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Autore: Hoshi no Destiny    06/05/2013    2 recensioni
– Ehi, guarda! – il kicker diede una spinta all’altro e lo costrinse a guardare in alto. – Quella nuvola sembra la tua faccia! – e ne indicò una dalla forma allungata, con varie estremità dall’aria appuntita, che potevano quasi ricordare i capelli del quarterback.
Una giornata normale, perché non c'è bisogno che succedano sempre grandi cose. A volte basta anche qualcosa di stupido come guardare le nuvole per continuare a nascondere qualcosa di speciale.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gen Takekura/Musashi, Youichi Hiruma
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nuvole.
Quella era un’altra di quelle noiose giornate di scuola, una di quelle in cui non succede mai niente. Gli studenti si affrettavano verso l’entrata del Deimon, all’interno del cortile c’erano già varie persone che chiacchieravano tranquille, mentre altre correvano verso l’istituto, accortesi di essere in ritardo.
E, poi, c’era lui.
Fece scoppiare l’ennesimo palloncino fatto con la gomma da masticare, le mani in tasca, lo sguardo perso nel vuoto, intento a rimuginare su chissà che cosa.
Non era difficile intuire che Hiruma detestasse andare a scuola, fosse stato per lui, avrebbe passato tutto il tempo con il club di football americano, sarebbe stato molto più costruttivo. 
Sbuffò sonoramente nell’udire dei pesanti passi avvicinarsi sempre più a lui.
 – Aspettami, Hiruma! Andiamo a scuola insieme! – urlava Kurita.
In un attimo il bonaccione gli fu accanto: aveva già la bocca piena (o stava ancora facendo colazione?) e il suo solito sorriso stampato in faccia.
 – Che cosa? Ciccione di merda, non ti sei accorto che ci siamo già? – ringhiò il ragazzo. L’altro si ritrasse un po’, ma continuò a seguirlo.
 – Aaah, scusami, non ti arrabbiare, per favore! – biascicò quello.
Yoichi sputò il chewing-gum sul ciglio della strada e affrettò il passo, senza degnarsi di rispondere all’amico.
I due passarono accanto a tre ragazze, una di loro gli si avvicinò. – Buongiorno! – li salutò.
 – Buongiorno a te, Anezaki! – le sorrise Kurita, mentre Hiruma ricambiava il saluto con un gelido cenno della mano.
La ragazza lo fulminò con lo sguardo.
 – Musashi non è ancora arrivato? – chiese il lineman, nella speranza di sciogliere almeno un po’ la tensione che si stava già creando fra i due.
 – No, credevo fosse con voi! – esclamò quella.
 – Finiscila di preoccuparti per il vecchio, palla di lardo, e pensa a darti una mossa! Dovresti saperlo che quello non ha bisogno di una baby-sitter!
I due videro che il quarterback non si stava facendo problemi ad aspettarli e, anzi, aveva quasi raggiunto l’ingresso della scuola; Kurita cercò subito di raggiungerlo, mentre Mamori sospirava rassegnata e tornava dalle sue amiche.
Come Yoichi aveva previsto fin troppo bene, quella giornata presto si dimostrò essere fin troppo ordinaria e scontata ma, per fortuna, la campanella che segnava l’inizio della pausa pranzo sembrò suonare prima del solito.
 – Ehi, Hiruma, andiamo a mangiare insieme a gli altri? – gli sorrise l’amico.
 – No, ho delle cose da fare. – rispose lapidario.
Quello ci rimase male e abbassò gli occhi, come un cane bastonato. Dietro di lui, un ragazzo gli diede una pacca sulla spalla.
 – Fa niente. – intervenne Gen. – noi due andiamo, buon lavoro.
Hiruma alzò le spalle e, dopo aver preso il suo portatile, se ne andò.
Una volta arrivato sul tetto, come era solito fare quasi ogni giorno dai tempi delle medie, si sedette con la schiena appoggiata alla ringhiera; accese il suo computer e si immerse fra tutti i file che conteneva.
Preso com’era, non si rese neanche conto del tempo che passava, o della persona che, in quel momento, apriva la porta della tromba delle scale e si avvicinava a lui.
O, almeno, questo era quello che credeva.
 – Che vuoi, vecchio di merda? – grugnì.
Musashi sospirò e alzò le spalle.
 – Volevo coglierti di sorpresa ma, a quanto pare, non ci sono riuscito. – sorrise.
 – Per quale dannato motivo sei qui? Mi pareva di aver detto che avevo del lavoro da fare.
 – Credevo che avresti comunque apprezzato un po’ di compagnia.
Hiruma alzò appena lo sguardo verso di lui e sul suo viso si aprì un ghigno malizioso nel vedere il kicker sedersi accanto a lui.
Gen socchiuse gli occhi e alzò il viso verso il cielo.
 – È davvero una bella giornata oggi, non trovi? – constatò nell’osservare la limpida volta azzurra attraversata da pochissime nubi che li sovrastava. 
L’altro ragazzo sbuffò. – Non ci vedo niente di speciale.
 – È impossibile avere una conversazione normale con te, non è vero? – rise quello, l’altro, in risposta, emise un suono sommesso, quasi simile ad un ringhio.
– Ehi, guarda! – il kicker diede una spinta all’altro e lo costrinse a guardare in alto. – Quella nuvola sembra la tua faccia! – e ne indicò una dalla forma allungata, con varie estremità dall’aria appuntita, che potevano quasi ricordare i capelli del quarterback.
L’interessato alzò gli occhi e lo guardò scocciato. 
– Ma sei ubriaco?
– Cercavo di avere la tua attenzione. – sorrise. 
Musashi staccò la schiena dal parapetto e si sporse verso l’amico; con una mano lo costrinse a voltare il suo viso verso il proprio e lo baciò.
Dopo alcuni istanti, i due si staccarono lentamente l’uno dall’altro.
Hiruma scoppiò a ridere.
 – Che ti prende ora, vecchio porco? Lo spogliatoio del club di football non ti basta più, vuoi farlo anche a scuola, adesso?
Un sorriso fin troppo dolce e comprensivo per una battuta del genere si aprì sul viso di Gen.
 – È davvero necessario continuare a nascondersi?
Hiruma distolse lo sguardo. – Sì. Non voglio che nessuno lo sappia.
 – Ma… perché?
 – La gente parla.
Il kicker sospirò rassegnato e si limitò a passare una mano fra i capelli biondi dell’amante.
Yoichi socchiuse gli occhi e si lasciò andare fra le braccia del compagno.
Perché dovevano avere bisogno di ufficializzare il loro rapporto? Non andava già bene così com’era?
I pettegolezzi erano l’ultima cosa che gli serviva, tutto ciò che voleva era la possibilità di stare assieme a lui, anche a fare qualcosa di stupido e inutile come guardare le nuvole.

Nuvole.


Quella era un’altra di quelle noiose giornate di scuola, una di quelle in cui non succede mai niente. Gli studenti si affrettavano verso l’entrata del Deimon, all’interno del cortile c’erano già varie persone che chiacchieravano tranquille, mentre altre correvano verso l’istituto, accortesi di essere in ritardo.
E, poi, c’era lui.
Fece scoppiare l’ennesimo palloncino fatto con la gomma da masticare, le mani in tasca, lo sguardo perso nel vuoto, intento a rimuginare su chissà che cosa.
Non era difficile intuire che Hiruma detestasse andare a scuola, fosse stato per lui, avrebbe passato tutto il tempo con il club di football americano, sarebbe stato molto più costruttivo. Sbuffò sonoramente nell’udire dei pesanti passi avvicinarsi sempre più a lui. 
– Aspettami, Hiruma! Andiamo a scuola insieme! – urlava Kurita.
In un attimo il bonaccione gli fu accanto: aveva già la bocca piena (o stava ancora facendo colazione?) e il suo solito sorriso stampato in faccia.
– Che cosa? Ciccione di merda, non ti sei accorto che ci siamo già? – ringhiò il ragazzo. L’altro si ritrasse un po’, ma continuò a seguirlo.
– Aaah, scusami, non ti arrabbiare, per favore! – biascicò quello.
Yoichi sputò il chewing-gum sul ciglio della strada e affrettò il passo, senza degnarsi di rispondere all’amico.
I due passarono accanto a tre ragazze, una di loro gli si avvicinò. – Buongiorno! – li salutò. 
– Buongiorno a te, Anezaki! – le sorrise Kurita, mentre Hiruma ricambiava il saluto con un gelido cenno della mano. La ragazza lo fulminò con lo sguardo. 
– Musashi non è ancora arrivato? – chiese il lineman, nella speranza di sciogliere almeno un po’ la tensione che si stava già creando fra i due. 
– No, credevo fosse con voi! – esclamò quella. 
– Finiscila di preoccuparti per il vecchio, palla di lardo, e pensa a darti una mossa! Dovresti saperlo che quello non ha bisogno di una baby-sitter!
I due videro che il quarterback non si stava facendo problemi ad aspettarli e, anzi, aveva quasi raggiunto l’ingresso della scuola; Kurita cercò subito di raggiungerlo, mentre Mamori sospirava rassegnata e tornava dalle sue amiche.

Come Yoichi aveva previsto fin troppo bene, quella giornata presto si dimostrò essere fin troppo ordinaria e scontata ma, per fortuna, la campanella che segnava l’inizio della pausa pranzo sembrò suonare prima del solito. 
– Ehi, Hiruma, andiamo a mangiare insieme a gli altri? – gli sorrise l’amico. 
– No, ho delle cose da fare. – rispose lapidario.
Quello ci rimase male e abbassò gli occhi, come un cane bastonato. Dietro di lui, un ragazzo gli diede una pacca sulla spalla. 
– Fa niente. – intervenne Gen. – noi due andiamo, buon lavoro.
Hiruma alzò le spalle e, dopo aver preso il suo portatile, se ne andò.
Una volta arrivato sul tetto, come era solito fare quasi ogni giorno dai tempi delle medie, si sedette con la schiena appoggiata alla ringhiera; accese il suo computer e si immerse fra tutti i file che conteneva.
Preso com’era, non si rese neanche conto del tempo che passava, o della persona che, in quel momento, apriva la porta della tromba delle scale e si avvicinava a lui.
O, almeno, questo era quello che credeva. 
– Che vuoi, vecchio di merda? – grugnì.
Musashi sospirò e alzò le spalle. 
– Volevo coglierti di sorpresa ma, a quanto pare, non ci sono riuscito. – sorrise. 
– Per quale dannato motivo sei qui? Mi pareva di aver detto che avevo del lavoro da fare. 
– Credevo che avresti comunque apprezzato un po’ di compagnia.
Hiruma alzò appena lo sguardo verso di lui e sul suo viso si aprì un ghigno malizioso nel vedere il kicker sedersi accanto a lui. Gen socchiuse gli occhi e alzò il viso verso il cielo. 
– È davvero una bella giornata oggi, non trovi? – constatò nell’osservare la limpida volta azzurra attraversata da pochissime nubi che li sovrastava. L’altro ragazzo sbuffò.
– Non ci vedo niente di speciale. 
– È impossibile avere una conversazione normale con te, non è vero? – rise quello, l’altro, in risposta, emise un suono sommesso, quasi simile ad un ringhio.
– Ehi, guarda! – il kicker diede una spinta all’altro e lo costrinse a guardare in alto. – Quella nuvola sembra la tua faccia! – e ne indicò una dalla forma allungata, con varie estremità dall’aria appuntita, che potevano quasi ricordare i capelli del quarterback.
L’interessato alzò gli occhi e lo guardò scocciato. 
– Ma sei ubriaco?
– Cercavo di avere la tua attenzione. – sorrise. 
Musashi staccò la schiena dal parapetto e si sporse verso l’amico; con una mano lo costrinse a voltare il suo viso verso il proprio e lo baciò.
Dopo alcuni istanti, i due si staccarono lentamente l’uno dall’altro.
Hiruma scoppiò a ridere. 
– Che ti prende ora, vecchio porco? Lo spogliatoio del club di football non ti basta più, vuoi farlo anche a scuola, adesso?
Un sorriso fin troppo dolce e comprensivo per una battuta del genere si aprì sul viso di Gen. 
– È davvero necessario continuare a nascondersi?Hiruma distolse lo sguardo.
– Sì. Non voglio che nessuno lo sappia. 
– Ma… perché? 
– La gente parla.
Il kicker sospirò rassegnato e si limitò a passare una mano fra i capelli biondi dell’amante. Yoichi socchiuse gli occhi e si lasciò andare fra le braccia del compagno.
Perché dovevano avere bisogno di ufficializzare il loro rapporto? Non andava già bene così com’era? I pettegolezzi erano l’ultima cosa che gli serviva, tutto ciò che voleva era la possibilità di stare assieme a lui, anche a fare qualcosa di stupido e inutile come guardare le nuvole.

 


I don't know what I'm doing!

- cit.

Ma, che, ci credete se vi dico che questa è la prima cosa che scrivo dopo mesi? E, onestamente, mi fa schifo. Ho paura di aver perso completamente la mano. Ultimamente, tra commission, compiti e una vita di medda ho passato troppo tempo a disegnare e perdere tempo su tumblr invece di scrivere.

Mi dispiace soprattutto perché questa è la mia prima fanfiction su Eyeshield21, un manga che amo tantissimo, e su Musashi e Hiruma che sono, beh... la mia OTP♥ 

Via, siate crudeli con le critiche!

  
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