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Autore: ClaireCarriedo    08/05/2013    2 recensioni
La vita ci riserva sorprese ad ogni respiro, una lezione che Raquel non ha ancora imparato nonostante l'età. Un inizio un po' turbolento darà solo il via ad una serie di situazioni imbarazzanti, stupide e comiche.
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" Sì, la vecchia doveva aver decisamente allungato l'occhio verso il contenuto della scatola. La cosa in un certo senso la turbò, ma ben presto le divenne molto utile.
«Li vuole? Altrimenti li butto.»
«Pure che li butti, chi ti fa credere che non proverò a recuperlarli dal secchione. Da' qua.»
E con questo allungò il tutto verso l'anziana signora, che arraffò il bottino quasi leccandosi i baffi – e ne aveva. "
Genere: Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PRÓLOGO

 

 

«Fidarsi degli uomini è già farsi uccidere un po’.»
Louis Ferdinand Cèline

 

 

 

Maggio.
Il sole splendeva per le vie di Barcelona. Le sfumature vivaci della città erano illuminate all'inverosimile facendo sembrare le strade come vigorose pennellate di colore.

A questo Raquel stava pensando mentre faceva scorrere i propri occhi lungo Plaza Catalunya.
Eldora aveva insistito per fare una passeggiata da quelle parti. Era uso della ragazza trascinare l'amica in quel posto quando le voleva dire qualcosa di importante, ma ancora non si era arrivati al discorso vero e proprio, cosa che stava pian piano facendo innervosire la curiosa Raquel.
«... e poi l'ho fulminata con lo sguardo e si è totalmente zittita.»
Entrambe scoppiarono a ridere immaginando la scena, ma ancora non si parlava seriamente, per questo la bionda prese la parola non riuscendo più ad aspettare oltre.
«Ok, ma adesso dimmi perchè mi hai portata qua! È da mezz'ora che rimandi.»
«Hai ragione, scusami.»
Nonostante questo la ragazza non iniziò affatto a parlare chiaramente, anzi rimase in religioso silenzio per qualche altro minuto, guardando davanti a lei con l'espressione di chi aveva un gran rospo da mandare giù e nessun modo per addolcire il boccone.
«Eldora!»
«Si, si! Perdonami.»
Detto questo smise di camminare e si girò in direzione dell'amica.
«Non trovo un modo giusto per dirtelo, non vorrei che iniziassi a dare in escandescenza, ma non riesco più a tenere questo pensiero per me.»
«Mi stai preoccupando...»
«Ma non devi! O meglio... ecco.» scosse la testa facendo scivolare una mano lungo il viso «Ok, per cominciare: dove hai detto che si trova Hector in questo periodo?»
«A Bochum. Perchè me lo chiedi?»
Raquel si stava seriamente preccupando, forse era successo qualcosa al proprio compagno e lei non sapeva nulla. Perchè Eldora esitava così tanto?
«Sicura?»
«Si! Per favore, parla con chiarezza!»
«Certo, ne hai tutto il diritto. Ecco, Raquel, è da un po' che ci penso ma, non ti è mai venuto alcun tipo di dubbio? Voglio dire...» si avvicinò alla bionda prendendole le mani stringendole forte tra le sue «... lui è così spesso fuori per lavoro mentre ti lascia qui ad aspettarlo. So che ti fidi di lui, ma io no.»
L'amica rise teneramente guardando l'altra. La notizia non l'aveva turbata per niente, ma capiva la preoccupazione di Eldora.
Hector andava spesso all'estero per alcuni meeting di lavoro, certo lei avrebbe preferito vederlo un po' di più, saperlo più presente, ma si fidava di lui.
«È ovvio che non mi piaccia l'idea che lui stia via così tante volte, ma se non mi fido di lui in questa situazione, come posso sperare che faccia la stessa cosa con me?»
«Si, ma lui è fin troppo bello e ben poco presente per raccontarmela giusta. Ti fa troppi regali, come se avesse qualcosa da nascondere e tra l'altro ti chiama così di rado! Lo sai che lo dico per te, non vorrei che ti spezzasse il cuore.»
«È molto dolce da parte tua, lo apprezzo davvero. Ma ancora una volta: mi fido di lui.»
Eldora tornò per qualche frazione di secondo la classica donna sarcastica che Raquel ammirava tanto.
«Per me ti sei bevuta il cervello, condito con tutto l'amore che provi.»
«Grazie, eh.» arricciò di conseguenza il naso, facendo una smorfia divertita ma al contempo infastidita.
Non era un mistero che le proprie amiche non apprezzassero affatto il modo in cui si era sviluppata la relazione tra lei ed Hector. Fin dall'inizio avevano manifestato il loro disappunto facendole notare anche il più piccolo sbaglio da parte dell'uomo.
Raquel le capiva davvero, ma per una volta che si era innamorata seriamente avrebbe preferito venir appoggiata dalle persone alla quale teneva di più.
In ogni caso, lasciò che il discorso sfumasse, nonostante notasse ancora il turbamento dell'amica.
Ricominciarono quindi a passeggiare riprendendo a chiacchierare di cattive conoscenze.

 

 

Quella stessa sera aveva optato per una scialba insalatina. Il suo frigo era quasi vuoto e non aveva proprio pensato a fare la spesa prima di tornare.
La casa era così silenziosa, gli unici rumori che riusciva a sentire erano il ticchettare dell'orologio alla parete ed il proprio masticare.
Nonostante tenesse il cellulare accanto al piatto sapeva che nessuno l'avrebbe chiamata. Questo le fece pensare alle parole pronunciate da Eldora la mattina.
L'amica non aveva tutti i torti, Hector la chiamava molto poco e quando lo faceva le diceva che si era intrattenuto ad una delle tante serate tra colleghi e si scusava per non essersi fatto sentire.
Raquel sapeva di essere, forse, fin troppo accecata dall'amore per lui ma la loro storia era stata una ventata talmente fresca nella sua vita, che non voleva vederla sgretolarsi per niente.
Alla fine Eldora era riuscita a metterle “la pulce nell'orecchio” e quella cena solitaria stava diventando più pesante del solito.

Per questo decise di abbandonare il piatto, ancora mezzo pieno e di affondare con il sedere sul proprio divano. Forse guardare la televisione l'avrebbe aiutata a non pensarci.
Si dovette ricredere nello stesso momento in cui accese la tv.
Il primo canale che vide parlava di tradimenti scoperti in diretta mondiale. Zap. Nel secondo canale trovò una fiction: una donna sulla trentina stava piangendo disperatamente perchè il proprio uomo era scappato con un'altra. Zap. Nel terzo canale due giovani elencavano tutti i problemi che si possono riscontrare in una relazione a distanza. Zap.
La situazione si protrasse per almeno un'altra decina di canali, tanto che alla fine Raquel decise di spegnere il televisore lanciando il telecomando in aria facendo uno sbuffo irritato.
«Decisamente di poco aiuto!»
Il cellulare era rimasto sulla tavola della cucina, l'abitudine l'avrebbe fatta alzare ed andare a recuperarlo per vedere se lui l'avesse cercata anche se sapeva che sul dispay non avrebbe trovato proprio nulla.
«Mi mancava solo Eldora e il suo dubbio...»
Non che lei non ci avesse mai pensato, ma si fidava di lui, dell'amore che provava per lei e l'affetto che le dimostrava.
Raquel e Hector si conobbero due anni prima in museo d'arte contemporanea e design.
Lui era lì per lavoro, doveva concludere un affare per l'utilizzo di alcuni oggetti esposti e diffonderli sul mercato; lei era lì in quanto rappresentate (insieme ad Eldora) della Gìron Graphics.
Uno sguardo, un sorriso timido, lui le si era avvicinanto azzardando un discorso serio riguardo ad un paio di arancie di plastica attaccate ad una tela bianca, le aveva porto un bicchiere di spumante ed avevano continuato a commentare alcuni dei quadri fino a quando lei non si era dovuta allontanare.
Si videro di nuovo all'uscita e finalmente si presentarono. Raquel ricordava quel momemento come infinitamente imbarazzante, perchè i due avevano parlato molto ma fino a quel preciso attimo non sapevano il nome l'uno dell'altro.
Hector l'aveva colpita moltissimo e all'istante: alto, un fisico allenato ma non eccessivamente, i capelli neri con qualche spruzzata di bianco qua e là, la barba curata che gli copriva il viso e quei grandi e profondi occhi scuri.
Da quella sera si videro altre numerose volte fino a fatidico giorno in cui lui – nel tentativo di farla tacere per qualche secondo – l'aveva baciata appassionatamente sotto la pallida luce della luna spagnola.
Con questo bel ricordo (a discapito dei brutti pensieri alimentati dai dubbi dell'amica) se ne andò a dormire cercando di non pensare oltre e tornare, almeno mentalmente, alla tranquillità che l'aveva sempre circondata.


Il giorno seguente svolse ogni suo compito nella completa routine. Persino la chiamata di Hector fu precisa come un orologio svizzero: a mezzogiorno spaccato.
Non gli fece domande riguardanti la sera prima, anche se sotto sotto avrebbe tanto voluto sapere. Era troppo discreta e il terrore di passare per la ragazza ossessiva le bloccava ogni tipo di “scenata”.
Ovviamente dopo quella chiacchierata non ce ne furono altre. Sapeva che lo avrebbe risentito solamente il giorno seguente.
Era appena arrivata sul pianerottolo di casa quando si rese conto di non aver fatto, di nuovo, la spesa. O si concedeva un'altra insulsa insalata, o andava a prendere qualcosa d'asporto.
Optò per la seconda scelta e velocemente scese dal palazzo e raggiunse la propria macchina.

«Mh. Speriamo solo di ritrovare posto.»
Il suo quartiere non era certo molto affollato ma si trovava comunque accanto ad un pub piuttosto frequentato, quindi non si sarebbe stupita se al proprio ritorno non avrebbe trovato posto per l'auto e si sarebbe dovuta arrangiare di un qualche inutile spazio lontano da casa.
La sua destinazione era il ristorante “La Belle Cousine”, a discapito del nome il luogo non era poi così raffinato e tanto meno di cucina francese, ma di sicuro faceva la miglior paella di verdure d'asporto.
Parcheggiò accanto al marciapiede ad una decina di metri dall'entrata, il tempo di chiudere la macchina e si avviò a passo allegro verso la porta d'ingresso.
Aveva scoperto quel ristorante proprio insieme ad Hector, ce l'aveva portata un paio di volte all'inizio della loro relazione quando erano talmente affiatati da far invidia anche agli adolescenti. Era quella fase dove lui faceva di tutto per sembrare molto più giovane ed indipendente dei suoi trentotto anni nella speranza di fare bella figura su Raquel che all'epoca ne aveva soltanto venticinque. La distanza di età tra loro era enorme, ma sin dall'inizio non era mai stata un problema.
Una volta dentro il ristorante si avvicinò alla cassa ed il primo cameriere libero le prestò la dovuta attenzione.
«Mangia qui o porta via?»
«Porto via, posso avere il menù?» come se le fosse servito! Sapeva già perfettamente cosa prendere, però le piaceva sbirciare i nomi di altri piatti, magari avrebbe preso “coraggio” ed avrebbe cambiato idea.
Il cameriere le mostrò un ampio sorriso e le porse immediamente uno dei menù prima di sparire per qualche minuto.
Prese a sfogliare distrattamente le pagine fino a trovare quella dove veniva descritta la famosa paella alle verdure. Constatò con soddisfazione che fosse sempre lì al suo posto. Poco più sotto c'era il nome di una succulenta frittura di terra che la fece entrare in difficoltà su cosa prendere per cena.
Alzò lo sguardo dal menù cercando di riflettere cosa era meglio scegliere, nessuno dei due piatti sarebbe risultato un toccasana per la salute ma... Proprio nel momento in cui stava prendendo la propria decisione vide ciò che le disintegrò il cuore in mille pezzettini.
Hector, proprio lui. Sorridente ed ignaro di tutto teneva tra le braccia una mora tutta curve altrettanto allegra.
Baci casti e baci passionali si susseguivano tra un sorso di vino e l'altro. Ognuno di questi era una stilettata al petto di Raquel che nel frattempo era rimasta impietrita sul posto.
Lo fissava insistentemente come a volersi convincere che quello non era il suo uomo, non era la persona che sarebbe dovuta essere in Germania per affari. Peccato che, quando lui si girò accorgendosi di lei, non ebbe più alcun tipo di dubbio.
«Signora, allora, cosa prende?»
Raquel si girò verso il cameriere, lo guardò per un attimo spaesata e poi chiuse il menù che aveva tra le mani.
«Niente.» disse a voce totalmente calma e controllata.
Uscì a passo pesante dal luogo incurante dell'occhiataccia che il ragazzo le aveva appena lanciato.
Si sentiva la testa pesante, il petto le faceva male come se fosse sull'orlo di piangere e singhiozzare in modo incontrollato.
Aveva fatto si e no una decina di passi sul marciapiede quando la voce di Hector la raggiunse facendole tremare le gambe dalla rabbia.
«Posso spiegarti, Raquel!»
Lei si girò, lo guardò ma non riuscì a parlare.
«So quello che stai pensando, ma ho una spie-...»
«Sta zitto.» la sua voce era ancora calma, nonostante avrebbe tanto voluto urlargli contro.
«Per favore fammi parl-...»
«No. Non c'è niente che tu possa dire che cambierà quello che visto.» allungò una mano ad indicare il ristorante «Bochum deve aver proprio delle gran belle tette! Non sapevo che la Germania fosse così piena di curve.»
Hector taceva. Era giusto così! Era nel torto! Non doveva provare nemmeno a rivolgerle la parola! Se solo avesse ascoltato Eldora prima. Possibile che fosse stata tanto cieca?
«Non ti voglio più vedere.»
«Stai facendo la ragazzina! Ho sbagliato, ma lasciami rimediare.» fece qualche passo avanti, nel tentantivo di raggiungere Raquel, ma lei si allontanò camminando all'indietro.
«Scordatelo. Torna dalla tua Germania!» detto questo, si girò di scatto ed iniziò a camminare più velocemente verso la macchina.
Non sapeva se l'uomo l'avrebbe seguita oppure se avesse ascoltato il suo ordine di tornarsene da dove era venuto, non le importava, era talmente arrabbiata, tanto che nel tentativo di aprire la macchina le chiavi le caddero di mano almeno un paio di volte, ognuna susseguita da un'imprecazione.
Nessuna lacrima, non ancora. Aspettò di essere in casa propria, di aver sbarrato la porta, essercisi appoggiata con le spalle e scivolata sopra fino a finire con il sedere a terra. Tutta la rabbia e la tristezza la colsero in una sola volta facendola singhiozzare rumorosamente con la faccia appoggiata alle ginocchia.

 

Verso le tre del mattino, dopo aver messo a soqquadro tutta casa, scese di nuovo sulla strada mentre in mano teneva una scatola in cui aveva – letteralmente – lanciato tutti i regali che Hector le aveva fatto.
Era passata dalla fase di tristezza a quella di rabbia totale.

Si avvicinò ad un secchione dell'immondizia e premette con il pedale affinchè si spalancasse. Guardò un'ultima volta tutti quei piccoli oggetti che per lei erano stati preziosi tesori.
La collana che le aveva regalato per il primo compleanno passato insieme, i biglietti del loro primo viaggio all'estero e così via...
Le lacrime tornarono a percorrere le sue guancie ma nessun singhiozzo le spezzò il respiro.
«Se ti ha fatto tanto male, perchè non lanci addosso a lui quei regali?»
Quelle parole la scosserò un po' dal proprio momento di autocommiserazione e le fece voltare il viso fino ad incrociare la figura di un'anziana signora.
Da come erano ridotti i suoi vestiti, la matassa di capelli arruffati bianchi e neri che le copriva la testa e il palese scarso igiene personale, dedusse che doveva essere una senza tetto.
«Come scusi?» chiese, allonatando il piede dal secchione e facendolo richiudere mentre con una mano si asciugava il viso.
«Ho visto che piangevi ed ho capito che ti deve essere successo qualcosa con il ragazzo.»
Però! La donna ci vedeva lungo, o forse aveva solo adocchiato quello che Raquel aveva messo nella scatola.
«È così evidente?»
«Non è che se ne vedano molto di ragazze affrante qua intorno. Quelli sono i regali che ti ha fatto, no?»
Sì, la vecchia doveva aver decisamente allungato l'occhio verso il contenuto della scatola. La cosa in un certo senso la turbò, ma ben presto le divenne molto utile.
«Li vuole? Altrimenti li butto.»
«Pure che li butti, chi ti fa credere che non proverò a recuperlarli dal secchione. Da' qua.»
E con questo allungò il tutto verso l'anziana signora, che arraffò il bottino quasi leccandosi i baffi – e ne aveva.
Raquel pensò che fosse la cosa giusta da fare. Alcune cose là dentro avevano valore e buttarle sarebbe stato uno spreco. Almeno così poteva dire di aver la coscienza pulita.
«Fattelo dire da una che ha vissuto pure troppo: quello lì non c'ha capito nulla! Qualsiasi cosa ti abbia fatto.»
Con quell'ultima frase la donna si allontanò e sparì così come era apparsa. La ragazza rimase per qualche attimo ad osservarla mentre se ne andava, riflettendo su quelli che sarebbero stati i suoi giorni di lì in poi.
Non ci sarebbe stata più alcuna chiamata a mezzogiorno, ma almeno la cosa positiva era che non avrebbe dovuto ascoltare altre bugie.
Si strinse tra le braccia e si incamminò di nuovo verso il palazzo, fino a raggiungere casa propria.
Entrò, andò verso il frigo e sbuffò.
«Domani, porca miseria, devo fare assolutamente la spesa!»

 

_____

Angolino dell'autrice:

Salve!!!
Spero che questo prologo vi abbia incuriosito abbastanza dal voler aspettare il primo capitolo (da lì in poi, la storia, sarà narrata completamente dal punto di vista di Raquel, in prima persona).
Non vi scoraggiate! So che al momento c'è veramente poco da ridere, ma la storia si deve evolvere! Questo è un passaggio importante, quello che porterà ad altre vicende sicuramente più allegre.

Sarei felice di avere una vostra prima opinione, qualche critica (seria). Per quanto io possa aver riletto questo pezzo ci sarà sicuramente qualche errore che mi è sfuggito. Magari è stupida come cosa, ma fatemelo notare! Anche mandando semplicemente un messaggio.

Se non mi vengono fatti notare gli errori, come posso correggerli?


Per ogni tipo di contatto diretto con me potete aggiungermi sul profilo facebook: https://www.facebook.com/clairecarriedo.efp?ref=tn_tnmn

Oppure mettere un bel “mi piace” alla mia pagina personale (dove tra l'altro pubblicherò i presta volto di tuuuuuuuutti i personaggi! Persino delle comparse di un capitolo!): https://www.facebook.com/pages/-Soy-ciego-y-nada-s%C3%A9-pero-preveo-que-son-m%C3%A1s-los-caminos-/416108975143232?fref=ts


Detto questo, vi saluto!

Pace e amore
Claire~

   
 
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