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Autore: ChaosMyth    09/05/2013    2 recensioni
Ok, sono tornata con una nuova JRen, chi mi conosce sa che amo follemente questa coppia; inoltre volevo accontentare tutte le persone che mi hanno chiesto di scriverne un'altra dopo Fiori di Loto. Questa è a capitoli e spero di riuscire a finirla. Nella vita alquanto monotona di Kim Jonghyun arriva all'improvviso un ragazzo alquanto particolare, Choi Minki, il quale può sembrare strano all'apparenza perchè tutti i giorni deve confrontarsi con la sua più grande paura, che Kim Jonghyun cercherà di far sparire.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nota dell'autrice:

Finalmente si scopre che cos'ha Ren. So che sembra un disagiato, non mentite. Tra l'altro ho messo molto di me in lui, il mio carattere, le mie fobie e i miei interessi.
BEH.
Spero che vi piaccia questa storia e ringrazio se qualcuno la sta seguendo. Come dico sempre, spero di riuscire a finirla!


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Qualche giorno dopo, Kim Jonghyun si lasciò cadere sul letto con le braccia piegate dietro la testa, mentre Aron Kwak inseriva il disco del film che aveva scelto nel lettore dvd posto sotto la televisione in camera dell’altro ragazzo; era da parecchio tempo che non si vedevano e Kim Jonghyun era felice che avesse trovato del tempo per uscire insieme e poi andare a casa sua per vedere un film dato che quel giorno era Sabato e, non avendo scuola, Kim Jonghyun aveva più tempo libero.
Si sollevò per spostarsi più indietro e appoggiare la schiena contro il muro accanto al letto, dove si era appoggiato anche l’altro ragazzo mentre apriva un pacchetto di patatine e ne prendeva due tra le dita per portarsele alla bocca e prese il telecomando per accendere la tv e far partire il film.
Era molto legato ad Aron Kwak, forse anche più che agli altri suoi amici; si erano conosciuti poco più di due anni prima, a scuola, e avevano subito stretto amicizia, soprattutto perché avevano un carattere molto simile e avevano pressappoco gli stessi interessi. Essendo più grande di lui, Kim Jonghyun lo considerava quasi come il fratello maggiore che non aveva, e questo Aron Kwak lo sapeva e ricambiava quell’affetto.
Specialmente tempo prima, quando Kim Jonghyun era più piccolo, questi lo guardava quasi con ammirazione, come un modello, e faceva di tutto per passare del tempo con lui, per essere come lui, come succede spesso quando si è quasi nel pieno dell’adolescenza e ci si affeziona particolarmente a qualcuno di più grande che diventa il nostro punto di riferimento.
Kim Jonghyun aveva anche avuto, come si può dire in gergo, una cotta per Aron Kwak, e questa era stata la prima (e ultima) volta in cui aveva provato tali sentimenti per un altro ragazzo. Si disse che forse era solo confusione dovuta all’adolescenza, dato che non aveva mai provato nulla di simile per altri, o che fosse semplicemente quella “adorazione” che provava nei confronti dell’amico, sta di fatto che il suo primo bacio lo aveva dato a lui, e di questo Aron Kwak era segretamente compiaciuto.
Ma per il resto non c’era stato molto altro, non qualcosa di particolarmente rilevante e su cui ora, a distanza di molto tempo, ridevano, senza soffermarcisi troppo.
E passarono la serata a ridere davanti a quel film e a svuotare tutti i sacchetti di patatine e pop-corn che si erano portati in camera dalla dispensa in cucina, e Kim Jonghyun fu veramente contento e soddisfatto del modo in cui aveva trascorso quella serata assieme ad Aron Kwak, a divertirsi seppur in modo semplice, perché quando erano insieme succedeva sempre così, erano in grado di divertirsi anche senza fare nulla di particolare, bastavano loro.
Così stettero svegli fino a tardi e, vista ormai l’ora, il più grande decise di accettare l’invito di rimanere a dormire lì, come a volte succedeva, soprattutto quando erano ancora compagni di scuola.
La mattina dopo mangiarono qualcosa per colazione e poi Kim Jonghyun accompagnò l’amico fino all’ingresso del palazzo, dove di nuovo, come quella mattina di qualche giorno prima, incontrò Choi Minki, stavolta assieme ad un uomo, chiaramente coreano, e a una ragazzina di circa 14 anni d’età, che come il ragazzo accanto a lei aveva occhi azzurri e capelli biondi, i suoi lunghi quasi fino alla vita. Chiaramente dovevano essere il padre e la sorella minore di Choi Minki, che quando lo vide parve riconoscerlo subito; Kim Jonghyun non sapeva se salutarli o meno, dal momento che l’ultima volta con Choi Minki non era andata molto bene, per usare una litote, ma i suoi pensieri furono interrotti da Aron Kwak che lo stava salutando mentre usciva dal portone del palazzo.
Kim Jonghyun, dopo averlo salutato a sua volta, si voltò di nuovo verso Choi Minki, ma vide che stava già entrando in ascensore con il resto della sua famiglia e che quindi non avrebbe fatto in tempo a salutarlo come aveva appena deciso di fare; tuttavia dopo che il ragazzo fu entrato nell’ascensore si voltò verso le porte automatiche e, poco prima che queste si chiudessero, Kim Jonghyun poté vedere un leggero sorriso che il ragazzo gli stava rivolgendo.
Quel sorriso lo stupì leggermente e riflettendo un attimo si accorse che, seppur leggero e un poco imbarazzato ─ sicuramente un sorriso di cortesia─, era il primo che vedeva sul suo viso, e questo lo fece sorridere a sua volta mentre saliva le scale per tornarsene in casa.
 
Quella stessa sera Kim Jonghyun aveva deciso di uscire con Hwang Minhyun e Kang Dongho, dato che non aveva la minima voglia di starsene in casa nonostante fosse Domenica sera e il giorno dopo avesse scuola, e sarebbe stata una serata piacevole fino alla fine se non si fosse dimenticato il cellulare a casa, senza accorgersene. Era semplicemente andato in un piccolo locale insieme agli altri due ragazzi per passare una serata tutto sommato tranquilla a bere qualcosa, parlare, scherzare, ignaro però del fatto che i suoi genitori, non vedendolo rientrare a una certa ora, avevano iniziato a chiamarlo e a preoccuparsi per il fatto che il ragazzo non rispondeva, fino a quando non scoprirono che il cellulare in questione vibrava tranquillamente sul comodino accanto al letto in camera del ragazzo.
Fu per questo che, una volta tornato a casa, Kim Jonghyun si trovò di fronte a entrambi i suoi genitori, uno più arrabbiato dell’altro, e non servirono a nulla le scuse e le giustificazioni che il ragazzo fornì loro per discolparsi, e tre quarti d’ora dopo essere tornato a casa e aver discusso con loro, se ne andò a dormire scostando con rabbia le coperte dal materasso e sempre a causa della rabbia per quella sfuriata ci mise un po’ a prendere sonno e quindi ad addormentarsi.
La mattina dopo, Lunedì, il clima in quella casa non era molto diverso dalla sera precedente, e la cucina durante la colazione era più silenziosa del solito, così Kim Jonghyun cercò di mangiare e poi prepararsi il più in fretta possibile per uscire di casa e andarsene a scuola, dove avrebbe incontrato altre due persone per le quali nutriva una leggera rabbia, ed erano proprio Hwang Minhyun e Kang Dongho, i quali la sera prima lo avevano convinto a restare con loro ancora un po’ ed era quindi anche colpa loro se aveva fatto tardi e i suoi genitori si erano arrabbiati con lui.
Ovviamente, dopo aver parlato con loro e aver loro raccontato cos’era successo la sera precedente dopo essere tornato a casa, Hwang Minhyun e Kang Dongho si sentirono in colpa, ma nonostante aver chiarito con loro e nonostante le loro scuse, Kim Jonghyun non si sentiva del tutto meglio, più che altro perché aveva ancora addosso la rabbia per la sera prima e questa lo faceva essere di cattivo umore e lo faceva comportare e pensare negativamente.
Fu per questo che una volta suonata la campanella che segnava l’ora di pranzo, il ragazzo decise di non scendere alla mensa come al solito con i suoi amici; essendo così negativo sapeva che non sarebbe stato molto di compagnia, anzi spesso succedeva che addirittura rispondesse male e rovinasse l’umore anche agli altri, così per evitare tutto questo si diresse nella direzione opposta a quella della mensa, salì le scale per arrivare al secondo piano e poi ancora più su fino ad arrivare a una porta chiusa, proprio in cima alle scale. La aprì e si ritrovò sul tetto assolato dell’edificio scolastico, dove soffiava una leggera brezza fresca, e s’incamminò fino a raggiungere il parapetto di cemento, sul quale si appoggiò con le braccia conserte, sospirando mentre guardava dall’alto il cortile deserto della scuola e il resto della città, piena di persone, automobili, caos. Eppure quel rumore gli giungeva come da molto lontano, quasi attutito; anche per questo gli piaceva stare lì quando aveva bisogno di stare da solo, in pace, senza nessuno, ad osservare la vita della città che proseguiva mentre lassù sembrava quasi che il tempo si fermasse.
«Ciao..»
Kim Jonghyun sobbalzò spaventato e si voltò di scatto per capire chi avesse parlato.
Choi Minki se ne stava seduto per terra, con la schiena appoggiata alla cabina elettrica, e lo guardava dal basso verso l’alto, con i capelli leggermente mossi dalla brezza.
Il ragazzo in piedi si sentì imbarazzato, prima di tutto perché non si era accorto della presenza dell’altro dato che da dove era arrivato non poteva vederlo, e in secondo luogo perché, ora che sapeva che lì c’era già qualcuno, si sentiva come se lo avesse disturbato.
«Ah.. scusami, non mi ero accorto che fossi qui, me ne vado..» e fece un paio di passi per tornare alla porta e quindi alle scale, ma l’altro ragazzo lo fece fermare dicendogli che poteva rimanere lì o, se preferiva, poteva andarsene lui. Ma Kim Jonghyun gli rispose che poteva restare, e così si sedette a sua volta per terra, con la schiena appoggiata al parapetto, quasi di fronte all’altro ragazzo.
Si guardarono per un attimo prima di abbassare entrambi lo sguardo, senza sapere cosa dire né cosa fare.
Tutti i giorni, sia all’intervallo sia all’ora di pranzo, Choi Minki spariva e ricompariva solo quando riprendevano le lezioni, e Kim Jonghyun capì che doveva venire proprio lì, sul tetto; non c’aveva mai pensato e a dire il vero stava smettendo di domandarselo.
«Sei Kim Jonghyun, vero?» gli domandò all’improvviso il ragazzo, guardandolo.
«Già..» gli rispose lui «E tu sei Choi Minki, no?»
Il biondo annuì. «Due piani sopra di te..»
Kim Jonghyun fece un leggero sorriso, che l’altro ragazzo ricambiò.
«Vieni qui tutti i giorni? Non ti vedo mai in mensa..» gli domandò, e di nuovo l’altro ragazzo annuì.
«Sto bene qui.. Me ne sto tranquillo e soprattutto da solo..».
L’altro abbassò lo sguardo riflettendo su quelle parole e sullo strano atteggiamento del ragazzo, che oltretutto gli stava per la prima volta parlando, nel vero senso del termine, e gli venne spontanea una domanda per la quale s’imbarazzò di nuovo e si maledì mentalmente subito dopo avergliela posta.
«Hai paura della gente?»
Il biondo lo guardò per un attimo ed esitò a rispondere.
«Non è.. non è che ho paura della gente, io.. io a dire il vero soffro di agorafobia..»
Kim Jonghyun restò a guardarlo per qualche attimo e dalla sua espressione Choi Minki poté intuire che non aveva capito molto di quello che gli aveva detto, così proseguì per chiarirgli le idee.
«In pratica ho “paura” dei grandi spazi con tante persone.. Piazze, strade affollate.. la scuola, le aule..».
«E perché..?»
L’altro aspettò di nuovo prima di rispondergli.
«Perché.. perché se solo penso a ritrovarmi con tante persone attorno mi manca l’aria, mi sento soffocare.. E poi sono persone che non conosco.. Il mio dottore di Berlino dice che come conseguenza dell’agorafobia ho iniziato a soffrire anche di una leggera fobia sociale e ho iniziato ad avere paura anche solo delle persone che non conosco.. Ah, già che ci sono, scusami se l’altra mattina non ti ho nemmeno risposto dopo che tu sei stato così gentile da presentarti..».
Kim Jonghyun si sentì un po’ in imbarazzo. «Non importa..»
Choi Minki sorrise leggermente prima di abbassare di nuovo lo sguardo e l’altro ragazzo rifletté sulle sue parole e ripensò al loro primo incontro, poi a quando il biondo era scappato in cortile dopo essersi ritrovato circondato da persone che non conosceva e allora poté capire come mai avesse reagito in quel modo e poté immedesimarsi in lui, dicendosi che al suo posto avrebbe fatto lo stesso.
E poi pensò anche al fatto che Choi Minki si era addirittura trasferito lì da un altro paese e questo, sempre immedesimandosi in lui, gli fece quasi venire i brividi. Non doveva essere per niente una situazione facile per quel ragazzo.
Però questo gli offrì uno spunto per continuare la conversazione.
«E così.. vieni dalla Germania?» gli chiese.
«Già, vivevo a Berlino..»
«Com’è? Bella?»
L’altro annuì, sorridendogli. «Molto.. Mi trovavo bene lì, per quanto io possa “trovarmi bene” da qualche parte..».
«E come mai ti sei trasferito qui?»
«Beh, mio padre si era trasferito in Germania parecchi anni fa e si era fatto una vita lì dopo aver conosciuto mia madre. Poi per lavoro ha avuto la possibilità di tornare e a mia madre stava bene trasferirsi, così.. eccomi qui..» gli raccontò Choi Minki, con un leggero tono malinconico che fece intuire a Kim Jonghyun quanto in realtà il ragazzo avrebbe preferito rimanere in Germania.
«Non ti piace Seoul?»
«Sì, beh, per quanto io l’abbia vista.. Se esco di casa lo faccio sempre in macchina.. Berlino mi piaceva e mi sentivo più a mio agio lì, anche se non ho mai avuto il coraggio di uscire da solo. Però la trovavo davvero bella e avevo qualche amico..» e così dicendo si portò le ginocchia al petto cingendosele con le braccia e vi appoggiò sopra il mento, sospirando, con lo sguardo rivolto sul muretto di fronte a lui.
Kim Jonghyun poteva benissimo immaginare quanto potesse essere difficile per quel ragazzo relazionarsi con gli altri, lo aveva visto con i suoi stessi occhi.
«Se vuoi possiamo essere amici».
Il biondo alzò lo sguardo verso l’altro ragazzo, leggermente sorpreso.
«Noi..?»
«Sì, perché no? E poi viviamo anche nello stesso palazzo» gli rispose l’altro, alzando le spalle. Ora che era riuscito a parlare con quel ragazzo che si era addirittura aperto con lui raccontandogli dei suoi problemi nonostante si conoscessero appena, voleva essere suo amico anche più di prima.
Choi Minki lo guardò per un attimo prima di rivolgergli un sorriso un po’ timido.
«D’accordo.. ci sto» gli disse.
Kim Jonghyun ricambiò il suo sorriso. «Perfetto..»
E proprio in quel momento suonò la campanella della fine dell’ora di pranzo che invitava gli studenti a tornare nelle loro aule per le lezioni del pomeriggio, e i due ragazzi si alzarono insieme per raggiungere la porta del tetto e scendere le scale fino ad arrivare nella loro aula, dove si unirono agli altri loro compagni di classe e si divisero per andare a sedersi ai rispettivi posti.

  
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