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Autore: KiaraRowling    28/11/2007    8 recensioni
- Ogni grande errore ha un momento a metà strada, una frazione di secondo in cui si può annullare e, forse, rimediare. - Draco non ci crede, fino a che un angelo, caduto tra le sue braccia, in seguito ad una supplica avvenuta da uno dei suoi più acerrimi nemici, gli farà cambiare idea.
Genere: Malinconico, Erotico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Ron Weasley, Un po' tutti, Voldemort | Coppie: Draco/Hermione
Note: Lemon, What if? (E se ...) | Avvertimenti: Contenuti forti
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Stavo leggendo l'ultimo concorso, creato su acciofanfiction e ormai scaduto, dove si richiedeva di creare una storia, partendo da una citazione tra quelle proposte. Ho sfogliato le varie citazioni, annotandomi le più significative, e questo è ciò che ne è scaturito. La storia è incentrata sul rapporto Draco/Hermione, in particolare su ciò che prova lui e su come lei riuscirà a fare breccia nel suo cuore, ma ovviamente lascerò spazio anche agli altri personaggi e alla guerra finale contro Voldemort. Non ci sono spoiler del settimo libro, e la storia parte dalla fine del sesto anno. Sperando che vi piaccia, attendo fiduciosa i vostri commenti! Bacioni!! KiaraRowling.

 

 

  

Ogni grande errore ha un momento a metà strada, una frazione di secondo in cui si può annullare e, forse, rimediare.

Ma lui, quell errore, non l’aveva rimediato. Aveva lasciato trascorrere quel secondo, segnando per sempre il suo destino.

Tu non sei un assassino.

Gliel’aveva detto fin da subito, appena si erano ritrovati faccia a faccia; e gliel’aveva detto fino alla fine, con il sorriso sulle labbra.

Tu non sei un assassino.

Lui sapeva che non avrebbe mai avuto il coraggio di uccidere l’uomo che aveva di fronte, lo sapevano entrambi; e alla fine, quasi a voler convalidare la tesi di quel vecchio pazzo, aveva abbassato la bacchetta.

Tu non sei un assassino.

Non lo era, ma sarebbe stato costretto a diventarlo; sul suo braccio era marchiato il simbolo del suo destino. Non era un assassino, ma incarnava in sè l’idea del Male: ed era proprio quel marchio a dimostrarlo, fungendo da simbolo.

Tu non sei un assassino.

Non aveva più importanza, ormai: lo era diventato, agli occhi degli altri.

Questo pensava Draco Lucius Malfoy, fissando la propria immagine riflessa nello specchio. Il ragazzo, l’uomo, che la sua immagine gli presentava, pareva ai suoi occhi il fantasma di colui che era stato un tempo. Lo sguardo era vuoto, il volto incavato, la pelle pallida, spenta. Respirava, ma sembrava fosse privo di anima. Si passò una mano tra i capelli, in un gesto tanto lento quanto privo di significato: ma, in quel momento, quell’unica azione era fondamentale per lui; era l’unica cosa che gli era rimasta del Draco di un tempo.

Tu non sei un assassino.

La voce di Silente continuava a rieccheggiare nella sua testa, i suoi occhi erano offuscati dalla sua figura, nell’istante in cui Piton aveva posto fine alla sua vita.

Draco si alzò la manica della camicia, passando un dito sul Marchio Nero: avrebbe voluto farlo sparire, sarebbe stato disposto a tagliarsi il braccio, se solo fosse servito a qualcosa.

Si sentiva sporco, si sentiva marcio. Si sentiva un’ombra, che scivola lenta sulle pareti: lui viveva l’ombra della sua vita.

Tu non sei un assassino.

Non era nulla, guscio vuoto di anima corrotta, cuore trafitto dai pugnali dell’odio.

Era buio, era freddo, era odio. Era Male: a quel punto, essere o meno un assassino non aveva importanza.

Gli occhi gli divennero improvvisamente lucidi: si era conficcato le unghie nel braccio, come se stesse cercando di strapparsi il Marchio dalla pelle. Faceva male, ma era esattamente ciò che voleva: voleva soffrire, voleva sanguinare, voleva eliminare tutto ciò di sbagliato che c’era in lui, quella bestia che divorava ogni più piccolo spiraglio di luce, che trasformava tutto in qualcosa di marcio.

Tu non sei un assassino.

Quella voce non accennava a zittirsi: la odiava, odiava il suo tono dolce, così come odiava lo sguardo comprensivo di Silente che gli balenava nella mente. Quello sguardo, che pareva voler dire "non ti preoccupare, andrà tutto bene" . Odiava quella voce, odiava quello sguardo, odiava lui. Eppure, non avrebbe mai voluto che morisse.

Tu non sei un assassino.

- E’ colpa mia se sei morto. Io ho fatto entrare i Mangiamorte, nel castello, io ti ho trattenuto mentre stavi male, io ho permesso a Piton di ucciderti. Non sono un assassino, ma non sono certo meglio di lui. -

Draco chiuse gli occhi, lasciando ricadere il braccio marchiato, che fino a qualche istante prima aveva trattenuto con la mano, lungo il fianco.

Aveva avuto la possibilità di cambiare, gli era stata concessa quella famosa frazione di secondo in cui l’errore poteva essere rimediato.. e l’aveva buttata via.

Tu non sei un assassino.

- Io non sono un assassino. Sono peggio. Sono un codardo, un vile, un debole. Preferirei essere un assassino. -

La porta della sua stanza si aprì, lasciando entrare il servo più fedele del Signore Oscuro: Severus Piton.

- Draco, sei pronto? -

Non era mai stato pronto, aveva semplicemente lasciato che gli altri lo credessero.

- L’Oscuro Signore vuole vederti. -

Uscirono dalla stanza insieme: l’uomo davanti, il giovane dietro. Arrivarono in un ampio salone, riccamente arredato con mobili antichi e finemente intagliati, pregiati tappeti orientali e pesanti tende dai colori tenui.

Lui era seduto su un divano, rivestito di tessuto verde scuro, posto davanti al camino acceso.

- Ecco il ragazzo che ha ucciso Silente. -

Ne era convinto, e Piton gliel’aveva lasciato credere. L’uomo aveva fatto il lavoro sporco, e il ragazzo se ne prendeva il merito.

Tu non sei un assassino.

Lo era per Lord Voldemort, e tanto bastava.

- Chiedimi ciò che vuoi. So premiare chi porta a termine i propri compiti. -

E’ come un Dio, crudele e terribile, generoso e misteriosamente magnetico. Punisce e premia, ma non perdona.

- Voglio che mio padre esca da Azkaban. -

Se era destinato a morire, Draco voleva che suo padre lo facesse da uomo libero. Nessuno poteva permettersi d’imprigionare un Malfoy.

- Sarà fatto. Tuo padre verrà liberato quanto prima. -

- Grazie, mio Signore. Siete molto generoso. -

Non importava se credesse veramente in ciò che stava dicendo: l’importante era usare il tono più umile e convincente possibile.

Piton guardava Malfoy con orgoglio: teneva a Draco, nella misura in cui un uomo come lui potesse provare affetto per qualcuno.

- Puoi andare ora, Draco. Prima che mi dimentichi, però, ti suggerirei di dare un’occhiata alle persone catturate oggi da Greyback. C’è qualcuno che dice di conoscerti. -

Il giovane s’inchinò, come uno schiavo fa davanti al suo padrone, come un uomo fa davanti a qualcuno più potente di lui.

Uscì dalla stanza, e fece ciò che il suo Signore gli aveva detto: andò a controllare i prigionieri. E lì, lo vide: capelli rossi, lentiggini, vestiti lacerati e sporchi di sangue.

- Weasley. -

Lui alzò lo sguardo, i suoi occhi si tinsero d’odio e rabbia.

- Malfoy. -

Pronunciò il suo nome con disprezzo infinito, accompagnando il tutto con una smorfia: era legato, prigioniero inginocchiato di fronte a lui, eppure aveva avuto il coraggio di pronunciare il suo nome, di sfidarlo con gli occhi. Cuore di vero Grifondoro. Cuore di un uomo che non ha più nulla, se non la sua dignità.

- Cosa si prova ad essere in trappola, Weasley? -

Draco voleva umiliarlo, voleva dimostrare di essere padrone, voleva troneggiare su di lui.

- Strano che tu me lo chieda, Malfoy. E’ una sensazione che dovresti conoscere molto bene. -

Sfrontato, orgoglioso, deciso, coraggioso: aggettivi che Draco non avrebbe mai collegato ad uno come Ronald Bilius Weasley.

- Malfoy.. devi fare una cosa per me. -

Il ragazzo alzò un sopracciglio, divertito: - Io dovrei fare qualcosa per te? Sei tremendamente esilarante, Weasley. -

Lo teneva in pugno: godeva della sua umiliazione, si fortificava con la sua immagine.

- Si tratta di Hermione. -

Ron pronunciò il nome dell’amica con infinita dolcezza: una dolcezza che, alle orecchie di Malfoy, suonò come sconosciuta.

- Sta morendo. -

Draco spostò lo sguardo sulla figura stesa accanto a Weasley, a cui, fino a quel momento, non aveva prestato attenzione.

Era una ragazza, lo s’intuiva dal corpo: le gambe lisce e tornite, il seno, i lunghi boccoli castani, non potevano certo appartenere ad un ragazzo.

- Perchè credi che la cosa m’interessi? -

Non aveva nessuna intenzione di aiutarlo, l’unico obiettivo che si era prefisso era quello di ferire il ragazzo che gli stava di fronte: era sempre stato geloso di quel patetico pezzente, perchè aveva posseduto l’unica cosa che, a lui, nessuno aveva mai concesso. L’amore.

- Perchè ti conosco, Malfoy. E tu non sei un assassino. -

Tu non sei un assassino.

Di nuovo quella frase, di nuovo l’immagine di Silente davanti agli occhi. Chiuse gli occhi: non voleva vedere, non voleva ascoltare.

- Malfoy. Uccidimi, se ti diverte. Torturami, non m’interessa. Ma aiuta Hermione. -

Draco aprì gli occhi e guardò il ragazzo che aveva davanti: era disposto a morire per lei, era disposto a soffrire, a sacrificarsi, in cambio della vita di quella ragazza. Qual era quel sentimento talmente grande da dare ad una persona il coraggio di mettere in pericolo la propria vita, per quella di un altro?

Non se ne capacitava, non poteva credere che Weasley fosse pronto a morire per salvare la Mezzosangue. Ma, forse, era l’amore che lo faceva agire così. Quell amore, a lui sconosciuto.

Tu non sei un assassino.

No.. non lo era. Non lo era mai stato, e non lo sarebbe stato mai.

Aprì la cella dove Ron e Hermione giacevano feriti, e prese la ragazza tra le braccia.

- Non è troppo tardi per cambiare, Malfoy. -

Forse, Weasley aveva ragione.

Forse, la frazione di secondo in cui rimediare al suo errore, non era ancora passata.

  
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