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Autore: Reik93    06/05/2013    6 recensioni
Questa è la mia prima fanfiction, ma visto che sono una frana nelle presentazioni vi lascio solo un piccolo assaggio.
Un ghigno vi cuce le labbra in un bacio forte, esigente, atteso fin troppo da chi non annovera la pazienza tra le sue qualità. Ti fai strada nella sua bocca, assapori il gusto di caffè che le impregna la lingua, divori quanto concede, pretendendo di più.
Genere: Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nico Robin, Roronoa Zoro, Zoro\Robin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Acqua & Fuoco




“L’acqua che bagna la tua pelle
non basta a lenire la mia sete.
Il fuoco che arde il mio corpo
non scalda abbastanza […]”
 

 
Quando la porta si chiude, non hai bisogno di voltarti per conoscere il volto del nuovo ospite.
Troppo silenzioso e discreto per essere il tuo capitano, troppo arrogante per bussare e chiedere un permesso che gli avresti quasi sicuramente negato.
Non ne sei certo nemmeno tu, che, pur detestando l’essere interrotto durante i tuoi allenamenti, devi ammettere di trovare carezzevole l’idea di udire la sua voce sottile consumarsi in una forma di cortesia che potrebbe contemplare il rifiuto, ovvero la palese sconfitta delle sue intenzioni.
La tua, tuttavia, è una fantasia irrealizzabile, perché, come sempre, lei ti ha escluso dalla possibilità di scegliere se volerla o meno accettare ed è entrata, semplicemente, forte di una leggerezza felina che le permette di eludere lo scricchiolio delle assi, ma non quello secco della serratura.
Ti giri appena per scorgere quella figura invaditrice, appoggiata allo stipite con le mani incrociate dietro la schiena, in attesa della mossa avversaria.
È un gioco fiaccante, il vostro, una partita infinita che corrode i nervi ma appaga gli animi.
Indifferente continui l’allenamento, tendi i muscoli, pieghi le ginocchia, sollevi il peso sopra la testa, che ormai viaggia nella direzione opposta a quella del buon senso.
No, non l’avresti mai rifiutata.
Ancora imperterrito. Il sudore si condensa sulla fronte e sul petto, corre lungo la pelle e s’infrange a terra, dissetando il pavimento.
C’è una chiazza scura e umida sotto i tuoi piedi, quando decidi di raggiungerla, abbandonando gli esercizi e vincendo l’orgoglio che ti addita ‘sconfitto’.
Ti avvicini, fermandoti ad un palmo di distanza, e posi entrambi i gomiti sulla porta, ai lati del viso che imperturbato t’osserva per poi contorcersi in una smorfia.
“Non hai un odore gradevole…” sentenzia in un tono aspro che contrasta con la piega divertita delle sue labbra, contagiando le tue.
Robin, al contrario, profuma di fiori. È una fragranza leggera, delicata, che si avverte solo standole abbastanza vicino, come te che le soffi in volto una domanda tanto banale da sembrare irrisoria. “Perché sei venuta?”.
Lei tentenna, ti scruta negli occhi e poi li abbassa sulla tua bocca, schiusa e screpolata, impastata da un fiato pesante di rum e fatica. “Non lo immagini…?”.
Odi il suo modo ambiguo di porsi, eppure, in parte, è quello ad attrarti, a spingerti verso di lei, proprio come ora.
La distanza che vi separa si assottiglia sensibilmente, costringendola ad addossarsi ancor più contro la porta, schiacciata dal tuo petto -in quanto a mole la sovrasti. Potrebbe usare i suoi poteri per liberarsi, invece ti permette di affondare il ginocchio tra i suoi, accogliendoti in un abbraccio che ha il gusto di una prigione. Ma Robin non teme il suo carceriere, anzi, ti stuzzica scivolando sulla schiena per giungere alla tua altezza, alle tue labbra che tornano a schiudersi sfiorando le sue.
Sarebbe il perfetto preludio ad un bacio, se una mano non ti premesse l’addome, conficcando le unghie sui solchi dei muscoli che lo disegnano, in un tacito invito a fermarti.
Attendi, Zoro.
Sai bene che se quella mano aumenterà la presa, scostandoti, Robin si riterrà soddisfatta ed uscirà dalla stanza, lasciandoti illuso e deluso da una promessa invocata e non mantenuta, furente e spaesato nel constatare che, in lei, quel desiderio, provocato e fuggito, non sembra sortire alcun effetto. Invece la presa si tramuta in carezza, riscalda col suo tocco la pelle umida e giunge alla nuca, dove si chiude in un pugno.
È pronta a lasciarsi assaggiare, ma l’orgoglio di spadaccino, corroso dal esser stato a lungo ignorato, ti spinge a rifiutarla, anche se per poco.
Prima vuoi vedere in quegli occhi di ghiaccio la stessa spasmodica voglia che brucia nei tuoi, perciò serri le dita attorno al suo collo, forzandola ad reclinare il capo.
Rabbia, sdegno, umiliazione…sono le immediate emozioni che vi leggi riflesse; poi, in fondo, a patinare la nera pupilla, ecco il bagliore di una luce sinistra ma confortante: preannuncia l’oblio.
Un ghigno vi cuce le labbra in un bacio forte, esigente, atteso fin troppo da chi non annovera la pazienza tra le sue qualità. Ti fai strada nella sua bocca, assapori il gusto di caffè che le impregna la lingua, divori quanto concede, pretendendo di più.
Sei come il fuoco, Zoro, ti accendi con niente e trovi nutrimento in ciò che ti circonda, vittima di una fame incolmabile.
Forse non sei nemmeno tu. Non ti riconosci, mentre cedi, ancora una volta, ai piaceri carnali, davanti ai quali i tuoi principi impallidiscono all’improvviso.
Cosa sono Rufy e gli altri tuoi compagni in confronto? Un’immagine ormai sfocata che si perde nel visibilio dei sensi.
No, non sei tu. È il demone che alberga in te: di solito si mostra in battaglia -per proteggere chi ami-, ma non può resistere al richiamo di un suo simile. Lo senti agitarsi dentro di lei, rilasciare un grido che esce come un sussulto, quando le mordi le labbra, consapevole che non è la dolcezza, ciò che vi accumuna.
Vi separate un secondo, affranti nei respiri che si ricorrono veloci tra le vostre bocche, frementi nelle mani che vorrebbero dare sollievo al corpo accaldato dell’altro.
La guardi. I suoi occhi sono lucidi, vaganti, cercano nei tuoi una risposta e la paventano allo stesso tempo.
Paura? Incertezza? Più probabile sia un barlume di rimorso.
Perché Robin è come l’acqua, sgorga veloce ed accarezza ogni roccia prima di ricongiungersi al mare.
È affogata per così tanto tempo nel suo dolore segreto che ora teme di causarne a chi l’ha salvata…eppure eludere l’istinto, manipolarlo, risulta impossibile. Per questo si getta nel baratro incandescente che sono le tue braccia, si scioglie mentre la stringi, ti domina guidandoti verso il divano.
E cadi. Sotto il suo peso leggero. Tra i cuscini che cambiano forma.
Stavolta sono le sue labbra a cercare le tue, piene, morbide; ti si serrano avide sulla bocca, lasciando alla lingua quel tanto che basta per ricongiungersi alla tua in una danza di fiamme.
Siete elementi incompatibili in natura, eppure state bruciando insieme.
Infili una mano sotto la maglia, percorri la sua schiena fino alla nuca, la senti inarcarsi al tuo tocco: sembra fare le fusa. Abbassa il petto, lo sfrega piano col tuo in un movimento che fa scontrare i vostri bacini per un attimo, procurando a te un brivido, a lei un sorriso con cui pone fine a quel bacio divorante. Ne approfitti per afferrare due lembi della maglia e sfilargliela senza incontrare resistenza, senza fatica, senza ingombro –due braccia in più, fiorite ai suoi fianchi, aiutano.
I capelli ora le ricadono oltre le spalle, sul tuo viso, sulla tua bocca, orfana della propria compagna. Saresti pronto a reclamarla, ma Robin anticipa le tue intenzioni.
Ti lecca le labbra e scende ad ammorbidire la mascella che hai serrato con rabbia dopo la sua ennesima scappatoia.
Ai baci, che ti tormentano il collo, il petto e l’addome, avverti il sangue ribollire e scorrere veloce nelle vene fino ad esplodere nelle viscere.
Non puoi. Non vuoi più aspettare.
Quando le sue dita si muovono sul tuo fianco, uncinandosi all’orlo dei pantaloni per abbassarli, inverti le posizioni.
Frani sul suo corpo senza delicatezza, le blocchi il bacino tra le ginocchia, i polsi sopra la testa.
Robin si contorce poco convinta, poi, vista l’inutilità della lotta, si calma.
I suoi occhi febbrili incatenano i tuoi, che la contemplano avidamente.
La fronte imperlata, le palpebre socchiuse, il fiato ormai corto, mani che combattono la tensione dei tuoi muscoli…
Ti abbassi, allora, a marchiarle la pelle, schiavizzata dal piacere che le doni: un bacio tra i seni, un morso sopra al cuore, una lunga scia di umide carezze fino al ventre, al punto dov’è impaziente di accoglierti. Lì affondi il viso, annusando a pieni polmoni l’inebriante profumo della tua conquista: latte ed agrumi.
Un lieve mugolio, dopo tanto silenzio, attira l’attenzione che non hai mai perduto.
Non può. Non vuole più aspettare.
Te lo grida il suo sguardo, fosco di desiderio, te lo dimostrano le sue gambe, avvinghiate alla tua schiena, in un chiaro invito a non fermarti.
È come l’acqua, Robin, segue l’umore del cielo, ribollendo quando in esso si scatena la tempesta.
L’accontenti, terminando l’opera di cui, poco prima, tu stesso hai impedito il compimento.
Con un calcio i pantaloni s’accartocciano a terra, raggiunti dalla gonna e dagli slip che con estenuante lentezza le rotoli alle caviglie. Ma lei non resiste più a quella tortura, così, scollando appena le spalle dal cuscino, allunga le dita a graffiare la stoffa dei boxer, suscitando un ghigno che s’infrange sulle sue labbra, mentre scivoli in lei.
È un piacere istantaneo, bollente. Riempie e svuota allo stesso tempo.
Non riesci a stare fermo, cominci a muoverti invitandola a seguirti, in sintonia, prima adagio e poi sempre più velocemente.
Insieme correte verso l’irrefrenabile voglia di raggiungere una meta che non ha nome.
Le tue spinte divengono frenetiche, incontrollabili, dolorose quasi, anche se lei risponde con altrettanta foga, boccheggiando, ansimando, godendo.
Vorresti sollevarti per riprendere quel l'aria che comincia a mancare nonostante le vostre bocche siano libere di cercarla, ma Robin te lo impedisce. Ti avvinghia, ti abbraccia, t'imprime le unghie sulla carne scura e tesa delle spalle. Ora senti anche il tumulto del suo petto accordarsi a quello del tuo, il suo volto sfregarti la guancia, sospirare all'orecchio, e non resisti.
La trascini a cavalcioni con te, su di te.
Un gemito riempie la stanza, un sussulto rigettato a lungo in gola a far compagnia a quelle grida che non devono, non possono uscire.
Continuate, con urgenza e bisogno, vibrate e mugolate per ogni minima mossa.
Le prendi il viso tra le mani, scontandole alcune ciocche per farlo bagnare dalla luce del sole. C'è così poco della Robin riflessiva e calcolatrice nella donna si agita esigente nella tua presa, ma non ti sorprendi. C'è poco di te anche nell'uomo stravolto dal piacere che, ad ogni affondo, si abbandona.
Una graduale torpore vi assale, come le onde del mare, raccoglie i detriti del vostro passato e li intrappola nel punto più profondo ed irraggiungibile del suo ventre.
Non esistono più Kuina e la promessa che ancora vi lega, quasi fosse una maledizione.
Non c'è mai stato il Buster Call, le sue vittime, le lacrime che per vent'anni ha continuato a nutrire.
La solitudine patita per tutta la vita è solo un’irreale fantasia, un falso ricordo; perfino quanto di bello vi ha concesso il destino si riduce ad un inconsistente pugno di cenere al cospetto dell'estasi che state tentando disperatamente di raggiungere: lì i vostri demoni non possono tormentarvi, non riescono a coesistere nello stesso essere. Lì esistete solo voi.
Finalmente, con un’ultima, decisiva spinta, entrambi giungete all’apice, in quel luogo promesso che vi esplode dentro ed attorno, rendendovi liberi.
Di tremare, l'uno tra le braccia dell'altro.
Di stringervi fino a sentire lo scricchiolio delle ossa.
Di respirare il vostro odore in quello del compagno.
Di guardarvi attraverso la nebbia.
Crollate insieme sul divano, aggrappandovi alla sensazione di appagante calore che ancora riverbera nei vostri corpi. A breve si raffredderà, diventando come l’arido letto di un fiume ormai morto, come la flebile brace che testimonia il passaggio del fuoco. A breve.
Ora vuoi solo chiudere gli occhi e rifugiarti nel suo petto ad ascoltare il battito che lo comanda, mentre Robin ti accarezza i capelli, cercando conforto nella piacevole leggerezza dei vostri corpi.
Non ci sono frasi smielate di mezzo, non baci sulla fronte o sorrisi di circostanza, solo quello.
Un tempo che non avete più.
Lo capisci, quando il suo cuore riprende regolare il suo rintocco e le sue dita scostano gravi il tuo capo per permetterle di scivolar via. Da te.
Veloce, si riveste di stoffa ed algidità, schiarendoli una voce che, però, non usa.
Tanto il suo sguardo è abbastanza eloquente, anche se non te lo rivolge. Preferisce fissare la finestra, il cielo, fingendo che un gabbiano sia più interessante, più importante delle parole che sobillano la lingua ad entrambi e che entrambi non volete sentire.
‘È sbagliato...non deve più accadere... prima o poi ce ne pentiremmo’.
Ma, in quel groviglio di frasi, non avete la forza di dipanare l’unica verità.
La conoscete, eppure ingannate voi stessi dietro i pensieri che la coscienza vi consiglia.

Non è finita. Mai.


"[...]Ma il fuoco, come l’acqua,
è una marea che sale e scende.
E l'acqua è come il fuoco,
scorre dentro di noi accendendo il desiderio.
Le nostre anime si fondono
come l'acqua
e
i nostri corpi si accendono,
come il fuoco"


 

Salve a tutti!!!
Come scritto nell'introduzione questa è la mia prima fanfiction, la primissima in assoluto!
Era da un pò che desideravo cimentarmi in questo esperimento e...visto che amo One Piece e adoro Zoro e Robin (specie insieme XD) ho pensato bene di iniziare con questo fandom! Che dite...esperimento riuscito????
Bene, spero che qualcuno la legga e magari recensisca!!!
Ciaù

Reik93

ps: qualsiasi critica, se costruttiva, è più che ben accetta (si può dire??? mah....)

  
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