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Autore: bowiess    06/05/2013    1 recensioni
La sua vita era su quella copertina, quella copertina su cui aveva pianto, sudato e sperato. 
Quella copertina era la causa della sua gioia, ma non capiva che quella copertina sarebbe stata anche la causa della sua fine.
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«E quale sarebbe il tuo sogno?» si avvicina a me e riesco a vedere la rabbia nei suoi occhi, pronta a scatenarsi su di me. «Camminare davanti ad un gruppo di tossicodipendenti con la speranza di finire di qualche rivista da quattro soldi? Oppure quello di morire di bulimia a vent'anni?»
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Vogue è tutto quello che desidero.
Vogue è tutto quello che voglio essere.
Vogue è tutto quello che sarò.

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Nessuno dei protagonisti è famoso in campo musicale, spero che la storia vi piaccia!
Buona lettura dolcezze, 
-a.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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va bene, mi odiate, è ovvio, mi odio anche io. scusatemi se ho aggiornato dopo tutto questo tempo, ho avuto dei problemi a scuola e bla bla bla.
questo capito è un po’ corto e mi dispiace, il prossimo sarà sicuramente migliore, promesso.
grazie come sempre per le recensioni, siete bellissime.
buona lettura!  

 The last vogue. 



«Jessie!» urlo. «Ti prego!»
«No, Miley, hai bisogno di aiuto.» sussurra accarezzandomi i capelli, più crespi che mai.
«Ti prego, convinci i medici, voglio uscire da qui.» la imploro. Non ce la faccio qui dentro, preferirei morire.
«Miley, ascolta.» mi prende il viso con le sue mani fredde, bloccando il mio sguardo sul suo. «Tu sei la ragazza più bella e intelligente che io abbia mai conosciuto. Sei diversa dalle altre puttanelle in passerella. Mi dispiace, non avrei mai dovuto darti quella droga, non avrei mai dovuto incitarti a continuare, mi dispiace.» aspetta qualche secondo, poi riprende a parlare, e intanto, le lacrime scorrono sempre più velocemente sul mio viso. «Non so quanto tempo rimarrai qui, ma sarà poco. Non devi preoccuparti, okay? Starai bene, sarai ancora più bella, tutti sapranno chi è veramente Miley Ray Cyrus. Tutto sapranno che non è solo un manichino, uno scheletro. Tu sei molto di più. Sei molto più di un bel faccino, tu sei veramente qualcosa di bello.» i suoi occhi sono fissi sui miei, guardo le sue sottili labbra muoversi lentamente e pronunciare quelle parole a bassa voce, mentre i miei occhi continuano ad infiammarsi. Il sudore mi percorre la schiena, bagnando l’orrendo pigiama che questa gente mi ha messo addosso. «Adesso devo andare, ma ti prego, non fare cazzate. D’accordo?» mi stampa un bacio sulla fronte, poi si strofina la bocca con il polso. Molla la mia mano e si allontana da me, uscendo dalla stanza. Adesso sono sola.
 
Non ho mai pensato di arrivare a questo, non ho mai pensato di finire in un ospedale a causa della ragione per cui vivevo ogni giorno. Non ho mai creduto che il mio sogno mi avrebbe mandato dritta in un letto. Dovevo sapere fin dall’inizio che era qualcosa di irrealizzabile, qualcosa che solo certe persone possono permettersi di raggiungere. È una cosa per donne, non per semplici studentesse. È una cosa fatta apposta per gente che crede di essere venuta al mondo per cambiare le cose, ma alla fine cede e si ritrova anche lui a sniffare in una discoteca. È un sogno che prima ti fa Vivere, poi ti fa morire, piano. Ti fa capire che in fondo, non sei nessuno in questo mondo se non un viso e un corpo, e sappiamo bene che un viso e un corpo, ce l’hanno tutti.
 
 
Giorni. Settimane. Mesi. Mi hanno detto bugie su bugie, cose che non erano per niente vere: “stai per guarire”, “tra qualche giorno uscirai di qui”, ma la cosa più falsa che mi hanno detto è stata: “stai bene”. Non stavo bene, per niente. Quattro mesi in uno stupido centro di riabilitazione mi hanno trasformata in un cadavere. No, non ho più le ossa sporgenti, non peso più quarantadue chili. Sono ingrassata. Molto. Troppo. Sono un cadavere dentro, tutto questo ha solo peggiorato le cose e mi avevano detto che sarebbe passato, che è solo un periodo da attraversare con la massima calma. Ma non ci riesco, perché tutto, tutto, è perduto. Non sono più una modella, adesso non sono più nessuno, mi dimenticheranno e l’ho sempre saputo, ma ho fatto finta di niente. Sapevo che sarebbe andata così, ma credevo davvero di poter fare la differenza? Credevo davvero di poter essere diversa? Di vivere una vita del genere senza pagarne il prezzo? Tutta la bellezza di questo mondo non ti autorizzerà mai ad essere diversa. Se fai parte di questo, devi soffrire, devi crescere. Venti anni sono come quaranta e alla prima imperfezione, ne trovano una meglio di te e tu rimani lì, con cinque chili in meno e i capelli che ti cadono dalle troppe acconciature provate su di essi.
«Miley, sei pronta?» chiede l’infermiera, spalancando rumorosamente la porta. Annuisco afferrando il manico della mia pesante valigia, la stessa che mi accompagnò alla mia prima sfilata. Sorrido a quel pensiero ed esco dalla stanza, correndo verso l’ingresso. In lontananza, la mia vita, la mia vera vita.
«Mamma!» lascio la valigia non so dove, abbracciando forte mia madre, la donna più bella del mondo. Mi è mancata così tanto.
«Piccola, stai bene?» chiede in lacrime.
«Si, grazie.» sussurro felice, affrettandomi a salutare papà. Non l’ho mai visto così contento in vita mia.
«Non dirci che ti sei dimenticata anche di noi!» voce familiare, ironia pure. Mi volto e vedo quei tre ragazzi che hanno fatto finta di dimenticarmi per circa un mese.
«Demi!» corro verso di lei, stringendola più forte che mai. Non è cambiata per niente, stesso profumo, stessi capelli, stessa bellezza. Gli altri due si uniscono a noi, e poco dopo, i loro genitori, che sono qui per me. Credo di non essermi mai sentita più bella di adesso, per quando la copertina può farti sentire importante, adesso mi sento davvero bella e amata. Eppure credo di essere un mostro adesso, voglio dire, sono struccata, ho dei vestiti presi a caso e sono appena uscita da un ospedale, il mio aspetto dev’essere orribile, eppure, credo di non essermi mai sentita meglio.
«Ci sei mancata troppo.» dice Nick prendendomi per i fianchi. «Sei bellissima.» nessuna copertina può competere con i suoi complimenti, i suoi saranno sempre più importanti. Lo bacio, stringendolo come solo una persona può fare dopo quattro mesi di internamento.
Continuo, salutando i genitori dei Jonas, ovvero la mia seconda famiglia.
«Andiamo a casa?» chiede papà, indicando la macchina. Annuisco e faccio cenno agli altri di raggiungere l’auto.
 
Entro in casa, la mia casa. Sempre la stessa, forse cambia il colore delle tende e il profumo, che adesso è più fresco. Sorrido.
«Sei contenta?» chiede mamma aprendo le finestre.
«Moltissimo.» mi butto sul divano e accendo la televisione, proprio come facevo ogni giorno dopo scuola. Il canale trasmette un telegiornale. Ho sempre odiato i tg, eppure non riesco a non guardarli. Fisso lo sguardo sulle immagini che trasmette, rendendomi conto che parlano proprio di droga, o meglio, di Jessie.
Leggo le parole “diciottenne morta per overdose” lentamente, sperando siano solo frutto della mia immaginazione. Il suo corpo sottile è brutalmente gettato sull’asfalto, vedo. Le braccia e le gambe scoperte –indossava sempre abiti succinti abbinati alle sue solite Converse- sono piene di lividi e buchi da puntura. Anche uno stupido ci arriverebbe, è overdose.
«Povera ragazza.» commenta mamma, anche lei attenta al telegiornale.
E in un attimo, mi ritrovo in lacrime. In fondo, era solo una bambina. Diciotto anni, praticamente la mia età. Ho tre anni in più a lei, ma la sua intelligenza ne dimostrava trenta. Invece il suo corpo quattordici. Era una ragazza perfetta nelle sue imperfezioni, una tipa da capire, fatta solo per alcuni. E io mi sentivo una di loro, una di quei pochi che avrebbero potuto capirla. Ma, come dovrei sapere bene, tutto ha una fine.
 
Per la prima volta dopo la riabilitazione, il telefono squilla. Per la prima volta dopo il riabilitazione, prendo in mano il cellulare. Zero messaggi. Otto chiamate, tutte dello stesso numero. Tipico: quando sparisci dal mondo della moda, nessuno ti caga, tranne qualcuno a cui sei servito. Rispondo.
«Pronto?»
«Ciao Miley.»
«Lucas?» il mio angelo. La mia base. «Oddio, sei tu?»
«Si, Vogue, sono io.» dice a voce bassa. «Ho saputo cos’è successo, mi dispiace tantissimo.»
«Anche a me.»
«In fondo, sappiamo tutti che non è fatto per te tutto questo.» ammette, conoscendo il  mio amore per “tutto quello”. «La moda…è una bella storia, ma non è la tua storia.»
«Credo di averlo capito adesso.» solo adesso.
«Comunque, io e Tom dobbiamo parlarti di una cosa, ti andrebbe di incontrarci in centro?»
«Vorrei stare un po’ con la mia famiglia adesso, possiamo farlo domani?»
«Quando vuoi, Vogue.» lo sento sorridere.
«A domani allora.» riattacco. La sua voce, non la sento da più di quattro mesi. E pensare che lui è l’unico che si salva in quel posto di merda. Mi è stato così vicino per tutto il tempo, non avrei mai dovuto allontanarlo da me. Non avrei dovuto allontanare nessuno da me, anzi, avrei dovuto allontanarmi io da quello schifo. 
  
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