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Autore: Kuruccha    11/05/2013    1 recensioni
Un reality show con un concorrente davvero particolare.
Genere: Comico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Forme di vita intelligenti, Capitolo 3

In cui è necessario stabilire alcune responsabilità
 


Sullo schermo dello studio di registrazione apparve il logo de Il Mini Gemello. Appena sotto la scritta era stato aggiunto, con un carattere più piccolo, “Quindicesima edizione – Questa volta abbiamo gli alieni”. Anche se era già passata un’intera settimana dalla puntata precedente, la modifica del logo sembrava essere stata fatta in fretta e furia con un programma di grafica da quattro soldi.

Immediatamente partì il ben noto (ma non per questo meno assordante) jingle della sigla iniziale, le cui ultime note erano state cambiate con un fade che ricordava vagamente il suono di una di quelle astronavi aliene dei film degli anni settanta. Il jingle venne immediatamente seguito dagli applausi registrati, subito – incredibile! – rimpiazzati da applausi veri.

La telecamera fece una panoramica sul pubblico, questa volta numerosissimo e assai entusiasta. I primi schieramenti sembravano essersi già formati: un’intera zona degli spalti più in alto, del tutto tinta di verde acido, era piena di ragazzotti con in testa degli strani berrettini fatti con la carta stagnola. Contro di loro fischiava già uno dei gruppi avversari, i cui membri indossavano cappelli di paglia con due code di raso rosso e magliette a righe orizzontali.

Un manipolo di ragazze, dopo aver verificato quanto fosse inutile gridare contro gli altri due schieramenti per farli smettere, iniziò a chiamare a gran voce di nome di Silvana Polare e, nello scandire bene ogni singola lettera, ognuna di loro sventolava il libro che teneva in mano (per un curioso caso del destino erano tutti grandi classici: l’Odissea, I Promessi Sposi, Il Purgatorio).

Inutile dire che Silvana Polare non si fece certo attendere a lungo.

 

- Amici! Amiche! Persone venute da lontano e da vicino e da lontanissimo! – esclamò subito, enfatizzando l’ultima parola e provocando di conseguenza un boato tra i fan di Mame. – Sono felicissima di avervi qui anche questa sera!

Il pubblico applaudì all’unisono. Silvana Polare si inchinò verso gli spalti; il suo prosperoso seno, sempre fasciato dal push-up, tentò per l’ennesima volta la fuga dal vestito.

- Non siete ansiosi di scoprire cos’è successo in questa lunga settimana all’interno del Gemellaggio? – domandò poi, con un sorriso così ampio che gli angoli della bocca sembravano toccare le orecchie.

Il pubblico rispose con un roboante Sì!.

- Anch’io, amici miei, anch’io! Ma non vorrete certo che mandi avanti la baracca tutta da sola, no? Avanti, chiamiamo tutti insieme i miei aiutanti!

Dalla platea si sollevò l’ennesimo boato. La telecamera inquadrò un’adolescente che indossava una maglietta bianca con la stampa della faccia di Dean e, appena sotto, la scritta “Dean, t amo tnt, sn sl tua!!!!!!11”.

Partì ancora una volta il jingle del programma. Da dietro le quinte apparvero i due uomini, sul loro volto l’espressione misuratamente incredula di chi non si aspettava di certo così tanto affetto da parte degli spettatori.

Jim sorrise al pubblico agitando appena la mano. Dean sollevò le braccia verso il cielo, come a voler abbracciare tutte le persone sugli spalti. Un paio di ragazze, slanciandosi verso di lui, rotolarono dalle sedie delle file più alte.

- Amici miei! – esclamò Dean, e il suo affetto nel pronunciare quelle semplici parole sembrava addirittura più grande di quello già espresso da Silvana Polare. – Grazie per averci dato la possibilità di essere qui anche questa settimana! Se siamo ancora in onda lo dobbiamo solo a voi, che ci avete difeso contro quegli stupidi scienziati che volevano prelevare il nostro Mame per sezionarlo e scoprire il suo mistero! E un grazie anche alla rete televisiva, che si è battuta così strenuamente per riuscire a mantenere il possesso dell’alieno!

Il pubblico applaudì ancora. In sovraimpressione apparve la scritta “La rete televisiva ringrazia anche tutti i telespettatori che ci seguono da casa”.

- E poi – continuò, - Come non ringraziare la sempre magnifica Silvana Polare? Silvana, questa sera sei ancora più bella del solito, con tutto questo verde e queste paillettes! Ma come fai?

Un gruppo di signore di mezz’età – le stesse della puntata precedente, a voler essere precisi – iniziarono a commentare entusiasticamente il comportamento da gentiluomo di Dean verso la sua bella, sebbene corresse voce che lei si fosse nel frattempo già sistemata con il futuro ottavo marito.

- Basta, basta, ragazzi, certe sviolinate fatele in privato, per cortesia!

Questa volta fu il turno dei fan convinti della latente omosessualità di Jim e Dean di emettere un sonoro Woooo! che si poté tranquillamente udire da ogni angolo dello studio televisivo. Dean, imperterrito, dopo aver eseguito il più romantico dei baciamani sulla morbida pelle glitterata di Silvana Polare, avvolse un braccio attorno alle spalle di Jim e ammiccò verso il pubblico. I fan – anzi, sarebbe meglio dire le fan, visto che si trattava per la maggior parte di ragazze – sembrarono impazzire di nuovo.

- E ora vi chiediamo un attimo di silenzio, gentile pubblico! – intervenne di nuovo Jim. Chissà perché, sembrava che tra i tre fosse l’unico a voler svolgere il proprio lavoro, e la regia finiva sempre per affibbiare a lui il ruolo del bastiancontrario che deve intervenire per sedare l’entusiasmo altrui. – E’ infatti arrivato il tanto atteso momento di parlare nuovamente con i nostri cari Gemelli, finalmente con noi dopo un’intera settimana di isolamento trascorsa all’interno del Gemellaggio!

- Ma prima, per chi non avesse seguito la puntata scorsa (e lo sappiamo che siete in tanti visto che l’audience è stata un vero record negativo, anche se sicuramente sarete andati a recuperarvi tutto su TuTubo!), presentiamo brevemente i profili di tutti i partecipanti!

Le luci si abbassarono. Tutti tacquero. Lo studio si fece buio e silenzioso, proprio come se l’intero pubblico fosse stato improvvisamente rapito dagli alieni.

 

Dopo pochi secondi e nessuna trasmissione video, le luci si accesero nuovamente. Le telecamere inquadrarono i tre presentatori, uno più allibito dell’altro, che si guardavano a vicenda come a chiedersi “E ora come lo sistemiamo questo casino?”.

Silvana Polare provò ad interrogare con un’occhiata tagliente uno dei cameraman, ma l’uomo aveva stampato in faccia il migliore dei suoi sguardi vacui. Si sarebbe potuto quasi dubitare delle sue effettive funzioni cerebrali, se solo le sue mani non fossero state strette ai manubri della telecamera fissata a terra.

Fortunatamente furono Dean e la sua solita faccia tosta a prendere la parola.

- Carissimi amici, allegria! – disse, lanciando in aria la cartellina che aveva in mano.

Dal pubblico, dopo un breve momento di incertezza, si sollevarono i primi timidi applausi.

- I tempi di trasmissione ci hanno purtroppo costretti a tagliare questo video! Passiamo quindi finalmente al riassunto della settimana nel Gemellaggio, iniziando precisamente dal punto in cui ci eravamo interrotti la scorsa settimana! Linea alla regia!

Le luci si abbassarono di nuovo. Il pubblico tacque.

 

Sul maxischermo apparvero finalmente i partecipanti al Mini Gemello, tutti ancora seduti sul divano del salotto del Gemellaggio. Dai vestiti che indossavano, gli stessi della puntata precedente, si poteva facilmente intuire che le immagini fossero di una settimana prima, precisamente dell’attimo successivo alla fine della trasmissione del primo episodio. Nell’aria aleggiarono ancora le ultime note di "Scusa-mi, but you see, back in old Napoli, that's amore", poi tutto tacque.

Ci fu un attimo di silenzio, probabile figlio dello sbigottimento generale; poi, finalmente, qualcuno si decise a prendere la parola.

- Buonasera a tutti. Mi chiamo Steve, in precedenza ho lavorato per una ditta molto importante che opera nell’ambito dell’elettronica e che non posso nominare per vari motivi legati alla direzione. Sono felice di conoscervi e spero che potremo andare d’accordo, visto che ci troviamo costretti alla convivenza forzata, sebbene io non ricordi di aver firmato da nessuna parte per dare a chicchessia il permesso di rinchiudermi qui.

Nessuno rispose. Steve si sistemò meglio la cravatta all’interno della giacca.

- Tendo ad avere una mente sistematica e a catalogare le persone, perciò vi richiedo cortesemente una breve presentazione, in modo tale da poter meglio definire i ruoli che andremo ad occupare all’interno di questa azienda. A voi, prego.

La ragazza con le trecce, Daisy, alzò la mano. Steve le concesse la parola con un cenno del capo.

- Signore, mi scusi, ma non credo che questa sia un’azienda. Cioè, stando a quel che mi ha detto mamma, io sono venuta dalla campagna per fare un programma televisivo, non l’impiegata d’ufficio… Altrimenti sarei potuta rimanere anche dal commercialista di fianco al macellaio, eh.

Steve sembrò alquanto contrariato. Squadrò meglio gli altri presenti, poi si rivolse alla signora Pina.

- Buonasera, signora. Mi rivolgo a lei perché, vista l’età, e non me ne vogliano gli altri!, credo sia la persona con più esperienza qui dentro. Mi sa dire dove si trova l’ufficio della direzione?

- Credo proprio che qui dentro non ci sssia, giovanotto.

- In tal caso, è possibile parlare almeno con l’incaricato alla direzione? O con il responsabile di produzione? Avevo inviato il mio curriculum e, in seguito ad un colloquio, mi è stato detto di tornare per iniziare questo nuovo lavoro, ma da allora non sono più riuscito a contattare nessuno che potesse fornire delle risposte ad alcuni miei dubbi fondamentali, come ad esempio quello relativo al salario mensile netto e alle mie future responsabilità.

- Ehi, amico, non so come dirtelo, ma guarda che qui siamo dentro a un programma televisivo, non in una fabbrica… - commentò Armando, riprendendo il discorso di Daisy. Poi, come niente fosse, ricominciò a cantare.

Steve, con il pomo d’adamo che scivolava su e giù per la gola, si sistemò nuovamente la cravatta.

- Perciò lei, signorina – chiese, rivolgendosi a Grazia, - nonostante le due visibili doti, non è la segretaria del Direttore?

- No, signore, non ho l’orticaria né il bruciore – rispose lei candidamente, il migliore dei sorrisi stampato sul bel viso.

- Le giuro che dalla sua risposta avrei detto tutt’altro…

- Davvero?! Anch’io vengo da un luogo lontano sessanta chilometri da qui!

Steve decise di rinunciare a percorrere quella via. (A Grazia, d’altro canto, bastarono invece quel breve dialogo e il fraintendimento delle parole che l’uomo pronunciò poco dopo per innamorarsi perdutamente di lui.)

- Beh, sapete cosa vi dico? Questa potrà anche non essere un’azienda, ma non vedo il motivo per cui qui non debba essere applicato un sistema di gestione della qualità che ci prepari ad ogni evenienza.  Molte squadre di calcio sono certificate con delle norme ben precise, sebbene nessuno lo sappia. E se nessuno lo immagina è proprio perché le persone sono convinte che la gestione della qualità non serva a nulla… fino all’attimo in cui non succede un cataclisma, ed è sempre la gestione della qualità che ti para il culo.

Daisy sentì l’ultima parola e si fece il segno della croce, iniziando poi con la recita del rosario. La signora Pina, sebbene non fosse molto religiosa, era pur sempre una donna anziana, e non poté fare a meno di ripetere la seconda metà di tutti gli Ave Maria.

- Propongo quindi – continuò Steve – di creare un organigramma che permetta una definizione precisa dei ruoli assegnati ad ognuno di noi. Se qualcuno è contrario, alzi la mano.

Nessun braccio si sollevò. Questo si sarebbe potuto definire un vero successo della politica della qualità applicata alla vita comune, se non fosse che due tra le presenti stavano recitando l’Eterno Riposo, una faceva finta di leggere Guerra e Pace, e l’altro fosse intento a comporre una serenata d’amore.

Si sentì solamente una sottile vocina mormorare poche ma incisive parole.

- Mame non ha le braccia.

 

Tutti i partecipanti, nessuno escluso, sobbalzarono sul posto. Fino a quel momento avevano creduto che quella strana palla verde fosse solamente un peluche, o al massimo un cuscino dallo spiccato design moderno.

- Mi scusi, potrebbe ripetere? – chiese Steve, felice nonostante tutto del fatto che qualcuno avesse ascoltato i suoi discorsi.

- Mame non ha le braccia. Perciò Mame non riuscirebbe a sollevarle per un’obiezione.

- E chi sarebbe questo Mame, scusa? – aggiunse Armando, che nonostante le apparenze frivole era una persona ricca di senso pratico.

- Mame è Mame.

- Credo intenda dire che si chiama Mame. La cosa verde lì, cioè. Lui è Mame – si intromise Daisy, che aveva appena finito di intonare Al ciel andrò a vederla un dì.

- Ah. Signor Mame, quindi. Chiarissimo. Felice di conoscerla – continuò Steve, imperterrito. – Mi dica, lei è contrario all’idea della creazione di un organigramma con  i ruoli interni?

- Mame è favorevole a qualsiasi stratagemma mantenga l’ordine interno di una società. Mame è quindi molto felice all’idea di essere incluso in un organigramma. Mame si sente già parte della popolazione indigena, e questo non può che rendere Mame davvero grato a coloro che hanno deciso di accoglierlo così calorosamente.

- Come sarebbe a dire “popolazione indigena”, scusa?

- Magari intende dire che viene da fuori, no? Anch’io vengo da fuori – completò Daisy. – Perciò ai miei occhi voi siete indigeni e io un elemento alieno. Non è vero?

Gli occhi di Mame luccicarono per un momento.

- Mame è molto contento di sapere di non essere solo. Non immaginava nemmeno che altri elementi altamente evoluti potessero essere già giunti fino a qui. Mame è felice di fare la tua conoscenza, a tal punto che i suoi cuori battono all’unisono.

- Oh, non è carinissimo? Sembra un peluche! – intervenne Grazia. Mame avrebbe probabilmente voluto continuare il discorso, ma si ritrovò improvvisamente stretto tra le due grandi doti della donna e la sua voce fu (è proprio il caso di dirlo) soffocata.

- Poiché siamo tutti d’accordo, direi di iniziare subito con la costruzione dell’organigramma. Mi incaricherò personalmente di vagliare le doti attitudinali di ciascuno, in modo tale da assegnare il ruolo più consono a ognuno di noi. Mi riservo un tempo indicativo di sedici ore come tempo necessario per svolgere al meglio il mio compito.

La risposta generale fu un’alzata di spalle. Steve sembrò comunque soddisfatto e pescò dalla sua ventiquattr’ore un sobrio bloc-notes e una biro nera, cominciando a schematizzare.

 

- Ehi, gente, che ne dite se intanto noi esploriamo la casa?

Era stato Armando, già annoiato a morte dopo dieci secondi dalla fine del discorso di Steve, a proporre la mossa successiva (che, beninteso, sebbene lui non lo sospettasse nemmeno, era esattamente ciò che il pubblico della trasmissione si aspettava).

- Sssono d’accordo, inizio ad essssssere un po’ ssstanca, figlioli. Forssse è ora di posssare le mie ssstanche membra. Andiamo alla ricerca di un letto come sssi deve.

La signora Pina si sollevò con l’aiuto del bastone e, sebbene il salotto avesse un soffitto abbastanza alto, la sua testa sfiorò il lampadario. Daisy la seguì masticando qualcosa di non meglio definito e lo stesso fece Grazia, con Mame ancora stretto nell’abbraccio delle sue due migliori amiche. Steve rimase sul sofà, ancora preso dai suoi diagrammi di flusso.

 

- A quanto pare qui c’è una camera da letto, gente!

Armando non si sbagliava; quella stanza era inequivocabilmente stata preparata per ospitare la parte femminile del gruppo dei gemelli. Sebbene ciò fosse già lampante dalle pareti dipinte di un rosa shocking, la destinazione d’uso si poteva intuire anche da altri piccoli particolari: uno dei letti, tanto per cominciare, era lungo quasi il doppio degli altri, e sopra uno degli altri due troneggiava inesorabile un crocifisso. Il terzo letto sembrava normale, ma sopra il comodino abbinato era impilata una serie di grandi classici stampati in volumoni di almeno mille pagine ciascuno: proprio il genere di edizione che nessun amante della lettura avrebbe mai desiderato.

Di fronte alla prima stanza ce n’era un’altra, sicuramente destinata alla controparte maschile. Come nel migliore dei cliché, le pareti erano dipinte di un azzurro carico (colore che, tra l’altro, andava molto di moda quell’anno, accontentando così la parte più fashion del pubblico). Uno dei letti aveva un copriletto a righe bianche e nere, e i due pomoli accanto alla testiera erano a dir poco perfetti per appenderci un cappello di paglia: Armando ne prese immediatamente possesso. Immaginò che il letto a destra del suo fosse stato preparato per Steve, visto che c’era posato sopra un computer portatile di marca Eppol, il logo del melograno opportunamente coperto da un adesivo riportante quello de Il mini gemello.

Alla sua sinistra c’era invece una specie di culla. Se avesse avuto una migliore padronanza del proprio vocabolario, l’avrebbe piuttosto definito un bozzolo; a Venezia, tuttavia, di bozzoli non ce n’erano, e l’istruzione di Armando si era fermata alla seconda media, perciò continuò imperterrito a chiamarlo culla. Si immaginò fosse il posto per Mame, anche se (a onor del vero) si domandò anche che senso avesse predisporre un letto anche per i cuscini di design.

Mame, d’altro canto, sembrò felice di liberarsi dalle due appiccicose nuove conoscenti e si tuffò nel suo bozzolo filante. Lo sentirono emettere dei suoni abbastanza inquietanti mentre si rotolava là dentro, ma nessuno di loro aveva voglia di indagare oltre.

- Beh, se voi rimanete qui, andiamo a letto anche noi – disse Daisy. – La signora Pina è molto stanca e dobbiamo essere tutti belli freschi per domani, mi sa.

- Sssono d’accordo, tesssorino.

- Beh, allora noi andiamo, eh – confermò la ragazzina, afferrando il polso di Grazia che, per un motivo non meglio definito, si era già accomodata sul letto di Steve e stava accarezzando il computer portatile come se ne fosse perdutamente innamorata.

- Sì, sì. Ci si vede domani, ragazze! Per l’occasione vi canterò uno dei pezzi più belli del mio repertorio!

Iniziò poi ad intonare le prime note di Buona sera, Signorina, Buona sera con un discutibile arpeggio di erre. Daisy, senza alcun indugio, chiuse la porta e lo lasciò al suo destino.

Le Gemelle presero possesso della loro camera, si infilarono i rispettivi indumenti per la notte (un pigiama a quadri per Daisy, una camicia da notte per la signora Pina, un’improbabile quanto trasparente vestaglietta di pizzo per Grazia) e si misero a dormire senza proferire nemmeno una parola. L’unica eccezione fu una piccola parentesi voluta da Daisy, la quale insistette perché tutte recitassero in coro la preghiera della sera.

 

Steve trascorse la notte in bianco, seduto al tavolo della cucina, intento nella compilazione del suo organigramma. Ed è proprio così che lo trovò Daisy quando, alle quattro spaccate del mattino successivo, si alzò per preparare una sana e calorica colazione che le permettesse di accumulare energie sufficienti per poter svolgere tutti i suoi compiti quotidiani. (Fu molto dispiaciuta nello scoprire, in seguito, che all’interno del gemellaggio non ci fosse nemmeno una mucca da mungere.)

- Ehi, tu, scusa… Vuoi del caffè? – gli domandò.

Steve sollevò appena gli occhi dal suo bloc-notes, accorgendosi solo in quel momento della presenza di Daisy nella sua stessa stanza.

- Sì. Sì, grazie – rispose, sistemandosi la cravatta che si era leggermente allentata e stiracchiandosi poi contro la sedia. La sua colonna vertebrale emise una serie di scricchiolii che diedero ancor più l’impressione che avesse trascorso la notte piegato sul foglio.

- Ci vuoi del latte, dentro?

- Sì. Di capra, se ce n’è.

Daisy si voltò con la caffettiera ancora stretta tra le mani. Guardò Steve con la stessa espressione con la quale una persona osserva l’amico delle elementari per il quale aveva una cotta colossale e che è diventato mille volte più bello di quanto non lo fosse già da piccolo.

- Anch’io preferisco il latte di capra – riuscì solo rispondergli.

 

La scena si interruppe. Le telecamere fecero una panoramica dello studio televisivo.

Silvana Polare aveva già gli occhi lucidi per la tenerezza nel vedere un nuovo e genuino amore sbocciare in tal modo all’interno del suo programma. Dean aveva già opportunamente posato una mano sulla sua spalla, pronto a consolarla nel caso ce ne fosse stato il bisogno, mandando in brodo di giuggiole le sostenitrici del suo amore verso Silvana.

Il pubblico, ad ogni modo, non era certo da meno della presentatrice: molte delle quarantenni in tailleur sedute in platea  avevano una mano sul cuore o sulle labbra, un’espressione tenera stampata sul viso, e confabulavano tra loro ricordando questo o quell’episodio della loro giovinezza. (La loro era è tutti gli effetti l’età più critica per questo genere di cose, soprattutto per l’abbondante metà non sposata né fidanzata del gruppo).

Dopo la breve parentesi, lo schermo tornò a mostrare quel che succedeva all’interno del Gemellaggio.

 

- Controlliamo se c’è il latte di capra nel frigorifero, allora…

Steve si alzò in piedi e le sue ginocchia emisero un’altra serie decisamente inquietante di scricchiolii. Daisy sembrava essersi pietrificata contro il bancone della cucina, la caffettiera sempre stretta tra le dita. (In realtà Daisy era intenta nell’inventare una serie di fantasie che comprendessero lei e il suo nuovo amore; la sua immaginazione era fervida, bisogna ammetterlo, ma tutte le sue fantasticherie erano comunque molto caste e rispettose delle norme della Chiesa).

L’uomo, dopo averle gettato un’occhiata perplessa, allungò la mano verso la porta del frigorifero e la aprì. Su uno degli scaffali  gli sembrò di vedere appollaiato una strana palla verde con le sembianze di Mame, ma decise che doveva essere la mancanza di sonno che gli giocava brutti scherzi e chiuse lo sportello. (I telespettatori, invece, videro chiaramente che non si trattava di un’anguria ma di Mame, nel pieno delle sue viscide capacità scivolatorie.)

Niente latte di capra, in ogni caso.

- Niente da fare. Temo che dovremo accontentarci di quel che passa il convento.

- Nel mio convento c’era sempre il latte di capra. Le suore dicevano che le mammelle delle mucche ci avrebbero portate a formulare pensieri impuri, perciò la Madre Superiora ci permetteva di bere solo latte di capra – ribatté Daisy.

- Oh. Beh, comunque sia, qui non ce n’è – concluse Steve. – Anzi, aspetti, signorina, forse nella credenza…

L’uomo si allungò verso lo sportello sopra la testa di lei, sfiorandola leggermente con il braccio; Daisy trattenne il fiato, e lo stesso fecero tutti gli spettatori in studio (con gran gioia di Dean e Jim, che non avrebbero mai immaginato che un episodio così succulento potesse aver luogo già al primo giorno del programma. Si sa, le coppie attirano di più l’attenzione rispetto ai personaggi singoli, anche di quelli interessanti quanto gli alieni mangiacervelli).

- Oh, eccolo qui! Chi l’avrebbe detto, eh? – esultò poi l’uomo.

Solo allora abbassò lo sguardo e notò il viso paonazzo di Daisy a pochi centimetri dal suo. Si allontanò diplomaticamente, poi prese nuovamente la parola.

- Ecco il latte di capra. Mi rendo conto che il mio comportamento potrebbe essere frainteso, ma non intendo farmi complice né sostenitore delle molestie sessuali sul luogo di lavoro. La prego quindi di scusarmi per quanto accaduto, e le garantisco che non era certo nelle mie intenzioni offenderla.

- Nessuna offesa – rispose lei.

- Bene. Sono felice che la questione si sia risolta nell’immediato, senza portare avanti strascichi che avrebbero potuto incrinare i nostri rapporti lavorativi futuri. A scanso di equivoci – continuò, avvicinandosi nuovamente alla sua ventiquattrore – la prego di firmare questa delibera per quanto incresciosamente accaduto poco fa, in cui mi libera dalle responsabilità future per quel che riguarda eventuali infortuni o spiacevoli eventi futuri riconducibili alla nostra interazione della scorsa mezz’ora.

 

- …Ehi, secondo te gli è già capitato qualcosa del genere? Perché dovrebbe avere un modulo apposito già pronto, scusa? – bisbigliò Dean nell’orecchio di Jim.

- Ma sì, non ti ricordi? La sua ex moglie, quella che ha detto di essere rimasta incinta dopo aver bevuto dalla sua bottiglietta dell’acqua? Quella causa milionaria! Beh, a quanto ho capito ancora oggi deve pagarle gli alimenti e il mantenimento. Non ho dubbi sul perché sia così prevenuto, sinceramente…

- Zitti, voi due, che siamo al momento clou! – li interruppe Silvana, gli occhi costantemente lucidi. Tifava già per quei due, inutile dirlo.

 

- Ecco, una firma qui, e qui, e qui… e questa è per il trattamento dei dati sensibili e la garanzia della privacy.

- Ecco fatto! – concluse Daisy, dopo aver tracciato graziosamente il ricciolo dell’ultima lettera del suo nome.

- La ringrazio, la ringrazio. La nostra collaborazione la porterà lontano, posso garantirglielo.

L’espressione sul viso di Steve avrebbe quasi potuto definirsi dolce.

 

 

Jingle del programma, logo in sovrimpressione. Pausa pubblicitaria.
   
 
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