Fanfic su artisti musicali > Taylor Swift
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Autore: tedsweeran13    05/05/2013    8 recensioni
Finalmente arrivai in prossimità della scala che portava al palco grande. Lì vicino, accanto a me, una ragazza fissava lo schermo su cui stava Taylor, tenendo in mano un cartellone con su scritto 'i love you'. Mi venne un'idea ancora più pazza; tirai giù il cappuccio, mi avvicinai alla ragazza e le chiesi se me lo potesse prestare. [...] Salii con decisione le scalette, proprio mentre la bionda finiva la canzone e la postazione rotante su cui si trovava si bloccava, rivolta verso il palco. Mi guardai un attimo alle spalle, per controllare se tutto stesse andando secondo i piani, e quasi mi spaventai vedendo la mia immagine gigantesca. Ma non potevo tirarmi indietro. Tutta la folla si era voltata verso di me, in piedi in mezzo al palco come un imbecille, e mi guardava incuriosita. Taylor stava a testa china, tentando di riprendersi. Non sentendo altro che il silenzio assoluto, alzò la testa, mi vide, sgranò gli occhi. E in quel momento, alzai il cartellone.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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UNO.




Give me love, like her; 'cause lately I've been waking up alone.

- Ehi, buddy! - gridò Taylor dal palco smettendo di cantare improvvisamente, con grande disappunto di Amos, che alzò gli occhi al cielo per l'ennesima volta. Era da circa un'ora che quei due provavano Stay Stay Stay, ma lei, quel giorno stranamente solare e più fuori di testa del solito, si interrompeva e si distraeva fin troppo facilmente. Smetteva di cantare la canzone che stavano provando, cominciandone di sua iniziativa un'altra; si metteva a chiacchierare con Caitlin o con me, più sovreccitata del solito - a dir la verità stavo cominciando ad avere dei dubbi sulla sua sanità mentale. Nonostante fossi seduto sul bordo del palchetto più piccolo, a più di cinquanta metri di distanza, era lì che si sbracciava e urlava frasi senza senso. Nel giro di cinque minuti aveva inventato circa venti diversi animali mitologici. Tutti rossi. Tutti luccicanti. E tutti che amavano avere l’ultima parola, come lei. Ed ecco che, ad un certo punto, la vidi balzare giù dal palco e mettersi a girovagare per lo stadio. Più che girovagare, a correre come una pazza. Sapevo benissimo perché si comportava così, probabilmente stava scrivendo una canzone: ecco spiegato perché era così svampita. La conoscevo ormai da più di un anno, fin troppo bene direi, come il palmo della mia mano; e mi ero abituato a quei comportamenti, così come aveva fatto la sua band, con lei da addirittura più tempo.
Mi piaceva quando faceva la pazza, in questo modo. Era così … serena. Era un piacere non vederla piangere, come era successo, spesso, nei mesi precedenti.

Pain splatter teardrops on my shirt; I told you I'd let them go.

Solitamente, Taylor non mi chiamava per disperarsi sulle sue relazioni; per quello c'erano Selena, o Emma. Con me, preferiva parlare di musica, o farsi quattro risate, proprio come due vecchi amiconi. Ma quando aveva rotto con Harry - ed era stata una brutta rottura - lei era corsa subito da me, a farsi abbracciare, mentre si sfogava piangendo disperata, come non l'avevo mai vista. Per me fu alquanto imbarazzante; dopotutto, sono un suo amico, proprio come lo era lei. Era strano sentire lei così terribilmente distrutta e disperata da una parte e, dall'altra, Harry, sereno, forse un po' giù di morale, ma perfettamente tranquillo. Non so bene come siano andate le cose tra loro due: entrambi preferirono evitare l'argomento, la maggior parte delle volte e Tay, anche quando si sfogava, rimaneva in silenzio, singhiozzando; le parole e la rabbia sarebbero venute fuori solo successivamente, in una canzone, ne ero sicuro. Comunque, ero felice che stesse bene e che stesse, almeno apparentemente, passando sopra quella storia, che era stata complicata sotto molti punti di vista; non solo tra i due diretti interessati, quanto più tra la ragazza e le fan dei One Direction che, inviperite, l'avevano riempita d'insulti senza esitazioni né ritegno. Ecco, se c'era una cosa che potevo rimproverare ad Harry, sarebbe stata quella: non aveva nemmeno provato a difendere Taylor da quegli attacchi così meschini, nonostante sapesse bene che la stavano distruggendo piano piano.

- Cosa strimpelli? –. La sua voce mi giunse alle orecchie, facendomi girare e me la ritrovai alle spalle. Feci un salto di cinquanta metri, rischiando di cadere dal palchetto, mentre lei si metteva a ridere come una squilibrata. Che effetivamente, era quello che era.
- Ma sei pazza! – le dissi. – Non puoi piombarmi alle spalle all’improvviso! – . Cercai di apparire minaccioso, ma evidentemente la cosa non doveva riuscirmi molto bene perché lei si buttò a terra e rimase lì. Giù, ferma. A ridere. Agitava i piedi avanti ed indietro, come una bambina. Era sovreccitata. Avrei voluto sapere che cavolo si era bevuta quella mattina.
- Niente di che - risposi, posando lo strumento sul palchetto e guardandola negli occhi.
-Cosa? – mi chiese, continuando ad agitare i piedi. Sembrava una bambinetta. Stava sicuramente scrivendo una canzone.
- Sto rispondendo alla sua domanda, signorina Swift. Resti connessa per favore, abbiamo bisogno di lei al centralino –. Lei allora mi guardò; tentò di rispondere a tono, ma po ci ripensò. Doveva aver capito che era meglio per lei ricomporsi. In un unico gesto elegante si alzò, fingendo di pulirsi i vestiti, dopo di che mi guardò e mi sorrise. Poi si volse a fissare il grande palco, il vero centro dello spettacolo, dove la sua band, avendo ormai intuito l'andazzo della giornata, si era sistemata comoda, posando gli strumenti e rilassandosi.

And that I'll find my corner, maybe tonight I'll call you after my blood turns into alcohool. No, I just wanna hold you.

- E tu, cosa scrivi? – le chiesi piantandomi dietro di lei, senza dirle nulla, stile stalker, o fantasma. Volevo farla saltare di trenta metri, come LEI aveva fatto con ME. Ma ovviamente non ci riuscii. No, quella era come uno dei suoi amati gatti. Aveva un sesto senso. E dei baffi. E probabilmente anche una coda, nascosta da qualche parte.
- Non provarci neanche Sheeran, sai benissimo che non ti dirò una parola - sogghignò, saltando giù dal palco con un gesto agile e sicuro. Certo che lo so, ti conosco quasi come il dorso della mia mano, avrei voluto dirle. Ma lei lo sapeva benissimo.
- Ehi, squilibrati! Perché vi siete accomodati? Forza! Tutti a provare! Provare provare provare! Cavolo, non vi posso lasciare soli un momento – urlò mentre, mezza saltellando e mezza correndo, tornava verso il palco grande. Ok, cominciava a diventare quasi fastidiosa, tanta era la sua energia. E poi... Aspettate. Squilibrati? Aveva veramente detto squilibrati? Aveva chiamato loro squilibrati? La fissai, ad occhi sbarrati, non sapendo se mettermi a ridere o a piangere. Stava dando fuori di matto? Si, stava dando fuori di matto. Magari mi ero sognato tutto. Oppure era la voce di Dio che mi guidava. No, non stavo sognando. Ci aveva veramente chiamato SQUILIBRATI, a noi. Ma si era guardata allo specchio quella mattina? Anche i suoi capelli sembravano indovinare il suo umore. Erano ricci, molto ricci, ribelli, e sparavano da tutte le parti, fuoriuscendo dall'elastico con cui aveva cercato di tenerli in ordine.
Taylor cominciò ad accorgersi delle nostre occhiate. A quel punto non ce la feci più a resistere: scoppiai a ridere, come ero capace di fare solo con lei. Risi convulsamente, come un idiota - che in fondo, era quello che ero. E il resto della band mi venne dietro, prima Amos, poi Paul, che si piegò in due in preda ai crampi allo stomaco, provocati dalle troppe risate, e poi Caitlin, e gli altri.
Taylor, invece, restò ferma, a guardarsi intorno quasi confusa. Non capiva, non riusciva a capire che la fonte del nostro divertimento era lei. Ma alla fine, ridevamo di lei perchè la conoscevamo, perchè ci piaceva così, pazza, fuori di testa, e le volevamo bene per quello che era.
E poi, tutto era meglio di quel brutto periodo che aveva passato qualche mese prima.
La biondina aggrottò le sopracciglia, sempre perplessa, poi scoppiò finalmente a ridere, contagiata dal nostro attacco isterico collettivo. L'aria era alleggerita, l'atmosfera era piena di buonumore.
Poi, con un gesto improvviso, Tay prese la chitarra - per la precisione, la MIA chitarra, sì esatto, quella con la zampina di gatto. Quante volte le avevo detto di NON TOCCARE LA MIA CHITARRA?! - e inziò a suonare Stay Stay Stay; non dal punto dal quale aveva smesso, bensì, dall'inizio.

- I’m pretty sure we almost broke up last night. - canticchiò, in falsetto, prendendosi letteralmente in giro. Sembrava un chipmunck. Nel frattempo Amos, dopo aver ridotto l'attacco isterico ad una ridarella contenuta, aveva ripreso la sua chitarra e si era messo a suonare, seguendo il ritmo della bionda; lei, che aveva risalito le scalette del palchetto e si era messa a volteggiare in tondo, si lasciò cadere ai miei piedi, strimpellando senza pietà le corde della mia povera chitarra, in chiaro segno provocatorio. Alzò la testa, sorridendo come un gatto sornione. Quanto avrei voluto schiaffeggiarla di santa ragione!
- I throw my phone across the room... - continuò, chiudendo gli occhi e cessando all'improvviso di cantare. Sapevo che stava aspettando che continuassi. Volevo davvero darle questa soddisfazione?
- At you - cedetti infine, con uno sbuffo. La mia voce, rauca e più profonda, contrastava nettamente con il suono leggero ed acuto della chitarra e con la vocetta di Taylor. Lei aprì di nuovo gli occhi e mi sorrise, un sorriso sincero e divertito; “a questo punto”, direte voi, “si sarà tirata su e avrà continuato la canzone, come una persona normale. O, meglio ancora, si sarà alzata per tornare nel palco principale e continuare le prove, in modo decente”. Invece no; insomma, stiamo parlando di Taylor Swift. Infatti, con uno scatto da gatta, si buttò all'indietro, sdraiandosi completamente sul B-Stage, con le gambe penzolanti. Sui miei piedi. E di nuovo si mise a sorridermi, in tono di sfida, continuando a suonare - come diavolo faceva?! - in quell'astrusa posizione. Non c'erano dubbi; tutta quella farsa era una chiara vendetta, un modo per rispondere a come ci eravamo presi gioco di lei, poco prima. Ero quasi tentato di muovere i piedi e di buttarla di sotto. Quella sì che sarebbe stata una vendetta degna di questo nome.

- I was expecting some dramatic turn away -, continuai io, fissandola, a mia volta, con aria di sfida, - but you...
- STAYED! -, gridiamo insieme, senza nemmeno coordinarci. Un sorriso da ebete mi si dipinse sul viso; evidentemente lei se ne accorse, perché ridacchiò sotto i baffi e continuò a cantare.

- This morning I said we should talk about it cause I read you should never leave a fight unresolved - disse lei, con fare da maestrina. Le mancavano solo gli occhiali sulla punta del naso, poi sarebbe stata perfetta. Da qualche parte doveva averli, quei suoi occhiali da secchiona. Magari nel camerino. Stupida, stupida Taylor. Non cambiava mai. Decisi allora che la cosa stava andando un po' per le lunghe. Volevo indietro la mia chitarra - ci tenevo - ora, subito; dovevo quindi comunicarglielo, nel miglior modo possibile.
- That’s when you came in STEALING MY OLD, OLD GUITAR AND PUT THIS GRIN ON YOUR FACE. -, sparai, cambiando sul momento le parole. D'altronde, ero o non ero un compositore di grande talento? Volevo proprio vedere cosa mi avrebber risposto, adesso.
Per un momento, la bionda rimase spiazzata, poi scoppiò a ridere - il tutto continuando a suonare, tanto che le sue risa si coordinarono con la musica - e non attaccò con la strofa dopo, troppo impegnata a sbellicarsi. Quando fu sicura di esssersi ripresa, si alzò in piedi - finalmente - e riprese la canzone dal ritornello.

- Stay stay stay - cantammo allora insieme, mentre lei improssiva un balletto, girando su se stessa, sul piccolo palco - I've been loving you for quite some time time time - continuò; a quel punto mi unii anch’io: - You think that it's funny when i'm MAD -; c’era un leggero punto di domanda nella sua voce, lo sentii. Come se stesse aspettando una conferma. - MAD, MAD! - le risposi io - tanto per assicurarle che sì, era pazza, da legare - ridacchiando come un bimbetto e ballando insieme a lei - sì, sono instancabile.
- But I think that it's best if we both stay -, e questa fu la conclusione del nostro duetto. Sì, perché lei, slacciatasi la mia chitarra dal collo, fece per scendere dal palco, ma mi accorsi ben presto che non ci sarebbe riuscita, in quanto i nostri balletti scatenati ed la nostra momentanea pausa dal “duro lavoro” avevano provocato una specie di grosso disastro con i fili presenti sul palchetto; ed è per questo che Taylor non si accorse di dove stava mettendo i piedi. Non ci mise molto, infatti, ad aggrovigliarsi con quella massa informe di plastica nera. Quando notai che stava per ruzzolare malamente al suolo, corsi in suo aiuto. Grosso errore. Infatti, proprio mentre stavo per darle una mano ad uscire da lì, lei perse l'equilibrio, ed indovinate un po' dove andò a finire? Esatto. Addosso a me. Con tutto il suo peso - che non è poi granchè, alla fine -. Fu inevitabile, a quel punto, cadere entrambi come due sacchi di patate. Sentii subito il dolore alla schiena appena toccammo terra, e sentii anche il breve urletto di Taylor. Dopo mezzo secondo, mi ritrovai i suoi capelli in faccia, i suoi riccissimi e fitti capelli; stavo per soffocare. Qualcuno, dal palco grande, ci urlava se stessimo bene. Io continuai a dimenarmi, a cercare di alzarmi, ma la biondina mi schiacciava, impedendomi qualsiasi movimento.
- Taylor! Sto soffocando, qui sotto! - la informai, con voce roca. Lei, dal canto suo, stava ridendo. Di gusto. Si sollevò sui gomiti e si spostò i capelli all'indietro, dandomi finalmente modo di respirare.
- Tu lo sapevi, Eddy Rosso! – . Sì, mi chiama così. Non chiedete nulla. Avete avuto modo di constatare con i vostri occhi quanto sia fuori di testa. – Lo sapevi! Mi hai teso una trappola, con tutti quei dannatissimi fili! Te lo leggo in faccia!
Stavo tentando l'impossibile per non scoppiare a ridere. Una vocina, nella mia coscienza, mi stava dicendo che Taylor me l'avrebbe fatta pagare se mi fossi azzardato a lasciar uscire anche solo una piccola risatina. Ma d'altronde, anche lei stava ridendo come un'ossessa, quindi mi unii.
-Sei un impostore, Eddy Rosso! Un impostore! Stavo quasi per chiederti di cantare Stay Stay Stay con me stasera, ma non te lo meriti! Mi hai quasi ucciso! - protestò, tra una risata e l'altra.
-Veramente, ci tengo a precisare, sono stati i tuoi capelli che hanno tentato di assassinarmi, Saylor Twift. –. Oh, bene, e questa da dove mi era uscita? Fatto sta che sembrava un’altra meravigliosa vendetta, in quanto lei smise di ridere e mi piantò gli occhi addosso, fissandomi arcigna.
E' in quel momento che successe. Mentre io stavo ancora ridendo, tentando di togliermela di dosso, lei si chinò verso di me, con uno scatto così improvviso che cominciai a sudare freddo. Che diavolo stava combinando, questa volta? Eravamo vicini, fin troppo. Dieci, quindici centimetri separavano i nostri nasi. Mi sentii arrossire. Oddio, odiavo arrossire. Era una cosa poco mascolina.
Fatto sta che alla fine, Taylor si chinò vicino al mio orecchio e mi sussurrò, con un tono a metà tra l'ironico e il serio: Eddy Rosso.Il suo fiato caldo mi fece, stranamente, rabbrividire.
-Stai attenta che ti faccio cadere, Saylor Twift – le sussurrai di rimando, riprendendomi un poco. Lei ridacchiò, ancora; ma poi, vedendo che non la seguivo, smise pian piano, e restammo lì, a fissarci, occhi negli occhi, come due emeriti idioti. Le guance di Taylor, lentamente, andarono ad imporporarsi, specchio delle mie.

-Vuoi una mano, Ed? –, fece una voce strana, distorta da una risata contenuta, alle mie spalle. Rischiai di sobbalzare per la sopresa e l'imbarazzo, cosa non molto adatta in quanto l'equilibrio di Taylor, ancora comodamente distesa addosso a me, era già abbastanza precario. Con una forza che non sapevo di avere, riuscii a tenere a freno i miei nervi, resi suscettibili da quella cosa strana che era appena successa - che poi, cosa diamine era successo?! - e mi voltai verso sinistra; era Amos, accorso in nostro aiuto insieme a Paul e Caitlin. Tutti e tre, si vedeva, trattenevano a stenta le risa. - Anche se vedo che voi due piccioncini state benissimo dove siete, sbaglio?
Bella figura, Ed. Bella, bellissima figura. Taylor, sopra di me, trasalì, imbarazzata quanto me.
-Sì grazie – gli risposi. Con delicatezza, spostai Taylor da una parte, in modo che potesse rialzarsi, e agguantai la mano che Amos, visibilmente divertito, mi offriva; nel contempo, cercai di riprendermi dalla situazione abbastanza grottesca che si era creata.
D'improvviso, sembrava che l'allegria fosse scivolata via da Taylor. Aveva il viso rosso, per il troppo ballare e scatenarsi ed anche per quello che era accaduto. Mi lanciò uno sguardo, uno sguardo strano, che non riuscii a decifrare; ma non mancai di arrossire, ripensando a come mi si era avvicinata, prima. Ma che diavolo mi era passato per la mente? Taylor era mia amica, la mia migliore amica. Certi pensieri non dovevo nemmeno sfiorarli.
Era stato un grosso equivoco, ma era ovvio che, in un certo senso, aveva rovinato l'atmosfera esageratemente gioiosa di quella mattina. Taylor, fattasi d'improvviso mogia, non mi lanciò nemmeno uno sguardo d'intesa prima di saltare giù dal B - stage e di urlare al resto della sua band, che la guardava esterefatta: - Ragazzi? Forza, riprendiamo a suonare.




Angolo Autrici.

Buongiorno! Se siete arrivati fin qua, vi ringraziamo vivamente! In questa storia mettiamo tutte noi stesse, ed è bello sapere che qualcuno la legge, ahahhaha.
Comunque. Sì, avete capito, questa storia parla proprio di Ed Sheeran e di Taylor. Una coppia che noi due - a proposito, siamo Liuba e Arianna! - ameremmo vedere insieme. Così, abbiamo deciso di scrivere questa ff, a due mani. Arianna, la tipa simpatica, ci mette l'ironia e la fantasia, ed io ci metto la depressione. Ovviamente sto scherzando.
Se state leggendo, vuol dire che siete stati incuriositi o che, come noi, shippate questa coppia. In ogni caso, speriamo vivamente che vi piaccia :3
Detto questo, vi ringraziamo di nuovo, e ci vediamo... al prossimo capitolo!
  
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