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Autore: LivingTheDream    09/05/2013    2 recensioni
"Statico.
È tutto statico e nero.
Due occhi si spalancano davanti a lui, a pochi centimetri dal naso, e si rende conto di quanto fosse stato cieco a non rendersi conto degli occhi da gatto a due centimetri dal suo viso.
«Ciao, dolcezza»."
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jim Moriarty , Sherlock Holmes
Note: Nonsense | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Autore: LivingTheDream

Titolo: PDE (Spiegato nelle note)

Personaggi/Pairing: Sherlock Holmes/John Watson, Sherlock Holmes/Jim Moriarty, Jim Moriarty/John Watson (se ce lo volete vedere)

Wordcount: 1013 (fiumidiparole)

Rating: Pg-13

Warnings: Probabile blasfemia

Riassunto: Statico.

È tutto statico e nero.

Due occhi si spalancano davanti a lui, a pochi centimetri dal naso, e si rende conto di quanto fosse stato cieco a non rendersi conto degli occhi da gatto a due centimetri dal suo viso.

«Ciao, dolcezza».

Note: Dopo mesi, rieccomi. Sì. Sì, lo so. Addio. *torna da dove è venuta* Ad ogni modo, il titolo è uno storpiamento del termine NDE, Near Death Expirience, che diventa Post Death Expirience.

Musica: Lily of the Valley, The Cat Lady OST

 

 

Gelo, improvvisamente gelo.

Senza fiato.

Non si sente le gambe.
Sa che c'è qualcosa che non va, è tutto bianco – è tutto così bianco.

Tutto cosa, poi? Tutto niente. Il vuoto lo avvolge.

Ma è un vuoto strano, perché è illogico come il vuoto possa iniziare a girare attorno a lui, in un tango sfocato dove il nulla che aveva come riferimento inizia a correre in tondo e lo fa sentire legato da forze che come in una centrifuga gli mozzano il fiato e gli rendono sordi i pensieri.

Sta per vomitare, ne è certo.

Eppure.

Eppure tutto si ferma, di colpo.
Ad un tratto nulla corre più.

Statico.

È tutto statico e nero.

Due occhi si spalancano davanti a lui, a pochi centimetri dal naso, e si rende conto di quanto fosse stato cieco a non rendersi conto degli occhi da gatto a due centimetri dal suo viso.

 

«Ciao, dolcezza».

Gelo, nelle vene.

«Ciao, Jim».

Gelo, nella voce.

«Questa è tutta la felicità che mostri nel vedermi? Non si fa così, sai, Sherly-boy?»

«Tu sei morto».

La risata si perde nel vuoto.

«Tu per primo, caro mio, sai quanto sia relativa quella condizione per quelli come noi. Il mondo si libererà di me quando tu ti libererai di quell'orrendo cappotto. Ne hai fatto una copia o l'hai rubato dal letto di John?»

«Questi non sono affari tuoi».

«Hm. Forse hai ragione». Rumore di passi che si allontanano, i tacchi bassi contro un pavimento inesistente – svolazza il cappotto di Jim, identico a quello che trascinava giù Sherlock, sempre più giù, giù da quel tetto e non solo. «No. Aspetta. Non hai ragione. Io lo so benissimo com'è andata!»

Il sorriso enorme di un bambino abbaglia in tutta quella oscurità, e quando Jim spalanca le braccia come un domatore di leoni nel bel mezzo del suo palco tutto intorno a loro è l'immagine del tetto del Bart's e di Sherlock che precipita, di John che non ci crede, della terra che si spalanca sotto di lui e lo ingoia in una voragine infernale ed in un caos di delusione e rabbia e di braccia che lo tirano sempre più giù mentre la notte piange stringendo una sciarpa che tra poco avrà perso tutto l'odore e non ci sarà più niente a cui aggrapparsi e più niente a separarlo da-

«SMETTILA».

Tutto torna nero. A parte un piccolo puntino giallastro, da qualche parte dietro le spalle di Jim.

«Cosa, Sherly caro?»

«Qualsiasi cosa tu stia facendo. Che cosa ci faccio qui? Cos'è questo posto?»

Jim abbassa lentamente le braccia, proporzionalmente il sorriso diventa un broncio. Sherlock si accorge che indossa la sua sciarpa, ed è certo che prima non ci fosse. Oppure sì?

«Mi stupisci. Davvero non riesci a rendertene conto da solo?»

Sherlock inspira, espira. Jim intanto fa ancora qualche passo indietro, e si siede. Non per terra. In qualche modo il buio è un trono, sotto il suo corpo.

«Sono morto?»

Uno sbuffo divertito lo risponde.

«Vaffanculo, Jim».

«Oh, andiamo. Non essere scurrile! Non si addice a quelle belle labbra. E cos'è quello che hai sul viso? Sangue?».

«Lasciami andare!»

«... Non mi pare di starti trattenendo in alcun modo», ride Jim, alzando le mani.

Sherlock inizia a mettere a fuoco quel puntino lontano che sempre più velocemente si ingrandisce – o si avvicina? – e che gli attorciglia lo stomaco dal dubbio. «Forse così ti sarà più chiaro».

Si alza dal nulla su cui era seduto, avvicinandosi a Sherlock così tanto da fargli sentire il nauseabondo attraente profumo che emana.

Un altro squarcio sotto i loro piedi. Sherlock si sente il cuore crollare nello stomaco, mentre osserva Baker Street stagliarsi sotto i loro piedi.

«Guarda tutte queste persone, Sherlock. Guarda come sono ignare, a volte anche felici. Guarda, chi sono io», dice, e mentre lo fa mantiene lo sguardo fisso negli occhi di Sherlock che se potesse vedersi allo specchio li vedrebbe quasi fluorescenti, i suoi occhi. Jim non distoglie lo sguardo nemmeno mentre sbatte un tacco a terra ed una persona si accascia a terra, tra la folla. Morta.

Ad un tratto l'immagine cambia, quasi come se fosse lo sguardo di un aquila che spicca il volo e percorre centinaia di chilometri in pochi secondi, e Sherlock vede tutti i posti lui in cui era scappato, in cui si era nascosto, da cui aspettava di poter uscire. «Lo riconosci questo posto, Sherlock? Lo riconosci questo lago?»

Sherlock deglutisce a vuoto.

«Te lo chiederò per l'ultima volta, Jim. Sono morto?»

Jim ridacchia, facendo spallucce.

«Sinceramente? No. Purtroppo ti sto solo tenendo compagnia. Non hai idea di quanto mi annoi, qui, da solo. Sfortunatamente manca ancora un po' prima che tu venga a rallegrare questa solitudine... »

«CHI SEI PER PARLARE COSÌ?»

«Ehi, ehi, calma. Calmati. Sul serio. Basta chiedere».

«Possibile che tu sia-»

«Il Diavolo? Satana? Lucifero? Mefistofele? È questo che intendi?»

Annuisce. La testa gli fa male. È come se qualcuno gli stesse stringendo il cervello nel pugno per non farlo pensare. È rimasto immobile fino a quel momento, ed i muscoli gli fanno male.

Ride, Jim. «No. Ancora non l'hai capito?» Si lecca le labbra lentamente, inclinando la testa. «Non c'è nessun Diavolo».

L'immagine alle sue spalle è ora chiara. John. È il viso di John. Ride.

Jim si immobilizza per un istante. Poi si volta. Vede John.

«Bello, eh?, Sherlock. Un'anima così bella. Quando hai intenzione di dirgli che sei vivo? Perché sai, io non vedo l'ora che venga a farmi compagnia...»

«Che cosa vuoi fargli? Trascinarlo in questo inferno?»

«Sherlock. Oh, mio caro, ingenuo, Sherlock. Non esiste nessun inferno. Non c'è niente. Niente!»

Ride più forte, Jim. «Io sono Dio. Ci pensi? Sono Dio!» Jim ride, ride a bocca spalancata, ride a pieni polmoni e con delle lacrime rosse agli occhi avvicinandosi a Sherlock ed afferrandogli i capelli, affondandogli le unghie nel petto – ride anche mentre lo bacia a fondo – Sherlock sente di soffocare, acqua e fango nei polmoni – e ride mentre lo lascia precipitare nel lago ai suoi piedi, come una voragine apertasi all'improvviso.

 

Gelo, improvvisamente gelo.

Senza fiato.

Non si sente le gambe.

Lo ripescano dal lago ancora con tutto il cappotto. La sciarpa non verrà più ritrovata. Al posto di quella, sul petto, proprio sotto al collo, Sherlock si ritroverà una croce incisa nella carne.

In caratteri minuscoli, poco più un basso: “amerai il Dio tuo come te stesso”.

   
 
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