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Autore: Payton_    06/05/2013    3 recensioni
Magnus iniziava a sentirsi stanco d’essere innamorato di Alec. Ottocento anni di dignitosi trascorsi per finire a rincorrere un Nephilim che non voleva nemmeno ammettere che c’era qualcosa tra di loro.
Il problema era che Alec era troppo… Alec per lasciarlo perdere. Era un Nephilim, certo, ma era privo dell’aria di superiorità che avevano certi Cacciatori. Senza le rune disegnate addosso, avrebbe potuto essere chiunque. Si sarebbe sentito libero d’essere chiunque. Anche la persona giusta per stare accanto a Magnus, forse. Ma quelle rune c’erano, ben visibili, e quel sangue d’Angelo scorreva nel sue vene, sotto quella pelle che per Magnus odorava tanto di bisogno.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ringrazio di cuore la mia Vanellope,

perché se lei non mi avesse convinta a leggere nonostante la scena alla "Luke, sono io tuo padreeeeee"

non avrei mai potuto amare i Malec. E questo sarebbe stato davvero non buono. ♥



C’era qualcosa, in Alec

 

Forse Magnus Bane avrebbe dovuto comprarsi un nuovo gatto. Un Vice Presidente Miao, così da alleggerire il peso della carica del Presidente. Un piccolo, innocente gattino nero con enormi occhi blu imploranti e pieni zeppi di curiosità. Sarebbe stato più facile.

Magnus sapeva già di avere un animale del genere che girava per casa, perché Alec Lightwood era maledettamente simile ad un piccolo e adorabile gattino al quale non era possibile dire di no. Uno di quelli che devi per forza coccolare ogni volta che lo vedi. Quei cuccioli che non ti sono ancora affezionati, ma che hanno bisogno di te per sopravvivere. Quindi tu li lasci girovagare per tutto il giorno, sperando che non gli succeda nulla, e la sera li aspetti a casa per sfamarli, con una mano pronta per dargli una carezza di bentornato. Vivono la loro vita mentre tu li attendi con apprensione sul divano, sperando che tornino. Solo che un gattino sarebbero stato più facile da gestire di Alec. E soprattutto più facile da comprendere.

Magnus non era geloso di Jace. Sapeva, in cuor suo, che Alec non ne era veramente innamorato. Ciò che non capiva, era perché si aggrappasse così disperatamente a quella convinzione, come se fosse vitale per lui, un saldo dogma della sua vita da Cacciatore.

“È perché sa che non potrà mai avere Jace. E così non dovrà mai mettersi in gioco. Ha solo paura, Magnus” disse una vocina nella sua testa. Una vocina che probabilmente aveva ragione, ma che a conti fatti era del tutto irrilevante. La persona che aveva bisogno di comprendere i propri sentimenti era Alec, perché, purtroppo, Magnus li aveva fin troppo chiari.

Sospirando, concesse una carezza al Presidente, che rotolò pigramente di lato agitando la coda.

Dopo qualche istante di carezze, Magnus notò che erano già le nove di sera, quindi si alzò dal divano e si diresse nella propria stanza: era ora di prepararsi per portare un po’ di Magnus Bane nel Mondo Invisibile.

“Prego, Mondo!”

Aprì l’armadio, in cerca di qualcosa di veramente sfavillante da indossare. Frugò svogliatamente per un sacco di tempo, ma nonostante continuasse a metterli da parte, c’erano dei pantaloni di pelle neri che continuavano a finirgli tra le mani. Non ricordava nemmeno di averli, erano così scuri e banali, inadatti. Se li infilò senza quasi rendersene conto, andando subito verso lo specchio.

“Stai rivalutando il nero, Magnus?” chiese una voce nella sua testa, che però venne spudoratamente ignorata.  

Magnus decise che era il momento giusto per fare shopping. Agitò le mani con nonchalance e subito apparvero sul letto una serie di magliette e giacche, tutte rigorosamente nere.

Provò tutto quanto, per scegliere poi una giacca di pelle ricoperta di borchie con delle cinghie per chiuderla. Infilò un paio di anfibi neri, anche quelli apparsi magicamente da chissà quale negozio di New York. Mise una serie di braccialetti e anelli di tutti i colori possibili, completando la mise con glitter color arcobaleno nei capelli e sul viso.

“Sono pur sempre Magnus Bane, non un becchino” si disse, tornando poi davanti allo specchio. Era stranamente soddisfatto del proprio riflesso, anche se era insolito perfino ai suoi stessi occhi.

«Fa molto stregone dark» disse rivolto al Presidente, che nel frattempo si era appallottolato sul letto, vicino alla pila di vestiti neri che mai sarebbero stati indossati.

“Fa molto Nephilim” rispose la voce nella sua testa, quella che aveva ragione da ottocento anni a quella parte.

Magnus sospirò, uno di quei sospiri che lo accompagnavano troppo spesso in quell’ultimo periodo.

«Sei patetico» si disse.

“Sei innamorato, tutti gli innamorati sono patetici” gli ricordò la maledetta voce della verità.

Magnus iniziava a sentirsi stanco d’essere innamorato di Alec. Ottocento anni di dignitosi trascorsi per finire a rincorrere un Nephilim che non voleva nemmeno ammettere che c’era qualcosa tra di loro.

Il problema era che Alec era troppo… Alec per lasciarlo perdere. Era un Nephilim, certo, ma era privo dell’aria di superiorità che avevano certi Cacciatori. Senza le rune disegnate addosso, avrebbe potuto essere chiunque. Si sarebbe sentito libero d’essere chiunque. Anche la persona giusta per stare accanto a Magnus, forse. Ma quelle rune c’erano, ben visibili, e quel sangue d’Angelo scorreva nel sue vene, sotto quella pelle che per Magnus odorava tanto di bisogno.

Stava per togliersi quei vestiti che non riuscivano ad appartenergli, quando qualcuno suonò alla porta.

“Alec?” si chiese quella parte di lui che gli voleva tanto male. Nonostante si sentisse un po’ troppo funereo per ritenersi presentabile, andò ad aprire alla porta.

«Ciao» lo salutò Alec, squadrandolo da capo a piedi. Sembrava perplesso. «Forse non è il momento giusto. Mi spiace, dovevo avvisarti» disse passandosi una mano sulla nuca, visibilmente nervoso.

“È passato anche stasera” non poté fare a meno di considerare Magnus, ma cercò di ricacciare quel pensiero in fondo alla propria mente.

«Vedi tu se l’aver interrotto i miei rituali serali di bellezza è da considerare il momento sbagliato» disse scansandosi per far passare Alec. Si pentì subito delle proprie parole notando che Alec aveva corrucciato le sopracciglia e stava cercando davvero una riposta a ciò che aveva detto. Certe volte aveva bisogno di ordini per fare le cose, chiari e limpidi.

«Su, entra» si affrettò a dire cercando di non ridere. O di non baciarlo.

«Il nero ti sta bene» osservò Alec, mostrando un sorriso timido ma, una volta tanto, senza arrossire ed entrando con decisione in quell’appartamento che oramai gli era familiare.

Funzionava così tra loro, adesso. Cosa funzionasse così nemmeno Magnus lo sapeva con precisione, ma in qualche modo qualcosa funzionava e questo lo fece sentire decisamente meno stanco di rincorrere Alec.

Non poté fare a meno di sorridere al complimento ricevuto, bloccato con una mano sulla maniglia ad osservare un corridoio oramai vuoto.

Si voltò conscio del fatto che avrebbe trovato Alec seduto sul divano, con il Presidente intento a strusciarsi sulle sue gambe. Eccolo lì, il gattino dai grandi occhi blu che credeva di dover badare a tutta la cucciolata. Come poteva, Magnus, pensare di non prendersi cura di lui? Come poteva ignorare tutto quello che c’era in quegli occhi, nonostante non ci fosse l’amore che cercava? Non poteva, la riposta era semplice. Perché in otto secoli non aveva conosciuto nessuno come Alexander Lightwood, e quella verità era più schiacciante di un passato centenario di amori oramai dimenticati.

Quindi Magnus avrebbe allungato la propria mano e accarezzato il gattino ingrato; avrebbe privato il mondo della propria presenza e si sarebbe concentrato solo sul mondo che c’era dentro gli occhi di Alec. Un mondo che non conosceva da secoli e che aveva tante cose belle da mostrargli. Perché era quello che facevano le persone innamorate. Facevano cose stupide nei momenti più sbagliati, come vestirsi completamente di nero solo per creare chissà quale legame con la persona amata.

C’era qualcosa, in Alec, che mandava a monte tutti i suoi piani.

Chiuse la porta, andando a sedersi accanto ad Alec, pronto a fare qualsiasi cosa gli avrebbe chiesto, anche guardare un film “spari, morte, spari” se quello l’avesse fatto sentire meglio almeno per qualche ora. Oramai era diventato la sua pausa dal mondo.  

Sapeva che sarebbe stato lui quello a rimetterci, alla fine, ma non poteva farci niente. Non c’era magia contro quella che gli aveva fatto involontariamente Alec, nemmeno per il grande Magnus Bane. E lui ne aveva di esperienza per dirlo.

   
 
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