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Autore: lievebrezza    04/05/2013    10 recensioni
Kurt e Sebastian, a dispetto di tutto.
Se New York non è abbastanza grande per contenerli, ci riuscirà un appartamento in centro Manhattan?
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Isabelle Wright, Jessie St. James, Kurt Hummel, Rachel Berry, Sebastian Smythe
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 2 "Vecchie conoscenze"


Sebastian accettò con grazia che il caso gli avesse permesso di imbattersi in una vecchia conoscenza, ma non si aspettava certo che Kurt, superata la sorpresa iniziale, lo salutasse con un sorriso, seppure tirato.
“Chi non muore si rivede, suppongo.” commentò quindi Kurt, facendogli spazio e guardandolo accomodarsi nella poltrona accanto alla sua.
Sebastian era in procinto di rispondergli a sua volta, quando le hostess invitarono tutti i passeggeri ad allacciarsi le cinture, per poi spiegare le consuete procedure di sicurezza. Durante la fase di decollo, Sebastian dedicò tutta la sua attenzione all’elettrizzante sensazione del volo, accantonando momentaneamente la riconciliazione con Kurt, i ricordi di vecchie glorie e di altrettanto antiche contese.
Sul suo volto si fece strada un’espressione di innocente entusiasmo, la quale non sfuggì a Kurt, ancora intento a scrutarlo e niente affatto coinvolto dalla partenza; in realtà, accolse con piacere un diversivo che lo distogliesse dagli inquietanti cigolii dell’aereo e dalla sensazione di vuoto allo stomaco che lo attanagliava. Approfittò della distrazione di Sebastian per studiare questo ragazzo che tanto improvvisamente gli era apparso davanti: nonostante fosse ridicolmente alto e le fattezze da suricata lo contraddistinguessero ancora, Kurt dovette ammettere che gli anni erano stati più che clementi, con lui.
Forse la sua indulgenza era dovuta all’assenza di competizione, ma non ebbe difficoltà nel riconoscere che Sebastian era un uomo attraente, soprattutto ora che non cercava disperatamente di entrare nei pantaloni del suo fidanzato. Kurt si chiese se fosse rimasto sfacciato come lo ricordava, e sperò sinceramente in un miracoloso cambiamento: il volo si sarebbe altrimenti rivelato infernale.
Qualche minuto più tardi, da un altoparlante giunse la voce distorta del pilota, che annunciava la durata prevista del viaggio e augurava a tutti un buon riposo: erano le nove di sera, e sarebbero arrivati a New York per l’ora di cena. Quelle parole riscossero Sebastian e lo portarono a rivolgersi a Kurt, che ancora lo stava studiando con quegli occhi azzurri di cui aveva un ricordo ben chiaro: nonostante in quel momento la sua memoria non riuscisse ad andare oltre la vaga immagine del Lima Bean e degli interni fumosi di un localaccio di provincia, rammentava con chiarezza il fuoco che animava gli occhi di Kurt. Involontariamente, si trovò a desiderare di vedere di nuovo quell’animosità che aveva contraddistinto ogni loro incontro.
Si guardarono per qualche istante, poi Kurt spezzò il silenzio, indicando con un cenno il kindle appoggiato sulle ginocchia di Sebastian: “Stai leggendo qualcosa di interessante?”
“Oh. No, niente di particolare. Lo tenevo a portata di mano nel caso in cui Caroline mi rimediasse qualcosa di poco appetibile. Sai, la scusa della lettura funziona sempre, anche con i più insistenti.”
Si rigirò il lettore tra le dita, ridacchiando tra sé e sé, compiaciuto per la sua sagacia; Kurt invece lo guardò perplesso, sollevando un sopracciglio. Dunque Sebastian non era cambiato di una virgola, e le sue tacite speranze avevano avuto vita breve.
“Mi chiedo che razza di gente frequenti, se devi fingerti un intellettuale per essere certo di farli desistere.” Incapace di trattenersi di fronte a quell’affermazione, l’altro ribattè acido, senza cogliere il reale significato delle parole di Sebastian.
“Principessa, se fossi in te, sarei più gentile con chi ti ha concesso il lusso di un volo in prima classe. Senza il sottoscritto e la condiscendenza di Caroline, saresti ancora in classe economica, pigiato tra un ciccione sudato e la sua adorabile quanto logorroica consorte.”
A quel punto, Kurt comprese quello che stava accadendo, spalancando appena le labbra a quella realizzazione: “No! Sapevo che era troppo bello, per essere vero.”
“No Kurt, non fraintendermi. Sarebbe stato troppo bello se io avessi deciso che valevi la pena di essere sedotto e condotto fino al mio appartamento. E alla mia camera da letto, in particolare. Quello sì che sarebbe stato un vero colpo di fortuna, per te. Un semplice upgrade, senza annessi quattro salti con il sottoscritto per smaltire il jet-lag, è solo frutto della casualità.” Spiegò Sebastian con grande scioltezza.
“Non sognarti nemmeno che tu ed io potremmo mai…”
Kurt stava per interromperlo, pronto a dichiarare a gran voce quanto fosse disgustato dall’idea di farsi trascinare nella pulciosa tana di un playboy da quattro soldi, ma Sebastian continuò imperterrito, sfregandosi il mento tra le dita con aria pensierosa: “La dolce Caroline deve aver frainteso i miei gusti. Avrà capito che mi piacciono le donne, oppure i tuoi abiti l’hanno confusa; non posso darle torto, poverina. Ma altrimenti non saprei spiegarmi perché avrebbe offerto l’upgrade proprio a te.”
A quella conclusione, sorrise soddisfatto.
 Kurt inspirò profondamente, pronto a rimbalzare contro Sebastian insulti altrettanto ignobili, quando si rese conto che era solo fiato sprecato: poteva sforzarsi quanto voleva, ma non sarebbero mai riusciti a sostenere una conversazione civile. E anche se ci fossero riusciti, che avrebbe guadagnato Kurt nel convincerlo della sua virilità? Probabilmente non ci sarebbe riuscito nemmeno calandosi i pantaloni.
Alla luce di quella realizzazione, decise che non aveva proprio nulla da dimostrare; si voltò quindi spavaldo, annunciando con un sorriso la fine delle ostilità: “Sai che ti dico? Tempo otto ore, e torneremo gli estranei che eravamo fino a poco fa. Io continuerò a pensare che tu sia una dozzinale sgualdrina della profondità di una pozzanghera, e tu continuerai a dire che sono una femminuccia. Prendimi pure in giro, non mi interessa.”
“Peccato. Le nostre schermaglie verbali sono sempre stati la parte più divertente dei nostri pomeriggi al Lima Bean, avevo voglia di rispolverare i vecchi tempi.” Rispose Sebastian, stringendosi nelle spalle. Tra sé e sé, era lieto di aver scoperto che il fuoco di Kurt era ancora lì dove l’aveva lasciato, intatto dopo tutti quegli anni.
“E io che credevo che tutti questi anni t’avessero fatto maturare.” Disse Kurt, guardando fisso davanti a sé, con gli occhi piantati sulla fodera del sedile.
“E io che credevo che ti avessero reso un po’ meno principessa sul pisello.” Rincarò Sebastian.
Tacquero per qualche minuto, bloccati in un silenzio ostile e infantile insieme.
“Credevo che la parte più divertente fosse Blaine.” Sbottò Kurt guardandolo di sottecchi, con le braccia incrociate sul petto. La risposta gli era sfuggita dalle labbra prima ancora di rendersene conto. Pochi secondi, e già aveva infranto la solenne promessa di non rivolgere più la parola a Sebastian.
“La parte più divertente?” ripeté Sebastian, senza capire.
“Hai detto che la parte più divertente dei tuoi pomeriggi al Lima Bean erano le nostre discussioni. Dato che lo scopo era sedurre Blaine, non sarebbe dovuto essere lui la parte più divertente?”
“Blaine?” Sebastian ripeté a bassa voce, giocherellando con le vocali mentre si sforzava di dare un senso completo a quel nome. Dunque tra i due era il solo a non ricordare con esattezza gli episodi che li avevano visti come protagonisti ai tempi del liceo.
Un ragazzo, oggetto di contesa tra lui e Kurt, un litigio malamente coreografato in un parcheggio sotterraneo, una granita che colpiva un bersaglio inaspettato. Rammentava di aver passato parecchi guai, in quel periodo immediatamente successivo al suo ritorno da Parigi: Blaine e Kurt erano solo un minuscolo puntino, in quel terribile pasticcio di scorribande. Tutto era torbido, soffocato com’era dall’odore sintetico delle divise della Dalton e dall’insofferenza che aveva macchiato quegli anni.
Appoggiò il gomito sul bracciolo che divideva i loro sedili.
 “Fammi indovinare, anzi, aiutami a ricordare. C’era di mezzo un ragazzo, se non mi sbaglio.” Disse Sebastian, sfregandosi il mento con le dita. Kurt sgranò gli occhi e lo scrutò sorpreso.
“Che c’è?” chiese spalancando la mano in modo interrogativo.
“Davvero non ti ricordi di lui? Hai passato settimane a sbavargli addosso senza ritegno, e ora non ricordi nemmeno il suo nome?” domandò Kurt, che sembrava onestamente perplesso dalla sua lacuna. Che il ragazzo fosse tanto notevole da essere indimenticabile? Sebastian ostentò indifferenza.
“Blaine Anderson. Lo Scandals, la granita con il sale, Dave Karofsky…”
Kurt gli lanciò qualche indizio sparso, sicuro che l’altro si stesse prendendo gioco di lui. A quelle parole, improvvisamente, di fronte a Sebastian apparve l’immagine di un ragazzo minuto, con capelli scuri e grandi occhi color miele.
Un ex studente della Dalton.
Il ragazzo di Kurt.
Il timido, innocente, Blaine Anderson.
“Ma certo! Come scordarsi di quel bocconcino?” usò volutamente quel termine, accompagnandolo a un’espressione ridicolmente viscida, solo per irritare Kurt.
L’altro infatti alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa: “Questo volo sarà infinito.” si lamentò. Dieci minuti più tardi, Kurt dormiva profondamente raggomitolato sulla poltrona, fischiando appena con il naso a ogni respiro. Sebastian fece un cenno a Caroline, e le chiese di coprirlo con una coperta di pile.
Poco più tardi, si addormentò a sua volta, cedendo alle luci soffuse del corridoio e al dolce ronzio dei motori.

 
***

 
Poche ore più tardi, Kurt si svegliò, stropicciando gli occhi nella penombra della cabina; accanto a lui, Sebastian stava ancora dormendo profondamente, con una ridicola mascherina calata sugli occhi e il collo piegato in un’angolazione innaturale. Intontito dalla pennichella e con la bocca secca, a Kurt occorsero alcuni minuti per capire dove si trovasse e perché accidenti Sebastian Smythe dormisse accanto a lui.
Infine, imprecò per aver ceduto al sonno: di questo passo, sarebbe arrivato a NY sveglio come un grillo, e non avrebbe mai smaltito quel maledetto jet-lag in tempo per i suoi impegni. Afferrò quindi il suo tablet e controllò la sua agenda per il giorno successivo: doveva incontrarsi con Isabelle in un sushi bar per un breve pranzo di lavoro, poi nel pomeriggio avrebbe intrattenuto alcune clienti da Macy’s, dove amava svolgere le sue sessioni di personal shopper.
Grazie alla comprensione e all’affetto di Isabelle, il suo soggiorno a Parigi non gli era costato il posto come assistente a Vogue.com, e tutte le sue più affezionate assistite l’avevano salutato affettuosamente, promettendogli di riaccoglierlo a braccia aperte al suo ritorno; lavorare sodo non lo stava facendo certo diventare ricco, ma almeno sentiva di essere apprezzato. Inoltre, i mesi trascorsi a Parigi avevano rapidamente ridotto la sua condizione finanziaria in una sorta di buco nero: lo stipendio copriva a malapena le spese e la sua passione per lo shopping aveva fatto il resto.
E ora si trovava a tornare a New York carico di esperienza, ma senza un soldo e soprattutto senza una casa: anche se Rachel avesse aspettato il suo ritorno da Parigi per trasferirsi da Jesse, senza l’aiuto di suo padre non avrebbe potuto permettersi l’affitto di quell’appartamento, da solo. E dato che Bushwick era ad anni luce dal centro di Manhattan e che un open space era per definizione privo di pareti, non avrebbe mai trovato un estraneo disposto a condividerlo con lui: Kurt stesso faticava a chiedersi come avesse resistito per sei anni facendo il pendolare di giorno e il sonnambulo di notte, tormentato da Rachel e dalle sue impossibili abitudini.
Così, avevano svuotato la casa che aveva condiviso per anni, aveva preparato le valigie e posto fine alla loro esperienza come coinquilini. Per Kurt, il rientro sarebbe stato duro: per le prime settimane avrebbe dovuto accontentarsi di abitare in un minuscolo bilocale che aveva affittato a un prezzo vantaggioso tramite internet, poi avrebbe cercato una sistemazione più adatta, una volta ottenuto il suo vecchio giro di clienti.
Ma se avesse passato la sua prima notte newyorkese in bianco, l’indomani sarebbe crollato addormentato nei camerini del grande magazzino prima ancora di avere il tempo di salutare Charlotte. E appisolarsi da Macy’s era inaccettabile: rischiava di essere bandito per sempre e giocarsi la reputazione.
Se tutto fosse filato liscio, per le dieci di sera sarebbe arrivato nel residence, avrebbe ritirato le chiavi e per mezzanotte sarebbe stato sotto le coperte. Aveva comprato uno splendido set di lenzuola in un negozietto a Montparnasse e non vedeva l’ora di utilizzarlo: forse coccolarsi con un tessuto di lusso l’avrebbe aiutato a sentirsi più a casa. O forse meno solo.
Giocherellò quindi con il tablet per un’oretta, ma senza connessione internet non era affatto divertente: quindi ordinò alla hostess uno spuntino leggero e passò un’altra mezz’ora guardando fuori dal finestrino, mentre sbranava una macedonia dal sapore dolciastro e dalla consistenza molliccia. Evidentemente, anche la prima classe aveva le sue pecche: doveva ricordarsi di dirlo a Sebastian, se e quando si fosse svegliato da quel sonno immobile in cui era crollato ore fa.
Infine la noia ebbe la meglio su di lui: con cura, sfilò il lettore di ebook dal vano portaoggetti collocato davanti alle ginocchia di Sebastian, e cercò qualcosa da leggere per distrarsi. Inaspettatamente, non erano tutte scansioni di giornaletti osé, ma un’interessante selezione di romanzi moderni, in cui non mancavano alcuni capolavori della letteratura LGBT.
Ma a stupire Kurt fu la presenza dell’intera saga dei libri di Harry Potter: nonostante non li avesse mai letti, non immaginava che invece a Sebastian potessero interessare. Incuriosito, aprì quello che sembrava essere il primo volume della serie e cominciò a leggere, perdendo la cognizione del tempo.
Più tardi, mentre Kurt si trovava sull’Hogwarts Express, a mille miglia dalla realtà, Sebastian si stropicciò gli occhi, per poi stiracchiarsi voluttuosamente contro lo schienale. Kurt alzò gli occhi dallo schermo con aria colpevole, chiedendosi se Sebastian si sarebbe arrabbiato per il suo innocente furtarello.
Prestito non autorizzato, per dirlo in modo più ingenuo.
Invece Sebastian batté i palmi delle mani sulle ginocchia, si sporse nel corridoio e ordinò un panino alla prima hostess che gli capitò a tiro.
“Maledizione, che fame.” Disse prima di voltarsi verso Kurt. A quel punto, notò l’oggetto che l’altro teneva tra le mani, e sogghignò: “Trovato qualcosa di interessante, principessa? A quanto pare la mia presenza continua a migliorare la qualità del tuo viaggio. Non posso darti torto, è difficile non avere le mani lunghe, in mia presenza.”
Kurt arrossì appena, prima di allungare la mano e porgergli il kindle; sorprendentemente, Sebastian scosse la testa, respingendolo.
“Ma smettila, tienilo pure. Te l’ho già detto che per me quell’affare è solo uno scudo anti-seccatori. Chi è affascinante come me non ha bisogno di leggere, per essere interessante. Tu continua a leggere, almeno quando ucciderai di noia la tua prossima vittima saprai di che parlare.”
Indispettito, a Kurt venne voglia di smascherarlo: ormai era certo che quella di Sebastian fosse solo una posa.
“Oh. Questo spiega la presenza di tanti libri spazzatura.” Commentò con nonchalance.
“Libri spazzatura?” domandò l’altro cauto, addentando il sandwich che gli era appena stato consegnato. Tra i due, non era chiaro chi ostentasse maggior disinvoltura in quella conversazione.
“Ma sì, per esempio questo Harry Pot…” buttò lì Kurt, prima di essere interrotto da Sebastian, che lo tempestò di briciole bofonchiando scandalizzato: “NON OSARE, Kurt!”
Guardarono entrambi il dito che Sebastian stava puntando contro Kurt nel tentativo di essere minaccioso, si scambiarono un’occhiata, poi scoppiarono a ridere. Sebastian perché aveva capito di essere stato beffato e quindi smascherato, per giunta mentre aveva la bocca piena; Kurt per aver dimostrato per l’ennesima volta che Sebastian era un idiota.
Ma forse si trattava di un idiota innocuo, chissà.

   
 
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