Libri > I Miserabili
Segui la storia  |       
Autore: alyhaswings    04/05/2013    4 recensioni
Eponine cerca una nuova vita seguendo un vecchio amore; Enjolras, conducendo la sua vecchia vita conosce l'amore per la prima volta.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Enjolras, Eponine
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Eponine lavorava al Musain, ed era finalmente felice.
Non le dispiaceva sgobbare, perché finalmente guadagnava dei soldi onestamente, e questo la faceva sentire bene: ora riusciva a lavarsi, e sotto uno strato di trascuratezza e di sporcizia si era scoperta carina; al café i clienti 
non erano selvatici come quelli della locanda dove era cresciuta, erano perlopiù giovani studenti squattrinati con tanta voglia di ridere, di urlare le loro opinioni ai quattro venti e di cantare. Monsieur Guillame (o monsieur Moustache, come lo chiamavano tutti) era un buon uomo con un gran cuore, che esigeva che tutto filasse dritto: in caso che la situazione fosse come lui voleva, era generoso e tranquillo. Quando la situazione nel café diventava più agitata, lui prendeva a borbottare tra i baffi: gli studenti lo prendevano un po’ in giro per quel suo borbottio e gli animi si calmavano. Il café era un’oasi di tranquillità per la giovane anima spersa, ed ogni volta che entrava in quel locale fumoso il suo cuore volava: lì incontrava il “suo” Marius quasi ogni giorno, e questo la ricompensava anche se gli incontri duravano solo pochi minuti, poiché il giovane aveva sempre fretta di spostarsi nella stanza sul retro. Lì lui si incontrava con altri giovani, che arrivavano alla spicciolata durante tutto il giorno, fino alla chiusura del Musain. La ragazza non aveva l’autorizzazione ad entrare in quella parte del café, ed era il suo più grande desiderio ottenerla.

 

“Eponine!” “Oui, Moustache?” Il Musain era ancora deserto, la nebbia pesante del mattino raffreddava l’ambiente penetrando da sotto la porta e dalle finestre crepate, e la stufa ancora non stava scaldando abbastanza. Monsieur Guillame era entrato in fretta nel café dove la ragazza aveva già cominciato ad attizzare il fuoco, con un’aria preoccupata e scocciata insieme: “Louison è scivolata sul ghiaccio ed è caduta, ieri sera… Dovrai sostituirla sul retro, non riesce a salire e scendere le scale. Ho solo una raccomandazione da farti: non ascoltare troppo i ragazzi quando sei là. Tendono a fare discorsi che commuoverebbero i sassi, ma ascolta me, quei poveretti faranno una brutta fine. Hanno troppa passione per vivere a lungo, specialmente quell’Enjolras, è tutto un fuoco! La rivoluzione! La patria! Bah!”

 

 

In quel momento, i due sentirono una risata morbida, ed una voce fiera chiedere: “Parlavi di me, Moustache?” L’uomo e la ragazza si girarono, trovandosi faccia a faccia con “quell’Enjolras”: un giovane alto e bello, l’aspetto di un raggio di sole unito ad uno spirito guerriero negli occhi azzurri e duri, nonostante il tenue sorriso. “Ormai mi sono arreso con te, hai la testa più dura di Courfeyrac… E non ho intenzione di tirare dentro questa povera ragazza. La rivoluzione non è cosa per le donne.” Parlando, il giovane si tolse sciarpa e cappello, infilando la prima nel secondo, e si avviò nel lungo corridoio che portava nella stanza sul retro. Si girò per un attimo, ricordando una cosa: “Oggi staremo qua tutto il giorno. Non far passare altri che non siano i soliti… E dì a Louison di non assecondare Grantaire. Niente vino. Niente assenzio. Al massimo della birra. Ho bisogno di lui… Sobrio.” L’oste annuì, e mentre il giovane apriva la porta venne raggiunto da un grido: “Louison non c’è oggi, vi mando la nuova! Non maltrattatemela!”

 

 

 


Quel giorno, sarebbe stata una settimana da quando Eponine era entrata per la prima volta al Musain. Mentre Moustache urlava dietro al giovane, i pensieri della ragazza erano in tumulto: si erano già incontrati, aveva già incrociato quegli occhi azzurri e duri, che si erano una volta ammorbiditi per guardarla con una specie di pietà. Una somma pena, un ardore in fondo allo sguardo che voleva poter raddrizzare quel torto. Quello sguardo l’aveva riempita di domande, tanto che per tutto il resto della giornata aveva rischiatodi far cadere brocche, caraffe, piatti e bicchieri: quell’uomo, quel ragazzo dall’aria nobile e dallo sguardo risoluto, aveva veramente avuto pietà di lei? Com’era possibile che l’avesse vista – che si fosse soffermato su di lei, fino ad aver pietà della sua solitudine? Non riuscendo a capire, pensava a lui come avrebbe fatto ogni sartina, seppur non consciamente: nei suoi pensieri capitava ogni tanto che i capelli di Marius diventassero color dell’oro, e che la bellezza fresca ed austera si sostituisse a quella modesta; ma si trattava di lampi di pensiero, niente più di questo.

***

A mezzogiorno, il gruppo di studenti era al completo tranne che per Marius, che Courfeyrac aveva definito “troppo perso nelle sue miserie per degnarli della sua presenza”. Moustache aveva atteso che anche l’ultimo di loro fosse arrivato - quel giorno era Bahorel, che aveva fatto il giro di tutti i café a caccia di informazioni - per mandare Eponine a prendere gli ordini per il pranzo ed a riempire le brocche che l’uomo aveva lasciato lì prima dell’inizio della riunione. La ragazza percorse il lungo corridoio in una sorta di strana apprensione, come se passare quella porta in fondo fosse una specie di esame; a metà corridoio si fermò, all’altezza di un vecchio specchio ossidato che aveva appeso Courfeyrac, e si diede una sistemata ai capelli, tirandoli indietro, ed alle guance, pizzicandole per farle apparire più rosse. Sotto la miseria, era comunque una ragazzina sedicenne, e le insicurezze e le piccole vanità dell’età le appartenevano ancora, sebbene solo in minima parte.Si sorrise allo specchio, a bocca chiusa, come per darsi un contegno, e dopo aver attraversato l’altra metà del corridoio spinse la porta, pronunciando le parole che si era studiata nella mente per evitare una brutta figura: “Signori… Sono la sostituta di Louison. V-Vengo per il pranzo.”

In quel momento la stanza era relativamente tranquilla: ad un tavolo erano seduti Jehan e Joly, intenti a comporre un qualche brano per il flauto del primo; all’angolo opposto, Bahorel, Bossuet e Courfeyrac cianciavano allegramente riguardo ad una nuova locanda che avrebbero potuto visitare il giorno successivo, dove preparavano certe trote da fare invidia ai Pari di Francia; Feuilly sedeva da solo, in un angolo illuminato da una finestra, e stava dipingendo un ventaglio (ce n’era un’enorme richiesta per Carnevale); Enjolras e Combeferre sedevano al tavolo centrale, discutendo di numeri ed ipotesi, probabilmente riguardo alle munizioni; Grantaire, seduto vicino al fuoco, era quasi sobrio e se ne lamentava a gran voce, chiedendo del cibo per accompagnare tanta sobrietà.
Diceva più o meno così, nella sua voce ad alti e bassi: “Se avessi continuato a dipingere, ora sì che avrei la pancia piena! Magari sarei diventato famoso, a forza di dipingere i bambini e le coppiette al Lussemburgo. E invece no! Sto qui con voi, e mentre pianificate io muoio di fame e persino di sete! Questa poi! Non mi dispiacerebbero neanche le carpes au gras di mamma Hucheloup! Non so cosa darei per dare un bacio sulla verruca sul naso di quella vecchia, perchè vorrebbe dire che potrei avere del cibo! Se solo apparissero Matelote e Gibelotte, quelle due sciocchine, e mi versassero il vino direttamente in bocca, come gli schiav facevano agli imperatori romani! Ma che dico! Mi basterebbe anche solo la cara, vecchia, grassa Louison! Invece no! Sto qui e faccio la fame, la fame rivoluzionaria la chiamerò d'ora in poi! ... E quella chi è?"

Come si sarà potuto immaginare, il monologo di Grantaire - uno di quelli ai quali i suoi amici erano assuefatti, tanto che non lo sentivano più mentre questo sproloquiava - era stato troncato dall'ingresso di Eponine. Il giovane, però, non era rimasto zitto a lungo: appurato il motivo della comparsa della ragazza, era saltato in piedi ridendo, farneticando di nuovo ma con una nota decisamente più allegra, dopo aver preso Eponine per le mani ed averla trascinata in mezzo alla stanza, inciampando nelle sedie: "Potevi dirlo subito, che è il Cielo che ti manda! Entra e prendi l'ordine, risposta alle mie preghiere, angelo dell'arrosto, sostituta a Bacco e Dioniso! Sei la mia salvatrice, poichè la mia pancia era vuota come quella di questa brocca!"
Mentre l'uomo continuava il suo discorso delirante, gli altri si erano riuniti ad osservare la scena, ed Eponine, con le mani bloccate da quelle di Grantaire, cercava di liberarsi della presa, in parte divertita ed in parte scocciata. Enjolras aveva appena appena alzato gli occhi, e con voce calma disse: "Grantaire, lascia stare mademoiselle."
L'uomo voltò il capo verso la voce, allentando la presa, mentre Eponine cercava di spingerlo via, dicendo che se non l'avesse mollata non sarebbe mai riuscita a dargli qualcosa da mangiare o da bere: in un solo momento accadde tutto questo, ed il momento successivo Grantaire era finito con il sedere a terra, senza riuscire a capire come ci fosse arrivato. Enjolras, osservando l'amico, si alzò e si avvicinò ad Eponine, con un sorriso a fior di labbra: "Sono sbalordito, non è da tutti atterrare Grantaire così facilmente. Vi devo chiedere scusa da parte sua, non è abituato ad essere sobrio... Spero non vi abbia fatto male, mademoiselle."
Eponine sorrise ed arrossì ancora di più: una cortesia del genere, da parte di quell'uomo? Era quasi incredibile: non aveva riso della scena, con una parola aveva capovolto la situazione, poi si era assicurato che lei stesse bene, senza galanteria, solo con gentilezza e con un sorriso incerto ed imbarazzato. "Io... Sto bene, monsieur, non è niente. Non mi ha fatto male. Ma fa sempre così?"
Enjolras si portò una mano al viso e rispose massaggiandosi la radice del naso, come se fosse esausto: "Spesso, con Louison. Ma di solito è ubriaco, non so che cos'abbia oggi." Grantaire, nel frattempo, era stato rialzato da Bahorel, e avendo sentito quell'ultima frase, pensò bene di difendersi: "Ti chiedi che ho, Enjolras? Ho fame e sete, ecco che ho! E adesso, ho anche voglia di sapere come si chiama la piccola sostituta qua, se mi permetti di chiederglielo." Senza attendere oltre, Eponine eseguì una piccola riverenza in una direzione imprecisata tra i due e si presentò: "Mi chiamo Eponine, Eponine Thenardier. Lavoro qui da più o meno una settimana, monsieur... Grantaire?" 

"Esattamente me medesimo, mia cara Eponine! Chissà perchè Moustache ti ha tenuta nascosta per un'intera settimana, e ha continuato a mandarci quella grassa musona di Louison. Ma BAH! Che importa? Scommetto che ti stai chiedendo chi è questa gente che non fa altro che parlare: penserai che io parlo tanto, ma in realtà io dò solo aria alla bocca!" Con una risatina soffocata tra i denti, Grantaire cominciò ad indicare ognuno degli amici, presentandoli, mentre loro rispondevano con sorrisi e cenni del capo; nel frattempo, stavano liberando i tavoli per il cibo.
"Beh, l'uomo virtuoso con il viso da statua, l'avrai capito, è Enjolras. L'occhialuto che lo segue a ruota è Combeferre, il filosofo sobrio. Lo chiamo così perchè io invce sono quello ubriaco! Il nostro amico vestito come un damerino è Courfeyrac, e lo stangone vicino a lui Bahorel. Gli altri due sono Prouvaire e Joly: il primo compone poesie, l'altro di solito il suo testamento! E' fermamente convinto di essere un polo magnetico per tutte le malattie della città. Quello là nell'angolo è Feuilly, fa ventagli e oggi ha un sacco di lavoro, per questo non è molto loquace, infine il pelato qua è Laigle di Meaux, detto Bossuet per metafora: è così sfortunato che ci ride su!"
Eponine sorrise, tranquillizzata dopo tutto quell'agitarsi: sembravano persone simpatiche, inclini al riso nonostante tutte le discussioni che a giorni alterni raggiungevano toni che si sentivano fino in strada, in definitiva uomini pacifici messe da parte le discussioni sulle armi. Quell'Enjolras, però, la confondeva sempre di più: nelle azioni era un capo, in tutto e per tutto, e si capiva anche solo da come tutti aspettassero che lui facesse la prima mossa per poi seguirlo o muovere obiezioni; ma anche lui sembrava avere dei momenti d'incertezza nei quali, mentre parlava, all'improvviso si fermava, lo sguardo perso nel vuoto, come immerso in una visione. I suoi occhi brillavano come quelli di un febbricitante in quei momenti.Mentre la ragazza si era apprestata ad apparecchiare la tavola, tutti gli Amis si erano offerti di andare a riempire le brocche, e se dal piccolo giardinetto chiuso dove stazionava la botte provenivano motteggi e risate, all'interno il clima era molto meno giocoso: Combeferre ed Enjolras erano tornati a sedersi, e parlavano di uguaglianza sociale, di diritti fondamentali dell'uomo e di tutte quelle cose che per Eponine erano tanto belle quanto irrealizzabili, mentre Grantaire li ascoltava dal suo angolo.
"Non è necessario conoscere la storia di ognuno di loro, Enjolras! Assistiamo ogni giorno a scene di degrado sociale, degrado morale... Ci sono così pochi modi per sanare questa piaga. Possiamo attraversare la rivoluzione con le armi in pugno, oppure possiamo far cominciare la rivoluzione dal nostro spirito. Persino Moustache ha aperto il suo spirito accettando Eponine: l'ho vista per caso quando è venuta a chiedere lavoro, ora me ne rammento, ed era una persona totalmente diversa da quella che vedi qui. E' salita di un gradino verso la luce, per la pietà di un altro."
La ragazza scosse la testa a quelle parole, ridacchiando, e questo interruppe l'oratoria del filosofo: entrambi i giovani si volsero verso Eponine, come se si ricordassero solo in quel momento che lei era lì, e li stava ascoltando. Enjolras sollevò un sopracciglio, rivolgendosi alla ragazza: "Vuole forse dirci cos'è che la fa sogghignare, mademoiselle?" Lei annuì, e tirandosi indietro una ciocca selvaggia di capelli rispose con un sorriso amaro: "Non mi chiami mademoiselle, monsieur Enjolras. E comunque, monsieur Combeferre, ridevo perchè Moustache mi ha presa a lavorare qua solo perchè deve un favore a mio fratello. E' un uomo d'onore, nulla più." I due giovani si scambiarono un'occhiata, a disagio, ed il bruno le indicò una sedia davanti a loro: "Beh, Eponine... Perchè non ci racconti la tua storia allora? Immagino che ci farà bene conoscere un'altra parte di realtà che finora ci era sfuggita. E chiamaci con i nostri nomi. Io sono Victor. Lui è Antoine. Raccontaci la tua storia, da persona a persona, senza timori. Non ti giudicheremo. Vogliamo solo capire."

 

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > I Miserabili / Vai alla pagina dell'autore: alyhaswings