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Autore: DanilaCobain    02/05/2013    4 recensioni
Questa è una breve storia dedicata ai personaggi delle due shot precedenti "Solo un bacio" e "Solo una carezza". Vin è un angelo caduto e ha appena trascorso la notte con la donna di cui è innamorato da dieci anni. La storia inizia al momento del loro risveglio.
Per rileggere le due shot: Solo un bacio e Solo una carezza
Genere: Erotico, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vin si svegliò avvertendo un fastidio alla schiena, tra le scapole, un formicolio e un bruciore sulle cicatrici delle vecchie ali. Era nel letto con Luce.
Aveva fatto l'amore con Luce.
Era successo tutto per davvero e non solo nei suoi sogni, come capitava sempre. Soprattutto la sera quando la vedeva infilarsi a letto e desiderava tanto essere con lei. Immaginava di abbracciarla, di leggerle un libro, di accarezzarla tutta e poi di amarla e venerare il suo corpo.
Lei era accanto a lui, i capelli neri scompigliati sul cuscino e il viso sereno. Non potè fare a meno di toccarla. Le sfiorò delicatamente il braccio avvertendo sotto ai polpastrelli la morbidezza e il calore della sua pelle.
Avrebbe dovuto sentirsi in colpa per aver approfittato della sua vulnerabilità, sapeva che sarebbe dovuto sparire dalla sua vita il prima possibile, sapeva che non poteva avere una storia con lei. Ma tutto quello a cui riusciva a pensare era che finalmente, dopo dieci lunghi anni passati ad amarla di nascosto, era riuscito ad avere un contatto con lei. Molto più di un contatto. Ed era stato bellissimo. Sentiva ancora il cuore galoppare per la forte emozione provata.
In cuor suo sapeva che quell'assaggio non gli sarebbe bastato. Adesso che aveva sperimentato la sua passione non avrebbe permesso più a nessun maschio di avvicinarsi a lei. Luce era sua. Da sempre e per sempre.
Ma...lui era un immortale e adesso era divenuto un Caduto a tutti gli effetti. Non poteva pensare di poterle raccontare la verità, non poteva pretendere che lei capisse. E che magari lo accettasse.
Si rese conto di aver corso troppo con i pensieri e cercò di bloccarli. Lei non lo conosceva nemmeno ed era molto probabile che non volesse più vederlo. Il pensiero che per Luce lui potesse essere stato solo un piacevole svago faceva male. Più male che guardarla da lontano tra le braccia di un altro.
Però lui la conosceva, era stato sempre al suo fianco per gli ultimi dieci anni della sua vita e sapeva che non aveva mai avuto avventure di una sola notte. Mai, fino alla sera precedente.
Le sfiorò il volto, passò un dito sulle labbra rosse. Se ne sarebbe pentita?
Luce emise un sospiro e lentamente aprì gli occhi. Vin trattenne il fiato, valutando la sua reazione.
Luce battè le palpebre un paio di volte e quando mise a fuoco il volto di Vin accanto a lei sorrise. Vin le sorrise a sua volta ma mentre si avvicinava per baciarla, un'altra forte fitta alla schiena gli fece digrignare i denti. Era come se gli stessero strappando la pelle dall'interno. 
Le ali, pensò. Dovevano essere le sue nuove ali da Caduto.
Sul suo volto si dipinse un'espressione di puro terrore.
No, cazzo no. Non ora. Non a casa di Luce.
Allarmata, la ragazza allungò una mano verso lui. Vin si ritrasse di scatto e saltò giù dal letto. Raccolse la maglietta e i pantaloni da terra e li indossò rapidamente.
Luce, frastornata, si mise a sedere sul letto, tenendosi il lenzuolo sul seno con un braccio.
«Vin? Va tutto bene?», chiese.
«Devo andare», rispose lui brusco. Il dolore era sempre più forte, faticava a respirare.
Non sarebbe dovuta andare così, non avrebbe dovuto lasciarla in quel modo. Avrebbe dovuto baciarla e fare di nuovo l'amore con lei, portarle la colazione a letto e prepararle un bagno rilassante. Invece la guardò un secondo e le disse:
«Ci vediamo».
Uscì di corsa e si immerse nel bosco, cercando riparo nella sua casa e sperando di riuscire a raggiungerla in tempo.

Luce rimase a fissare la porta della sua camera da letto dalla quale era appena uscito Vin. Scappato forse era il verbo più adatto. Aveva aperto gli occhi e si era ritrovata accanto quel bellissimo uomo, aveva realizzato di aver trascorso con lui una notte favolosa e non aveva nemmeno fatto in tempo a dirgli "buongiorno" che lui era corso via.
Si sentì una stupida. Aveva fatto entrare uno sconosciuto in casa sua e se l'era portato a letto dopo nemmeno un quarto d'ora. Cosa diavolo le era passato per la testa? Si passò le mani sul volto e poi tra i capelli. Scostò le lenzuola e andò in bagno. Aprì l'acqua della doccia e la fece scorrere; quando arrivò alla sua temperatura ideale si posizionò sotto il getto, accogliendo con un gemito il contatto con l'acqua tiepida. Nella sua mente passarono le immagini di Vin per terra accanto a lei che l'aiutava ad alzarsi, il suo sguardo magnetico, il desiderio ardente di baciarlo. Poi le immagini cambiarono e divennero più intime e infuocate. La bocca di Vin che le percorreva tutto il corpo, le sue mani delicate che le accarezzavano il volto, il suo corpo duro e possente sopra di lei. 
Era stato incredibile ma poi lui era scappato. Perché? Le era sembrato spaventato da qualcosa, ma cosa? Era già impegnato con un'altra donna? 
Uscì dalla doccia, asciugò i capelli, si vestì e solo dopo aver fatto colazione si rese conto di non avere la macchina. Chiamò il suo meccanico e gli disse di aver forato una gomma. Gli indicò il posto in cui aveva lasciato l'auto e gli chiese di ripararla il prima possibile: l'indomani sarebbe dovuta andare al lavoro e non aveva nessuna voglia di prendere i mezzi pubblici. 
Rassettò la casa e si prese cura del suo giardino, poi si sedette a leggere un libro sulla veranda. Era una splendida domenica di fine luglio, faceva molto caldo ma un venticello leggero mitigava l'aria rendendola sopportabile. Il cielo era limpido e gli uccellini cinguettavano spensierati. Si lasciò prendere dalla lettura, ma in un angolo della sua mente continuò a pensare a Vin.

Vin cadde in ginocchio a pochi metri dalla sua abitazione agonizzante. Sentì la pelle strapparsi e del liquido caldo colargli lungo la schiena. Ricordava il dolore atrice quando gli avevano strappato le ali, ma questo era molto più intenso. Durò solo pochi minuti, poi sentì una nuova presenza alle sue spalle, una presenza che lo completava: le sue nuove ali. Le spiegò e le mosse. 
La sensazione di poterle riavere era bellissima. A malapena si accorse di essere a qualche metro di distanza dal terreno. Si rese invisibile e si diede lo slancio verso l'altro. Le sue nuove ali risposero immediatamente ai comandi e in pochi istanti si ritrovò nel cielo limpido. Il vento caldo gli scompigliava i capelli e faceva svolazzare la maglietta strappata sulla schiena. 
Si sentiva libero e forte. Invincibile.
Sotto di lui, scorse la macchina di Luce e improvvisamente fece ritorno alla realtà. Era un angelo caduto, adesso. Poteva già sentire il male allungare i suoi tentacoli nella sua anima. Scese e si fermò davanti all'auto. Dai finestrini scorse il suo riflesso e rimase sconvolto. Enormi ali nere spuntavano dalle sue spalle e si estendevano tutt'intorno. Erano bellissime, con riflessi che andavano dall'indaco al bordeaux con qualche sfumatura dorata. Le ritrasse e tirò fuori dalla tasca il cellulare. Schiacciò un tasto e chiamò il suo amico Leo.
«Ehi, Vin!», rispose lei con il suo solito tono allegro. Era un Caduto come lui e gestiva un bar in città.
«Leo. È...è successo».
Ci fu un momento di silenzio. Poi Leo parlò a voce bassissima. «Cazzo. Hai le ali adesso?»
«Si. Ho bisogno del tuo aiuto. Puoi venire adesso? E porta anche uno pneumatico».
«A cosa te serve una macchina se adesso puoi volare?»
«Leo...»
«Ok, ok. Arrivo.»

Luce stava preparando il pranzo quando ricevette una telefonata. Si asciugò le mani su uno strofinaccio e corse a rispondere.
«Pronto?»
«Luce, sono Mike.»
«Ehi, Mike. Hai cambiato la gomma alla macchina?»
«Veramente...ti ho chiamato per dirti che qui non c'è nessuna macchina.»
«Cosa? Ma dove sei?»
«Dove mi hai detto tu. Ho percorso la strada due volte ma non c'è nessuna macchina.»
«Ma non è possibile...»
Che stupida. Aveva lasciato la macchina incustodita con le chiavi e la sua borsa dentro e pensava che l'avrebbe ritrovata lì il giorno dopo.
«Mi dispiace dolcezza, ma qui non c'è nulla.»
Sospirò. «Okay Mike. Grazie per essere venuto»
«Di nulla Luce. A presto.»
Luce si appoggiò con le spalle al muro. Doveva andare dalla polizia a denunciare la scomparsa del suo autoveicolo e la perdita dei documenti. Subito.
Si staccò dal muro e si diresse in cucina per spegnere i fornelli.
In quel momento sentì il rumore di una macchina che si fermava sul vialetto di casa sua e poco dopo udì dei passi salire i gradini del portico.
Bussarono.
Aprì la porta e guardò la figura imponente davanti a lei: Vin.
Aveva indossato un paio di jeans e una maglietta blu. Gli occhi alla luce del giorno erano ancora più belli di come ricordava e le sue labbra si incurvavano in un sensuale sorriso. 
«Ciao.»
«Ciao Luce. Ti ho riportato la macchina.», indicò dietro di lui.
Luce si sporse e con gran sollievo vide la sua macchina. «Grazie! Ma come...»
«Sono con un mio amico.»
Poco distante da loro vide una motocicletta accostata al ciglio della strada e alla guida un ragazzo biondo che le fece un cenno di saluto con la mano. Ricambiò e guardò Vin.
«Ecco perché non c'era più! Poco fa mi ha telefonato il mio meccanico e mi ha detto di non aver trovato nessuna macchina nel posto che gli avevo indicato. Svavo proprio andando a denunciarne il furto.»
«Scusami se non ti ho avvisata e scusami anche per come sono andato via stamattina. Avevo una cosa urgente da sbrigare.»
Luce gli sorrise. «Non ti preoccupare. Non so come sdebitarmi per questo...», indicò la macchina.
«Magari potresti venire a cena con me domani?»
«Domani?», chiese lei sorpresa da quell'invito.
«Hai impegni?»
«No. Domani va bene.»
«Passo a prenderti per le otto.»
«Okay. Grazie ancora, Vin»
Lui le sorrise, poi si girò e iniziò a scendere i gradini. «Ah, dentro c'è anche la tua borsa. Sul sedile del passeggero. Non ho toccato nulla.»
Vin si avviò alla moto e salì dietro l'amico. Luce scese a prendere la borsa e li salutò agitando la mano.

Poco dopo Leo si fermò e Vin scese.
«Grazie.»
«Amico, so che non sono affari miei, ma domani sera non dovresti andare a quella cena.»
«Hai detto bene, non sono affari tuoi.»
«Lo sai che non potrai mai stare con lei. Non dovresti permetterle di conoscerti.»
«Leonard.»
«Sai che ho ragione. Pensaci.» Infilò il casco e partì a tutta velocità.
Lo sapeva. Lo sapeva maledettamente bene. Aveva sbagliato a chiederle di uscire ma era stato più forte di lui. 
Leo aveva ragione. Non potevano stare insieme, non potevano. 
Non ci sarebbe andato.
   
 
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