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Autore: Keiko    10/05/2013    4 recensioni
Non era un uomo Draco Malfoy, ma ancora un ragazzino. O forse, quelli come lui, non diventavano mai davvero uomini, preferendo giochi più subdoli dove gli altri si sporcavano le mani e spaccavano la schiena al loro posto. [...]
C'erano donne come lei, o Pansy, che combattevano senza paura, senza sosta. Perché lui non era in grado di farlo? Era sbagliato il modo in cui aveva vissuto sino a quel momento? Hermione era adulta, era già donna.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Keiko © 2013 (10 maggio 2013)
Disclaimer: Tutti i personaggi di Harry Potter appartengono a J. K. Rowling, agli editori inglesi e ai distributori internazionali che detengono i diritti sull'opera. Questa storia è stata redatta per mero diletto personale e per quello di chi vorrà leggerla, ma non ha alcun fine lucrativo, né tenta di stravolgere in alcun modo il profilo dei caratteri noti. Nessun copyright si ritiene leso.


Giorno 1

Sedeva nel corridoio da così tanto tempo che ormai aveva imparato ogni sillaba stampata sulla Gazzetta del Profeta. I curatori e le infermiere sfilavano a passi rapidi e silenziosi dinnanzi a lei, senza prestarle attenzione. Era così da settimane, e sembrava che tutto fosse fermo a molto prima, all'infermeria di Hogwarts e alle cure premurose di Madama Chips.
“Puoi entrare. Si è svegliato finalmente.”
Hannah Abbott fece capolino dalla stanza sorridendo imbarazzata. Era la reazione di chi è felice di aver salvato un'altra vita, per averla strappata un'altra volta alla morte, nonostante sia quella sbagliata magari. O, comunque, una vita che non valeva nulla, almeno per lei. Si strinse nelle spalle, posando la bacchetta nella tasca posteriore dei jeans. Non si era nemmeno resa conto di averla in mano, eppure non se n'era separata per un istante.
“Grazie” e le sorrise in modo sincero, anche se in realtà quello che la tratteneva al San Mungo era solo un obbligo politico e morale. Da brava idealista era sempre stata leale sino a passare per una stupida, a volte. Non era mai stata brava a mascherare i sentimenti, troppo impulsiva e testarda e così ottusa nel credere di essere dalla parte della ragione che... che. Che ora si trovava al San Mungo a badare a un idiota di cui non le interessava nemmeno sapere se fosse vivo o morto, mentre gli altri erano fuori a combattere gli ultimi strascichi della guerra, che fiaccamente si insinuavano nei vicoli di Londra perdendosi nelle fogne. Seguì Hannah sino all'ultima stanza del corridoio, la chiusura perfetta a capo dell'edificio per uno come lui.
“Vi lascio soli” e con quelle parole la ragazza si dileguò lasciandola immersa nei propri pensieri. Hannah era stata forte: aveva lasciato Hogwarts subito dopo la battaglia trasferendosi al San Mungo come volontaria. Aveva curato anche le ferite di Hermione, baciato quelle di Neville e lenito quelle di Harry. Per la morte di un'anima, però, non c'era rimedio. Ammesso tu ne abbia una. Sospirò e aprì la porta, sentendo il proprio respiro farsi pesante.
Lui era disteso sul letto e fissava il muro opposto all'ingresso, privo di finestre. Era in isolamento per essere protetto, ma non era altro  che una prigione differente da Azkaban. Questo, lo sapevano entrambi.
“Ehm... come ti senti?”
Silenzio.
Una domanda stupida, ma non le venne in mente altro da dirgli perché, a parte gli insulti, non c'era mai stato altro tra loro. A essere sinceri non interessava nemmeno a lei instaurare un dialogo, solo sperava di rendere meno problematica la loro convivenza per le prossime settimane, il tempo che lui si riprendesse e potesse essere riportato a casa. Solo quello.
“Malfoy non ti hanno insegnato l'educazione?”
Un colpo leggero della curva magra della spalla, acerba come quella di un bambino. Non era un uomo Draco Malfoy, ma ancora un ragazzino. O forse, quelli come lui, non diventavano mai davvero uomini, preferendo giochi più subdoli dove gli altri si sporcavano le mani e spaccavano la schiena al loro posto.
“Sino a quando non ti sarai ripreso resterai qui. E potrai vedere solo me. Quindi rassegnati.”
“Io sto benissimo.”
La risposta piccata di uno stupido negato anche per la politica e la diplomazia, non solo per i rapporti interpersonali, e si chiese se Malfoy almeno una dote la possedesse. Il ragazzo cercò di rizzarsi a sedere sul letto, ma tutto ciò che lo sforzo gli regalò fu un violento capogiro che lo obbligò a girarsi lentamente, e lasciare che lo sguardo si posasse su di lei.
“Perché tu?”
“Diciamo che sono stata scelta?”
Costretta, sarebbe stato più corretto dire, ma il moto di disappunto che le attraversò lo sguardo non venne colto dal ragazzo.
“Potter voleva ammazzarmi?”
“Non sei tu il problema del Mondo Magico. Non lo sei mai stato a dire il vero.”
“Mi sarebbe piaciuto esserlo.”
Se lo lasciò sfuggire in un soffio, e lo sguardo di entrambi cadde sull'avambraccio scoperto, dove sulla pelle pallida e sottile faceva capolino la chiazza nera e violenta di un marchio ormai indelebile.
“Tutti sbagliamo. Ti ho portato la Gazzetta del Profeta di oggi, ti terrà compagnia per un po'.”
Lui non si allungò per prenderla, e lei con poca grazie gliela appoggiò in grembo.
“Non sono qui per essere la tua domestica, ma per proteggerti.”
“Quindi per farmi da balia?”
“Se vuoi metterla su quel piano, si.”
L'avevano costretta per due motivi: lei, erano certi, avrebbe sopportato Malfoy senza ucciderlo o schiantarlo. E poi perché da quando la guerra era finita Ron era diventato troppo apprensivo nei suoi confronti. Tenerla lontana da loro era l'unico modo per salvarla, per metterla al riparo dagli attacchi dei Mangiamorte che ancora si aggiravano per Londra.
“Quanto è passato?”
“Da quando sei al San Mungo o da quando la battaglia si è conclusa?”
“Perché non hai detto la guerra?”
“Perché ci siamo ancora.”
Draco la guardò senza capire, occhi spenti e troppo grandi su quel viso lungo e scarno.
“Non è finita? Credevo...”
“Lo credevamo tutti. Quando abbiamo iniziato a dare la caccia ai Mangiamorte che non si erano pentiti... be', il Ministero ha dichiarato che avrebbe portato tutti ad Azkaban, indistintamente. Nessuno ora vuole costituirsi. C'è chi dice che chi l'ha fatto sia ugualmente stato incarcerato, per questo si sono inasprite le lotte ed è difficile vivere là fuori.”
“Mio padre? Dov'è? E mia madre?”
Hermione osservò Draco quasi con dolcezza. I suoi genitori erano al sicuro lontano dall'Inghilterra, e di lei non ricordavano nulla. Nemmeno di averla messa al mondo. Avevano fatto scelte differenti, loro due, ma entrambi per salvare la propria famiglia avevano pagato un prezzo salato. Chi non l'aveva fatto?
“Stanno bene. Quando ti sei ribellato a Voldemort loro sono passati dalla nostra parte e... e si sono detti pentiti. Non hanno ricevuto il Bacio dei Dissennatori ed ora sono al sicuro.”
“Devo raggiungerli.”
“Quando starai meglio.”
“Ora.”
“No.”
“Andiamo Granger, praticamente sono un prigioniero sorvegliato a  vista da te?”
“Non è una prigione, è...”
“... una condanna?”
Tu potresti anche avere sulle spalle colpe da espiare, ma io? È  una prigione anche per me, Draco, e non mi spiego ancora il motivo per cui mi abbiano privato della libertà per un posto sicuro e all'asciutto. Non è la vita che ho chiesto, questa. 
Si avvicinò a Malfoy sistemandogli in modo sbrigativo le lenzuola.
“Sono qui fuori. Se ci fosse qualche problema, chiamami.”
“Non chiederò mai aiuto a una sporca mezzosangue.”
“Al San Mungo è proibito ai pazienti tenere le proprie bacchette magiche. Qui dentro gli unici che possono usarle siamo i medici ed io. Puoi non chiedere aiuto e morire se preferisci.”
“Tanto vale morire.”
“Non ti piacerebbe quello che potrebbero farti prima. Fidati.”
“Li hai visti?”
Hermione stornò lo sguardo, distogliendolo da lui. Non voleva ricordare, né farsi ferire. Forse aveva ragione Ronald. Da quando aveva un cuore caldo di donna che le batteva nel petto, la sua forza si era incrinata. Era diventata più fragile, non adatta alla guerra né alla prima linea. Ron ragionava ancora da ragazzino, dall'aspirante eroe. Lei, invece, ragionava come una donna a cui la guerra stava togliendo tutto.
“Ti ho fatto una domanda.”
“E quindi? Posso non risponderti se voglio.”
“Ti ho chiesto se hai visto cosa fanno.”
Hermione annuì con il capo, portando la mano alla bacchetta. Era un gesto istintivo da guerriera, e questo non sfuggì a Draco. Per lui era sempre stato più facile implorare che schiantare e combattere.
“Quelli che vengono catturati ci vengono restituiti come se fossero stati passati al tritacarne. È un avviso: se non ci prendete, finirete tutti così. E non li prenderemo mai, è questo il problema.”
“Hermione Granger che si scoraggia? Il mondo è davvero cambiato” sibilò a denti stretti continuando a guardarla mettendola a disagio. Aveva gli occhi cerchiati dalla stanchezza e le mani ferite. Lunghi tagli le avevano lasciato striature sanguigne sui dorsi, e ancora non si erano rimarginati.
“Chi ti ha fatto quelli?”
“Questi? Oh. Sono... sono di Ginny.”
Hermione non aggiunse altro. Si girò su sé stessa e lo lasciò di nuovo solo. Non aveva chiesto di riflettersi in uno specchio cieco che le rivolgeva domande a cui non voleva rispondere. Non aveva nemmeno chiesto di essere al San Mungo a proteggere Draco Malfoy, eppure era lì dentro da settimane. Soffocata dalle attenzioni di Hannah, dall'indifferenza dei medici, dalle grida dei malati. Attraversò a passo spedito il corridoio, tuffandosi nella brezza gelida della sera. Si sollevò il bavero dell'impermeabile, calandosi sui capelli un berretto in tweed con la visiera nascondendovi al di sotto i capelli raccolti in un'improvvisata coda di cavallo. Sentiva la bacchetta premerle contro il fianco ora, e si sentiva al sicuro.
Se mai l’avessero riconosciuta, era certa di farcela.

*

 

Giorno 3

“Avevi detto che eri qui per me o sbaglio?”
“Quindi?”
“Ieri sera non c'eri.”
“Ieri notte avevo un impegno.”
“Weasley?”
“No, Nott. Avevamo ricevuto notizie di un avvistamento e sono andata a dare un'occhiata, ma credo fosse solo una delle migliaia di segnalazioni fasulle che arrivano al Ministero.”
“Lavorate tutti per loro adesso?”
Hermione notò nella voce di Malfoy l'invidia sottile di chi è stato spodestato, di chi per anni si è illuso di avere un ruolo già definito nel mondo.
“Tieni, è la Gazzetta di quest'oggi. Che dice?”
“Non sai più leggere?”
“Non ho fatto in tempo a guardarla.”
Si tolse i guanti gettandoli sul letto, poi fu la volta dell'impermeabile e del cappello ma non della bacchetta. Draco aprì il quotidiano e iniziò a scorrere le notizie con pigrizia. Non aveva mai prestato attenzione a ciò che avveniva, erano sempre gli altri a indicargli la giusta direzione da prendere, indipendentemente dagli eventi che coinvolgevano il resto del mondo.
“La Gazzetta è diventata filo-ministeriale. Se ti aspetti notizie contro l'Ordine o il Ministero non troverai nulla.”
“Allora perché me la porti?”
“Perché tu possa sapere cosa sta accadendo là fuori.”
“Non ci sono notizie che mi riguardano.”
“Per tutti sei morto. Ti abbiamo trovato ferito nella battaglia, così ti abbiamo portato qui. E...”
Hermione si interruppe senza distogliere lo sguardo da lui. Fu Draco ad essere costretto ad abbassare il proprio, quando lei continuò a restare sulla propria posizione prendendosi tutto il tempo necessario per inventarsi qualche bugia valida da rifilargli.
“Voglio la verità Granger. Subito.”
“Non è così semplice. È complicato farti capire il perché e...”
“Perché mi avete salvato?”
“Eri ancora vivo.”
“Potevate lasciarmi morire.”
“Io non sono una Malfoy, né una qualunque Serpeverde. Io non colpisco alle spalle i nemici.”
Hermione si sollevò di scatto senza prestare attenzione alle sue proteste. Lo lasciò solo con la Gazzetta del Profeta e lo sciorinare di illustre catture. Tra i nomi non c'era nessuno che conoscesse, eppure la sua attenzione venne attirata da un piccolo articolo in cui si parlava di presunti avvistamenti non lontani dal San Mungo. Che stessero cercando proprio lui?

*

Giorno 15

Hermione non si era fatta vedere per alcuni giorni. Hannahh Abbott si era limitata a consegnargli copie della Gazzetta del Profeta senza dirgli né dove fosse finita la Granger, né cosa ne sarebbe stato di lui.
Aveva passato due notti insonni.
Si era rigirato nel letto con il marchio nero che grattava sulla pelle come carta vetrata. Si era svegliato con il braccio ricoperto di sangue e graffi, quella mattina, là dove aveva strappato la carne nel tentativo di scacciare il richiamo di un marchio a cui non voleva più appartenere.
“Non ti hanno insegnato a bussare?”
Hermione era dinnanzi a lui, un soprabito di fattura scandente – e babbana – zuppo di pioggia e sporco di terra. Si era avvicinata con decisione strappandogli da sotto le lenzuola il braccio che, poche ore prima, la Habbott gli aveva medicato.
Lo strinse con forza per poi lasciarlo andare in modo brusco, quasi fosse un oggetto di cui sbarazzarsi. A lui sarebbe piaciuto poterlo fare, ma ormai era tardi per poter tornare indietro e cambiare anche solo un dettaglio del suo passato. E, a essere onesti con sé stessi, in teoria doveva essere finito tutto, no?
“Se ti fa così schifo puoi anche levarti di torno, Granger.”
Si era lasciata cadere sulla poltrona accanto al suo letto. In altri tempi, in una vita che gli era appartenuta sino a un paio d’anni prima, in un posto del genere sarebbe stata seduta sua madre a vegliarlo. O Pansy. Ora c’era la ragazza più fastidiosa e mediocre che avesse mai conosciuto. Non era stupido: riconosceva le doti della Granger come strega, ma come donna e come… tutto, be’, riusciva a non sfiorare la sufficienza.
“Non credevamo potessero riprendere a richiamarvi.”
Asciutta, senza mettere scuse o perifrasi di solidarietà, gli dava risposte secche senza fronzoli. Non era abituato a vedersi sbattere in faccia la verità. Le persone che aveva avuto intorno sino a quel momento l’avevano sempre assecondato, ed ora abbandonato. Doveva dunque sopportare la grezza presenza indesiderata di una carceriera improvvisata?
“Che vuoi dire?”
“Che siamo ancora in guerra. Ma te l’avevo detto, no?”
"No."
"Si."
Hermione rifletté alcuni istanti, poi si scrollò di dosso la pioggia abbandonando il soprabito sulla poltrona e alzandosi di nuovo in piedi, irrequieta.
"Ma non leggi La Gazzetta del Profeta?"
Draco la fissò infastidito, quasi gli avesse sputato addosso una banalità assodata.
"Secondo te?"
"Te la facevi leggere da tua madre?"
C'era sarcasmo nella sua voce, la nota infastidita di chi aveva vissuto costruendosi un’identità negli ultimi sette anni giorno dopo giorno, facendosi largo a spallate nel mondo. Lui poteva dire altrettanto? No. Nelle parole della Granger non c'era cattiveria, o superiorità, solo la verità scontata di chi ha dalla propria parte una buona dose di ragione e pregiudizio.
"So leggere, io."
"Non avresti passato i G.U.F.O. altrimenti, questo lo so benissimo. Ad ogni modo stanno tornando. Il Marchio Nero è stato di nuovo scagliato su Londra, Parigi e San Pietroburgo. I sopravvissuti tra le fila di Voldemort si stanno radunando. Chi non si è pentito e non cederà alle pressioni del Ministero tenterà una nuova guerra. Ma non sarà come le precedenti. Senza di lui è solo guerriglia e rappresaglia. Azioni isolate che porteranno solo ad altri morti innocenti. Nati babbani, mezzosangue, simpatizzanti e maghinò. Ripuliranno il Mondo Magico a modo loro."
Draco si costrinse a guardarla, ma lei gli dava le spalle osservando alcuni tabelloni illustrativi di malattie magiche che adornavano le pareti della sua stanza.
"Tu sei qui per questo motivo" riprese lei dopo alcuni istanti di silenzio.
"Avete paura che torni a combattere contro di voi?"
"Credevo fossi più intelligente, Malfoy. La tua famiglia ha tradito la causa. Se tu dovessi tornare da loro ti ucciderebbero. Se dovessero trovarti ti massacrerebbero. Non hanno pietà per nessuno."
"E chi ti dice che non mi stiano attendendo?"
Hermione si girò verso di lui sorridendo. Un sorriso amaro e sghembo, labbra sottili screpolate dal freddo e capelli fradici che le ricadevano sulle spalle, scomposti. C'erano donne come lei, o Pansy, che combattevano senza paura, senza sosta. Perché lui non era in grado di farlo? Era sbagliato il modo in cui aveva vissuto sino a quel momento? Hermione era adulta, era già donna. Lui non era altro che un pivello disteso nel letto della camera di un ospedale, internato e preso in ostaggio dal Ministero.
"Perché lo fai?"
"Cosa?"
"Combattere."
Hermione ci rifletté alcuni istanti, poi si sedette sul letto torturandosi le mani grattando via cuticole sino a far comparire altri strati di carne sotto quella pallida e rovinata della superficie.
"Tu perché l'hai fatto?"
Draco non aveva voglia di mentire. O forse aveva compreso che farlo non aveva prodotto i risultati sperati. Mentire e credere che la causa dell'Oscuro Signore fosse giusta, convincersi lo fosse, non era stato altro che un fallimento. Il proseguimento del fallimento di suo padre. Quando aveva voltato le spalle alle fila dei Mangiamorte Draco si era sentito migliore, ed era stato come tornare a respirare dopo una lunga apnea sott'acqua. Si era svuotato i polmoni, si era lasciato scivolare via di dosso la spossatezza dettata da un ruolo che non aveva richiesto e che si era trovato a dover recitare.
"Per mio padre e mia madre."
"Visto?"
"Cosa?"
"Finiamo con il combattere per gli altri, non per noi stessi."
"Tu combatti per Weasley?"
Hermione sollevò il viso di scatto, scuotendo con forza il capo.
"No. Combatto perché voglio vedere un mondo migliore. Dove anche quelli come me possono avere una vita dignitosa."
Quelli come me, si ripeté mentalmente Draco come un mantra. Quelli come la Granger com'erano?
Babbani, prima di tutto. Sporchi mezzosangue, soprattutto. Uomini e donne che sanguinavano e piangevano esattamente come lui.
Allora dov'era la differenza?
Perché la guerra doveva continuare?
"Ti lascio, vado da Hannah. Torno più tardi."
"Perché non mi consegnate al Ministero?"
"Non era nei patti, Draco."
Si sollevò a sedere per vederla uscire dalla sua stanza a capo chino, le spalle curve schiacciate dal peso che aveva portato anche lui, di una guerra che non era la loro ma a cui avevano scelto di prendere parte senza potersi poi tirare indietro. L'aveva chiamato "Draco". Cos'era cambiato nell'arco di quel pomeriggio?

*

Giorno 32

"Voglio tornare a casa” sbottò Draco all'improvviso cogliendo di sorpresa Hermione. Erano trascorsi ormai due mesi da quando l'aveva portato al San Mungo, e in un certo senso si stupiva di come Malfoy non avesse ancora manifestato il desiderio di andarsene da lì.
“Quando sarai guarito non sarò più costretta a vederti ogni giorno.”
“La cosa è reciproca, Granger. Sbaglio o oggi il tuo umore è peggiore del solito?”
“Sei perspicace quando ti impegni.”
Non sollevò lo sguardo dal vecchio tomo che stava leggendo, intenta a inseguire vecchi incantesimi con la bacchetta spianata dinnanzi a sé, mormorando a mezza voce frasi inventate per controllare i movimenti del polso.
“Cosa stai studiando?”
“Incantesimi illegali” gli rispose seria. Il ragazzo la fissò di rimando, sorpreso, e si ritrovò pochi istanti dopo a osservarla scoppiare a ridere divertita, posando il libro sulle proprie ginocchia.
“Mi stai prendendo in giro?” domandò lui stizzito.
“Nessuno...”
“... prende in giro un Malfoy” cantilenò lei precedendolo.
“Hai solo fatto un'espressione terribilmente buffa. Prendi, puoi tenerlo se ti va. L'ho trovato alla biblioteca del Ministero, ma lì sembra che tutti si siano dimenticati della sua presenza. Credo tu possa tenerlo senza problemi. Ti terrà compagnia per un po'.”
“Perché? Tu dove vai?”
“C'è una cosa che devo fare con Harry e Ron” tagliò corto lei senza aggiungere alcun dettaglio.
“Capisco. Quando Weasley vuole tenerti al sicuro ti mette qui al San Mungo con la scusa di controllarmi, poi quando sono certi di non potercela fare allora tu sei costretta ad andare. Probabilmente a rischiare la vita davvero.”
“I Serpeverde... quelli che facevano parte dell'Inquisizione ad Hogwarts... non sono ancora stati trovati. Molti sono fuggiti e non sappiamo dove siano.”
Draco deglutì a vuoto, distogliendo lo sguardo da Hermione. Non aveva abbassato il proprio, lei, ma si capiva che lo stava supplicando di non chiederle altro. Gli aveva raccontato solo frammenti della storia, e la Abbott non si era lasciata sfuggire alcun dettaglio.
“Quindi? Tu che c'entri con loro?”
“Dobbiamo trovarli. Si dice che siano loro a uccidere i dissidenti e i mezzosangue.”
“E tu devi andare a stanarli come se fossi un cane da tartufo?”
“Non sono rimasta sempre qui, sono anche uscita, Draco. Ero sulle tracce di Nott ma mi è sfuggito. Forse si è unito agli altri. Il Ministero originariamente aveva proposto di graziarli, ma le cose stanno andando per le lunghe, e ormai anche per loro non ci sarà alcuna pietà.”
“Non mi sembri felice.”
“Non condivido la linea di condotta di Harry e del Ministero.”
“Forse Weasley non ti vuole tra i piedi per quello. Sei troppo debole.”
Hermione socchiuse gli occhi a due fessure, sollevandosi in piedi all'improvviso e facendo cadere la sedia con un tonfo secco.
“Con che diritto mi giudichi, Malfoy?”
“Ho solo fatto una constatazione, Granger.”
“Se non sai di cosa parli, evita di farlo. E sai perché? Perché non sai nulla né di me né di quello che è accaduto da quando sei stato colpito.”
“Allora spiegamelo tu. Magari posso cambiare idea.”
“Non mi interessa che cambi idea. Credi a ciò che ti pare, l'hai sempre fatto.”
“Anche tu.”
Il tuo mondo non è cambiato Draco?
È tutto così dannatamente statico tra i Purosangue?
Si strinse nelle spalle, afferrando il cappotto da terra.
“Non puoi scappare in eterno. Prima o poi dovrai fermarti e affrontare quello che ti fa più paura.”
Solo il silenzio e una stanza vuota in risposta alle sue parole. Si divertiva a tormentarla, gli piaceva spingersi sempre più in là per vedere in che punto esatto si sarebbe spezzata. Anzi, no, caduta. Hermione Granger non era una di quelle donne facili da mettere in ginocchio, ma era una di quelle che si sarebbero gettate da una scogliera, piuttosto che inchinarsi all'eroe sbagliato.

 

*

Giorno 40

Hermione non si faceva vedere da almeno una settimana. Dopo l'ultima discussione che avevano avuto, non era tornata nemmeno dopo l'incontro con la Habbott. Quest'ultima non gli aveva dato informazioni, gli aveva solo assicurato che era al sicuro. Durante il giorno la sorveglianza al San Mungo era consistente, era la notte che faceva paura. Hermione tornava quando lui dormiva, si sedeva accanto al suo letto e lo fissava nel sonno. Se ne andava prima dell'alba lasciando nella stanza odore di pioggia e sangue. Draco fissava sempre la poltrona quando riapriva gli occhi, ma non riusciva mai a svegliarsi per tempo per chiederle cosa stesse accadendo. Aveva preso a leggere la Gazzetta del Profeta per cercare notizie su di lei, su ciò che stava accadendo fuori dal San Mungo, eppure riportava solo articoli di pettegolezzi e noiose disposizioni e normative magiche emanate dal Ministero. Dov'era la situazione di pericolo di cui parlava la Granger? Non era tipo da raccontare bugie, né tanto meno una di quelle che potevano venire meno al proprio dovere per chissà quali futili motivi. Udì sbattere la porta della camera con forza e quando sollevò gli occhi dal quotidiano vide la Grifondoro girata di spalle incantare la stanza in modo frenetico, il fiato corto che le spezzava le parole in sussurri, sufficienti però a costruire la gabbia difensiva di cui credeva di avere bisogno.
"Cosa succede?"
Non gli diede risposta, continuando a lanciare incantesimi che ormai conosceva a memoria. Decine di volte aveva protetto Harry, Ron e sé stessa allo stesso modo durante la ricerca degli Horcrux: nemmeno il migliore dei Mangiamorte avrebbe potuto trovarli.
"Allora?"
"Allora cosa?" gli chiese lei infastidita.
"Mi rispondi si o no?"
"No."
"Dunque mi tieni in ostaggio?"
"È l'unico modo per tenerti in vita in questo momento, quindi si."
"Perché sono così importante?"
Hermione si girò di scatto, distogliendo lo sguardo dal suo, e Draco sorrise tra sé. Sentiva la vita tornare indietro, a quando poteva ancora mettere in difficoltà un'intera casata di Hogwarts se avesse desiderato. Prima era sempre spalleggiato da Tiger e Goyle, ma poteva tranquillamente vincere un duello con la Granger o Potter.
"Non sei tu la cosa importante. Tuo padre e tua madre hanno deciso di collaborare con il Ministero in cambio della tua salvezza. Sei stato il primo dei Malfoy ad aprire gli occhi, perché avremmo dovuto abbandonarti?"
"Parli sempre al plurale, ma sei tu che stai facendo tutto di testa tua, non è così?"
Hermione spostò lo sguardo sul muro, ma non c'era molto su cui posare l'attenzione, e si costrinse ad affrontare Draco. Per la prima volta guardandosi negli occhi e vedere troppa umanità in quelli dell'altro. Era così simile, il modo in cui si stavano studiando in quel momento, che le parve di specchiarsi in una superficie distopica come quella di un lago ghiacciato.
"Non proprio. Harry e Ron erano contrari a proteggerti e marcarti stretto. Sono stata io a volerlo fare, per questo non li hai mai visti qui al San Mungo. D'altra parte Harry non avrebbe mai infranto il patto stipulato con tua madre. La tua vita in cambio di informazioni. Quando starai meglio ti porteremo da loro."
"Perché sono qui?"
"Non ricordi nulla della battaglia?"
"Secondo te?" le rispose lui caustico.
Hermione si morse il labbro inferiore, poi sospirò.
"Mi spiace, non posso dirtelo. Hannah dice che quando subiamo traumi molto forti il nostro cervello omette dettagli, o addirittura interi periodi della nostra vita. Se non lo ricordi è per questo motivo e non ti dirò nulla, mi spiace."
Non gli disse di essere stata lei a trovarlo, immerso in una pozza del proprio sangue con un polmone lacerato e la schiena scuoiata.
Non gli disse di essere stata lei a obliargli la memoria per evitargli il dolore di sapere chi l'aveva fatto.
Non gli disse nemmeno di aver dovuto supplicare per portarlo al San Mungo, quando le grida di Narcissa riempivano l'aria sino a farla esplodere. Lei non era una madre, ma ne aveva avuta una e sapeva cosa doveva significare vedere il proprio figlio morire lentamente. Aveva visto così tanti amici andarsene per un Avada Kedavra, o per troppe maledizioni Cruciatus, che l'orrore capitato a Malfoy le sembrava persino peggiore.
Si limitò soltanto a raccontargli una bugia. Non le importava che fosse a fin di bene, non le importava nemmeno che stesse mentendo. Era giusto farlo, e per la prima volta stava pagando il prezzo del silenzio e della menzogna. Con dignità, perché il senso di colpa non l'avrebbe schiacciata mai.
Non per averlo, in un certo senso, protetto.
Non l'aveva fatto perché era Draco Malfoy, l'aveva fatto perché era capitato ci fosse lei, in quel momento, a correre lungo il corridoio di Hogwarts che portava nei sotterranei di Serpeverde. Hermione Granger non era Harry Potter, avido di sangue e proiettato verso la vendetta. E non era nemmeno Ronald Weasley, sempre in corsa nel tentativo di emulare un Prescelto destinato a crollare e impazzire quando ogni guerra sarebbe cessata. Lei era Hermione Granger e ancora sapeva ragionare con la testa e con il cuore. E a prescindere da chi aveva avuto dinnanzi, aveva salvato la sua vita. Che fosse quella di Draco Malfoy, che per sette anni aveva disprezzato, forse era solo un modo per metterla alla prova. Se l'avesse superata o meno, non avrebbe saputo dirlo, ma le sfide della vita erano diverse da quelle delle materie scolastiche: non avevi voti con cui confrontarti e misurare la tua preparazione. Nella vita parlavano solo le conseguenze delle tue azioni. Quando avrebbe ricondotto Draco a casa, a quel punto avrebbe forse compreso se ciò che aveva fatto fosse stata la scelta giusta.
"Sei stato ferito, per questo sei al San Mungo" disse lei infine sottolineando l'ovvio.
"Perché la mia stanza non ha finestre?"
"La tua stanza non esiste. Ad esclusione di te, Hannah ed io nessuno sa che ti trovi qui. È occultata a chiunque, per questo non ci sono finestre. Per chi arriva dal corridoio è una parete chiusa, e il corridoio prosegue sulla sinistra. Tua madre e tuo padre non sanno che ti trovi al San Mungo, sanno solo che ti stiamo curando, ma non dove ti trovi. Lo suppongono immagino, ma è meglio per loro pensare a tutt’altro. L'Ordine e il Ministero credono tu sia un sorvegliato speciale rinchiuso in qualche prigione di massima sicurezza migliore di Azkaban, inventata sul momento da Harry. Meno persone sanno dove sei, e più possibilità ci sono che tutto vada a buon fine."
"Hai gestito tutto tu?"
"Così pare" gli rispose con orgoglio.
D'altra parte, sia Harry e che Ron erano contrari a quel piano e l'unica soluzione possibile era stata il compromesso: lei non sarebbe andata in battaglia e avrebbe sorvegliato Malfoy. Soffriva di quella situazione: Ron non voleva che combattesse per timore potesse accaderle qualcosa. Da quando era morto Fred era come se chiunque potesse fare la stessa fine, e le stava imponendo uno stile di vita come quello di Molly, dedita ai figli e ai fornelli. E lei non aveva la minima intenzione di diventare un'altra Weasley buona, soprattutto, a fare la madre. Stare al San Mungo la faceva sentire almeno utile a qualcuno.
Era suo il progetto, curato nei dettagli, senza falle.
Nessuno li avrebbe intercettati in quel modo. Hannah si era offerta di farsi obliare i ricordi legati a Draco, in modo da non poter parlare nemmeno in futuro. Draco Malfoy era importante perché era il simbolo del cambiamento, ma nessuno l'aveva capito. Hermione aveva studiato anche una storia diversa da quella magica, fatta di due guerre mondiali e rivoluzioni. Sapeva che gli uomini hanno bisogno di simboli e leader carismatici, ma in tempo di pace Harry Potter non sarebbe stato altro che il simbolo di una liberazione, un eroe destinato a essere ricordato come tale e che avrebbe continuato a vivere in funzione di ciò che il mito aveva creato. Draco Malfoy aveva invece voltato le spalle al giogo, aveva deciso di dare spazio a qualcosa che fosse diverso dalle tradizioni e dalle leggi del sangue. Si era lasciato alle spalle tutto ciò che i Purosangue potevano significare, come a voler essere il primo a intraprendere una strada che facesse spazio a tutti nel Mondo Magico. Erano quelli come Draco Malfoy, nella storia degli uomini, a costruire il futuro dopo le guerre. Senza nemmeno rendersene conto. Nessuno aveva colto quella metafora, ma Hermione aveva imparato che i maghi sono ottusi e vincolati a pregiudizi, ignari di una civiltà millenaria che aveva forgiato anche la loro storia.
"Ma per vedere il risultato finale dovremo attendere che torni a casa."
"Perché lo fai? Nessuno ti obbliga mi pare."
"Spero di rendermi utile per qualcuno."
"Non dovresti farlo per Weasley?"
"Ha altro per la testa. Diciamo che si sa gestire anche da solo in questo momento."
"Io e te non siamo così diversi. Io sono qui come ostaggio e tu ti ci sei tuffata in cerca di rifugio."
"Non siamo simili."
"Dici? Io credo che siamo entrambi prigionieri."
Lo fissò attentamente, poi andò a sedersi sulla poltrona accanto a lui.
“Ora riesci a muoverti senza mugugnare di dolore” decretò lei serafica.
“Non mi hanno detto cos’avevo, ho solo bendaggi così stretti che mi sembra vogliate soffocarmi.”
“Così capisci cosa provano le donne in corsetto” sorrise lei allungandosi per prendere la Gazzetta del Profeta dal letto.
“Non credo tu ne abbia mai messi.”
“Già. Ma posso immaginare l’orrore.”
Hermione Granger non era una donna come Astoria, di quelle pronte a essere dame e non guerriere. Lei era un’amazzone, un corpo grezzo e un costrutto di gesti decisi e non femminili. Mani che sapevano cosa fare ogni volta che ne muoveva le dita a inseguire una melodia immaginaria. Ma qual’era?

*

Giorno  45

Draco Malfoy si era ritrovato a sentire la mancanza di Hermione Granger. Nei giorni in cui non si faceva vedere era come se la sua vita avesse fatto un tuffo nel passato e l'avesse rigettato a Hogwarts, dove ogni giorno era un piccolo dio circondato da individui disposti a fare tutto per lui grazie per il nome che portava. Fatta eccezione per Pansy, tutti lo assecondavano in quanto figlio di Lucius Malfoy. Ma lui cos'aveva fatto per farsi rispettare? Nulla. L'unica cosa che aveva tentato di fare era fallita, e ora ne portava il segno indelebile sull'avambraccio. Da quando era stato costretto a convivere con Hermione Granger, aveva imparato che gli amici parlano di tutto, si soffermano insieme sugli stessi particolari e poi vanno oltre, senza avere paura delle conseguenze. Era diventata una presenza densa, della consistenza del miele. Aveva sempre qualcosa da raccontargli, a tratti si lasciava trascinare anche in discorsi contro la guerra ma poi rientrava sempre tra i ranghi, ricomponendosi dopo essersi infervorata. Gli ricordava la Granger del Comitato per la Riabilitazione degli Elfi Poveri e Abbrutiti che aveva persino osato mettersi contro suo padre. Di quella ragazzina era rimasta solo la determinazione, il resto era un mondo sconosciuto che – se anche fosse esistito già da prima – lui non aveva comunque colto. Non aveva possibilità di fuga, in ogni caso: vivere, ricordare com'era diventato il mondo e imparare a conoscerlo, passava per i racconti e lo sguardo di Hermione.
Abbozzò un sorriso, mentre la osservava armeggiare con quella che doveva essere un'attività babbana.
“Cosa stai cercando di fare?”
“Riattaccare questo bottone. Avrei dovuto prendere lezioni da Ginny in materia di incantesimi domestici e non intestardirmi sulle tradizioni babbane” sentenziò lei portandosi il polpastrello alla bocca, là dove aveva preso a sanguinare dopo averlo infilzato a più riprese con l'ago.
“Sei veramente imbranata. Intelligente ma davvero negata con tutto ciò che è manuale.”
“Almeno una delle due qualità ce l'ho... a differenza di qualcun altro.”
Tornò a torturare l'asola e il bavero del cappotto, dimenticandosi di lui. A Draco la compagnia di Hermione piaceva, forse perché era l'unica che gli era concessa. Lei non si sbilanciava mai su quella che era la sua  vita al di là del San Mungo, e si rese conto che passava moltissimo tempo lì dentro, piuttosto che fuori.
“Weasley non si arrabbia ad averti sempre lontana da lui?”
Hermione sollevò lo sguardo, sorpresa. Lo fissò con aria perplessa, spiazzata da una domanda per la quale non aveva preparato alcuna risposta. Aveva abbassato la guardia e Draco l'aveva colpita immediatamente.
“Ron... non apprezza quello che sto facendo, mettiamola così.”
“Siete in rotta?”
“Non vederci comporta il non litigare, per cui preferisco stare qui. Al Ministero mi taglierebbero fuori dalle missioni, come hanno fatto anche con Ginny. Credono che la guerra sia fatta solo per gli uomini ma...”
“È così infatti. Voi donne rischiate di farvi ammazzare più facilmente.”
“La guerra non è per le donne perché non dovremmo vivere con l'intento di uccidere, è quello il motivo. Sino a prova contraria sei tu che da più di due mesi sei qui dentro, non io.”
“Magari ti hanno rinchiusa nella Torre di Grifondoro durante la battaglia, per quello che posso saperne.”
“No.”
“È la mia parola contro la tua, Granger.”
Alzò lo sguardo su di lui, seria.
“Sono stata io a portarti fuori dai sotterranei di Serpeverde, Malfoy. Io c'ero.”
Draco la studiò attentamente, scrutandone i lineamenti stanchi e i capelli sempre arruffati e trattenuti in una coda di cavallo troppo austera, che le induriva il viso.
“Sai chi mi ha ridotto così?”
Annuì in modo impercettibile con il capo, scostando lo sguardo dal suo.
“Dimmelo.”
“No.”
“Devi. È un mio diritto saperlo.”
“Cosa cambia? Ti stai rimettendo, è questo l'importante.”
“Voglio saperlo Hermione.”
“No, fidati: non lo vuoi sapere Draco.”
“Mi hai tenuto qui per due mesi... potevi lasciarmi alla Abbott ma sei rimasta: perché? Devi ripulire le colpe di Weasley e Potter? Sono stati loro a ridurmi in questo modo?”
“Non sono così codardi da colpirti alle spalle ripetutamente, scuoiandoti vivo.”
“Allora perché sei rimasta?”
“Te l'ho detto: per rendermi utile. La sono più qui dentro che fuori, il che è tutto dire, vero?”
Un sorriso amaro le increspò le labbra. Era abituata alla prima linea, a fare da scudo agli altri. Ora si trovava a combattere una guerra invisibile, fatta di nemici che si muovevano come ombre e che non lasciavano tracce.
“Dimmelo. Per favore.”
“Potrebbe non piacerti.”
“E se anche fosse? Vivrei con il desiderio di uccidere tutti i Grifondoro del Mondo Magico.”
“Non sono stati loro.”
“Ma per me si, sarebbero stati i tuoi compagni.”
“Sei uno stupido.”
“Voglio il nome.”
“Pansy Parkinson.”
Ci fu un istante in cui Draco avvertì distintamente la schiena dolergli, come se le cicatrici avessero ripreso a pulsare al ritmo del cuore che gli martellava nelle tempie, sovrastando ogni altro suono. Pansy l'aveva massacrato. Pansy aveva cercato di uccderlo. Pansy, la stessa che aveva amato per cinque anni e che per sette anni aveva fatto qualsiasi cosa per farsi amare. Quando cadi dalla vetta, anche l'amore perde di attrattiva. Forse è così che si cresce: voltando le spalle all'adolescenza e distruggendo tutto ciò che sei stato sino a quel momento. Avvertì le braccia di Hermione stringergli le spalle. Comprese che era lei perché il suo profumo era inconfondibile. Sapeva di pulito, di qualcosa che aveva imparato a contraddistinguere come suo e di nessun altro. Il suo corpo e i suoi sensi si erano abituati a lei poco alla volta, senza che se ne rendesse conto. Fuori da Hogwarts sembrava di poter vivere in modo più libero, senza costrizioni e pregiudizi. Poi la guerra aveva fatto il resto, mettendoli davanti alla stupidità dell'uomo e alla sua cattiveria. C'era chi si era reso conto di quanto fosse tutta una messa in scena, un teatrino costruito a prova d'autore, e chi si era lasciato abbagliare da un nero più sorprendente del sole d'agosto. Sentì i sensi venirgli meno mentre Hermione lo sorreggeva. La vita era una metafora di quell'abbraccio: ti lasciavi adagiare addosso a qualcun altro più forte di te, attendendo fosse lui a trascinarti fuori dalla corrente degli eventi. La sua vita, almeno, era stata esattamente così.

 

Si era ripromessa di non dirglielo, ma non era servito. Dalle informazioni che le aveva dato Ron, Pansy Parkinson, Daphne Greengrass e Millicent Bullstrode si aggiravano per Londra come furie. Era strano come l'amicizia non si fosse spezzata, ma era chiaro che a quel punto solo l'unione avrebbe permesso loro di sopravvivere. Nott era un lupo solitario, braccato dal Ministero e bollato alla stregua di suo padre come Mangiamorte. Entrambi ancora in vita, sembrava fosse stata aperta una gara tra i due a chi trucidava più Maghinò. Zabini si era tirato fuori dalla guerra ed era tornato da sua madre, e anche sotto l'effetto del Veritaserum non aveva rivelato nulla sulla posizione dei suoi ex compagni.
“Granger sei troppo intelligente per credere che riuscirete a prenderli tutti. Perché non tornate ad avere una vita normale?”
“Non l'abbiamo mai avuta” era stata la sua laconica risposta. Ed era una verità assoluta, la sua. Se si guardava attorno per paradosso era stato più sereno il periodo trascorso al capezzale di Draco Malfoy piuttosto che gli ultimi anni passati ad Hogwarts. Nei suoi silenzi c'era sempre una punta di riflessione, un'ironia sottile che aveva perso a poco a poco la cattiveria con cui graffiava la vita. Non si era illusa che Draco Malfoy fosse cambiato, semplicemente era cambiato il contesto in cui si trovavano, e la vita stessa. Nell'esistenza cambiando poche dinamiche ribaltavi tutto quanto, regole comprese.  Non era male stare lì. Ronald l'accusava di essere diventata solidale con il nemico, una frase che già una volta era costata un mucchio di lacrime e dolore. Lei e Ron si sfioravano soltanto, ma non riuscivano mai a resistere sulla stessa linea per più di pochi attimi, come due rette che si incontrano in un punto ben preciso per poi non ritrovarsi mai più. Le sembrava di aver schivato quel punto ed essere sulla costante di tentativi che fallivano di continuo, ed era frustrante essere tagliata fuori dalla vita di Ron ed Harry, essere considerata quella debole o, peggio, una potenziale nemica. La sua storia con Ronald era davvero come l'aveva immaginata? A essere onesti l'aveva sognata così a lungo che la realtà avrebbe di certo disatteso le aspettative. Lei non si era illusa di un bel nulla, si era limitata a innamorarsi di Ron con i suoi innumerevoli difetti e i suoi dolcissimi pregi, ma arrivata a quel punto iniziava a credere che non bastasse essere innamorati da una vita per far funzionare una storia che non aveva spinta né carburante. Anche Ginevra aveva sognato la sua storia con Harry sino a renderla reale, e idealizzandolo molto più di quanto avesse fatto lei con Ron. Ginny si era innamorata prima dell'idea, poi di Harry. Lei aveva fatto l'esatto opposto, ma la chimica dell'amore le stava voltando le spalle. Valeva la pena perseguire su quel sentiero, tentando di trovare quell'unico punto che li avrebbe uniti per l'eternità? Guardò il proprio riflesso nella vetrina del negozio della Londra babbana dove ammiccanti manichini sfoggiavano morbidi capi invernali. A lei sarebbe bastata una storia d'amore di quel genere: avvolgente e tiepida, che le scivolasse addosso in modo perfetto come un capo d'alta sartoria. Perché doveva intestardirsi su quell'unico punto quando da qualche parte ci sarebbe stata una curva in grado di intersecarsi con lei all'infinito?

*

Giorno 50

Non era un addio.
Non ancora, almeno.
Mentre Hermione aiutava Draco ad alzarsi dal letto per la prima volta da quando l'aveva portato lì, sentì quanto gracile fosse il suo corpo. Sotto la sua presa salda, il torace del ragazzo sembrava una gabbia per uccelli abbandonata. L'aveva lasciata vuota Pansy, portandosi via tutto quello che c'era dentro? Hermione scacciò quel pensiero rafforzando la presa, costringendo Draco ad emettere un gemito di dolore.
“Scusami credo che...”
“Sei nervosa per caso? Non stiamo andando al manor per incontrare mio padre. Rilassati.”
Hermione arrossì, allentando d'istinto la presa e rischiando di far cadere Draco a terra. La guardò in malo modo, allontanandola con stizza.
“Faccio da solo. Rischi di attentare alla mia vita peggio dei Mangiamorte.”
Non avevano più parlato della battaglia, di Pansy o di Nott e le loro giornate erano trascorse nell'attesa che Hannah desse loro il consenso di andarsene. Draco aveva persino smesso di porre domande scomode e fare battute pungenti su Ron, ma forse aveva intravisto qualcosa di diverso in lei, dall'espressione triste alla lentezza con cui rispondeva alle sue provocazioni. Meno brillante, avrebbe detto lui cogliendo in pieno il problema.
“Sei felice di poter tornare alla tua guerra?”
“Non è mia, Malfoy. È di tutti.”
E ho altri problemi da risolvere, non solo la guerra.
Lasciato Malfoy nelle mani di Narcissa avrebbe dovuto affrontare Harry e i cocci di un amore finito. Sarebbe tornata a combattere in prima linea, o forse sarebbe stata costretta ad abbandonare il Ministero per sempre.
“Cos'hai?”
“Eh?”
“Sembra sia morta quella palla di pulci che avevi a Hogwarts... si può sapere cosa ti prende?”
“Non sono affari che ti riguardano.”
“Hai scaricato Weasley?”
Hermione non gli rispose, voltandogli le spalle mentre lo aiutava a stringere i lacci delle scarpe.
“Sei sprecata con uno come lui. Certo non ti meriti un Malfoy, ma sei troppo intelligente per il più stupido dei Weasley.”
“Puoi smetterla per favore?”
Alzò lo sguardo su di lui, gli occhi velati. Sospesi entrambi sull'orlo di quelle lacrime che Hermione cercava di trattenere, attendevano un cenno. Un atto di clemenza. Il silenzio che avrebbe dovuto spegnere ogni altro rumore, compreso quello della coscienza. Invece Hermione si sfregò con forza il viso per cancellare ogni traccia di dolore e debolezza. Aveva ragione Ron: le donne diventano deboli quando sono innamorate. Peccato fosse lui la sua debolezza più grande.
“Ehi Granger vedi di essere pronta per quando partiremo. Vatti a fare un giro. In queste condizioni sei del tutto inutile.”
Lo fissò con astio, con lo stesso sguardo di leonessa con cui lo affrontava ogni volta che lo incrociava per i corridoi di Hogwarts. La fiera c’era ancora, era sopita, schiacciata dal peso di una decisione che aveva preso con la testa, non con il cuore.
“Tutto ha un inizio e una fine. Prima te lo metterai in testa e meglio sarà per tutti.”
“Non ho bisogno dei tuoi consigli Malfoy.”
“Sono constatazioni Granger.”
Non gli rispose, sollevandosi e afferrando la giacca con cui coprire Draco. Si lasciò vestire come se Hermione fosse sua madre – o la donna che lo vedeva partire per un’altra guerra – e la fissò attentamente, studiandone i lineamenti tesi, la curva del collo che stemperava in una chioma indomita che sfuggiva alla presa di un elastico allentato che tormentava sempre quando era nervosa, sciogliendo e poi ricostruendo l’alta coda di cavallo a più riprese. Hermione Granger non era bella, non nella concezione classica con cui i Purosangue guardavano alle persone, ma la era. In un modo strano, di quelli che ti fanno apprezzare qualcosa di esotico che non appartiene al tuo mondo, solo perché così diverso da ciò che sei abituato a conoscere.
“Cosa farai quando sarò di nuovo con mia madre e mio padre?”
Glielo domandò all’improvviso, e la vide stringersi nelle spalle con falsa noncuranza. In realtà si stava riparando da lui, cercando di nascondersi.
“Non lo so. Se mi accetteranno al Ministero continuerò a lavorare per loro. Altrimenti mi inventerò una vita diversa.”
“Non saranno così stupidi da lasciarti libera.”
“Tu cosa farai?”
“Seguirò i consigli di mio padre e lascerò che mi trovino una moglie degna del mio rango. Poi darò ai Malfoy un erede e vivrò succedendo a Lucius Malfoy nelle attività di famiglia.”
“A parte il fatto che non avete più un’attività redditizia… credo tu sia sprecato in una vita di quel genere.”
“È molto più semplice vivere senza scegliere e lasciando lo facciano gli altri per te. Basta guardarti per vedere che sarebbe molto più saggio seguire il mio esempio.”
“Non ti credo. L’hai detto tu stesso: siamo entrambi prigionieri. Allora cambiamo queste vite se non ci piacciono.”
“Non ho mai detto che non mi piaccia la mia vita Granger.”
“Il mio era solo un consiglio. Potresti renderti utile anziché continuare a stare nascosto.”
“Mi vogliono morto” sottolineò lui con sarcasmo.
“Prima o poi li prenderemo tutti. Se li porterò al Ministero uno ad uno, tu cambierai vita?”
“Chi te lo fa fare?”
“Lo farai?”
“Per te?”
“Per te. Pensaci” gli rispose seria.
“Ora vado da Hannah, poi partiremo. Ci metterò solo pochi minuti.”
E così, lo lasciò di nuovo solo prima della partenza.

*

Draco sedeva dietro la scopa di Hermione, cingendole la vita. La Granger era pessima nel volo. Non stavano cavalcando altezze elevate a causa del temporale che stava per abbattersi su Londra. Le nuvole si erano addensate con rapidità sulla città, lasciando strascichi di lampi e tuoni a richiamare la forza di una pioggia violenta e gelida.
“Scendiamo.”
“Cosa? Non capisco, Draco!”
Gridavano, ma le parole di Hermione si perdevano nel vento. Draco diresse l’estremità del manico di scopa verso il basso, costringendo la ragazza a farsi da parte nella guida. Atterrarono con forza, quasi sbattendo a terra.
“Sei impazzito? Che diavolo ti salta in mente?”
“Abbiamo ancora tempo. Volevo vedere la tua Londra” disse lui come se fosse la cosa più normale del mondo. E non era affatto così. Hermione lo fissava paonazza in viso, i capelli scompigliati e il fiato corto.
“Tu sei totalmente pazzo! Se ci scoprono sei morto!”
Gli puntò l’indice contro il petto, costringendolo ad arretrare di alcuni passi. Draco la osservò per alcuni istanti, prima di scoppiare a ridere di gusto. Il suo piano, per mettere in difficoltà Hermione e farle tirare fuori le unghie, aveva funzionato. Nelle persone come lei, bastava un dettaglio saltato per mandarle fuori di testa.
“Non c’è nulla da ridere, chiaro?”
“Adesso si che riconosco la signorina-so-tutto!”
“Non chiamarmi a quel modo!” gli sibilò contro senza distogliere lo sguardo da lui.
Le si avvicinò annullando all’improvviso la distanza tra loro, costringendola ad arretrare d’istinto, come se potesse morderla. A mordere, era solo il suo cuore, all’improvviso deciso a divorare il freno che lo imbrigliava. Cos’era che lo muoveva con tanta forza? La stessa cosa che gli aveva suggerito di lasciare Ronald?
“Sei migliorata però.”
Crucio!
Hermione sgranò gli occhi mentre Draco si contorceva dinnanzi a lei, cadendo al suolo. Sfoderò la bacchetta, ma chi li aveva colpiti si nascondeva tra la vegetazione di Hyde Park.
“Draco?” chiese incerta.
“Sto bene. Ci vuole qualcosa di più per ammazzarmi, a quanto pare.”
“Smettila di fare lo sbruffone!”
Hermione gli diede uno strattone, costringendolo a sollevarsi da terra, la bacchetta salda nella mano destra che puntava al nulla.
“Andiamocene.”
“Ci seguirebbero, non possiamo…”
Crucio!
Hermione intercettò l’incantesimo e scansò Draco lasciando che la colpissero al suo posto.
Stupeficium!
“Sei una stupida!”
“Ci vuole qualcosa di più per uccidere Hermione Granger, Malfoy.”
Glielo disse costringendosi a sorridere, mentre fissava il punto dove Draco aveva scagliato l’incantesimo. Alcuni metri più indietro, perso nella vegetazione, si trovava il corpo del loro aggressore.
Avada Kedavra!
Expelliarmus!
Entrambi gli incantesimi caddero nel vuoto, ma sul volto di Draco ed Hermione ora si leggeva la tensione di un agguato studiato nei minimi particolari. Chi li aveva inseguiti? Nessuno avrebbe potuto prevedere quella deviazione a meno che non li avessero pedinati sin dal principio. Che li stessero aspettando all’esterno del San Mungo?
“Avanti, uscite!”
Una risata nervosa, divertita, venne scacciata dal tuono, mentre le prime gocce di pioggia iniziavano a cadere sulla città.
“Adesso hai deciso di combattere per i buoni? Speri di fare più strada, Draco?”
“No, Theodore, è solo questione di saltare sempre sul carro dei vincitori. È l’attività in cui i Malfoy riescono meglio.”
La voce di Pansy era melliflua e cattiva, pungente come agrifoglio. Hermione li osservava avanzare e si disse mentalmente che da qualche parte dovevano trovarsi anche Daphne e Millicent.
Erano spacciati.
“Draco… Sali sulla scopa e vai. Sempre verso Est, poi ad Highgate Cemetery cerca la tomba Helen India Atkins. È vicino all’uscita ovest, su un crocevia di vicoli. È una passaporta che ti porterà da tua madre.”
“E tu hai intenzione di restare qui?”
“Se resto posso fermarli. Se vengo con te ci seguiranno e salterà tutto il piano.”
“Avanti Draco, perché non scappi come ha detto la Granger? Noi ti daremo la caccia e porteremo la tua testa agli altri Mangiamorte. Sarà un altro punto a nostro favore. Sei sempre stato bravo a scappare, dopotutto.”
“Expelliarmus!”
La bacchetta di Pansy schizzò lontano, dispersa nella vegetazione. Draco la fissava, la propria ben salda nelle destra.
“Perché?”
“Ci hai traditi.”
“Ho fatto una scelta.”
“L’unica scelta tu abbia fatto nella tua vita è stata quella sbagliata. Sarebbe stato meglio seguire tuo padre e comportarti come lui. Non ci arrenderemo. Se lo facessimo non avranno pietà di noi. Abbiamo solo diciassette anni. Te la immagini un’intera vita rinchiusi ad Azkaban? Io no.”
Rise, e Theodore puntò la bacchetta su Hermione.
“Un colpo e la Granger muore. Non dovrebbe essere un problema, no? Poi ce la filiamo. Se ritorni con noi forse una possibilità di sopravvivere l’avrai ancora” sentenziò il ragazzo in direzione del compagno.
“Petrificus Totalus!”
Theodore Nott venne pietrificato sul posto dall’incantesimo di Hermione e lei strattonò Draco verso la scopa.
“Accio scopa!”
Fece salire Draco davanti, poi salì a propria volta e vide Millicent e Daphne uscire allo scoperto. Scivolò giù quando era sollevata a nemmeno un metro da terra: non sapeva abbandonare il campo.
“Vai!”
Draco la fissò ma gli fece cenno di proseguire. Era il tempo degli addii, quello.
Si sollevò in volo, lasciando Hermione a terra, tra i loro nemici.
Era buffo come fosse cambiato tutto, in poco più di due mesi. La prospettiva con cui guardavi la vita e ciò che ti circondava. La sensazione che ogni cosa fosse stata sbagliata rispetto a quel momento, osservata da un punto di vista che ne distorceva in modo mostruoso gli elementi. Sentiva l’aria sferzargli il viso, la pioggia che gli penetrava nella giacca e persino nelle ossa. Un freddo pungente, simile alla morte, che gli attanagliava il petto e gli faceva battere i denti tra loro. Draco volava verso Highgate ma il pensiero scivolava a Hermione, cadeva giù insieme alla pioggia scrosciante e si abbatteva con un rumore sordo su Londra. Era fuggito di nuovo. Per l’ennesima volta aveva lasciato agli altri il compito di proteggerlo e combattere al suo posto. Era un codardo e lo sarebbe stato sempre.
Era così codardo da non essersi nemmeno reso conto di cosa fosse diventata la Granger per lui. Si arrestò in volo, osservando le nuvole nere sotto di lui.
C’era un tempo anche per prendere la prospettiva giusta e la giusta decisione.
Virò di centottantagrandi e tornò sui propri passi.
Non era così importante da valere la vita di una strega intelligente come Hermione Granger.
Non era così importante da valere la protezione di una donna che in cambio gli aveva solo chiesto di vivere, come se avesse scelto che la propria esistenza non valesse più nulla.
Non ci si riduce a un niente per amore, Granger. Soprattutto se è per un Weasley.
Ma Draco Malfoy, di amore, non aveva capito ancora nulla.

 

“I Malfoy non accettano la pietà di nessuno” le disse Pansy squadrandola con aria schifata. Sarebbe rimasta sempre una mezzosangue, a prescindere da chi avesse avuto davanti. Delle sue gesta, della sua intelligenza, nessuno si sarebbe interessato: il sangue avrebbe sempre fatto la differenza.
“Perché l’hai quasi ucciso?”
“Doveva soffrire. Se avesse sofferto a sufficienza avrebbe capito da che parte avrebbe dovuto stare.”
“Tu sei completamente pazza…”
“Crucio!”
Alle sue spalle qualcuno la colpì. Hermione si accasciò a terra, mentre la vista le si appannava e la pioggia le scivolava sui capelli come se sua madre stesse piangendo sul suo corpo già morto. Perché lo stava facendo? Aveva creduto nel riscatto di un nome, nella forza con cui un gesto veniva impregnato di simboli. Si era convinta che Draco potesse essere il primo tassello su cui ricostruire il Mondo Magico, la prima pietra su cui posare le successive, ma forse si era sbagliata. I maghi e le streghe non ragionavano come gli esseri umani, dei simboli facevano leggende ma nulla più. Non imparavano a leggerne i significati se non nei fondi del caffè o in stupide divinazioni inesatte.
“Hai sostituito Bellatrix Lestrange per caso?” le bisbigliò contro con forza, impugnando la bacchetta. Doveva ucciderla?
“Taci sporca mezzosangue! Daphne, Millicent…” ordinò Pansy con decisione facendo avanzare le compagne di una vita.
Contemporaneamente le due ragazze la colpirono con una Maledizione Cruciatus, ed Hermione avvertì il proprio corpo flettersi, prima di sentire una forza che premeva ai suoi antipodi per spezzarlo in due. Sentì l’odore ferroso del sangue pervaderle la bocca, e dovette fare uno sforzo enorme per girarsi di lato e sputarlo a terra, tra il fango e la pioggia. Cercò di guardarsi attorno, ma vedeva solo le scarpe delle sue aguzzine. Avvertì la pressione del tacco di Pansy premere sulla propria guancia, schiacciandola a terra. Per la prima volta, dopo mesi, Hermione si ritrovò a piangere. Lacrime miste a fango, pioggia e sangue, miste a dolore e rabbia e frustrazione. L’avevano abbandonata tutti, a combattere una guerra fatta di ideali. Una guerra che aveva preso in custodia e che aveva fatto propria, ma per cui aveva sognato un finale differente dove tutti loro avrebbero potuto tornare a vivere serenamente.
Mi dispiace.
Strinse le palpebre tra loro, poi cercò la forza di stringere la bacchetta e radunare le energie necessarie per farla finita.
“Avada Kedavra!”
Sentì il tonfo del corpo di Pansy cadere a pochi metri da lei, gli occhi spalancati verso il cielo gravido di nubi e pioggia.
“Crucio!”
Il suo corpo si flesse nuovamente, e avvertì un dolore acuto propagarsi dal cuore verso gli arti e gelo scivolarle nelle vene. Era come se ad ogni incantesimo la vita la stesse abbandonando. Non era stata lei a uccidere Pansy. Avrebbe voluto farlo, ma era arrivato qualcuno in suo soccorso.
Ronald?
Cercò di girarsi sul fianco, ma probabilmente aveva le costole fratturate perché faticava a respirare, come se le fosse stato perforato un polmone, e probabilmente era così.
Draco?
Avvertì il gelo investirla, là dove era certa di essere stata abbastanza in gamba da lasciarsi alle spalle Malfoy una volta per tutte. Se fosse morta in quella missione, be’, avrebbe lasciato un sacco di situazioni irrisolte e a chi fosse rimasto il compito di vivere senza di lei.
Non doveva andare così.
Daphne e Millicent tenevano in ostaggio Draco, giocando al gatto e il topo. Attendevano, una per lato, di decidere quando colpirlo. Avrebbero utilizzato la stessa tecnica che avevano utilizzato con lei, e Draco non sarebbe sopravvissuto. Troppo debole per combattere, Hermione si chiese dove stesse trovando tutta quella forza.
E quel coraggio, anche.
Si rotolò nel fango, sino a trovarsi a pancia in sotto. Le faceva male ogni parte del corpo, e ogni fibra gridava.
Resisti Hermione, ancora poco… solo un altro po’.
Draco Malfoy è il numero fortunato della roulette della vita, su cui hai puntato tutto quanto.
Devi vincere, non puoi permetterti di sbagliare.

Inspirò profondamente, tenendo gli occhi spalancati. Se li avesse chiusi, non era certa che si sarebbe più risvegliata. Doveva agire con rapidità e freddezza, senza sbavature né errori dovuti all’incertezza.
“Avada Kedavra!”
“Avada Kedavra!”
I corpi caddero a terra in rapida successione, come se una rosa avesse d’improvviso perso i petali mostrandone la corolla al suo interno. Draco le corse incontro inginocchiandosi al suo capezzale, sollevandola da terra. La pioggia li batteva con insistenza, senza pietà. Come la vita.
“Perché sei tornato?”
“Perché volevi farti ammazzare?”
“Io… ho scommesso… su di te.”
Se la strinse al petto, avvicinandosela all’altezza del cuore. Hermione lo sentì perdere un colpo, nel medesimo istante in cui avvertì la propria vista appannarsi e le forze abbandonarla. Strinse la stoffa della sua giacca tra le dita, ma era fredda al contatto e dura da trattenere.
“Fa freddo.”
Come se l’avesse riportato alla realtà in modo brusco, Draco la caricò sulla scopa con difficoltà, poi schizzò nel cielo volando controvento mentre la pioggia continuava a sferzarli senza sosta. La teneva stretta tra le braccia, e all’improvviso Hermione Granger sembrava così fragile da essersi spezzata tra le sue stesse mani.
“Adesso non puoi addormentarti, chiaro?”
“Sono stanca, Draco” gli disse lasciandosi scivolare contro di lui.
“Dormirai al San Mungo.”
“Ma…”
“Zitta, non dire altro. Non puoi permetterti di dormire.”
“Perché?”
“Sei la solita signorina-so-tutto anche quando stai morendo. Fantastico.”
Hermione sorrise contro il petto di Draco, lasciandosi scaldare dal tepore di un abbraccio inaspettato, protettivo e avvolgente come una vecchia coperta.
Il freddo che la stringeva in una morsa crudele sembrava andarsene a poco a poco, mentre volavano a tutta velocità verso il San Mungo.
Ronald non l’aveva fatto, l’aveva abbandonata in una missione delicata e pericolosa. Aveva creduto che tenendola lontana dalla guerra l’avrebbe salvata da ogni male e aveva sbagliato. Draco aveva deciso di scegliere, per la seconda volta nella sua vita, prendendo la strada giusta.
Senza farle domande aveva capito ciò che aveva spinto Hermione a difenderlo.
Senza fare domande nemmeno a sé stesso sapeva perché era ritornato sui propri passi sconfiggendo la paura e la codardia.
Nel tempo di una battaglia, Draco aveva compreso ogni cosa sull’amore.




Note dell'autrice.
Okay, ci ho provato. Sinceramente non so cosa aspettarmi da questa storia, che avevo scritto per un contest ma che non sono riuscita a consegnare in tempo. Non ho mai visto Draco ed Hermione come potenziale coppia, ma ci sono cose - tra le pieghe della trama - che lasciano spazio a tanta immaginazione. Sara (correte sul suo account e come al solito cibatevi delle sue storie) mi ha insegnato ad amare questa coppia e alla fine, ho dato una visione mia di un'alternativa possibile. Che sia riuscita a renderla plausibile e concreta ma, soprattutto, realistica, spetta solo a voi dirlo.
   
 
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