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Autore: Una Certa Ragazza    03/05/2013    3 recensioni
In un mondo in cui basta sembrare una papera per essere una papera (citazione necessaria da un detto inglese), basta una quarantenne nevrotica perchè la tragedia si compia...
EDIT: ho deciso di proseguire questa storia facendola diventare una raccolta. Sarà una trilogia di racconti centrata sul tema della discriminazione. Spero che continuare sia stata una buona scelta!
Genere: Generale, Introspettivo, Satirico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ed ecco a voi l'ultimo capitolo della "trilogia". E' molto corto, ma spero che sia intenso: mi è stato ispirato da un fatto realmente accaduto, e sento molto il problema.
Grazie a tutti voi per aver letto e seguito, a presto!
Qui dentro ci sono tematiche che reputo molto delicate, volevo avvisarvi. Credete che sia meglio cambiare il rating in arancione? Fatemi sapere cosa ne pensate!


 

 

Fatto di cronaca

 

La penna stava vagando sul foglio. Non che stesse studiando, naturalmente, ma gli scarabocchi che faceva ai margini del libro di storia le davano almeno l’illusione di fare qualcosa.
Poi gli scarabocchi si trasformavano in frecce e le frecce in commenti.

Seriamente, quel libro era troppo stupido per non scriverci sopra quello che ne pensava della sua storia morta e delle sue frasi piene di fumo. Riusciva miracolosamente a far sembrare quello che era accaduto ad altri uomini qualcosa di alieno.

La penna tracciò una scia sgraziata accanto al faccione di Mussolini. A sentire quello spreco di carta e inchiostro, pareva quasi che il Duce si fosse svegliato una mattina e avesse deciso di fare la Marcia su Roma così come si programmano le gite domenicali della parrocchia. Ridicolo.

Zia Perpetua pendeva come sempre dalle innumerevoli labbra della televisione.

«Zitta, Sofia, zitta!» esclamò quando iniziò il telegiornale, facendo più chiasso lei di quanto ne stesse facendo realmente la ragazza con la sua penna, i suoi mormorii a mezza voce e il suo libro di storia.

C’era da dire che il telegiornale era uno dei programmi preferiti di zia Perpetua. Almeno per quel che riguardava la cronaca nera, visto che non si era mai interessata di politica.

Sofia, sapendolo, era disposta a tollerare l’assoluto bisogno di silenzio della zia, e poi il TG interessava anche a lei, perciò la penna cadde nell’incavo tra le pagine e lì rimase.

...Quindicenne di *** subisce violenza da parte di un gruppo di Rom...” la voce cadenzata della conduttrice che elencava i titoli si tinse di un leggero pathos su questa notizia.

«Bastardi!» sibilò tra i denti la zia «Povera ragazza, ah! È un mondo tanto brutto questo, Sofia, tanto brutto...»

Sofia non era esattamente disposta a convincersi che il mondo fosse così brutto e la vita così dura, nonostante zia Perpetua avesse almeno sessant’anni più di lei. Alla saggezza dalla parte dei vecchi lei non ci credeva, anzi aveva la netta sensazione che nel caso di zia Perpetua vecchia significasse rimbambita.

«Shh, fammi sentire.» la zittì, irritata.

«...La ragazza è stata assalita e violentata mentre tornava a casa, ma è riuscita comunque a contattare il fratello per farsi venire a prendere...»

«Tutti a casa, questi immigrati!» strepitò la zia.

La conduttrice non si risentì di questa interruzione, ma continuò imperterrita: «Gli inquirenti non hanno ancora rintracciato i colpevoli...»

«La pena di morte! Questi dovrebbero ammazzarli, e gli altri a casa loro, che sono tutti dei delinquenti!»

«Non è vero!» scattò Sofia, come un coccodrillo che chiude di colpo le fauci.

«Sofia, ma li leggi i giornali? Quasi tutti i delinquenti sono stranieri, sai? Leggi, leggi!» le mise davanti un certo numero di copie di “Che cosa?”, “Persone” e “Futility”.

«Non basta conoscere il risultato, per pensare di aver capito un problema.» borbottò Sofia, spingendo via i giornali.

«Che hai detto, cara? Lo sai che sono sorda, parla più forte!»

«Se pensi che gli stranieri siano malvagi per natura, ti stai sbagliando.» disse la ragazza a voce alta, rigirandosi la penna tra le dita «Pensaci un po'. Molti paesi hanno un'immigrazione maggiore della nostra, e non dappertutto va così male.» il suo sguardo si piantò fuori dalla finestra, distratto dal volo di un uccello «Se tu volessi commettere un reato, non andresti a vivere in un paese dove si delinque più facilmente ed è ancora più facile farla franca? Ecco, il mondo non deve essere per forza brutto, ma è fatto di problemi più complicati di quello che la gente pensa.»

«Shh! Zitta, Sofia, che adesso inizia la telenovela...»

Sofia scosse la testa e ricominciò a scarabocchiare il libro.

 

Il giorno dopo Sofia era seduta nello stesso posto con lo stesso libro di storia davanti, la stessa zia Perpetua accanto e la stessa ora sull'orologio. C'era di nuovo il telegiornale, ma almeno quello era diverso.

«La quindicenne di *** che aveva denunciato una violenza confessa: “ho inventato tutto”...» strillarono i titoli.

Sofia fece per commentare, ma la zia la prevenne, facendosi aria con uno dei suoi giornali anche se si gelava: «Fa' silenzio, Sofia, che è importante!»

Sofia non lo metteva in dubbio, si chiedeva solo se sua zia gli desse la stessa importanza che gli dava lei.

«La ragazza ha ammesso di aver mentito per paura che i suoi genitori sapessero della sua relazione con il fidanzato, della stessa età. “La mia famiglia è molto cattolica” ha spiegato “I miei non approvano il sesso prima del matrimonio. Purtroppo prima che la smentita fosse diffusa diffusa un gruppo di esaltati ha incendiato alcune baracche di un campo Rom vicino al luogo del presunto accaduto. Nessun ferito, ma i danni...»

«Che strega!» strepitò zia Perpetua «Io l'avevo detto che era una strega!»

Sofia sospirò, sapendo che la zia non aveva detto proprio niente a parte l'esatto contrario, e si chiese quante altre persone erano convinte di aver detto qualcosa e invece non lo avevano fatto, e se la minoranza fosse quella delle zie Perpetue che ignoravano o quella delle Sofie che sapevano.

Fissò il libro di storia, soppesandolo per un attimo con una sorta di rancore, poi scosse la testa e riprese a leggerlo. Non era colpa sua, in fondo: gli uomini riuscivano benissimo a dimenticare anche senza l'aiuto dei libri di storia.


   
 
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