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Autore: Northern Isa    03/05/2013    3 recensioni
Thor e Loki: fratelli più diversi non potrebbero esistere. Thor è tutto ciò che Loki non è, eppure vorrebbe essere: forte, irruente, prestante, degno figlio di suo padre. Da tempo Loki ha imparato che, per emergere agli occhi di tutti, deve smettere di cercare di assomigliare a Thor. Cosa meglio della magia può controbilanciare la sua mancanza di prestanza fisica? E quale posto più adatto di Durmstrang può insegnargli tutto quello che deve sapere per primeggiare una volta per tutte su Thor? Specialmente se l'Istituto per gli studi magici nasconde un terribile segreto che solo Loki riuscirà a carpire.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Frigga, Loki, Odino, Thor
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6:

Due anni di studi a Durmstrang erano trascorsi per Loki con la rapidità di un battito di ciglia. La prima volta che il principe asgardiano aveva messo piede in quella scuola non avrebbe mai immaginato che la monotonia delle giornate di studio non gli sarebbe pesata.
Il terzo anno a Durmstrang era iniziato e Loki ormai padroneggiava molto bene gli incantesimi, tanto i verbali quanto i non verbali, riusciva a Trasfigurare gli oggetti senza difficoltà, conosceva le pozioni, le piante, le Creature Magiche e le Arti Oscure. Non aveva mai avuto nessuna difficoltà con le Rune, la Religione, l’Astronomia o la Storia della Magia, aveva iniziato ad apprezzare l’Aritmanzia e la Divinazione, inoltre sapeva Smaterializzarsi con facilità. Grazie alla sua natura divina e alla sua propensione verso la magia, era più dotato rispetto ai suoi compagni di studi e ciò non era passato inosservato né ai maestri, né ai ragazzi stessi. Alcuni di essi lo ammiravano, altri, ingelositi, gli rivolgevano a stento la parola, ma Loki sapeva apprezzare i loro silenzi.
Durmstrang gli aveva dato tutto ciò che aveva desiderato, tutto ciò che aveva sperato di trovare quando aveva salutato l’ultima volta i genitori nel regno eterno. Nella previsione del giovane dio che poco più di due anni prima aveva attraversato i cancelli dorati di Asgard, ciò avrebbe dovuto rappresentare la felicità. Eppure a volte, nella solitudine del dormitorio, Loki si sentiva insoddisfatto. Ripercorreva il ricordo della sua ultima visita nella Sala dei Tesori, tornava ad accarezzare l’impugnatura di Mjolnir con lo sguardo, riformulava gli stessi pensieri che si erano fatti strada nella sua mente a quella vista, ricordava le domande che allora si era posto.
Magari al momento non era pronto, ma Durmstrang l’avrebbe preparato e fortificato. Durmstrang avrebbe cambiato più di una vita. L’avrebbe reso degno di Mjolnir.
I ricordi seguitavano a invadergli gli occhi e la mente, e Loki rivedeva suo fratello Thor impugnare e sollevare il martello di Uru per utilizzarlo contro di lui. Padre non gli aveva detto nulla, ormai i giochi erano fatti.
Ogni volta Loki si sollevava dal giaciglio che occupava nel dormitorio, si avvicinava alla finestra che dava sul parco che circondava il castello e scrutava il suo riflesso, accigliato.
Ogni volta si ripeteva la stessa domanda: a che pro faccio tutto questo?

Quella mattina, il principe asgardiano percorreva rapidamente i corridoi di fredda pietra del castello di Durmstrang, diretto alla lezione di Trasfigurazione. Accanto a lui, stringendo un paio di rotoli di pergamena al petto, camminava Amora. A pochi passi da loro avanzava Bergimus, adombrato e taciturno.
Loki gettò una rapida occhiata alle sue spalle a sollevò un angolo della bocca in un sorriso di scherno. Quel ragazzone biondo, che tanto gli ricordava suo fratello, gli piaceva molto di più ora che era chiaro a tutti che non era lui il dio venuto a studiare a Durmstrang. Dopo che si era rifiutato di tuffarsi nel lago con gli altri non c’erano stati più dubbi: diversamente da ciò che sosteneva, non poteva essere il dio dei fiumi.
Giunti in aula, gli allievi presero posto su alcuni sedili intagliati. Ad attenderli al centro dell’aula si trovava Frida Forvandler, una strega alta e dalla corporatura solida, coperta da una lunga veste color ocra. L’insegnante di Trasfigurazione rivolse un gesto autoritario ai ragazzi, intimando loro di prendere rapidamente posto.
- Bene, oggi riprendiamo con la Trasfigurazione umana. – esordì la strega, - L’ultima volta avete appreso come trasformarvi in oggetti inanimati come un tavolo o un sedile, da oggi imparerete a trasformarvi in animali. La difficoltà è massima, e non escludo che possano verificarsi incidenti, nel qual caso cercherò di mettervi a posto come posso.
Diversi studenti si scambiarono occhiate cariche di apprensione. Fin dalla prima lezione di Trasfigurazione umana, la maestra Forvandler aveva fatto presente che chi non se la sentiva avrebbe potuto tirarsi indietro. Ciò che la strega aveva accuratamente sottolineato era che una decisione simile avrebbe compromesso il voto finale, inoltre sarebbe stata interpretata come un segno di debolezza e sarebbe stata un’onta per l’intera famiglia dello studente. Dopo quella precisazione, anche chi aveva timidamente iniziato ad alzare la mano per sottrarsi a quel genere di lezioni l’aveva abbassata prontamente.
Loki osservò i ragazzi più titubanti intorno a lui: tra di loro non c’erano solo quelli che fin dall’inizio avevano avuto paura della Trasfigurazione umana, ma si trattava di quasi tutta la classe. Nessuno però aveva osato alzare la mano per obiettare neanche quella volta.
L’insegnante scrutò gli allievi con i suoi perforanti occhi chiari, dopodiché inarcò un sopracciglio e trasse la sua bacchetta dalle pieghe della veste.
- Vi dividerò in coppie: ognuno di voi dovrà trasformare il suo compagno in un coniglio.
A un cenno dell’insegnante, il corpulento Fabian Fett prese posto di fronte a Loki, con la bacchetta stretta nel pugno grassoccio e una gocciolina di sudore che si era materializzata sulla sua tempia, sfidando la temperatura rigida dell’aula. Poco distante da loro, Amora fronteggiava un ben poco spavaldo Bergimus.
Ah, se Thor fosse davvero qui, pensò Loki. Non gli sarebbe dispiaciuto affatto vederlo saltellare con un batuffolo attaccato al didietro.
- Bene, - riprese l’insegnante, sollevando le maniche della sua veste fino ai gomiti, - Dovete impugnare la bacchetta in questo modo e tracciare in aria un disegno simile alla runa Othila. Contemporaneamente dovete declamare la formula “Lapifors”.
Loki e Amora non ebbero bisogno di sentirsi dire che avrebbero dovuto seguire lo stesso movimento con i polsi per eseguire correttamente la fattura. Il principe serrò le labbra e corrugò la fronte.
L’ultima cosa che vide prima di pronunciare la formula fu l’espressione atterrita di Fabian.

- Non è stata un’esperienza così tragica, dopotutto. – osservò Amora mentre, continuando a stringere le sue pergamene al petto, varcava la soglia della biblioteca del castello.
Loki la imitò, dopodiché i due andarono a prendere posto al tavolo che occupavano solitamente. Si trovava nell’angolo più remoto di quell’ampio ambiente, sotto la finestra più grande, e per questo riceveva più luce rispetto agli altri.
- Non tutti saranno d’accordo con le tue parole, - le sorrise il giovane, lasciandosi cadere su uno degli scranni di legno che circondavano il tavolo, - alcune di quelle Trasfigurazioni parziali devono essere state… dolorose!
Amora rispose al suo sorriso e sussurrò:
- Vero, ma a sentire la maestra Forvandler sembrava che avremmo potuto lasciarci la pelle tutti.
Loki pensò che la ragazza avesse ragione. Lui, come tutti gli altri, era stato in ansia quando si era apprestato a scagliare la fattura per la prima volta. Il risultato tutto sommato non era stato così pessimo come aveva temuto, certo erano occorsi altri tre o quattro tentativi prima di ottenere una Trasfigurazione sulla quale la maestra Forvandler non aveva avuto nulla da ridire, ma c’erano stati degli studenti che non ci erano riusciti neanche lontanamente. Ad esempio Bergimus. Ah!
Amora si accostò al vetro della finestra e orientò il suo viso verso il fascio di raggi solari che penetravano nella biblioteca. Neanche avesse letto nella mente del compagno di studi disse:
- Hai visto come era carino Bergimus in versione coniglietto?
La ragazza distolse lo sguardo dal parco e tornò a concentrarsi su Loki con espressione maliziosa.
- Sì, - rispose seraficamente questi, - carino come uno che non è in grado di effettuare una Trasfigurazione umana.
Amora rise piano in modo da non farsi udire dalla bibliotecaria.
- Sei sempre stato troppo competitivo, Leif.
- Che competizione ci potrà mai essere con uno come Bergimus? Non è che un grosso pallone gonfiato. – rispose Loki, senza perdere la sua sicurezza.
- Un pallone gonfiato che si è creduto potesse essere un dio. – insistette Amora. Loki sbuffò attraverso le narici tutto il suo scetticismo e prese ad accarezzare distrattamente i bordi delle pergamene davanti a lui. La strega continuò, seguitando a guardarlo con insistenza: - È vero, molti non ci credono più per via dell’episodio del lago, ma pensaci! Forse Bergimus non si è immerso perché a contatto con l’acqua avrebbe potuto manifestare tutta la sua essenza divina oppure sarebbe potuta accadere qualche altra cosa in grado di tradirlo.
Lo scetticismo di Loki si era trasformato in stizza, che lui aveva manifestato accartocciando per un attimo le pergamene tra le sue dita. Quell’idiota biondo gli era venuto in antipatia dal primo momento in cui aveva messo piede a Durmstrang. Era troppo simile a suo fratello Thor, e già questo giocava a suo sfavore, inoltre era un bugiardo e Loki lo sapeva per certo: era lui il dio, non quel Bergimus. Era stato tentato tante volte di rivelarlo a chi, i primi tempi a scuola, aveva seguito quello sciocco vanaglorioso come se fosse stato Odino in persona, ma non l’aveva mai fatto. Heimdall avrebbe potuto accorgersene e riferirlo a suo padre.
Per oltre due anni Loki si era trattenuto, ma, giunto quasi al termine dei suoi studi, non sapeva se era in grado di tacere ancora quando le illazioni continuavano.
- Credevo che la questione su Bergimus fosse chiusa. – rispose con stizza.
Amora sbatté le ciglia in un modo che in quel momento contribuì solo ad alimentare il suo fastidio.
- Potremmo esserci sbagliati.
- No. Non ci siamo sbagliati.
Il tono di Loki era stato perentorio, ciononostante la ragazza non pareva esserne turbata. Anzi, sembrava soddisfatta per il raggiungimento di un obiettivo.
- Tu sai qualcosa che io non so? – domandò a bassa voce, protendendo il busto verso di lui.
- Bergimus non può essere il dio che frequenta Durmstrang. Sono io quel dio. – rispose il principe senza pensarci. La sensazione che ne seguì fu di una piacevole leggerezza.
Amora sollevò un angolo delle labbra disegnate e il suo sorriso raggiunse le sue iridi.
- Sapevo che c’era qualcosa di divino in te.
Non era neanche lontanamente sorpresa come Loki si sarebbe aspettato, e la naturalezza con cui si sollevò dallo scranno lo spiazzò. I raggi solari che filtravano attraverso la finestra pigmentavano la massa dei suoi capelli con una tinta dorata quasi innaturale, poi proiettarono delle lunghe ombre intorno alle sue dita sottili strette intorno alla pergamena che aveva appena afferrato.
- Dove vai? – domandò Loki, disorientato.
Amora inclinò la testa di lato e piegò le labbra in un sorriso.
- Non ho più voglia di studiare per oggi.
Senza fornire ulteriori spiegazioni, la ragazza si allontanò con passo felpato. Loki seguì con lo sguardo l’ondeggiare della sua criniera di capelli biondi finché questa non sparì attraverso la cornice della porta della biblioteca, dopodiché non gli rimase che fissare il libro aperto davanti a sé.
Aveva appena disobbedito a Odino rivelando a quella ragazza la sua natura, o forse no? Se anche Heimdall avesse visto qualcosa di troppo e fosse corso a riferirlo da suo padre, Loki avrebbe avuto la risposta pronta. Era stato attentissimo a non tradirsi per più di due anni, invece Amora sembrava sapere più cose di ciò che aveva rivelato. Era ovvio che aveva saputo cosa aspettarsi da lui, ma il principe era sicuro di non averle dato alcuna ragione per sospettare della sua natura. Padre non avrebbe potuto prendersela con lui: Amora sapeva già e senza il suo aiuto. Inoltre Loki le aveva rivelato di essere un dio, senza specificare che si trattava del principe di Asgard, figlio di Odino. Nessuno avrebbe potuto obiettare nulla a quel punto.
Sorridendo tra sé e sé, il giovane iniziò a sfogliare il tomo che aveva davanti. Amora poteva cedere alla voglia di non studiare, ma lui non era propenso a imitarla. Mezz’ora dopo era immerso in uno studio approfondito delle Arti Oscure: i risultati dell’ultima prova con il maestro Mørkson non erano stati all’altezza delle aspettative di Loki ed era intenzionato a sorprenderlo con una nuova ricerca.
L’indice ossuto del giovane percorse le righe scritte a mano sulla pagina di ruvida pergamena, aggrottando le sopracciglia. Trasse la penna dalla sua borsa e iniziò a prendere appunti sulla pergamena accanto a sé. D’un tratto si imbatté in quello che presumibilmente doveva essere un incantesimo e che era stato aggiunto dopo la rilegatura del tomo: l’inchiostro che era stato usato era più brillante, inoltre le due parole che erano state tracciate, prima in runico e poi in latino, non erano allineate con le altre.
Incuriosito, Loki ruotò appena il libro per tentare di leggere meglio. L’inchiostro in alcuni punti era sbavato, perciò poteva trattarsi tanto di un “angolo salminis”, quanto di un “aqueta sondinis”. Quelle due coppie di parole non avevano alcun significato, ma gli solleticarono il cervello, come se questo avesse percepito un nesso con qualcosa che lui non riusciva a ricordare. Poco lontano da quelle misteriose parole, la stessa mano aveva scritto dell’altro. Quando le pupille del giovane si fissarono su quelle volute d’inchiostro, fu tutto il suo corpo a reagire. Obscura recognitionem, ma certo, il manoscritto di Irnerius Insamoria. Loki lo conosceva perché si era già imbattuto in quella controversa fonte di sapere prima di allora. Se l’avesse ritrovato, probabilmente avrebbe scovato delle informazioni sull’aquerat saunis o quello che era.
Il giovane si allontanò dal tavolo che stava occupando e si diresse risolutamente verso lo scaffale sul quale ricordava di aver visto quel volume l’ultima volta. Percorse lo spazio antistante le scansie di legno più volte, scrutandole con attenzione, ma non lo identificò in nessuno dei dorsi di pelle o materiali meno facilmente identificabili che facevano bella mostra di loro stessi. Quando terminò di setacciare gli scaffali, Loki escluse che l’Obscura recognitionem fosse altrove in quella biblioteca. Dalle scansie che aveva esaminato, diversi spazi vuoti lo osservavano con la stessa curiosità che lui stava riservando a quella ricerca.
Il libro che stava cercando, così come diversi altri conservati a Durmstrang, avevano un contenuto che, a detta di alcuni maestri, non erano adatti alle giovani menti degli studenti. Altri insegnanti erano favorevoli a che venisse consentita la lettura di quei tomi solo ai ragazzi più grandi. Loki avrebbe dovuto chiedere il consenso del maestro Mørkson, ma non aveva voglia di cercarlo per tutto il castello, quando sapeva esattamente dove trovare il libro che aveva in mente. Con un sorriso furbo sul volto tornò al tavolo al quale stava studiando, conservò il volume che aveva consultato, strappò un angolo da una delle sue pergamene per infilarlo in una tasca e lasciò la biblioteca. Raggiunse le scale, animate da un gruppetto di ragazzi vocianti che stavano salendo rumorosamente i gradini, ma non li seguì. Prese invece la rampa che lo avrebbe condotto nei sotterranei, le viscere pietrose e umide del castello. Loki e pochi altri studenti sapevano che i libri contestati erano stati portati lì sotto, in attesa di essere riordinati, possibilmente dopo un’ulteriore cernita, e conservati in una vetrina a prova di studente, situata in biblioteca. Naturalmente ai ragazzi era vietato visitare i sotterranei; a sentire la maestra Lydia Las, insegnante di Rune, in quei luoghi erano rinchiuse delle creature oscure, ma era più probabile che quei corridoi celassero segreti ulteriori rispetto ai libri proibiti. Loki non ne era sicuro: anche in quel caso si trattava solo di voci. Lui vi era già stato una volta con il maestro Mørkson, era praticamente di casa, inoltre aveva bisogno di quel libro e non aveva intenzione di rinunciarvi.
Giunse dinanzi a una porta di legno, appoggiò il palmo della mano sulla superficie e gli bastò pensare all’incantesimo “Alohomora” perché la serratura scattasse. Quando la porta si richiuse alle sue spalle, l’Incantesimo della Luce gli accese un globo luminoso tra le dita che fu in grado di rischiarare alcuni gradini, scesi i quali Loki si trovò di fronte a una seconda porta. Aprire quella sarebbe stato più difficile, ma il principe aveva la soluzione a portata di mano. Scavò in una delle tasche dell’abito che indossava e ne trasse il frammento di pergamena che aveva strappato dal suo ultimo compito di Arti Oscure e che recava la firma del suo maestro, dopodiché lo appoggiò sulla superficie di legno. Per un attimo la sigla di Mørkson brillò come se fosse stata pura luce, poi anche la seconda serratura cedette.
Attraversato l’uscio, Loki si trovò in un ambiente enorme a causa della quasi totale assenza di muri divisori. Gli unici rumori che si udivano erano lo stillare di una goccia d’acqua che da qualche parte stava scavando la pietra, lo scalpiccio di qualche topo e il ronzare di alcuni Doxy. La sola luce in quei sotterranei proveniva dalla sfera tra le sue dita, e fu grazie a questa che il principe riuscì a intravedere a una certa distanza cumuli di oggetti non meglio identificati.
La temperatura lì sotto era particolarmente rigida e il giovane si sentì rinvigorito. Con un brivido che nulla aveva a che fare con quel freddo, avanzò verso il cumulo più vicino a lui. Man mano che si avvicinava, percepì un odore che non aveva dimora nei sotterranei, ma si mescolava con quello di muffa e umidità. Quando lo raggiunse, si rese conto di non essersi sbagliato: aveva effettivamente annusato l’odore della carta, ma si trattava di semplici rotoli di pergamena. Evidentemente i libri erano stati spostati dall’ultima volta che Loki era stato nei sotterranei, occorreva proseguire.
Oltrepassò calderoni fusi o spaccati accatastati gli uni sugli altri, recipienti impolverati, bauli dall’aspetto molto pesante impilati pericolosamente, cercando di tanto in tanto di Appellare il libro che stava cercando, ma nessun oggetto volò tra le sue mani. Contrariato, si rese conto che forse l’Obscura recognitionem non si trovava neanche nei sotterranei. Si era recato lì per nulla, anche perché iniziava a pensare che l’incantesimo che aveva scovato potesse consistere nell’Aquila Sanguinis. Ecco perché quelle due parole gli erano sembrate familiari appena le aveva lette: si trattava di una maledizione che aveva già sentito nominare.
Loki si stava rassegnando a trovare ulteriori informazioni in un testo che con fosse il Recognitionem, quando, aggirata l’ennesima pila di oggetti inutili, si bloccò.
Si trovava di fronte a un muro di pietre in alcuni punti scheggiate o percorse da crepe. Partiva dal pavimento, ma non raggiungeva il soffitto. Questo, più l’aspetto consunto delle pietre, dava l’idea che il muro preesistesse al castello, che anzi l’edificio gli fosse stato costruito intorno. La sua presenza era già di per sé inusuale data l’assenza di pareti divisorie nei sotterranei, ma non fu quella la ragione per la quale Loki avvertì il setto nasale percorso da un intenso pizzicore. Avvicinò il palmo al muro e, al bagliore chiaro della luce danzante sulla sua mano, riuscì a leggere le parole tracciate con un inchiostro scuro e raggrumato.
“Gli dei non vivono nei cieli. Vivono sulla terra. E voi esistete per nostro diletto.”





NdA: qualche indicazione tecnica: il cognome di Frida Forvandler deriva dal termine norvegese che vuol dire "trasformazione", Magne
Mørkson dal termine tradotto con "oscuro" e Lydia Las da quello tradotto con "leggere". Irnerius Insamoria deriva il suo nome da Irnerio, un giurista medievale che... boh, mi porto dietro dai miei studi, ma era un tipo simpatico, invece il cognome nasce dalla fusione di "folle" e "memoria".
L'aquila di sangue è una tortura realmente menzionata in saghe norrene. Ho immaginato che potesse esserci un incantesimo abbastanza oscuro da produrre gli stessi effetti, ma non li ho descritti altrimenti avrei dovuto mettere il rating rossissimissimo.
L'ultima frase, che spero farà rizzare i capelli in testa a Pepe, è una citazione di Fear itself. E da adesso entriamo nel vivo della faccenda.
Grazie a chi legge questa storia per essere giunto fin qui :)

   
 
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