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Autore: dovenasceilsole    08/05/2013    0 recensioni
"Vengo da una famiglia numerosa, sono l’ultima di dodici figli per questo mia madre mi ha chiamata “Maeva” cioè “benvenuta". [...] "Mi racconta di altissimi grattacieli, di tutto il cibo e i vestiti che possiede e mi racconta anche della scuola, e io per un attimo mi sento anche gelosa. Come sarebbe la mia vita con tutte quelle magnifiche cose?"
Genere: Generale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sogno di Maeva

Vengo da una famiglia numerosa, sono l’ultima di dodici figli per questo mia madre mi ha chiamata “Maeva” cioè “benvenuta” . qui in Thailandia è solito che le famiglie siano numerose, come la mia.
Vivo nel distretto del “San Sai” nella parte settentrionale della Thailandia , le popolazioni che vivono qui vengono chiamate “tribù di montagna” perché siamo giunti dal Tibet quindi non siamo considerati cittadini. Io però mi sento una abitante a tutti gli effetti, anche se non posso andare a scuola come tutti gli altri bambini, anche se vivo nella povertà. Quando ero piccola non capivo perché i miei fratelli dovevano andare a lavorare a soli dieci anni, non capivo perché mia madre piangeva la notte o perché le mie sorelle più grandi a volte sparivano. Poi, con il tempo, ho imparato ad accettare le decisioni di mio padre e restare in silenzio.
Oggi compio dodici anni, l’età per iniziare a lavorare, quindi d’ora in poi dovrò anch’io andare a nei campi di riso che tante volte ho ammirato da lontano, in silenzio, per paura di disturbare coloro che lavoravano. La sera vedevo donne stremate tornare a casa dopo ore ed ore sotto il sole cocente thailandese, da domani anche io dovrò dedicare la maggior parte delle mie giornate a raccogliere il riso.
È quasi un anno ormai che lavoro con le mie sorelle, nel campo di riso più vicino a casa, che si trova a qualche kilometro di distanza. Il lavoro è faticoso, nei mesi estivi il caldo è soffocante, ma il le piogge dell’inverno non tardano mai ad arrivare.
Durante i mesi di febbraio e marzo i contadini, per preparare i terreni alla semina, praticano il D
ebbio, che consiste nell` incendiare i campi, creando però un fumo che si propaga fino alla città e l'aria ,già inquinata dalle emissioni prodotte dai veicoli dei ricchi proprietari terrieri, diventa pesante, e vi sono spesso casi di malattie respiratorie.
Questi mesi possono sembrare negativi, per il fatto che si rischia di ammalarsi e di morire, ma dopotutto per noi tutto l’anno rappresenta un rischio alla salute, quindi viviamo questo periodo come un piccolo momento di “vacanza” perché di solito soltanto gli uomini si occupano del debbio. Mia madre non lavora ormai da molto tempo, è infatti compito suo prendersi cura della casa, se così si può chiamare il posto in cui viviamo.
La vita nel distretto è triste e monotona e le giornate, da quando ho iniziato a lavorare al campo, sembrano tutte uguali. La settimana ormai passa aspettando la Domenica, nella quale la mattina io e la mia famiglia andiamo a pregare al tempio di “Wat Phra Singh”.
Le tribù del nord sono infatti di religione buddhista, è obbligatorio perciò riservare del tempo, nel giorno di riposo, alla preghiera. E ,anche se preferirei restare a casa ad ammirare il tranquillo paesaggio selvaggio del distretto, sono costretta a recarmi anch’io al tempio.
A casa nostra non abbiamo l’acqua corrente, che invece possiede la gente di città, quindi dobbiamo andare a prendere l’acqua al grande fiume “Mekong” . Mi offro sempre per andare a prenderla, così posso rimanere un po’ da sola ed ammirare il magnifico tramonto sul fiume. Esso non si trova molto lontano dal mio villaggio quindi oggi decido di fermarmi un po’ di più sulla riva del fiume a pensare ,come al solito,a come può essere la vita di città. Le poche volte che mi sono recata nella cittadina vicina al mio villaggio,per acquistare qualcosa al mercato, sono state meravigliose. In quella piccola cittadina si respira un atmosfera di vita e tutto è più movimentato. Certo si tratta solo di un piccolo centro abitato del nord. A sud,invece, ci sono grandi città come la capitale, Bangkok. Mio padre, quando ero piccola, mi parlava delle volte in cui si era recato li, e tutto appariva come una bellissima fiaba per me.

 A Febbraio inizia a sentirsi l’imminenza della primavera, l’aria si riscalda e il sole si risveglia dopo mesi di riposo, è in questo periodo che i proprietari dei campi vengono a controllare il lavoro.
Si è fatto tardi quindi decido di incamminarmi verso casa, per non rischiare di fare tardi, quando vedo un ragazzo ,pochi metri avanti a me, osservare il fiume proprio come facevo io pochi minuti prima, per questo forse non l’avevo notato. È seduto in silenzio, con un espressione tranquilla, perso nei suoi pensieri. Forse neanche lui si è accorto di me. È abbastanza alto ma credo che abbia la mia stessa età, gli occhi a mandorla e la pelle ambrata mi conferiscono le sue origini meridionali. È forse il figlio di un proprietario di qualche campo di riso? Sicuramente. Lo vedo anche dal suo abbigliamento elegante, che nessuno del distretto si sarebbe mai potuto permettere.
Decido di non farmi vedere e torno subito a casa. Mio padre mi ha sempre vietato di fare amicizia con la “gente del sud”, perché mi avrebbero messo in testa idee sbagliate, a quanto mi aveva detto.
Per tutta la sera non riesco a dimenticare il ragazzo.
Il giorno seguente, torno al fiume speranzosa di ritrovare il misterioso ragazzo che tanto mi aveva incuriosito. Lo vedo. È seduto nello stesso punto della sera prima, stessa posizione, stessa espressione rilassata, come se non si fosse mosso per tutta la notte. Stavolta mi vede. Non so se avvicinarmi oppure scappare, ma opto per la prima opzione perché la mia curiosità è troppa. Mi dice che si chiama Amura cioè “eclissi di sole”, scopro che viene da Bangkok e che suo padre è il proprietario di un campo di riso vicino al fiume. Mi parla della vita di città, che è il secondo di tre fratelli, e che sua madre è morta nell’attacco terroristico del 2012 a Bangkok, nel quale scoppiò una bomba in un luogo pubblico. Ricordo che mio padre me ne aveva parlato quando era successo, ma non lo avevo ascoltato molto. Poi chiede di me, quanti anni ho e come mi chiamo. Decido di fidarmi perché lui dopotutto lo è stato con me, quindi gli racconto della mia vita, della mia numerosa famiglia e di mia sorella Anisha, morta quando aveva solo quattro anni, di influenza. Qui nel distretto anche un piccolo raffreddore, se non puoi permetterti le medicine, può diventare più grave. Io non l’ho mai conosciuta perché non ero ancora nata. Quando ero piccola domandavo a mia madre di parlarmi di lei, ora invece cerco di eludere l’argomento per evitare di irritarla.
I giorni passano in fretta e io ogni sera mi reco al fiume per ascoltare le storie emozionanti delle avventure in città. Mi racconta di altissimi grattacieli, di tutto il cibo e i vestiti che possiede e mi racconta anche della scuola, e io per un attimo mi sento anche gelosa. Come sarebbe la mia vita con tutte quelle magnifiche cose? Qui al distretto non ho neanche un amico, sono molto riservata e i bambini non hanno voglia di parlare con la ragazza strana. Una insolita voglia di fuggire a Bangkok mi pervade. Sarei mai riuscita a vedere quel magnifico posto? Sarei mai salita su un grattacielo, guidato una macchina o posseduto tantissimi vestiti? Volevo provare la sensazione di volare su un aereo o di mangiare fino ad essere sazia. Ci sarei mai riuscita?
Amura parte una settimana dopo, e mi promette che ci saremmo rivisti, il prossimo Febbraio.
Amura aveva lasciato in me molto più che qualche storia, grazie a lui adesso avevo un sogno, un motivo per vivere e per lavorare. Sarei andata al sud e avrei realizzato il mio sogno. 

   
 
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