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Autore: blast__    05/05/2013    13 recensioni
*****STORIA SOSPESA*****
-Io non sarò mai alla tua altezza,capisci Louis? Non sarò mai una ricca newyorkese come la tua futura sposa,non sarò mai uno e ottanta come lei e non avrò mai le tette che stanno in una coppa di champagne. Non sarò mai una ragazza fine,non sarò mai perfetta,come tu vuoi che io sia. Io non parlerò mai quattro lingue come fai tu,non avrò mai il tuo stesso modo di parlare perfetto,non sarò mai una buona fidanzata,né una buona amica. Ma sai cosa c’è,Lou? C’è che io ti amo. Cazzo si,te l’ho detto. Sono innamorata di te,e qualunque cosa succeda,questo non cambierà. Perché ti amo dalla prima volta che ti ho visto,in aereo,e ti amo anche adesso,mentre te ne stai qui,di fronte a me,sporco e sudato. Il destino ha voluto che ci trovassimo qui,in questo posto che conosciamo solo noi. Allora perché ostacolarlo?-
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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V









“Il sesto senso femminile quello che non si sbaglia mai,
quello che sentiamo ogni volta che qualcosa non ci convince.”

 
 
Correvo da così tanto tempo che ormai avevo anche smesso di chiedermi quanta strada avessi fatto, o quanto mi fossi allontanata. Da lui.
Ormai non aveva più importanza, comunque. Avevo scelto,e la mia scelta era stare il più lontano possibile da Louis Tomlinson. Avrebbe fatto bene ad entrambi.
Mi fermai qualche secondo, sotto i raggi cocenti del sole, cercando un’ombra di un albero sotto cui ripararmi. Mi sedetti,asciugandomi il sudore dalla fronte.
Ripresi fiato, e con calma, mi concentrai su me stessa. Provai a ricordare qualcosa, qualcosa che fosse diverso da lui, dalla sua faccia,o dalla sua voce, qualcosa che appartenesse alla mia vita passata. Provai a immaginare la mia casa,a Wolverhampton. Louis aveva detto che non sapeva niente sulla mia casa, se non che la condividessi con le mie amiche. Aveva detto che ero amica di un certo Liam,e che studiavo all’università e facevo medicina. Ero prossima alla laurea.
“Però, che genio!” mi ritrovai a pensare,fiera di me. Subito dopo, però, un senso di sconforto mi accolse. Era inutile sapere, non aveva senso. In ogni caso, non potevo fare nulla, ero bloccata in quell’isola, ed ero da sola.
Da sola.
Per la mia prima, dopo ventiquattro ore di distanza da Louis, avevo capito che ero totalmente rimasta da sola. Avevo paura? Sì. Ma di cosa, poi? Non doveva essere una sofferenza, per me, sentirmi sola, o almeno, così diceva Louis. Per me era facile, perché non avevo nessuno che mi mancasse davvero. Invece si sbagliava, io sentivo, io sapevo, che qualcosa mancasse, che qualcuno mancasse. Sentivo l’assenza delle mie amiche, della mia città, della mia famiglia, anche se non avevo nessun ricordo di loro. Ma li sentivo. E inoltre, avevo capito bene cosa intendesse Louis con il concetto “mancare”. Perché in quel momento, lui mi mancava. E anche tanto.
Mi rialzai, cacciando via quei pensieri sbagliati, e andando a cercare dell’acqua o del cibo da qualche parte. Ma come avrei fatto? Era stato Louis che fino a quel momento si era occupato di quelle faccende, io lo avevo solo aiutato. Senza lui non avevo speranza. Ma a che serviva, ormai, pensarci? Non sarei potuta tornare indietro da lui. Non volevo, anche se sapevo che lui mi avrebbe accettata.
Sbuffai lievemente, e guardai i miei vestiti malmessi. Indossavo un pantaloncino bianco, che ormai non era più tanto bianco  –trovato tra i pochi vestiti trovati qua e là- e una canotta gialla, che faceva contrasto con la mia pelle scura. Chissà di chi erano quegli abiti, chissà se erano delle mie amiche, o di gente sconosciuta che si trovava in quell’aereo, o persino i miei. Improvvisamente, per la prima volta, mi ritrovai a pensare che fine avessero fatto Isabelle, Ginevra, Liam, e gli amici di Louis.
Louis era ossessionato dal loro ricordo, non faceva altro che parlare di loro, di come fossero legati come fratelli. Lo sentivo sussurrare nel sonno i loro nomi, e subito dopo lo sentivo singhiozzare. Avrei voluto dirgli qualcosa, dargli qualche parola di conforto, ma cosa avrei potuto dire? Io non lo capivo, e mi sentivo terribilmente sbagliata per ciò. Forse quella era la mia colpa per non riuscire a ricordare.
Chissà se erano vivi. Chissà che fine avevano fatto.  Mi ritrovai a sperare, a pregare, per loro. Per Louis. Perché una parte di me, sapeva, che il vero Louis non era quello che avevo conosciuto io in quell’isola. Avevo qualche ricordo di lui, prima dell’incidente. E ricordavo che aveva uno strano scintillio negli occhi, che adesso, non aveva più.
 
 
Mi sciacquai il viso con l’acqua salata, e per poco, non ebbi l’istinto di farmi un tuffo dentro, ma quello non era il momento, perché stavo letteralmente morendo di fame. Era da più di un giorno che non mettevo nulla in bocca, e se non l’avessi fatto entro pochi minuti, mi sarei sicuramente sentita male.
“Stupida Alex”  mi rimbombò una voce in testa, che però non era la mia. Forse quella della coscienza? “Non dovevi andare via da lui” continuò, impertinente. La mia coscienza aveva la voce di un uomo. Un uomo possente. Una voce che mi suonava familiare, e che non era quella di Louis. Forse quella di Liam, effettivamente, Louis aveva sempre detto che io e quel Liam fossimo molto legati.
« Non so come Liam abbia fatto a sopportarti, Alex» si era lamentato, durante una delle nostre litigate.
Tutti quei pensieri furono interrotti da una visione che mi lasciò senza fiato.
Non potevo credere a quello che stavo vedendo.
Il panico si impossessò di me.
Fumo. C’era fumo. E proveniva dalla foresta. Non era un fumo da incendio, perché era troppo piccolo.
Era stato accesso da qualcuno.
C’era qualcun altro lì, oltre me e Louis. Adesso lo sapevo per certo.
Sarebbe stata una buona idea andare a vedere?
“Non andare, Alex”
Di nuovo quella voce. Scossi la testa, e non l’ascoltai, andando verso la foresta. Cosa avevo da perdere, d’altronde?
Quando non hai niente, non hai niente da perdere. E io in quel momento non avevo niente, quindi perché non provare?
Magari erano i miei amici. Sì. Dovevano essere loro. Chi altro sennò? Quella era un’isola deserta, non c’era nessuno. Dovevano essere loro.
Più mi avvicinavo al fumo, più un senso di gioia si faceva spazio dentro di me.
Ero felice. Felice perché le cose sarebbero potute cambiare, sarebbero potute andare meglio. Magari, insieme a loro, sarei tornata la vecchia Alex. Mi avrebbero aiutata, sarei stata bene.
Ad ogni passo mi sentivo più leggera e avvertivo sempre meno la terra sotto i piedi.
Quello era un punto di partenza, avremmo potuto tutti ricominciare da lì.
Un nuovo inizio.
 
Lacrime. Solo quelle potevano colmare il vuoto che immediatamente si era incentrato dentro me. Tutto quel dolore… era insostenibile. Non l’avrei retto da sola, non ancora per molto.
Non riuscivo a smettere di piangere, ormai i miei singhiozzi erano udibili anche a chilometri di distanza.
“Andrà tutto bene, Alex” mi ripeté dolcemente quella voce, che continuava a rassicurarmi. “Vaffanculo”, ricambiai.
Come poteva andare tutto bene? Come? Anche il mio cervello si prendeva gioco di me!
Lacrime.
Accanto a quel fuocherello, non c’era nessuno. Anzi, quel fuoco non c’era proprio. Era come se fosse sparito. Via. Mai esistito. Forse me lo ero solo immaginato, avevo avuto le allucinazioni. Sì, doveva essere così, infondo la fame faceva questi scherzi. Avevo sperato inutilmente. Louis aveva ragione, la speranza non serviva a nulla. Era da sciocchi sperare. 
Magari se lui fosse stato accanto a me, magari se…
Mi immobilizzai di colpo, di fronte a quello che avevo davanti.
Un uomo. Ben vestito. Pulito. Sui trent’anni. Mi stava fissando, mi stava studiando.
Mi mancò l’aria. Non ebbi nemmeno il tempo di pensare qualcosa. Le mie guance erano diventate di un colore violaceo. D’istinto, indietreggiai.
« …Ciao» disse, sorridendo. Come se quella fosse la cosa più normale del mondo.
Non risposi, mi limitai a guardarlo, impaurita.
“Non fidarti”per quella volta, ero d’accordo con la mia voce.
« Parli la mia lingua?» chiese, piegando la testa leggermente. Annuii flebilmente, spostando il mio sguardo da tutt’altra parte.
« Allora perché non parli?»
Scossi le spalle, e feci una smorfia. Il perché non lo sapevo neanche io.
« Bene - sospirò lui – Io sono Peter, piacere»
Sembrava così strano parlare con qualcun altro che non si chiamasse Louis Tomlinson. « Io sono Alex» “Per quel che ne so” mi ritrovai a pensare, scettica.
« Sei impaurita – constatò, sedendosi accanto a me – Non avere paura di me. Non ti farò del male»
“Non ti farò del male”. Quelle parole. Le stesse che aveva usato Louis.
Mi sentii parecchio rassicurata da quella frase, e rilassai i muscoli che erano stati tesi fin da quando avevo visto quell’uomo.
« Va bene – risposi, schiarendomi la voce che non mi era mai sembrava così ridicola – Io… avrei così tante cose da chiederti»
Lui sorrise dolcemente, e si sedette accanto a me. « Allora fallo pure, perché anche io sono molto curioso. Sai com’è, non parlo con nessuno da un bel po’. Non passa molta gente da qui» disse, ironico.
Era così spigliato…
« …D’accordo,Peter. Come sei finito qui?»
« Incidente aereo. Circa un mese fa,credo. Non ho molta cognizione del tempo, da quando sono qui. Strano però,che tu non ricordi nulla. Io mi ricordo di te» ammise, sincero.
Quindi, lui era finito lì per il mio stesso motivo. Era sul mio stesso aereo, quel giorno. Mi aveva vista.  Di nuovo quel senso di gioia s’impadronii di me. La speranza.
Non ero sola, non più.
« Io… ho perso la memoria. – non appena pronunciai quelle parole, la sua espressione cambiò. Stava provando pena per me. - Ho qualche ricordo, ma è molto confuso. Noi…. Ci conoscevamo?» chiesi,titubante.
Lui scosse la testa,e mi sorrise. E ne rimasi affascinata.
« No, non ci conoscevamo. – ammise, di nuovo sincero – Ma non è difficile notarti»
Davanti a quelle parole non potei fare a meno di arrossire e togliergli subito lo sguardo di dosso. Dio, che imbarazzo!
Lui rise di gusto, divertito dalla mia reazione.
« Mi ricordo benissimo di te. –scandì bene le parole,attento a non levarmi gli occhi di dosso. – Eri particolarmente bella, quel giorno. E felice. Avevi dei jeans lunghi, aderenti. E una magliettina degli ACDC. Ricordo di aver pensato che tu fossi una ragazza forte, e bella. Molto bella»
Mentre lo ascoltavo, pendendo dalle sue labbra, non potei far altro che pensare che fosse una persona attenta. E senza peli sulla lingua. Come faceva a ricordare tutti quei particolari?
« Ti ho guardata per tutto il viaggio, ero come… incantato. Ho studiato ogni tuo movimento, ogni tua azione. Tu, però, eri incantata da qualcun altro»
Diventai nuovamente rossa per l’imbarazzo e per il suo modo esplicito di dire le cose.
« Da chi?» mi uscii di getto, curiosa.
« Dal tuo vicino di posto, un coglioncello con gli occhi chiari, niente di che. Da come lo guardavi ho pensato fosse il tuo ragazzo, lo era?»
Quell’uomo continuava a mettermi paura. Faceva certe domande come se ci conoscessimo da una vita, e come se avesse il diritto di farle.
Ero incantata da Louis, e la cosa, chissà come mai, non mi stupii.
« No, lui… no, non è il mio ragazzo» ammisi, flebile.
Lui annuì, e si alzò. Era alto, tanto. Più di Louis. Mi tese la mano, per aiutarmi ad alzare. « Vieni, avrai bisogno di mangiare. Ho raccolto qualcosa, pomeriggio…»
Davanti a quella proposta, non potei far altro che stringerli la mano e seguirlo. Avevo fame.
Cosa avevo da perdere, tanto?
 
 
Anche Peter, come me e Louis, aveva costruito un riparo. Anche se l’aspetto era molto meno familiare e accogliente. Mi aveva dato da mangiare qualche pesce, e non potevo che essergli grata per aver diviso con me parte della sua cena.
« Deve essere brutto, non riuscire a ricordare nulla, vero?» chiese, addentando il suo pesce.
Feci spallucce. « Non poi così tanto, può essere un vantaggio, certe volte…»
« Forse sì. – sospirò, pensando a qualcosa in particolare- Però ho notato che ti ricordi di lui, del ragazzo con gli occhi chiari…»
Si divertiva a farmelo tornare in mente? Come se non mi mancasse già abbastanza.
« Di Louis» specificai.
« …Di Louis» ripeté, sorridendomi.
Era una buona idea dirgli che anche lui era sull’isola? Potevo fidarmi di lui? Chi mi avrebbe detto, che, magari, non gli avrebbe fatto del male?
Magari lo avrebbe aiutato. Ci avrebbe aiutati entrambi.
« E’ anche lui sull’isola?» mi anticipò, come se mi stesse leggendo il pensiero.
Annuii, molto lentamente.
« Allora perché non sei con lui?» domandò, senza il minimo tatto.
Quanto era curioso?
« Abbiamo litigato –risposi freddamente – non mi va di parlarne, scusami.» mi congedai dall’argomento, senza troppe spiegazioni.
« Ah, mi dispiace. – mise una mano fra i suoi riccioli biondi- Deve essere brutto amare qualcuno che ama un’altra»
“Alex, non lo ascoltare”
Cosa… che voleva dire? Amare qualcuno che ama un’altra? Un’altra?
Non capivo.
« Scusa? Non ti seguo!» il suono della mia voce risultò stridulo.
« No, è che mi era sembrato che lui fosse fidanzato, mentre ascoltavo le sue telefonate.. Mi sarò sbagliato»
“Razza di stronzo”
« Sì, ti sei sbagliato. Me lo avrebbe detto»
E mi sentii terribilmente stupida. Stupida perché continuavo a trattare male Peter, nonostante continuasse a essere gentile con me senza ricevere nulla in cambio. Stupida perché mi ero ostinata a non credere alle parole del biondo di fronte a me, nonostante potessero essere vere. Stupida, terribilmente stupida. Mi ero sempre fidata di Louis, e volevo continuare a farlo. Ma chi mi dice che Peter non si stesse sbagliando?
Di chi potevo fidarmi davvero?
« In ogni caso,è un stupido. Io non ti avrei mai lasciata scappare» dicendo ciò,mi fece un occhiolino e mi sorrise, malizioso.
Avvampai di nuovo, incapace di sostenere il suo sguardo. I suoi occhi grigi sembravano privi di emozioni, e se da un lato mi attiravano, dall’altro, non facevano altro che spaventarmi.
« Io… Credo che dovremmo andare a cercarlo» proposi, cercando di fare la cosa più giusta.
Peter mi guardò, accigliato. « Dopo tutto quello che ti ha fatto? Magari se vuoi, lo cercheremo domani. Adesso siamo entrambi abbastanza stanchi, non trovi?»
Annuii, incapace di ribattere. Non potevo andargli contro, visto che non stava facendo altro che aiutarmi.
« Okay» mi limitai semplicemente, sdraiandomi sul tappeto di foglie che Peter mi aveva preparato a mo’ di letto.
Si sdraiò accanto a me, e quella vicinanza mi mise quasi i brividi. Mi sentivo sotto pressione.
« Allora, perché non mi chiedi qualcosa? Ho voglia di parlare» Era come se fosse quasi felice di quella situazione. E forse lo era davvero.
Io speravo tanto di poterlo essere, visto che non ero più da sola
“Io no”
« Mh… Non lo so.»
« Avanti, non fare la timida!» mi incoraggiò, guardandomi con quel sorriso mozzafiato.
Deglutii nervosamente, e decisi di accontentarlo. « Quanti anni hai,esattamente?»
“Bella domanda del cazzo”
« Trentadue»
Era sette anni più grande di me, sembrava più giovane.
« Di dove sei?»
« New Port, un paese della California… Stavo tornando dall’Inghilterra per motivi di lavoro»
Certo, era evidente fosse americano. Il fisico era sicuramente quello di un surfista, e anche il suo modo di fare era sicuramente diverso dal mio o da quello di Louis.
« Che lavoro fai?» In realtà, non ero poi così curiosa, ma non volevo che si creasse dell’imbarazzo.
« Gestisco l’azienda di famiglia, niente di che. E’ abbastanza palloso… Il lato positivo c’è, però»
« Si? Qual è?»
« Avere tutte quelle segretarie sexy intorno» sussurrò, con fare malizioso.
Scoppiò a ridere e io lo seguii a ruota. Stavo ridendo, per la prima volta, dopo essere fuggita via da Louis.
Mi sentii terribilmente in colpa, perché io ero al sicuro, a ridere accanto a un perfetto sconosciuto. Mentre lui era fuori, chissà dove. Solo.
“Devi stargli lontana, Alex”
Ebbi un sussulto. Quella voce… Forse…
“Hai capito? Stai lontana da Peter!”
Il mio cuore prese a battere a ritmo irregolare. Quella voce…
Era lui.
Nate. Mio fratello. La voce di mio fratello!
Mi vennero in mente i suoi ricci scuri, i suoi occhi verdi.. Riuscii a definire il suo volto, e quasi piansi dalla gioia. Come avevo potuto dimenticarlo?
Avevo finalmente ricordato qualcuno! Mio fratello, il mio fratellone!
Un momento.. Perché la voce della mia coscienza era quella di mio fratello?
« Va tutto bene?» mi chiese il riccio accanto a me, scrutandomi. Perché doveva sempre fissarmi in quel modo?
« Sì… sono solo un po’ stanca»
« Allora… - alzò il busto,per potersi avvicinare a me. Avvicinò il mio viso al suo, e per qualche istante ebbi l’impressione che stesse per baciarmi sulle labbra, e forse era davvero così, ma all’ultimo secondo cambiò direzione, lasciandomi un bacio umido sulla guancia. – Buonanotte, Alex»
“Buonanotte, Lou. Ovunque tu sia”





Look at me!
ciao mie bellissime principesseeeeee
come state? io sono di buon umore, mi è piaciuto scrivere questo capitolo *w*
ecco qui che c'è un nuovo personaggio. PETER. ♥ adoro questo nome ahhaha
come vi sembra? 
io non vi svelo nulla, sennò poi che bello c'è?
mi è mancato LouLou in questo capitolo çç piccino. Tornerà presto,tranquille.
E Alex ha riconosciuto la voce di suo fratello, Nate, a cui è legatissima. Piano piano inizia a ricordare alcune cose.
spero che il capitolo vi sia piaciuto,
grazie per le recensioni, vi amo.
al prossimo capitolo OuO


  
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