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Autore: Sae    26/11/2007    7 recensioni
“Quando ti ho rivisto, la prima volta a Digiwold… rivedevo dentro di me il bambino che voleva sapere a tutti i costi se i dinosauri camminassero scalzi dentro casa.” Gli occhi cerulei si specchiano in quelli arrossati del fratellino che lo ascolta, ancora senza dire nulla.
“Ma poi… mi sono accorto che non avevi più bisogno di me. Delle mie storie. Della mia voce.”
dedicata alla mia amica DarkSelene89 ^^
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Yamato Ishida/Matt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano giorni sbagliati

 

 

 

 

 

[ I digiprescelti sono lì, nel cortile della scuola.

È un’innocua giornata di novembre, davvero.

Sora è al suo fianco, è tranquillo.

Davvero.

Quella mattina è una semplice mattina come tante a Odayba.

Izumi che arrossisce di fronte a Mimi che gli offre la colazione… Miyako che invece fa ridere di cuore Ken. Daisuke che litiga con il sacchetto del suo pranzo. E Sora che sta di fianco a lui.

È tutto normale.]

 

 

 

 

 

“Umph.”

 

Un lieve sbuffo che rompe gli schemi ed eccolo che si aggroviglia di nuovo fra le coperte.

Combatte contro il piumone.

 

“Potresti stare fermo per cinque secondi?”

 

 

Voce rauca che arriva inaspettata e che lo fa sussultare. Non è abituato ad averlo vicino. 

E poi ha la febbre e non riesce a dormire tranquillo e soprattutto non ragiona bene. La testa gli scoppia e non risponde; in cerca di parole che possano salvare il suo orgoglio.

“Non è colpa mia, se ti hanno spedito qui.”

Non si volta a guardarlo consapevole di quello sguardo ceruleo sulla sua schiena.

 

“No, è colpa tua se ho il morbillo!”

 

Yamato si volta scocciato e Takeru si riavvolge le coperte spostate dai movimenti insofferenti del fratello.

“Oh, onorato di avere di questi poteri.” Sbotta indifferente.

Takeru soffia. “Non volevo dire quello lo sai…ooh…- è una frase che sa di scuse ma, si riscuote pensando alla furiosa litigata avuta con lui due giorni prima.- Senti, tu vuoi guarire. Io anche, quindi sta fermo altrimenti, non farai che aumentare solo il prurito muovendoti e la nostra febbre.”

 

“Bene.”

“Bene.”

 

Due bambini.

Due voci roche.

 

Yamato Ishida cruccia le sopracciglia.

La testa gli scoppia e gli pulsa sempre più forte. Il battito del suo cuore aumenta, intanto che il respiro del fratello e il suo, sono gli unici suoni che riempiono la stanza.

 

Poi Takeru, rompe quel ritmo che sa di vita facendo del rumore –intenzionale?- con un bicchiere d’acqua e Matt si volta per primo a guardarlo. I puntini, quei stessi puntini rossi, sono sparsi su entrambe le facce e per un attimo si morde il labbro per impedirsi di ridere.

Iridi che ne osservano altre per un po’… in quello spazio: pupille dello stesso colore….

Ma…c’è qualcosa che lo blocca: ancora ripensa a quel discorso mai terminato tra di loro, ancora, sospetta di essere solo una delle tante persone che compongono il gruppo dei mitici digiprescelti per lui.

 

<< E non sono niente di più.

Per te, io non sono niente di più.

 

Non sono un fratello.

 

Tutto questo non è essere un vero fratello maggiore. >>

 

Tossisce e gli ridà la schiena.

Senza aggiungere altro.

 

Stavolta Takeru lascia correre e si avvolge di più tra le coperte di quel letto a due piazze; dove due fratelli condividono la stessa malattia: trattasi di solitudine.

 

A volte è più facile restare da soli che cercare invece di aprirti con qualcuno. Questo lo sa Yamato, questo lo sa Takeru.

 

 

[…Se non fosse, poi per la risata cristallina di Takeru che abbandona le sue labbra.

Ma è davvero normale, sentirlo ridere così, specialmente se sta parlando con Taichi e con Hikari.

È anche normale se Tai gli batte una mano sulla spalla, fraternamente, scatenando le gelosie di Davis. È assolutamente una giornata e una cosa: normale, quella.

Già, ma si morde il labbro. Sbuffa, ricevendo un’occhiata interrogativa da parte di Sora.

“Yama, va tutto bene?”

Si, che domande che fai mia piccola ragazzina.

“No, per niente.”

Rispondi il contrario, catturando l’attenzione di quelle iridi cerulee che adesso ti squadrano.

“Cos’hai Matt?”

Te lo chiede, con il tono più normale del mondo.

 “Nulla che ti riguardi.”

Sai, di farlo soffrire rispondendogli così ma, è l’unico modo che hai per attirarlo verso di te.

“Yamato!”

La voce di Sora cerca inutilmente di riportarti alla realtà. Ma tu non l’ascolti, occhi attaccati in altri azzurri.

“Ehy, Yama che diamine ti prende?” Taichi, anche lui ti parla.

Ma tu noti solo quel volto-così simile al tuo- crucciarsi.

“Lascia stare Tai. Vuole solo litigare.”

Ti ha capito, malgrado lui non ti conosca così bene -come ammettete entrambi.

“Già lascia stare Tai, continua a parlare con lui. Fagli questo favore.”

T.k stringe i pugni e vedi la rabbia farsi strada sul suo viso.

“Senti, se hai qualche problema non sfogarlo su di me, chiaro? Stammi lontano!”

Come al solito si dimostra sempre lui, il più maturo tra voi due.

Quanto lo ammiri e non gliel’hai mai detto.

“Bene.”

 Ti siedi sul muretto e lui si morde il labbro, cos’è…

 c’è tristezza, adesso in te, Yamato? Chiudi gli occhi interrompendo quel contatto visivo tra voi.

“Perfetto.”

 Senti solo i suoi passi allontanarsi da te e il silenzio cala pesante su quella scena.]

 

Takaishi Takeru.

Da piccolo chiedeva sempre a sua madre perché non poteva dire “Ishida.” Non lo capiva davvero e voleva riuscire a districare il gomitolo che si celava dietro a quella semplice domanda. E la risposta lui non l’aveva mai avuta e forse nessuno, tutt’ora, avrebbe potuto dargliela.

Perché devono creare una famiglia per poi distruggerla così?

[“Mamma, dov’è Papà.”

Nessuna risposta, lei continua a fabbricare in cucina. Occhi dal taglio femminile sull’insalata verde.

“Mamma…?”

E le lacrime bagnano quel tagliere di legno. Tu, sussulti, tu bambino, non avresti dovuto vedere quella tristezza.

“Mamma…” un soffio e ti aggrappi alla sua vestaglia blu.

“Perché…piangi.”

“Non è niente sono le cipolle… piccolo mio. Sono solo le cipolle.”]

 

Ma lui dentro di se sa, che non puoi costringere due persone ad amarsi, non puoi relegarle a una vita piena di bugie.

Lui in fondo, non riusciva ad essere così spudoratamente egocentrico… ma l’egoismo –del tutto diverso- avvolte è più forte e così gli capita di prima mattina, vedendo Hikari ridere serena con Taichi, gli capita di chiedersi: << Perché non posso parlare così con Yamato? >> .

 

Un enorme nodo gli si formò alla gola.

 

Sapeva di essersela cavata, tutti questi anni senza di lui.

E Non aveva senso.

 

Ma del resto neanche ritrovarsi ora lì, in quello stesso letto, ha molto senso.

 

<< Già. >>

 

Sua madre, l’aveva imbacuccato e portato lì. Lei non poteva accudirlo, meglio dire, che non voleva lasciarlo solo con quella febbre… ma non sapeva  che anche il padre era una figura assente. Magari era più furba di quello che supponeva – chissà- il suo sesto senso di madre, l’aveva avvisata della forte discussione avuta con Yamato?

 

E poi comunque sia, Matt è troppo complicato per capirci veramente qualcosa.

Se lui si nasconde con sorrisi che, come dice Daisuke, per rimbeccarlo, sono “stucchevoli”; bhè, il fratello si nasconde nel silenzio.

 

Osserva di nuovo quella schiena. Mani che stringono il piumone.

 

<

Sei ingiusto. Potresti parlarmi anche solo per sbaglio, magari ti potrei passare il termometro –che ho io- sempre per sbaglio.

 

Perché io e te non abbiamo colpe, giusto?

 

Non è colpa mia se tu non conosci il mio colore preferito. Non è colpa tua se io non conosco il tuo telefilm o la tua canzone preferita.

 

Ma allora perché fai così?

Perché non mi parli?

Sei tremendamente e maledettamente ingiusto.>>

 

Si addormenta con quel pensiero nella mente e al suo risveglio ritrova di nuovo quella schiena, lì dove l’aveva lasciata. Gli sembra di aver dormito per chissà quanto… ma invece aveva ronfato solo per mezz’ora. Il tempo non passa. È amaro scoprirlo.

 

Yamato dà un’occhiata alla radio sveglia. Lampeggia dovrebbe regolare l’orario. Ecco un’altra cosa da fare, scritta sulla sua lista, che si moltiplica.

 

La schiena urta contro quella di Takeru. Per un po’ rimangono così ad ascoltare il respiro dell’uno e dell’altro.

 

“Hai sentito Taichi?”

 

La domanda roca, per colpa di quel catarro, non fa piacere a Yamato. Anche se era una domanda per rompere quel silenzio e per cercare di parlare un po’. Scocca la lingua, infastidito.

 

“No, non l’ho sentito il tuo fratellone.”

 

La risposta arriva così, secca e Takeru sobbalza involontariamente. Lo guarda stupito, scruta quella dannata schiena.

“Cosa?”

Matt scuote il capo, sospira. “Niente.”

 

Takeru si solleva sui gomiti, la sua fronte continua a scottare. “Cosa hai detto, Yama…?!” Glielo richiede piano e una leggera speranza si fa avanti negli occhi chiari.

“Niente. Non l’ho sentito a Taichi.”

“Non avevi detto esattamente così.” Glielo rinfaccia; è senz’altro più bravo il piccoletto con le parole.

 

“Takeru, dormi, con la febbre avrai sentito male.”

Abbassa gli occhi. Ennesima delusione provocata dalla speranza. Yamato non può essere geloso di Taichi / Taichi Yagami è il suo migliore amico.

 

“Già.”

 

Matt sospira controllando la sua temperatura sul termometro a mercurio. La medicina cominciava a fargli effetto. 

Sente il corpo del fratellino rabbrividire al suo fianco. Scuote il capo passandogli il termometro.

“Tieni.”

 

Non aggiunge altro, e sa benissimo che non dovrebbe fare così… lui è il più grande ma, si comporta come un bambino immaturo.

Hai paura dei legami, Matt?

 

“Scusami.”

 

Quelle parole fermano il continuo movimento tra le lenzuola di Takeru, che ora ti guarda sconvolto.

“Cosa?”

Non ti giri a guardarlo, non ora.

“Per quello che è successo nel cortile. Io… io ero nervoso.”

Lo senti, sorride, lo percepisci.

“Non fa niente.”

 

<< Eh già.

Tu sei sempre stato così.>>

 

[“Matt, non mi piace il buio. Proprio non mi piace.”

Quattro anni e una stanza scura, troppo per i gusti di un bambino.

“Posso…? Ecco posso…”

Yamato gli sorride, facendolo sedere sul suo letto. Ingoi prendi coraggio.

“Cosa c’è Tikei?”

Ti guardi imbarazzato le mani paffute.

“Posso dormire con te Fratellone?”

“Va bene. Vuoi che accendiamo la lampada?”

“urg…Si.”

Matt si avvicina alla lampada della scrivania. Prova ad accenderla…ma la lampada non risponde.

“Uh…Take si è fulminata…Non fa niente?”

“No, basta che ci sei tu…e nonfaniente!”]

 

“Cioè…” è titubante e il tuo respiro muore in gola.

“…”

Takeru si mette seduto incapace di restare fermo in quel letto. I brividi della febbre gli raggiungono rapidamente la schiena, ma non importa. Il cuore batte rumoroso in petto.

 

È un cuore malato.

 

“Perché l’hai fatto?”

 

Matt si morde il labbro, schiena che rimane ferma e congelata in quella parte del materasso.

 

“Perché mi hai ferito? Non dirmi che non lo sai… ci deve essere una ragione.”

Il silenzio è la più innocua delle risposte.

 

Ma Takeru Takaishi a sedici anni circa, è stanco di quei silenzi.

Si accorge di tirargli lievi pugni sulla schiena per farlo voltare, l’ira e la tristezza che solerti gli dipingono il volto. Sa perfettamente che la sua voce è incrinata da quei sentimenti e che è roca ed aspra per la febbre.

 

“Dannazione…SEI…sei…INGIUSTO MATT!!”

 

Yamato lo guarda confuso ma non fa nulla per evitare quei colpi, sente di meritarli.

Lo sfogo arriva. Sempre meglio del silenzio.

 

 “Sei…un maledetto…ingiusto… io… io non voglio questo!....Cerco sempre di essere sorridente…di non fare mai nulla di stupido...perchè voglio che tu possa essere orgoglioso di me… perché tu sei così maledettamente indifferente ed io….”

 

Si blocca e le lacrime non fanno rumore bagnando a mano a mano il materasso.

 

Lo so. Io… ti do fastidio. E vorrei davvero non dartelo…- batte quel pugno sul materasso che produce solo un lieve rumore di molle.-…Per questo rispetto l’amicizia con Tai…! Che è tutto per te, rispetto Sora, che sicuramente ti conosce meglio di chiunque altro… rispetto i tuoi amici, la tua musica…!! E sono consapevole che questo ormai è il nostro rapporto!”

 

Esita boccheggia, le iridi si guardano intorno non riuscendo a fermarsi in un punto ben preciso.

Poi arriva la sicurezza nella voce dell’altro.

“Continua.”

Sicurezza che lui sa di non aver mai avuto. Gliela invidia quella sicurezza. E così continua il suo monologo, perché ora tocca a lui ferirlo.

“Io sono la macchia del tuo passato, Matt.”

 

E la verità sgorga da quella ferita mai richiusa. La testa scoppia a entrambi e i loro corpi vorrebbe solo del riposo… ma le loro anime sorde, urlano  risposte, nel vuoto di quel pomeriggio.

 

“Ti faccio ricordare cose che non vorresti ricordare. Capita anche a me quando ti guardo sai? Di vederti ancora mentre mi insegni ad andare in bicicletta… Te lo ricordi? A me… a me sembra ieri.” La voce si fa dolce e gli occhi arrossati cercano di guardare il piumone piuttosto che quel volto così famigliare.

 

“Io. Ti provoco dolore.”

È amaro. E le stille salate arrivano a bagnare anche il braccio del maggiore degli Ishida.

 

“E vorrei non dartene, vorrei che anche io non provassi più quel dolore guardandoti ma…”

 

“Ma io… non ho colpe. Non è stata colpa mia se ti sei ritrovato senza una madre. Non è stata colpa tua se io non ho mai avuto un padre. Non è colpa mia se tu…”

“Dillo.” Non riesce ad afferrare il suo tono.

La testa gli scoppia e non filtra più i pensieri, ma sa come concludere.

 “Se tu non mi parli neppure.”

 

Il silenzio torna di nuovo, e Takeru si asciuga gli occhi rossi dandogli le spalle, accoccolando la testa su quel cuscino, desiderando ardentemente di diventare invisibile.

 

Non ha il coraggio di guardare Matt.

 

Ma probabilmente se l’avesse fatto si sarebbe accorto che anche lui stava piangendo, silenzioso come al solito.

 

Sente solo il suo peso sollevarsi dal letto. Sente i suoi passi febbrili andare verso la cucina.

E non può fermarlo. Anche se vorrebbe.

 

Stringe di più quel cuscino e le lacrime tornano copiose… quando si accorge che quel cuscino ha il profumo di suo fratello.

Odore che avrebbe riconosciuto ovunque.

 

È verde.

Quel piatto è verde.

Sistema per l’ennesima volta i fazzoletti sul vassoio. Eppure lui non è un tipo ordinato. Sa tenere le sue cose al posto giusto. Tutto qui, ma non si potrebbe definire ordinato, basta vedere quella cucina per rendersene conto.

Non è una delle solite ricette della bisnonna, ma; oramai è ora di cena e  anche se sa perfettamente che la febbre non gli è passata e anche che fa una faticaccia indicibile a rimanere in piedi…spera davvero che basti.

 

Avanza con quel vassoio in mano, l’equilibrio è un po’ precario e affretta i suoi passi verso il letto.

 

Takeru non dorme, si è svegliato da poco e stavolta tocca a Matt, rimirare la sua schiena.

Cerca di pronunciare qualcosa.

Ma non sa cosa dire.

 

Gli batte una mano sulla spalla e contrariato sente uno sbuffo scuotere quella figura. Ma lui non è come te. Si volta i capelli arruffati, il segno del cuscino sul volto. Gli occhi lucidi. Dei puntini rossi che gli decorano il corpo.

 

Lo vede sgranare gli occhi davanti a quel vassoio, che contiene due piatti, un paio di tovaglioli e due bicchieri.

 

Le parole possono aspettare e Yamato afferra il suo cucchiaio.

“Non… so…come siano venuti.”

Gli sembra terribilmente stupido parlare di quella pietanza nel piatto apposto di discutere di quel muro invisibile che c’è tra loro.

 

Lo vede crucciarsi, probabilmente ha pensato la stessa cosa. E lo vede piegare le labbra in una smorfia di disgusto.

 

Se al suo posto ci fosse stato Tai, la situazione sarebbe stata diversa. Ingoia amaro stringendo di più il manico di quel cucchiaio gelato.

 

“A me non piacciono.”

 

Un’espressione interrogativa ti fulmina e lui ti osserva un po’ contrito.

 

“A me non piacciono i cavoletti.”

I piatti continuano a fumare davanti a loro.

“Ma che dici?”

 

Lui prende il suo cucchiaio con un sospiro, riportando gli occhi sul piatto verde.

“Si, non mi piacciono soprattutto lessi, sono disgustosi.”

 

La voce è rauca ed è una voce di chi ha pianto.

Ma Yamato sorride.


“Forse non lo ricordi.” La medesima voce con il  medesimo difetto, risuona nell’appartamento.

“Ma a te piacciono i cavoletti di Bruxelles.”

 

Il più piccolo lo guarda dubbioso.

“Quando eri un bambino… e non volevi mangiarli… io per farteli mangiare, ti dicevo che era l’erbetta dei dinosauri.”

 

È imbarazzato nel dare quella spiegazione. Il vassoio è ancora lì appoggiato sul letto, con quei piatti caldi.

 

“Da allora mi chiedevi sempre quando la mamma sarebbe andata nell’orto dei dinosauri. Ti eri fissato, con quella storia.” La voce sembra quasi lontana persa in ricordi senza tempo. Takeru batte le palpebre silenzioso.

“Si, mi chiedevi se l’acqua che bevevamo era la stessa dei dinosauri, o se i Dinosauri preferissero di più la doccia o la vasca per fare il bagnetto.”

Sorrideva il fratello maggiore rapito dallo scorrere del tempo.

“E quando non ti rispondevo abbastanza bene… ti arrabbiavi, mi mettevi il broncio per un po’.. prima di ritornare alla carica con le tue domande. E quando mi esaurivi, ripetevi che non faceva niente se non sapevo le risposte. Volevi solo sentire la mia voce.”

 

Il discorso prende una piega che non si aspettava. Tocca a lui sfogarsi discreto come al solito.

 

“Quando ti ho rivisto, la prima volta a Digiwold… rivedevo dentro di me il bambino che voleva sapere a tutti i costi se i dinosauri camminassero scalzi dentro casa.” Gli occhi cerulei si specchiano in quelli arrossati del fratellino che lo ascolta, ancora senza dire nulla.

“Ma poi… mi sono accorto che non avevi più bisogno di me. Delle mie storie. Della mia voce.”

 

“Ed ora, quando ti guardo, non posso far altro che pensare, che sei cresciuto bene senza di me.”

 

L’ombra di un sorriso si fa largo sulle labbra. E quelli nel piatto erano solo semplici cavoletti lessi dal quale stava prendendo vita un discorso troppo complicato, per lui.

 

“E ne sono orgoglioso. Sono orgoglioso di te davvero ed io. Io… mi dispiace. Se ti ho ferito è perché al tuo contrario sono geloso del legame che puoi avere con Tai. Sono geloso del fatto che tu, ti confidi con Izumi o con Iori.”

 

Si morde il labbro mentre il mal di testa sembra sparire leggermente.

“Tu non hai colpe se i nostri genitori hanno divorziato.”

Matt lascia il cucchiaio lo guarda indeciso se continuare o no quel discorso.

 

“L’unico che ha colpe qui sono io.”

 

Lo blocca, il fratellino stava per parlare, ma basta un sorriso per farlo immobilizzare.

 

“Non sono stato un buon fratello maggiore. In questi anni, cresciuti l’uno con l’assenza dell’altro… ci hanno levato qualcosa di importante e mi rendo conto, che non ho fatto nulla per impedire che il nostro rapporto venisse soggiogato dal tempo. Il dolore che provo è questo, quando ti guardo. Non è una sconfitta del mio orgoglio senza fondo… è diverso.- posa i suoi occhi sulle tende della finestra.- È un dolore che parla del tempo che è passato, del fatto che io non ti sia stato vicino in questi anni.”

 

“Ed… Erano giorni sbagliati quelli passati senza di te.” Fece una pausa, la voce rompe il silenzio sereno che si era venuto a creare. “Ti chiedo scusa se ti faccio innervosire. Se ti parlo col silenzio, se non sono edito a gesti d’affetto plateali…  Ma sono fatto così, Tikei.”

 

“Io non parlo molto. Parlo pochissimo. Eppure… so che se c’è, una sola persona capace di capirmi con uno sguardo:… quella persona Takeru: sei tu.”

 

“Può sembrare assurdo, soprattutto dopo quello che ci siamo detti. Ma è così. Sei la persona più simile a me. - guarda i piatti verdi lì sul vassoio di legno.- Sei il mio legame di sangue e al quale io non posso rinunciare.”

 

Socchiude gli occhi.

“Sei tu la mia famiglia. E una famiglia non si cambia è più forte di qualunque cosa, della musica, dell’amicizia, del tempo, dell’amore.- E la voce esce un po’ tremolante all’inizio per diventare poi pacata e sicura.- Nessuno, nessuno mi può allontanare dalla mia famiglia.”

 

Un abbraccio interrompe altre parole e Matt sente un improvviso calore avvolgerlo da capo a piedi. Ricambia la stretta, gli occhi lucidi mentre il più piccolo singhiozza.

“Perdonami.. tu Matt!! Sono uno stupido…! Non è vero… sei stato un buon fratello per me sei tutto per me…  tu sei la mia famiglia!” La voce è rotta dai singhiozzi e Yamato gli accarezza il capo sorridente. “Ed io… anch’ io ho bisogno della mia famiglia!” È un sussurro e Matt si ritrova ad asciugarsi le lacrime.

 

Rimangono abbracciati.

Ed il mal di gola che aumenta, gli occhi che bruciano, la febbre che è ancora persistente… quelle macchie che decorano entrambe le facce… ma i cuori, oh i cuori finalmente sereni.

 

[“Rimane il fatto che a me i cavoletti non piacciono.”

“Guarda che come li faccio io i cavoletti non li fa nessuno!”

“Stai tentando di avvelenarmi… Aaah…ma lo sai che sei davvero ridicolo con quelle macchie?”

“Ehy, ma ti sei visto alla specchio?”

“Perché c’è uno specchio in questa casa?”

“Specchiati nella mia chitarra và, e guarda che bella faccia da dinosauro con le macchie che hai.”

“Ahi! Povero me dove sono capitato…ma che mal di gola!”

“Per forza, non hai fatto altro che strillare come una femminuccia per tutto il pomeriggio.”

“E tu hai gli occhi rossi o sbaglio? Gran d’uomo hai pianto, vero??”

“Non risponderò ad altro.”

“Yamato…”

“Eeh?”

“Ti voglio bene.”

Matt sospira coprendosi con il piumone.

“Anch’io. Takeru.”

“Bhe, però la prossima volta che vuoi che te lo dica… ti prego non attaccarmi la febbre, per farmi venire da te!”

“Brutto..!”]

 

 

Fine

 

 

<<<

 

Si.

Non so nemmeno io che diamine di significato abbia.

Le parole contenute e messe a sinistra sono dei flash back…e adverb @_@ ed ondeggiano tra passato e presente…

E probabilmente manca qualcosa nella parte centrale: il passaggio dai pensieri di Takeru a quelli di Yamato è troppo veloce e perciò non si capirà molto. Ma this’is: è uscita così, così doveva uscire ^^.

 

Anche perché tutto è nato da un’espressione usata da me e da DarkSelene89Noemi: Cavoletti di Bruxelles.

 

E questa fan fiction è proprio per te, DarkSelene _chan!! Cavolo XD noi che siamo figlie uniche ci dobbiamo pur consolare con questi due bellissimi fratellini, no?^^ ti voglio bene e ti ringrazio ancora per lo splendido regalo che mi hai fatto ^_- ! Spero che questo ti piaccia!

 

Ma un saluto d’obbligo va alla mia sorellì, Memi, alla mia amica HikariKanna, Sora89 (voglio adottare anch’io un digiprescelto !!),Kari89, Elisa, Valefantasy94, la mitica Smartgjrl, la mia Noemi… e se ho dimenticato qualcuno chiedo scusa… insomma a tutti voi che mi recensite e seguite!

 

Bacioni

 

Yours Sara

 

 

 

  
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