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Autore: Lilyanne Gautier    08/05/2013    5 recensioni
Damon manca da due anni da Fells Church, in questi due anni ha capito molte cose. Ha capito che sì ha provato amore per qualcuno, ma quel qualcuno era la persona sbagliata. Adesso, dopo due lunghi anni è tornato di nuovo in quella cittadina che gli aveva fatto trovare una cosa preziosa, ma che lui in un tempo remoto non fu capace di cogliere.
Dal testo:
Si fermò in mezzo a una radura e appoggiò la schiena su un albero.
Accanto all’albero tra le erbacce c’era una piccola margherita bianca. Sorrise amaramente. Quella piccola margherita gli ricordava Bonnie: fragile, delicata eppure di una bellezza capace di far risplendere qualunque cosa la circondasse. Quell’erbacce invece, gli ricordavano se stesso. Rise tra sé.
« L’erbaccia e la margherita… Sarebbe una storia impossibile. »
« Perché? L’erbaccia non merita di essere amata? Inoltre la quercia dove sei appoggiato tu è troppo grande per la margherita. »
Piccola Os senza troppe pretese, spero vi piaccia :)
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bonnie McCullough, Damon Salvatore | Coppie: Bonnie McCullough/Damon Salvatore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Only mine.















Se ne era andato.

Se ne era andato così:  senza rimuginarci sopra, senza saluti o addii.

Lui se ne era andato via, come se non avesse nessuno a cui dover dare spiegazioni.

Se ne era andato, semplicemente, perché sentiva di non aver più nulla da dare né da ricevere, in quel luogo.

Sì, Damon Salvatore se ne era andato perché aveva capito che la vita a Fells Church non faceva per lui. Ciononostante se ne era andato, voltandosi indietro.

 Solitamente doveva essere il contrario e forse, lo avrebbe fatto anche lui, se quel mattino di due anni fa non avesse incrociato lo sguardo deluso e triste di lei.

Strana la vita. Si ritrovò a pensare.

Si era innamorato della fidanzata di suo fratello, aveva sofferto per la scelta di lei: motivo per il quale aveva scelto di andar via. Eppure, ricordava ancora l’unico motivo per cui si era voltato indietro: lei, Bonnie.

Il suo sguardo deluso e affranto, aveva colpito Damon più di uno schiaffo in pieno viso.

Lì per lì non vi badò molto, ma non era passato molto tempo, che la sua mente si era ritrovata dentro quella scena: lui che stava per andarsene, lei che usciva da un negozio sorridente mentre parlava al cellulare.

Un secondo, un misero secondo e i loro sguardi si erano incontrati.

Sorpresa, consapevolezza e poi dispiacere. Erano questi i sentimenti che Damon aveva letto in quegli occhioni color delle foglie d’autunno. Lei non lo aveva fermato, non lo aveva rincorso o chiamato in lontananza, semplicemente, aveva sospirato e con un sorriso tirato aveva ricominciato a parlare al cellulare, scomparendo via via tra la folla.

In quel momento Damon non sapeva spiegarsene il motivo, ma voleva che lei lo fermasse, che lo supplicasse di rimanere; Eppure così non fu, ingranò la marcia e semplicemente scomparve, come scompare una nuvola in mezzo al vento.

Erano passati due anni da quel giorno: nessun contatto, nessuna lettera, niente di niente.

Era tornato per un unico motivo: lei.

Aveva passato due anni a viaggiare, a uccidere, a fare cose folli. Cose alla Damon Salvatore. Ciononostante, ogni pensiero non era rivolto a Elena o al suo caro fratellino Stefan, no.

Ogni pensiero era tutto per quello sguardo, per la sua streghetta.

E fu così che pensando a quegli occhi, nella sua mente si era scatenato una specie di tornado. Tornado, che gli aveva toccato cuore e anima.

Ricordava i suoi lunghissimi capelli, il suo profumo di fragola, il suo sorriso così genuino. Ricordava come lo guardava: lei diversamente dalle altre donne non lo aveva mai guardato lascivamente. Lei lo guardava con dolcezza, amore, di quell’amore, che aveva capito di provare anche lui, ma non per Elena, ma per lei, Bonnie.

Era stato così sciocco a non capirlo prima! Insomma, gli ci era voluto un viaggio lungo due anni per capirlo.

Ma d’altronde, lui non era bravo con i sentimenti, men che meno  non era bravo a capirli.

Ma adesso era tornato e ogni pensiero era superfluo, l’avrebbe conquistata, l’avrebbe persino supplicata in ginocchio di dargli una possibilità, se fosse stato necessario.

Ed ora era lì, sotto un temporale, nascosto nell’ombra e la osservava.

Era bellissima, non di quelle bellezze perfette o artefatte, no. Lei era di una bellezza pulita, di quella bellezza che coglievi nell’esatto momento in cui osservavi sbocciare una rosa, fino a vederla essiccare. La sua era una bellezza rara, perché pura e naturale. Ed era sua.

Almeno così credeva, fino a quel momento.

I tuoni e la pioggia incessante facevano da scenario: Bonnie, la sua Bonnie correva sotto la pioggia spensierata.

Sorrise involontariamente, altre ragazze sarebbero corse innervosite, poiché la pioggia avrebbe rovinato loro i capelli, ma non lei, lei era felice. Sembrava una bambina in quel momento.

Damon si aggiustò la giacca di pelle, era pronto a fare la sua comparsa, dichiarare alla streghetta il suo amore e lambire quelle labbra su cui tanto aveva fantasticato.

Ma improvvisamente, mentre stava per uscire dall’ombra, vide ciò che non avrebbe mai voluto vedere: la sua Bonnie che correva tra le braccia di un altro. In quel momento un tuono squarciò il cielo, copia del suo cuore.

Quanto era stato stupido! Davvero credeva che la streghetta lo avrebbe aspettato?

 

Eri mia solo mia, mia, mia quando bastava un'occhiata ed eri come rapita. Eri mia solo mia, mia, mia, fino a quel giorno che tu hai riscoperto la vita.

 

Sorrise sardonico, era sua, ma con che diritto si prendeva tale merito?  Ricordava ancora gli sguardi che lui le lanciava e che lei prontamente coglieva con imbarazzo, un imbarazzo dolce e al contempo sensuale. Era sua, doveva esserlo! Lui l’amava e credeva… Sì, credeva che anche lei lo amasse.

 

Eri mia, solo mia, mia, mia quando tu sola e in silenzio per ore e ore aspettavi.

 

Lei lo aspettava sempre.

Ricordava ancora, quando da lontano la spiava sotto forma di corvo. Lei lo aspettava sul davanzale della finestra, solo a tarda ora si accingeva, delusa, verso il letto. E solo dopo che lei si era addormentata, lui aveva osato entrare per poterla osservare. All’epoca non capiva perché lo facesse, ma ora era tutto maledettamente chiaro.

 

 Anche se il primo uomo non sono stato io,  da bambina a donna ti ho trasformata io.

 

Strinse i pugni. Lui l’aveva salvata dai pericoli, lui l’aveva protetta, lui vegliava su di lei. Lui l’amava! Quello stupido damerino che adesso la stringeva a sé non era niente. Niente! Lui l’aveva trasformata nella meravigliosa donna che era, lei era sua e di nessun altro.

 

Eri mia solo mia, mia, mia quando tu ancora eri un verso che facilmente rimava.

 

Sorrise. Sorrise nonostante avesse voluto attraversare la strada e uccidere quell’individuo, sorrise nonostante la pioggia incessante lo aveva bagnato tutto, sorrise pensando al suo uccellino, al suo pettirosso. Lei era convinta che lui l’avesse chiamata così per la sua fragilità e forse era anche così. Ma lui sapeva, che l’aveva chiamata così per la sua dolcissima voce, una voce che aveva ricordato incessantemente in quegli anni trascorsi lontano da lei.

 

Eri mia solo mia, mia, mia quando mi davi la forza per seguir sempre a lottare.

 

Se avesse avuto il potere di ritornar indietro nel tempo e prendere a pugni il se stesso di quei tempi, lo avrebbe fatto. Non aveva mai compreso chi gli dava la forza per andare avanti. Lo aveva capito, era lei. Lei con i suoi sorrisi, lei con i suoi consigli, lei con le sue battute fuori luogo, lei che cercava inutilmente di provocargli un sorriso. Era stato così stupido a non accorgersene. Lei era quella che cercava, quando le cose con Elena andavano male, lei era quella che lo ascoltava, mentre parlava di suo fratello e sempre lei era quella che aveva scoperto un lato di lui, che nemmeno lui sapeva di avere, dopo secoli passati nell’odio.

Lei era stata il suo porto sicuro, da sempre. Ma lui era stato troppo cieco per rendersene conto.

 

Eri mia solo mia, mia, mia quando noi due restavamo per notti intere a parlare.

 

La guardava scomparire nel traffico abbracciata a lui, cosa aveva di così speciale? Lui non era forse meglio?

Lui non se ne è andato.

« Puttanate! Lei non mi ha aspettato! »  disse sibilando, un sibilo coperto da un tuono.

A che serviva ricordare le notti trascorse a parlare, o meglio a lui che parlava e lei che lo ascoltava? Serviva solo a sentire un dolore per lui estraneo, alieno. Un dolore che non aveva mai provato, nemmeno secoli prima, quando aveva deciso di spegnere la sua umanità, nemmeno quando Elena aveva scelto Stefan. Non era comparabile con niente.

 

Si voltò, lei non c’era più, era scomparsa con quello, e assieme a lei era scomparsa la sua felicità.

Si diresse verso il pensionato, avrebbe fatto un saluto al suo caro fratellino per poi ripartire e andarsene. Questa volta per sempre.

Poi però cambiò nuovamente idea, prima di presentarsi dal suo caro fratello e dalla sua splendida compagna sarebbe andato a caccia. Aveva bisogno di sfogarsi, aveva bisogno di fare qualcosa. Qualcosa che non fosse un omicidio premeditato verso quell’insignificante omuncolo che aveva osato abbracciare la sua Bonnie. Ma con che diritto poi? Lui se ne era andato, era normale che Bonnie si fosse rifatta una vita.

Sì ma lei doveva farsela con me, non con quel coso amorfo con le gambe!

Si sentiva uno sciocco. Dopo secoli si era lasciato trasportare da stupidi sentimenti e adesso? Adesso sentiva un dolore sordo nel petto.

Spegni le emozioni. Spegni le emozioni. Spegni le emozioni.

No!

Non poteva farlo. Come poteva spegnere ciò che di più bello, quella fanciulla gli aveva donato? Il vecchio Damon, quello egoista, sarebbe andato subito da lei e l’avrebbe costretta a scegliere lui, l’avrebbe tartassata finché non sarebbe crollata e sarebbe stata sua per sempre. Ma lei non meritava tutto questo; Lei meritava un amore puro, meritava di essere felice e se questa felicità ce l’aveva grazie a quel tipo, beh lui si sarebbe fatto da parte. Non seppe precisamente quanto vagò, non aveva cacciato, non aveva ucciso, semplicemente aveva vagato alla deriva come il suo cuore.

 Si fermò in mezzo a una radura e appoggiò la schiena su un albero.

 Accanto all’albero tra le erbacce c’era una piccola margherita bianca. Sorrise amaramente. Quella piccola margherita gli ricordava Bonnie: fragile, delicata eppure di una bellezza capace di far risplendere qualunque cosa la circondasse. Quell’erbacce invece, gli ricordavano se stesso. Rise tra sé.

« L’erbaccia e la margherita… Sarebbe una storia impossibile. »

« Perché? L’erbaccia non merita di essere amata? Inoltre la quercia dove sei appoggiato tu è troppo grande per la margherita. » mai nessuno lo aveva colto di sorpresa nella sua lunga esistenza, ma per la prima volta si ritrovò a sobbalzare a quella voce.

« Che diavolo ci fai qui? » non seppe perché usò quel tono, probabilmente autodifesa, sorpresa o addirittura panico. Lei alzò gli occhi al cielo.

« Sai com’è, a casa non c’è acqua e io dovevo farmi una doccia, così ne ho approfittato vista la pioggia incessante. » finì ironica. Lui non apprezzò. Stava male ma non glielo avrebbe mai dimostrato.

« Va a casa, Bonnie. » lei si avvicinò,tanto da poterla osservare meglio: in quei due anni era visibilmente cambiata, era più donna, le sue forme erano più floride e il suo stile più raffinato, ma guardandola meglio era sempre la sua streghetta, semplicemente bellissima, nonostante fosse zuppa dalla testa ai piedi.

« Tutto qui? Non ci vediamo da due anni e sai solo dirmi: Va a casa, Bonnie? Sei proprio uno stronzo! » Damon si voltò furibondo. Mai nessuno aveva osato tanto.

« Scusami? » disse quasi ringhiando. Ma Bonnie non si fece intimidire.

«Sì, sei proprio uno stronzo. Ma come osi sparire dal nulla da un giorno all’altro per due anni! Due stupidi anni, in cui tutti pensavano ti fosse successo qualcosa. Tutti tranne me! E sai perché? Perché come una stupida stavo sempre sui miei libri di magia, pronta a fare qualche incantesimo per localizzarti e sapere se stavi bene! Poi spunti, non avverti nessuno come il tuo solito e puff, tutto va bene! Vero Damon? » Damon la osservava basito, la vedeva muoversi velocemente, gesticolare con foga. Il viso arrossato le dava un’aria così magica, avrebbe voluto avvicinarsi solo per poterla toccare. Era sorpreso: lei in questi anni aveva usato la magia per localizzarlo?

« Perché? » fu l’unica parola che uscì dalle sue labbra. Domanda stupida, lo sapeva bene, ma non sapeva che altro dire. Bonnie gli si avvicinò ancora di più, la pioggia aveva alterato il suo odore, attorno a lui era come se ci fosse un campo di fragole.

« Perché non avevo niente di meglio da fare, perché sono una stupida e perché tu sei un coglione criptico, che nemmeno un decoder ti decodificherebbe! Perché sei venuto? Perché… Sai cosa? Tu non hai voglia di vedermi o parlarmi e io non ho voglia di stare qui a elemosinare più nulla. Non più. » gli girò le spalle e iniziò a incamminarsi sotto la pioggia. Se qualcuno avesse visto la faccia di Damon, avrebbe sicuramente riso per l’espressione shockata che aveva. Non capiva nulla. Che poi da quando Bonnie usava quei toni con lui, certo non che non si sapesse far rispettare, ma tutta quella grinta in lei non l’aveva vista.

Forse è rabbia, più che grinta. Gli suggerì una vocina nella sua testa.

La inseguì. Lei camminava a passo di carica, gli scappava da ridere, ma ovviamente si trattenne per ovvi motivi.

« Potresti fermarti? »

« Un po’ di moto ti farà bene, sei ingrassato. » Damon la guardò perplesso.

« Ehi! I vampiri non ingrassano e … Per Dio! Fermati! » detto questo la fermò lui stesso bloccandola dalle spalle. La voltò verso di lui e notò che stava piangendo.

« Tu stai piangendo. » non era una domanda. Lei distolse lo sguardo.

« È la pioggia, non vedi che tempo? » Damon passò delicatamente un dito sulla sua guancia e rubò una goccia da essa.

« So distinguerne l’odore. » Lei si allontanò di poco ma lui continuò.

« Io non capisco perché! Perché questa reazione, perché mi hai cercato, perché piangi? » Bonnie lo guardò seriamente.

« Davvero non riesci a capirlo? » Damon cercava di pensare, ma non capiva lo stesso, lei aveva quel damerino.

« Ti ho vista, oggi, abbracciare un tipo. Il tuo ragazzo. » disse ignorando la sua domanda. Bonnie lo guardò confusa.

« Eh? » Damon sbuffò esasperato.

« Alto, capelli scuri, faccia di cazzo, senza alcun fascino. Anzi se vuoi un consiglio potresti avere di meglio. Tu gli sei andata incontro e vi siete abbracciati. » disse l’ultima parola quasi con disgusto. Bonnie parve illuminarsi.

« Ma parli di Khol? » Damon la fulminò.

« Che nome di merda. » Bonnie sbuffò.

« Khol non è il mio ragazzo. Lui è soltanto un amico, ci siamo conosciuti al college, ma tra noi non c’è mai stato niente per ovvi motivi… »

«Certo e dovrei crederti? Ho visto come vi abbracciavate. » Bonnie lo prese per le spalle, il suo tocco lo fece sussultare.

« Damon, Khol è gay. » Ah. AH! Restava lì a fissarla come un deficiente poiché non sapeva che dire. Improvvisamente gli veniva voglia di stendersi su quella radura e ridere a crepapelle.

« Ma vi ho visti e… Beh avrai sicuramente qualcuno no? » disse incerto, Bonnie gli sorrise.

« Non c’è mai stato nessuno, Damon. In questi due anni io ho aspettato una sola persona. » Lei lo aveva aspettato. Il suo cuore poteva scoppiare di gioia da un momento all’altro.

« Perché? E se non fossi tornato? » Bonnie alzò le spalle.

« Se non fossi tornato, ti avrei raggiunto in qualsiasi posto e ti avrei convinto a tornare. » Damon rimase basito.

« Perché? » Bonnie alzò gli occhi al cielo.

« Ma lo sai che dici troppi perché? » questa fu la volta di Damon, di alzare gli occhi al cielo.

« Dimmelo. » Bonnie tornò seria.

« No Damon, sei tu quello che stavolta deve dirmi il perché. Perché sei tornato? » Avrebbe dovuto star lì a rimuginare i pro e i contro, ma per la prima volta in vita sua seguì il cuore e non la logica.

« Perché eri mia. Perché ho capito tante cose. Non sono bravo coi sentimenti, lo sai bene. Io non sono Stefan, non riesco a esprimere determinate cose, so che potresti avere di meglio Bonnie, lo so. Per la prima volta in tutta la mia vita ho deciso di non essere egoista. Quando ti ho visto con quel tipo e ho pensato che fosse il tuo ragazzo, ho pensato che sarei dovuto andare via, per sempre. Lasciarti libera di vivere la tua vita felice, che tu fossi felice Bonnie. Io… » Lo interruppe mettendogli un dito sulle labbra.

« Non mi hai detto la frase che chiunque vorrebbe. » Damon la guardò tristemente. Avrebbe voluto darle ciò che voleva, ma non ne era capace, non adesso almeno. Bonnie però continuò.

« Chiunque la vorrebbe, ma io ho avuto di meglio. » La guardò come si guarda una pazza.

« Ti senti bene? Hai capito che ti ho detto o no? » Bonnie sorrise e annuì.

« Le tue parole valgono più di cento ti amo. Saresti stato disposto a rinunciare alla tua felicità per la mia, Damon. Non sarai come Stefan, ma non è Stefan che amo. Non è Stefan che ho aspettato in questi due dolorosissimi anni, non è lui che ogni sera cercavo di localizzare e sapere se stesse bene, non è lui l’uomo a cui donerei me stessa: il mio cuore, la mia mente, la mia anima e il mio corpo. Perché io non amo Stefan. Io amo Damon. » Non le fece aggiungere altro, si avvicinò e la baciò. Le sue labbra sapevano di fragole, di pioggia, di lacrime. Sapevano di loro. Bonnie gli si avvinghiò come se fosse la sua ancora di salvezza. Non sapeva che in realtà lo era lei per lui. Bonnie lo amava, nonostante lui non fosse perfetto e nonostante lui non riusciva ancora ad aprirsi del tutto ai sentimenti, lei lo amava. Si staccarono dopo un tempo infinito. Damon le prese il viso tra le mani.

« Eri mia, solo mia, mia mia. » Bonnie strinse fortemente quelle mani.

« No, Damon. Io sono tua, e questo vale più di mille ti amo. » detto questo si gettò nuovamente sulle sue labbra. Incurante della pioggia, dei tuoni e del vento.

Si erano ritrovati, si sarebbero amati. Un amore tutto loro. Un amore in cui non serviva un ti amo per consolidare il sentimento profondo che li legava. Ciò che avevano e che provavano lo sapeva il loro cuore, e quello non mente mai. Per nessuno motivo al mondo.










ANGOLO AUTRICE:

Salveee! Sì sono di nuovo tra i piedi u.u' è un periodo di massima ispirazione che volete che vi dica ç.ç Se vi dico cosa mi ha ispirato sono sicura che cadrete dalla sedia... Vabbè lo dico u.u' mi ha ispirato una canzone che ascoltavo da bambina, di Julio Inglesias ( le parti in rosso, sono pezzi del testo)... Ok mo' direte O.O MA CHE SI ASCOLTAVA? Eh vabbè ù.ù sono sempre stata una bambina intraprendente ahuahauhuah comunque sia, a parte gli scherzi, l'altro ieri ci sono incappata per caso ed ecco che ascoltandola ho visto Damon e Bonnie dentro quelle parole, da lì è nata questa Os. Spero vi piaccia e che come al solito sia riuscita a trasmettervi le mie emozioni :)  Qui sotto trovate la canzone incriminata ù.ù' ahahaha a presto! Kiss, Lily.

Innocenza selvaggia.

Io e la mia amica Marta abbiamo messo su un gruppo su fb,in cui si parla di libri,spoiler delle nostre storie,giochi,quiz,film,o semplicemente ci si conosce,ci si scherza e si fa amicizie! Sietele benvenute vi aspettiamo ;)

Betrayed and Lilyanne's Stories


Per chi invece volesse aggiungermi su fb io sono

Lily Masen

   
 
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