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Autore: Super Husbands    09/05/2013    1 recensioni
Il Mandarino è finalmente sconfitto, ma gli incubi di Tony Stark non sono certo finiti e tanto meno gli attacchi di panico. E allora, cosa c'è di meglio dell'affrontare i propri demoni a testa alta e con coraggio? D'altronde non è quello che fanno tutti i supereroi? Anche loro però - a volte - hanno bisogno di un aiuto. Che sia del tutto inaspettato be', questa è un'altra storia.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Lime, Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
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Buonsalve gentili lettori ♡
Non so cosa esattamente vi abbia spinto a cliccare sul magico titolo della nostra fic, o forse dovrei dire del nostro piccolo progettino mistico.
Siamo due ragazze, che, in piena fase di diniego della realtà, ovvero in una crisi di ‘NOI NON SHIPPIAMO STONY!’... beh, per farla breve, abbiamo appunto deciso di scriverne una. E’ ambientata dopo gli eventi del film di Iron Man 3, che siamo sicure sarete andati tutti già a vedere. Anche noi, nonostante continuiamo ad affermare che i film della Marvel sono orrendi e non meritano di essere visti.
E vi dirò un segreto: siamo andate a vederlo per ben due volte.
Cos’è la coerenza, dopotutto?
Quello che speriamo non manchi in questa fic :’D
Ci auguriamo di non farvi pentire di averci dedicato del tempo. SEGUITECI<3
Con affetto... beh, noi due.
 
P.S. Il titolo di ogni capitolo sarà associato ad una canzone. Perciò, potete trovare qui quella di questo primo capitolo!  

 
– Buongiorno, signore. Sono le otto e quarantatrè di giovedì 7 marzo. Lei è in ritardo di quarantatrè minuti all’appuntamento di oggi. La signorina Potts la sta aspettando di sotto. –
Tony Stark si tirò su a sedere sul letto, con tutta la lentezza possibile, fra le lenzuola di seta liscia, che frusciavano nei loro riflessi argentei come serpenti minacciosi.
– Quanto ho dormito, J? –
– Due ore e trentadue minuti, signore. –
Guardandosi attorno, quella stanza non gli pareva neanche più la propria.
C’erano scarpe, camicie, gonne – beh, quelle non erano esattamente sue... quanto della donna che ora, come mostrava la telecamera principale, stava battendo nervosamente il piede a terra, davanti alla trasparente porta principale, che dava su un soggiorno ancora non sfiorato da segni di attività mattutine.
Tony spostò gli occhi dallo schermo per passarli allo specchio... e se pentì all’istante.
Non era ASSOLUTAMENTE - enfasi sull’avverbio - giornata in cui poteva rendersi presentabile alla stampa mondiale per annunciare l’apertura di una nuova divisione di certe Stark Industries: e chi le conosceva più?!
Almeno, non sarebbe stato accettabile con quelle occhiaie scure fino al mento e la faccia pieghettata da infinite evoluzioni notturne su sè stesso nel tentativo di prendere sonno, o forse di evitarlo.
Per un breve momento, prese in considerazione l’idea di fiondarsi in bagno alla ricerca di quel miracoloso correttore occhi che Pepper aveva tanto caro, poi il suo cervello allenato lo fermò con tre resistenti obiezioni.
La prima: tanto per cominciare, per quel nido scompigliato di capelli che aveva in testa avrebbe davvero potuto fare poco, non importava quante schiume miracolose ci fossero in bagno.
La seconda: la già instabile Virginia Potts avrebbe anche potuto ucciderlo, se avesse anche solo osato sprecare una goccia del suo correttore (un po’ esagerata come descrizione, ma che importava?).
La  terza, più importante e immediata: la suddetta Potts si era decisa in quel momento ad aprire la porta e le telecamere la mostravano in procinto di salire la scalinata con aria alquanto minacciosa.
Per cui, scattava automaticamente il piano E di Emergenza.
E così, al grido di – TONY, GIURO CHE IO... – nessun genio, miliardario, tecnicamente ex-playboy, filantropo fu colto in flagrante a metà del sacro rituale della vestizione.
Difatti, davanti a Pepper Potts, sgomenta nel suo tailleur bianco d’ordinanza, stava proprio Iron Man, al suo meglio, scintillante e... metallico.
– Sono pronto, Pep. Niente guerra. –
Tony rabbrividì involontariamente di fastidio alla parola che aveva appena pronunciato con così tanta leggerezza, accompagnato dal suono meccanico delle braccia alzate in segno di pace.
– Beh? Che c’è? –
– Togliti la maschera. –
Uno scricchiolìo dubbioso fu l’unica manifestazione esterna della confusione di Tony.
– Tony, ho detto: togliti la maschera. Dopo il trucchetto del controllo a distanza non mi fido più. –
Il suo sguardo dannatamente serio e discretamente alterato - non che non avesse le sue buone ragioni, eh! - era ancora più difficile da sopportare senza il comodo scudo metallico.
Pepper alzò un sopracciglio, eloquente, poi dette una rapida occhiata all’orologio e, calcolando un ritardo approssimativo di circa tre ore, decise di tramutare quel cipiglio in un sorrisetto soddisfatto e un po’ tirato.
– Perfetto, anzi, ottimo, signor Stark. –
Suonava tanto come una presa in giro, ma Tony non rischiò neanche col ribattere qualcosa, limitandosi a seguire lei, che, dopo aver traballato un po’ sul primo gradino, aveva acquistato sicurezza mano a mano che si affrettava giù per le scale.
L’armatura rendeva non poco macchinosa anche la semplice faccenda di scendere quei maledetti gradini.
– Bella gonna, Pep! –
Almeno un tentato salvataggio in cross.
 
– Non hai una bella cera, sai? –
Erano passati ormai quasi venti minuti da quando erano partiti.
Happy guidava, invisibile e discreto dietro il separè grigio dell’auto migliore che il garage di casa Stark aveva avuto l’onore di ospitare.
Il silenzio si era impadronito subito dell’abitacolo, in un limbo di incertezza.
Fu quell’affermazione a rompere il ghiaccio: la voce di Pepper aveva faticato un po’, sulle prime, a regolarsi, per poi rompersi miseramente sull’ultima sillaba, inondando Tony di un certo senso di colpa di cui non aveva affatto bisogno in quel momento.
Anche fosse stata genuina preoccupazione, l’avrebbe respinta con tutte le sue forze.
Lui stava bene, lui aveva dei compiti, dei doveri, un’immagine pubblica e anche una privata, e avrebbe mantenuto ogni singola cosa invariata.
Esattamente, anche i compiti e i doveri sarebbero rimasti com’erano, siccome, tra le tante cose, non si poteva certo dire che Anthony Stark fosse uno stacanovista.
Anzi, da quando era capitato un certo piccolo incidente con un tipo russo, tendeva a guardare la suddetta nazione e qualsiasi cosa ad essa legata con un discretto sospetto.
Forse fu appunto perchè si era perso di nuovo nei suoi pensieri che la risposta, camuffata leggermente dal metallo, tardò un po’ ad arrivare.
– Cosa? No, guarda che-sto bene. –
Complimenti. Molto sicuro di te, Tony.
– Dico davvero, Pep. –
Le dita cromate d’oro e rosso, appositamente regolate da Jarvis per la temperatura umana, volarono a sfiorarle una guancia.
– E’ solo che... stanotte non ho dormito molto, tutto qua. –
Tony cercò di scrollare le spalle, cosa che all’esterno dovette risultare in una specie di convulsione apparente, guadagnandosi stavolta un’occhiataccia anche da parte di Happy attraverso il magico specchietto retrovisore.
– Magari ero ansioso per il nuovo reparto petrolifero... – lasciò cadere quella sottospecie di battuta nel vuoto, ben sapendo che tutti erano consapevoli del perfetto contrario.
“Il giorno in cui Tony Stark sarà in ansia per qualcosa, preoccupatevi davvero.”
Quelle parole lo avevano riempito di orgoglio al tempo, così come la considerazione che chi le aveva pronunciate aveva di lui.
Ora invece il pensiero lo appesantiva un po’, quel po’ che, però, non si rifiutò di farsi da parte per lasciare spazio al sollievo nel vedere che aveva finalmente fatto breccia nella preoccupazione di Pepper.
Un sorriso rassegnato fece capolino sul suo volto, mentre si avvicinava all’armatura scuotendo la testa e chiedendo dello spazio dove poter appoggiare la testa e chiudere gli occhi per qualche momento.
– Soprattutto dato che il nuovo reparto è d’estrazione mineraria... – fu il suo ultimo sospiro sornione, che alle orecchie di Tony suonò come un’arrendevole dichiarazione di vittoria, prima di rilassarsi definitivamente contro di lui.
 
– Dai, hai visto? Li ho con-qui-sta-ti! –
– Non ho dubbi! Anzi, a dire il vero ne ho diversi, soprattutto dopo la tua battuta sul parrucchino del nostro più importante investitore! –
Beh, tirando le somme, la conferenza non era andata affatto male... specialmente l’immancabilmente esagerato party a seguire.
L’alcool per Tony non era mai stato un problema: un vantaggio, un piacere, un’arma, un alleato, quello sì, ma non lo aveva mai tradito, più o meno.
Era forse anche grazie ai numerosi bicchieri di pregiato champagne che circolavano che Pepper non lo aveva ancora aggredito, mangiato e spolpato dopo le tante “libertà” che si era preso nel discorso. Per lui i calici di Dom Perignon erano come per lei i frullati disintossicanti mattutini: buoni, salutari e soprattutto irrinunciabili.
Secondo la sua personale e modesta opinione, bere per Pepper era anche terapeutico: con tutto quello stress, di cui Tony non negava affatto di essere la principale causa, a volte aveva bisogno di sciogliersi, eddai.
Al secondo o terzo bicchiere, infatti, sul calar del sole, si era già trasformata nella sua addetta alle pubbliche relazioni, spigliata e con una buona dose di parlantina repressa, sgravandolo dal difficile compito di dover esporre personalmente le proprie idee.
D’altronde, se non ci fosse stata lei ad averle ben chiare in testa, sarebbe stato un problema: Tony Stark cambiava idea ogni secondo, anzi, per meglio dire, la sviluppava incessantemente, stabilizzandosi a intervalli di circa 3 o 4 giorni.
Chi teneva conto delle opinioni e dei progetti che esprimeva freneticamente durante questi effimeri momenti di decisione poteva ritenersi assai fortunato di far parte della cerchia di backup vivente di Tony, così come quest’ultimo doveva ringraziare la propria buona stella -a detta sua, il proprio insindacabile charme- che ci fosse effettivamente qualcuno disposto a stargli dietro.
Come il tizio che gli si era piazzato letteralmente alle spalle per attirare la sua attenzione da circa troppi secondi per essere ignorato ancora.
– RHODEY! – Oh, almeno era una faccia simpatica e conosciuta.
– Tony! –
Una rapida posa sorridente per i flash...
– Come stai? – ...e poi si comincia con le domande base.
– Tony, ascolta, devo dirti una cosa- –
Ma Tony non aveva potuto scoprire cosa Rhodes avesse voluto dirgli così urgentemente, perchè l’improvviso sibilo dell’ennesimo tappo di spumante aveva interrotto fastidiosamente il loro inizio di conversazione per andare a piantarsi dritto in mezzo alla fronte di Rhodes con un suono decisamente poco piacevole.
Cose come quelle erano destino.
Anche la grande ilarità che ne era seguita, secondo Pepper, era destino... che il party fosse finito, almeno per Stark. Tony era riemerso annaspando dagli strascichi dell’ultima risata un secondo prima che la sua dolce metà lo ghermisse con insospettabile fermezza per trascinarlo verso la limousine, spargendo saluti e ringraziamenti a destra e manca.
Ecco come erano brevemente finiti di nuovo in macchina, al riparo dai flash grazie ai vetri oscurati, a riesaminare l’andamento della serata e l’effetto che aveva fatto al pubblico uno dei rari discorsi di Tony da sobrio.
– Non era male comunque! E con questo ho chiuso. Non intendo più dilungarmi in complimenti, il tuo ego ha già subito troppi danni a forza di gonfiarsi! –
– Wow. Questa me la segno. –
L’apparentemente infinito ottimismo di Pepper, condito da uno smagliante sorriso, nonostante fosse probabilmente ancora indotto dall’alcool, meritava un’entrata in casa in grande stile, pensò Tony.
Il viaggio di ritorno era stato piuttosto animato e accendere tutti i fari della villa più la fontana centrale sembrava una degna conclusione.
– Bentornato, signore. E’ sempre un piacere vederla. –
– Buonasera, J! Te la sei cavata bene mentre papà non c’era? –
– Egregiamente, signore. Mi permetto di aggiungere che è sempre un piacere anche vedere il consumo di elettricità della Stark Mansion schizzare del 200% non appena lei si avvicina. –
Ops.
– Aaaah, che importa, Jarvis! Per un giorno si può fare! –
La voce a parlare era stata quella di Pepper, colei che, a fine mese, nonostante non avessero neanche un lontano problema finanziario, si metteva le mani nei capelli disperata. Tony si girò su se stesso sconvolto, dando una pacca riconoscente all’armatura da cui era appena uscito.
Pepper lo aspettava già dentro casa, le scarpe tacco 12 in mano e l’aria spensierata di chi aveva appena detto che no, una bolletta a tredici zeri non era una tragedia così grave.
– Pep, ora sono io a chiedertelo: ti senti bene? –
– Mai stata meglio! Anzi, forse sì... se qualcuno mi raggiungesse a letto fra cinque minuti... –
Un lampo -forse malizioso?- le passò per il viso, eclissandosi in un sorrisetto di pausa.
Tony dovette faticare non poco per non mostrare la sua incredulità.
Se bastavano un paio di bicchieri... di solito, la sera, doveva lavorarsela un bel po’ prima di riuscire a scostare quella corteccia di stress che il lavoro le costruiva intorno. Non che la cosa non lo dilettasse, anzi, era uno dei suoi maggiori divertimenti, e in più costituiva anche un perfetto allenamento per riuscire poi a convincere chiunque di qualsiasi cosa, qualità importante tanto nei venditori porta a porta quanto negli imprenditori.
– Jarvis, compra dell’ottimo champagne e ricordami di far bere Pep, ogni tanto. –
Tony non ebbe risposta, perchè nell’esatto momento in cui Jarvis, se fosse stato umano, avrebbe tirato il fiato per esalare la sua risposta, il telefono squillò, inserendosi prepotentemente nell’altoparlante.
– Pronto? –
– Tony? Sono io, Rhodes. –
– Rhodey? Ehi! Jarvis, passa a cellulare per favore-- ehi! Non sei proprio riuscito a resistere alla tentazione di dirmi il tuo gossip, eh? –
Un sospiro giunse con discrezione soltanto alle orecchie di Tony.
– Ascolta, non sono sicuro, ma ho sentito parlare di te oggi. –
– Ci credo, tutti parlano di me. Anche se non ne sei convinto, sono una persona molto interessante, sai? –
– No, sono serio, Tony. Te lo ripeto, non ne sono sicuro, ma ho sentito dire che vogliono- –
La conversazione fu di nuovo sovrastata dalla voce vagamente metallica di Jarvis.
– Signore, un furgone non autorizzato si è introdotto nella via privata d’accesso. –
Lo sterzare brusco di quattro ruote nel piazzale confermò la notizia appena ricevuta.
– Rhodes, ti dispiacerebbe aspettare un attimo? Credo di avere ospiti non annunciati. –
Tony non si preoccupò neanche di stare a sentire la risposta, sfiorando l’icona del ‘muto’ con un dito. Valutò le diverse possibilità.
L’armatura riposava in un angolo, accesa e pronta ad intervenire, ma per quest’oggi ha lavorato abbastanza.
E poi, non ci avrebbe messo nulla a catapultarsi sul suo corpo in caso di emergenza - impiantarsi quei magneti nel braccio non era stato uno scherzo, ma Tony sperava che desse i suoi frutti. Almeno sarebbe riuscito a sembrare un uomo meno brutale nell’accogliere, magari, il Presidente degli Stati Uniti in visita segreta.
– Anthony Stark? Strategic Homeland Intervention, Enforcement and Logistics Division. Siamo qui su ordine diretto di Nick Fury. –
Forse l’agente appena sceso dal tetto del furgone, completamente avvolto in una tuta nera, si aspettava un qualche benvenuto e, a giudicare dall’impressionante quantità di armi alla cintola e alle spalle, aveva preso in considerazione anche un’accoglienza ostile. – Siamo qui per prelevarla e condurla a New York, dove il direttore la aspetta personalmente. Siamo però in dovere di avvertirla che non è richiesta la sua partecipazione ad alcuna missione. –
A quelle ultime parole i lineamenti di Tony, contratti in un primo momento al solo sentir nominare lo S.H.I.E.L.D., si rilassarono notevolmente.
– La sua sola presenza fisica è sufficiente. –
Fury, Fury... non riusciva proprio a fare le cose in maniera normale, o meno pomposa, o almeno più educata dell’introdursi furtivamente in casa altrui ad un’ora indecente della notte. Stava per aprire bocca e ribattere quando l’agente pronunciò le ultime, agghiaccianti parole.
– Signor Stark, la avverto che abbiamo ricevuto l’ordine di procedere con le armi in caso lei si rifiuti di collaborare. –
– Peccato, perchè stavo esattamente per dirle che non ho assolutamente intenzione di spostarmi di duemilacinquecento miglia per un capriccio che Fury non si è neanche degnato di spiegarmi. –
L’agente tolse la sicura... e Tony chiamò l’armatura.
Fece appena in tempo a sentire il rassicurante sibilo del guanto che lo raggiungeva a una velocità che solo recentemente era riuscito a controllare.
Una dose di quello che riconobbe come tranquillante solo quando crollò a terra gli si piantò decisa nel collo ancora vulnerabile.
– Qualcuno salga ad avvertire la signora Potts, svelti! Caricatelo sul furgone... del resto, io gliel’avevo detto. –
Le ultime parole vibrarono tentennando su un’ottava più alta, stabilizzandosi poi nell’esatta estensione vocalica e timbro dell’agente Natasha Romanoff, che si strappò il sintetizzatore vocale dalla gola con una smorfia di disgusto.
Fingersi un uomo per non essere sottovalutata. Che schifo. 
  
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