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Autore: ladygleek86    08/05/2013    1 recensioni
Accadde tutto così in fretta e in modo così confusionale,da sembrare uno di quei sogni che dimentichi appena sveglia.C’era qualcosa là fuori,me ne ero accorta dall’odore di sangue che impregnava l’aria e rendeva difficile respirarla senza essere costretta a tenere a bada l’istinto che cercava di avere la meglio sulla parte razionale di me.
Fu allora,proprio allora, che per la prima volta incrociai quegli occhi.
Genere: Fantasy, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Nuovo personaggio, Quinn Fabray, Santana Lopez, Un po' tutti | Coppie: Brittany/Santana, Puck/Quinn
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
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COLANE - lg86 - cap 1
    - Capitolo 1



Accadde tutto così in fretta e in modo così confuso da sembrare uno di quei sogni che si dimenticano appena ci si sveglia. C’era qualcosa là fuori, me ne ero accorta dall’odore di sangue che impregnava l’aria e mi rendeva difficile respirare senza essere costretta a tenere a bada l’istinto, che cercava di avere la meglio sulla mia parte razionale.

Fu allora, proprio allora, che per la prima volta incrociai quegli occhi.

Neri. Iridi nere come la pece, circondate dal rosso sangue. Alcune venature bluastre si espandevano appena sotto le ciglia, per poi diradarsi poco più in basso. Il viso era contratto in un’espressione terrificante, degna di un essere pericoloso come un vampiro. Le labbra erano tese a scoprire i denti macchiati di sangue e, soprattutto, i canini aguzzi che bramavano di perforare la tenera superficie del collo umano. Sembra impossibile, ma alla vista di quella creatura, così simile a me ma così diversa nell’agire, la prima cosa che pensai fu: "è una dea; questa è la dea del caos".

Sapevo cosa fare, avevo una missione da compiere, ma continuavo ad osservare quella scena come se non mi appartenesse. Come se fosse distante anni luce ed io fossi solo una spettatrice. La sensazione era la stessa di quando si guarda un programma in tv: lo guardi, ti prende, ti coinvolge, ma non sei realmente lì ad assistere dal vivo.

Nonostante ci avvolgesse l’oscurità, la mia incredibile vista da creatura notturna mi permise di scorgere tutta l’essenza assolutamente unica di quell’essere. I lunghi capelli neri ricadevano morbidi sopra le spalle. La pelle era scura, ma non troppo. Il viso, ora contratto, doveva essere di una bellezza stupefacente. L’abbigliamento era semplice ed efficace: appariva una donna forte, dalla quale era meglio stare lontani. La canottiera nera era infilata nei jeans scuri e stretti e poi coperta da una giacca scura in pelle.

All’improvviso l’espressione su quel viso ambrato mutò, trasformandosi in una maschera di rabbia; dalla sua gola esplose un ringhio di frustrazione.

Mi aveva vista e continuava a guardarmi sempre più furiosa, infastidita dalla mia presenza.

Inspirai a fondo quell’aria dall’aroma irresistibile e serrai la mascella, lasciando che la mia vera natura emergesse.

Dovevo intervenire, dovevo dire qualcosa... ma prima ancora che riuscissi ad aprire bocca, lei mi fu addosso. Mi sollevò, con le mani ancora sporche di sangue, e mi lanciò contro il muro poco distante. Mentre si avvicinava per riafferrarmi, la presi per un lembo della giacca e la scaraventai a terra, bloccandola con le ginocchia e tenendo ferme le sue braccia con le mani. Era in trappola.

Sulla sua bocca sporca di sangue apparve un sorrisetto sadico decisamente fuori luogo.

“Lasciami in pace, ragazzina. Potrei stravolgere la situazione in una frazione di secondo” disse, sprezzante.

Sgranai impercettibilmente gli occhi al suono di quella voce. Era incantevole, melodiosa e leggermente rauca.

“Sto aspettando che tu lo faccia”, soffiai arrogante.

Senza che me ne rendessi conto, i ruoli si invertirono e mi ritrovai a terra, con le sue ginocchia sul petto.

“Vuoi uccidermi?”

“No, ma potrei seriamente prendere in considerazione questa possibilità. Mi hai rovinato la cena, lo sai?”

Mi scappò un mezzo sorriso.

“Non si caccia a Saint Angel”.

Di nuovo quell’espressione sadica. Si leccò le labbra e assaporò il sangue che le era rimasto sul viso.

“Brittany!” strillò Mark, venendomi incontro.

Ci girammo entrambe verso di lui e mi accorsi che aveva un paletto di legno in mano.

Scaraventò la vampira contro il muro e ringhiò qualcosa a pochi centimetri dal suo viso.

“Lasciala!” gridai, mentre cercava di infilzare il suo addome con il pezzo di legno.

“Torna nel locale!”

“Ti ho detto di lasciarla!”

Lo presi per una spalla e lo tirai via da lei. Mark non oppose resistenza, ma mi guardò perplesso e confuso.

“Non mi ha fatto niente, ok? So difendermi da sola.”

“Ti stava per uccidere!” controbatté, aggrottando le sopracciglia.

“Non mi ha fatto niente!” scandii piano, severamente, sotto i suoi occhi meravigliati.

Mi girai per andare da lei, ma era sparita; non c’era più. Era tornata ad essere un tutt’uno con la notte.

“Perfetto!” strillai, in preda alla rabbia.

Mark si avvicinò e mi cinse con le sue grandi braccia muscolose.

“Lo sai che non tutti sono disposti a ragionare” mi sussurrò dolcemente per rasserenarmi.

“Già”.

Appena mollò la presa, andai dall’umano che giaceva a terra senza forze, ma pur sempre vivo. Era un ragazzo, probabilmente sui venticinque anni, senza alcun dubbio un cliente del locale. Mi morsi il polso e lo costrinsi a bere il mio sangue: in questo modo, almeno, si sarebbe ripreso.

“Dimentica tutto e torna a casa. Hai passato una splendida serata e bevuto tanti alcolici”.

Il ragazzo uscì da quel vicolo buio e si incamminò verso casa, com'era giusto che facesse. 

Io e Mark tornammo nel locale e lo chiudemmo poco prima del solito: in fondo, nessuno si era fatto niente. Per tutto il resto della serata non feci altro che pensare a quegli occhi, così neri, oscuri almeno quanto la creatura che li aveva in viso. Quegli occhi sarebbero stati in grado di bucarmi l’anima, se mai ne avessi avuta una.



*




“Allora, com’è andata al locale?” chiese Puck, appena aprimmo la porta di casa.

“Male” risposi, secca.

“E’ perché non vi abbiamo raggiunti? Pensavamo che fosse meglio lasciarvi da soli, piccioncini” disse, ridacchiando assieme a Quinn e Kurt.

“Ho avuto un incontro con un’altra vampira”.

“Più che incontro, direi scontro”, aggiunse Mark.

Il sorriso di Puck sparì e lasciò il posto a un’espressione stupita e preoccupata, la stessa che apparve anche sul viso degli altri.

“State bene?” chiese Quinn, preoccupata.

“Sì” risposi, seccata.

“Brittany ce l’ha con me perché gli ho fatto scappare la vampira” disse Mark, alzando gli occhi al cielo e appoggiando la testa sulla mia spalla.

“Ti poteva uccidere” dichiarò Kurt, con un tono di voce più alto del necessario.

“Non l’avrebbe fatto! Ok?”

“Forse è meglio che andiate” annunciò Mark, accennando alla porta.

“Ci vediamo domani” affermò Puck, dando un pugno amichevole alla spalla del vampiro al mio fianco.

“Ciao, Britt” mi salutò Quinn, abbracciandomi.



*



Era l’aprile del 1930. Come poteva una ragazza giovane, ricca e bella, curarsi dei tanti pericoli infidi ed oscuri che il mondo nascondeva dietro ogni angolo? Non c’era niente, assolutamente niente che non andasse nella mia vita. Fidanzata con il figlio del più ricco imprenditore della città e aspirante ballerina, la mia intera esistenza era costellata da sogni che parevano facili da realizzare a una giovane viziata e innamorata della sua stessa immagine come me. Passavo le ore a provare, provare e riprovare, aspettando ansiosamente il giorno in cui mi sarebbe stato assegnato il ruolo di protagonista in uno dei più celebri spettacoli di Broadway. ”Promettente”, così mi aveva definita quello che allora fu il mio insegnante di danza... ripensandoci ora, forse ad esser promettenti erano tutti i soldi che mio padre sganciava affinché il mio più grande sogno potesse diventare realtà.

Paul Hughes era quel che si definiva un vero artista. Affascinante, talentuoso e con un curriculum in grado di far diventare verdi di invidia tutti coloro che avessero avuto modo di conoscerlo, durante la sua scalata verso il successo. Egli mi era stato affiancato per provare una difficile coreografia, che sembrava sarebbe diventata presto l’attrazione principale di tutti i teatri della zona. Ero così presa, assuefatta dal talento di Paul, che non mi accorsi di una cosa a dir poco fondamentale. Lui era diverso, ma non perché fosse l’unico a riuscire a trasmettere tanta emozione con un solo sguardo o passo di danza: lui era diverso proprio perché tutta quella bravura non era umana.

“Sei così bella, Britt” disse, con lo sguardo che si perdeva velocemente tra le curve del mio corpo.

“Lo so” risposi, accarezzandogli il petto freddo e scolpito.

Non era mio solito tradire, ma con un uomo così bello e innamorato di me, sarebbe stato impossibile non cedere alle tentazioni. Mi rialzai dal gelido pavimento e presi a rivestirmi.

“Sai, è da un po’ che ci penso”.

“A cosa?” chiesi, ammirando per l’ennesima volta il suo corpo nudo e perfetto.

“A me e te. Dovremmo fuggire insieme. Magari potremmo andare a vivere in Francia, tentare la fortuna nei suoi meravigliosi teatri, e potremmo sposarci... non ti sembra fantastico?”

“Ma sei pazzo?” domandai, ridacchiando delle sue strampalate idee.

“Sono innamorato di te, Brittany Susan Pierce, e voglio trascorrere la mia eternità al tuo fianco”.

“Sono parole importanti Paul, dovresti destinarle ad una persona che sia disposta a cedere alle tue follie... e soprattutto, che non sia già impegnata con un uomo”.

“Ti prego, Britt, lascia quel ragazzino viziato e vieni via con me. Posso renderti felice.”

“Carl è un bravo ragazzo e quando sarò diventata una ballerina famosa, ci sposeremo. E’ così che deve andare la mia vita.”

Gli occhi di Paul si accesero dalla rabbia e in un attimo, non so come, mi fu sopra.

“Sto per renderti la ballerina più brava di tutti i tempi”, mi sussurrò all’orecchio.

“Lasciami, Paul! Che vuoi fare?!”

Non ebbi risposta e rimasi paralizzata alla vista del suo vero essere. Si morse il polso e mi costrinse a ingoiare il sangue che ne fuoriusciva. Ero terrorizzata, pietrificata nelle mie emozioni incontrastabili. Non poteva essere vero quel che i miei occhi stavano vedendo sul suo volto. Era un demone quel che si celava sotto l’aspetto di un ragazzo bello e pieno di talento.

“Così staremo sempre insieme, per l’eternità”, disse un’ultima volta, prima che le ossa del mio collo si rompessero.



Quando ripresi conoscenza, non riuscii a ricordare immediatamente quel che era successo. Sentivo solo un fortissimo dolore alla tempia, e il respiro interrotto a tratti da un intenso bruciore, che partiva dalla gola e si espandeva fino a diventare quasi visibile, anche al di fuori del mio corpo. Era impressionante, la confusione che mi governava: mi sembrava di ricordare qualcosa, ma subito dopo quelle immagini sfocate svanivano nel nulla, come se fossero sempre state frutto della mia fantasia. Mi alzai a fatica da terra e davanti all’uscita trovai Paul che mi guardava sorridendo.

“Ti riaccompagno a casa” disse, come se non fosse successo nulla.

Annuii e, prima ancora che capissi cosa fosse successo, mi ritrovai nella zona più malfamata della città. Non so perché, ma nonostante avessi capito che la destinazione non fosse Villa Pierce, non opposi resistenza. Ero troppo concentrata sulle immagini confuse che mi balenavano in testa, ero troppo concentrata su quello strano senso di fame che sentivo: sembrava diverso, struggente.

“Vieni” disse, gentile, aprendomi lo sportello di quel vecchio prototipo di macchina.

Lo seguii in un silenzio assordante e terribilmente strano.

Poco distante da noi apparve un uomo, che correva via con una borsetta in mano. Doveva aver appena rapinato qualche povera signora, ma d’altronde, da quelle parti, era una cosa giornaliera. Di notte era meglio non farsi trovare per quelle strade, eppure Paul mi aveva portata proprio lì... ma a quale scopo?

“Aspetta qui” disse, per poi sparire nell’oscurità.

Come aveva fatto a spostarsi così rapidamente? Di nuovo mi colpì un dolore tremendo alla tempia e fui costretta a chiudere per un istante gli occhi. Quando li riaprii, Paul era in piedi davanti a me, con la bocca sporca di sangue e il rapinatore proprio davanti i miei piedi.

“Bevi” disse, indicando il profondo morso sul collo dell’uomo.

Annusai l’aria e sentii quella nuova sensazione di bruciore divenire ancora più forte e intensa.

Mi chinai sul corpo dell’uomo e ingoiai, sorso dopo sorso, tutto il suo sangue. Era come una droga, e nonostante i suoi gemiti soffocati, non ero in grado di fermarmi. Era così caldo, così buono... e più ne bevevo, più pareva che il bruciore incontenibile si placasse.



*



“Ripensi ancora a quella vampira?” chiese Mark, interrompendo i miei ricordi.

“Mi dispiace di essermela presa”.

“Sta’ tranquilla” disse, baciandomi sulla fronte. “Ti ho preparato la vasca”.

“Grazie, è stata una giornata un po’ pesante.”

“Lo so, amore”.

Mi spogliai, entrai nella vasca e lasciai che l’acqua calda e piena di schiuma allentasse la tensione, mentre cercavo di cancellare dalla mente il volto di quella dea.



 

Carissimi fan di Glee, salve a tutti. Avete presente quando avete un'idea fissa in testa e non riuscite a fare a meno di pensarci in continuazione, senza che vi lasci in pace? Beh, è proprio così che è nata questa ff e alla fine ho deciso di cimentarmi nella scrittura. Non è la prima ff che scrivo, ma quest'idea in particolare ha ottenuto tutta la mia attenzione poiché amo alla follia Glee e il Brittana.
"Come l'Agata nera" è un racconto che prende come spunto i vampiri del telefilm "The Vampire Diaries", ma distaccandosi dalla stessa trama di questo e dando vita ad un qualcosa che spero venga apprezzato e seguito da tutti voi. Fatemi sapere che ne pensate, al prossimo capitolo!
 
Ladygleek86










BETATO DA  HSwall


  
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