sorrise, grande sbaglio con un pirata.
Era stanco, però. Non gli andava di provarci.
"Qualunque cosa faccia..." cominciò lui, affacciato ad una piccola finestra. Milah lo raggiunse e guardò fuori insieme a lui "... Riesce sempre a scamparla. Ottiene ogni volta qualcosa più di prima. L'aveva dimenticato ed ora lo ama ancora. Guarda cos'ho io? Niente!"
"Hai intenzione di mollare?" gli chiese lei incuriosità, non preoccupata. Forse si sentiva stanca anche lei.
"No," rispose piano, nonostante fosse offeso "ma guarda dove mi sta portando. Io solo e lui..."
"Puoi ancora..." cominciò lei.
"No." le rispose subito "Per loro, per lei, sono un mostro, il cattivo. Io!" sorrise della beffa.
Milah si arrese. La gelosia che l'aveva consumata le prime volte si andava affievolendo man mano. Stava cambiando. Lui era cambiato. Presto avrebbe dovuto lasciarlo andare o consolarlo per sempre. Presto avrebbe capito anche lui.
"Lei?" chiese in un ultimo atto di coraggio.
"Chi?" rispose Uncino fingendo di non capire, sorridendo verso di lei come ad un estraneo, fingendo.



"Ci serve che Regina prenda questo e che lo tenga addosso" disse Greg, tornato, avvicinandosi ad Uncino e mostrandogli una placca di circuiti metallici, piccola e piena di ruote in movimento.
"Lo si potrebbe mascherare" intervenne Tamara. Uncino stava poggiato ancora alla finestra, teneva un gomito sul piano e le gambe intrecciate sbadatamente.
Uncino iniziò a pensare. Non aveva niente che Regina potesse volere, avrebbe dovuto costringerla con l'inganno a prendere qualcosa di suo. Si guardò addosso, in cerca di qualcosa di piccolo, di confondibile. Si toccò il petto, abbassò lo sguardo e lo vide: il bracciale di Cora che aveva utilizzato per arrampicarsi su quella maledetta pianta di fagioli, insieme a Swan. Chissà se lei teneva ancora l'altro.
"Emma" sussurrò lui.
"Daglielo, amore" lo esortò Milah in tono supplichevole, ponendogli una mano sul bracciale e l'altra sulle sue spalle per dargli coraggio.
Uncino continuò a guardarlo, rigirandosi il polso davanti agli occhi.
"Daglielo e tutta questa storia finirà"
"Se lo faccio cattureranno la Regina e sarò per sempre un mostro per loro"
"Sarai libero!" iniziò a prospettargli Milah, fantasiosa, "Potrai uccidere il Coccodrillo ed andare avanti"
"Avanti!" disse beffardo "Avanti, non ho nessuno con cui farlo. Sarebbe la fine"
"Un motivo in più per consegnargli quel bracciale!"
"Hai ragione!" disse Uncino e con un gesto dell'arto metallico si sfilò il pezzo di cuoio e lo consegnò ai due.



"Dove l'hai preso quello?" chiese Regina nelle caverne, sotto la biblioteca, guardando verso il polso di Uncino "Era di mia madre!"
"Questo? Oh si, nel nostro mondo l'ha incantato lei per permettirmi di salire su quella pianta di fagioli," iniziò a pensare all'avventura vissuta lì. Emma che si era fatta male, le aveva preso la mano, si erano sfiorati, avevano fatto squadra, s'era girato più volte a guardarla mentre s'arrampicavano, avevano battuto un gigante, erano bravi, l'aveva stretta in un gioco, era piccola tra le sue braccia. "Lei...ehm..." Emma era imbarazzata, a disagio, aveva deciso di fare lui il primo passo verso di lei, le aveva teso la mano...
"Non mi importa perché te l'ha dato, lo rivoglio, era mia madre"
"Era anche mia amica" doveva concentrarsi. Non tenerlo, non tenerlo, non tenerlo.
"Difficile da credere!"
Alzò gli occhi, video Milah che aspettava dietro di loro. Con uno sguardo non curante alzò il braccio ed invitò Regina a riprendersi il suo maledetto bracciale.



"Dormi tesoro, dormi per questa notte, domani sarà il grande giorno, avrai Tremotino!" Milah era distesa alle sue spalle, reggendonsi sul gomito gli carezzava i capelli mentre Uncino chiudeva gli occhi. Li aveva aiutati a catturare Regina. Era stato in piedi tutta la notte, non ne poteva più. Presto sarebbe arrivato il suo turno, quello del Coccodrillo.
La stavano torturando, la sentiva urlare.
"Domani..." sussurrò.
"Domani sarà tutto finito!" gli carezzava ancora il capo confortante. Il tono di Milah stonava nel contesto nel quale si trovava, una voce debole nel dolore urlato di altri. Era così che s'era abituato a vivere negli ultimi trecento anni.
Uncino cadde addormentato su una branda in un magazzino chiuso sul porto, il covo dei due pazzi. Il rilassamento fu repentino ed inaspettato. Si sentì subito più libero e meno stanco. S'era rinvigorito. Una luce filtrava oltre le ciglia. Una luce chiara. Non sentiva più la branda sul quale era disteso. Aveva i piedi a terra, con le dita non toccava niente se non l'inconsistenza. Aprì gli occhi lentamente.
Emma, con i capelli mossi posati sulle spalle, la maglia scura e leggera, i suoi pantaloni stretti, era davanti a lui e lo scrutava in viso con gli occhi che vorticavano in alto ed in basso.
Schiuse le labbra per parlare, quasi aveva voglia di sapere che ci facesse lì. Quasi.
"Shh" fece lei piano, avvicinandosi di più a lui. Gli mise le mani sui fianchi per alzarsi sulle punte dei piedi. Sorrideva lei. Uncino s'abbassò allora alla sua altezza, facendola scendere in pianta stabile a terra. Le prese le labbra nelle sue. Quell'unico tocco delicato, intimo, lo mandò a fuoco. Si staccò da lei e si sentì esigente, bisognoso ed impulsivo. La guardò stupito. Era tempo che la pensava, la odiava, voleva toccarla, avvicinarsela. Nelle sue fantasie la scena non andava mai oltre. Sentire la saliva di lei sulle sue labbra, la stretta delle sue mani sulla sua vita, la bocca schiusa in attesa, il corpo slanciato poggiato al suo. Tutto lo rendeva pazzo. La prese d'impeto ancora e le stampò un altro bacio carico di pretese, violento, ardente. La prese per la schiena e se la tirò. Le toccò i fianchi, la schiena, la coscia, il sedere. Lei rispondeva con lo stesso impeto infilandogli le mani sotto la camicia, sopra la pelle, mentre la sua voracità cresceva e si muoveva dentro al petto, sotto le dita esperte e vogliose di lei.
"Emma" sussurrò lui, ad un pelo dalle sue labbra.
Emma si allontanò dalle sue labbra sorridendo, aprì gli occhi e con la fronte si avvicinò alla sua. Sentì poi un dolore grave e trafittivo venirle da dietro la schiena. Si spinse con le mani lontano da Uncino che rimase confuso a guardare. Emma si toccò con una mano lungo la schiena, una sensazione di calore umido le bagnò le dita. Le sollevò e se le portò al viso. Rosse, rosse sangue.
Uncino guardò la mano di lei sporca, guardò verso il suo arto metallico, il fianco di lei, di nuovo le sue mani, la sua protesi. Sporco. Tutto sporco.
Si allontanò da lei, inorridito di se stesso. Ecco cos'era diventato. Non c'era speranza. La paura del suo giudizio gli vorticò nel cervello. La guardò ancora confusa, con gli occhi sulle sue mani.
"Emma, ti prego," le prese il viso tra le mani, si avvicinò a lei, tentò di tenerla in piedi mentre guardava la sua espressione terrorizzata "non avere paura di me. Non sono il mostro che credete tutti"
Emma rimase un attimo interdetta. Si raddrizzò come se non avesse avuto dolore, come se la sua pelle fosse intatta. "Non l'ho mai pensato!" puntualizzò. Le sue parole come un balsamo gli sciolsero i dubbi che gli premevano sul cuore "Mi fido, da..." Emma si fermò a pensare, i suoi occhi cercavano bassi tra i ricordi "sempre?" chiese ammettendolo a se stessa, stupita anche lei. Capirlo aveva scosso entrambi.
Uncino prese un respiro profondo. Si svegliò.

Uncino si svegliò di soprassalto mettendosi a sedere sulla branda. Col respiro pesante si guardò gli arti in cerca di spiegazioni da se stesso. Si passò la mano sulla fronte tra i capelli, pieni di sudore.
Si mise in piedi. Camminò avanti e dietro senza riflettere.
Non sapeva cosa fare.
S'appoggiò con i gomiti al muro più vicino ed iniziò a prenderlo a calci. Il ritmo dei tonfi del piede contro la parete seguiva quello della vena gonfia che gli pulsava sulla tempia mentre stringeva i denti.
Milah s'avvicinò mesta a lui. Aveva gli occhi lucidi, ma un sorriso dolce sulle labbra. Lo prese per le braccia e lo riaccompagnò a sedersi contro la brandina, mentre Uncino ad occhi chiusi si lasciava condurre confuso. S'appoggiò con la testa alla spalla di lei.
"Sai cosa significa questo Killian?" gli carezzò una guancia con una mano osservandolo di lato.
"Milah, io..." iniziò a cercare qualche giustificazione che valesse, una parola dolce da dirle per non doversi scusare.
"No sh-shh" fece lei prendendogli il viso tra le mani "tesoro, è una cosa bella, è una cosa bella e tu sei pronto amore mio!"
Uncino fece cenno di sì con la testa. "Mi dispiace" disse triste.
"Non dispiacerti!" Milah cominciò a sorridere felice, per lui. Se fosse stata viva avrebbe voluto che si fosse innamorato ancora.
"Sai dove sarò sempre?" Uncino la guardò aspettando una risposta. Milah alzò una mano, la avvicinò piano al petto di lui. Provò timore nell'avvicinarsi. Quel petto e la ricchezza che costudiva, ora, appartenevano ad un'altra. Uncino chiuse gli occhi. Milah, tendendo le dita, gli disegnò una croce ad altezza del suo cuore, come su una mappa del tesoro. L'ultimo tocco.
"Ti ho amata tanto" sussurrò lui. Milah sorrise. Amata.
Riaprì gli occhi. Era andata. Si toccò il petto. Le catene d'argento premute contro la pelle.
Si guardò intorno e provò sollievo, una strana sensazione di pace. Il corpo di Milah che riposava eterno tra l'ondeggiare delle acque. Respirò forte. Per la prima volta dopo trecento anni non sentì altro che la sua voce. Serenità. Il piacere della vita, furiosa come il mare, s'infranse nei suoi occhi.
C'era qualcosa per cui vivere.
"Swan" sussurrò sorridendo, sfiorandosi le labbra.

 

 

 

 

 

 

  1. "Actually I prefer it with the light on!" :D

 

 

Angolo dell'autore:

Quindi! No, non mi sono drogata! O forse sì, dipende se febbre e solitudine sono da considerarsi droga! Che sono anche i motivi per cui riesco a pubblicare prima. Quant'è bella la febbre!
Questa storia è davvero complicata, mi sono cimentata in qualcosa di TROPPO psicologico forse. Ho voluto rappresentare Milah come la coscienza di Hook, il suo buon senso. Ovviamente non è reale eh!
C'è qualche riferimento ad un qualche film ("Hook" magari?), "voglio morire spugna! Fermami spugna!" ovviamente rivisitata.

Spero si sia notato il cambiamento di comportamento di Milah, e cioè dei pensieri e dell'amore di Uncino verso di lei: prima è Milah a suggergli Emma, dopo è gelosa, poi diventa lontana, poi si arrende, mentre all'inizio inizio invece faccio squadra. Mi spiego meglio con la gelosia volevo intendere che Uncino inizia a provare qualcosa per Emma, ma gli pare assurdo, per cui Milah c'è ma è gelosa. Quando lei gli suggerisce Emma ("era una speranza la ragazza") era perché era Uncino ad averla notata, ad aver pensato "ah però!!" praticamente. E' lontana quando pian pianino Hook inizia ad affrontare la cosa, senza rendersi conto, cioè sa che c'è qualcosa ma non sa cosa. Si arrende quando finalmente anche lui ha capito. E poi c'è tutta la storia del sogno, lui non crede di meritarla, crede di essere il cattivo, ma lei sa, è da sempre andata oltre l'apparenza.
Io non so se ci sono riuscita a creare questa cosa che vi ho descritto. Mi piacerebbe saperlo da voi!
Alcune mie ff non mi sono piaciute particolarmente, avevo la foga di scrivere e pubblicare dati i miei troppi sentimenti (è mai possibile che il mio twitter sia pieno solo di CS??Vabbè...), ma di questa vado proprio fiera, userei volentieri i miei punti del programma recensioni se sapessi a che servono!

Un saluto ed ancora un grazie grande così a pilvia_s e Roly_chan , sperando che vi piaccia anche questa!

  
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