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Autore: HawkShy    11/05/2013    6 recensioni
[Ribelle - The Brave]Con il passare degli anni, quasi tutti dimenticarono la terribile avventura passata quella notte e la nostra vita proseguì tranquillamente.
Ma non dimenticai mai quella ragazzina che mi colpì dentro come nessun essere umano era stato in grado di fare.
Mai.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutti!
Spero che questa mia assurda idea vi piaccia, è un esperimento in piena regola dato che, come già sanno quelli tra voi che mi conoscono, sino ad ora ho scritto solo fanfiction su Glee. Per questo motivo sono un po’ ansiosa di vedere cosa ne pensate.
Ci vediamo a fine capitolo. Buona lettura!


°°°°°°°°°°°°°°

PROLOGO
 

C’è una stanza nel castello, nei sotterranei, di cui nessuno, ancora oggi, ricorda l’esistenza. La scoprii quando avevo poco più di cinque anni. All’epoca non mi era permesso di uscire da sola fuori dalle mura dei giardini di mio padre e il mio arco, il mio oggetto più prezioso, non mi era ancora stato donato. Così quando i miei genitori erano impegnati nei loro doveri di sovrani ed io ero costretta a restare con Greinn, la mia nutrice, attendevo pazientemente il momento in cui, sconfitta dalla stanchezza, si lasciava vincere dal desiderio di fare una pennichella e sgattaiolavo in giro per il castello.

Fu in uno dei caldi pomeriggi estivi che decisi di scendere nei sotterranei dove sapevo di poter trovare un po’ di fresco. Superai le cucine, stando attenta a non farmi vedere, e mi ritrovai in un corridoio buio, praticamente abbandonato. Gli unici oggetti erano le torce spente appese sulle pareti e qualche vecchia e ammuffita cassa di legno.

Ricordo che camminai lentamente, presa dalla pace di quel luogo, così raro da trovare nel nostro chiassosissimo e affollato castello.

Trovai la porta di legno in fondo al corridoio. La mia curiosità di bambina mi spinse a spostare la cassa di legno più leggera fin davanti l’uscio, in modo da poter salire e arrivare alla maniglia.

Per mia fortuna, la porta non era chiusa a chiave. Rimasi delusa nel trovare una stanza buia e completamente vuota e non una stanza magica come avevo, ingenuamente, immaginato.

Entrai dentro, tossendo per la puzza di muffa e di umidità, dovuta alle pietre delle pareti e al fatto che nessuno probabilmente metteva piede in quel posto da tanti anni.

Ci misi poco a decidere che quella sarebbe diventata il mio nascondiglio segreto, quando non avrei avuto nessun posto al mondo dove sentirmi al sicuro. E decisi inoltre che, anche se non avevo trovato la magia, un giorno gliel’avrei portato io stessa.

Quel che non potevo sapere è che avevo ragione.

°°°°°°°°°°°°°°

Sei anni dopo, durante uno dei pranzi passati con la mia famiglia, quando ancora mia madre era incinta dei miei fratelli, mio padre fece un annuncio.

-Bdon sciposcia- dichiarò dopo aver addentato una fetta di carne con vigore.

Mia madre lo guardò perplessa. –Potresti gentilmente inghiottire e poi ripetere quello che hai detto?- chiese severa.

Mio padre deglutì e ripeté scandendo bene le parole –Berdon si sposa.

-Berdon?- ripeté mia madre piacevolmente stupita –Tuo nipote?

-Già- rispose mio padre, mandando giù una lunga sorsata d’acqua –Ma a quanto pare per ora sarà solo un’ufficializzazione del fidanzamento, il matrimonio sarà tra qualche anno.

-E perché mai?

-Perché la ragazza ha circa l’età di Merida, non è ancora pronta per generare figli.

Tossii rumorosamente sentendo quella notizia. Immaginai una ragazzina della mia età a fianco di quel gigante di Berdon. Non sarei voluta essere al suo posto per nessun motivo al mondo, per quanto bene potessi volere a mio cugino. Io ero ancora troppo giovane, avevo tante cose da esplorare, tante avventure da vivere.

-Non preoccuparti Merida, ci vorrà ancora qualche anno per te- mi sorrise benevolmente mia madre, che aveva sicuramente notato il colorito del mio viso divenire sempre più pallido.

-E con chi si sposa?- chiese invece a mio padre.

-Con la figlia di Higgins- la informò con un sorriso enorme. Avevo già sentito parlare di quella famiglia, facevano parte della lega che univa il regno di mio padre con le fazioni di MacGuffin, Macintosh e Dingwall, i tre Lord più potenti del nostro regno e anche i migliori amici di mio padre. Ma a differenza di loro tre, non avevo mai visto Lord Higgins e non sapevo nemmeno che avesse dei figli. Avevo sentito dire che si era ritirato dalle attività belliche da tanti anni, dopo aver ceduto gran parte del suo feudo agli altri tre lord. Forse per questo motivo mia zia, sorella di mio padre e signora delle Terre del Sud, ha scelto la loro figlia per il suo primogenito. Probabilmente per non rischiare di perdere anche lui dopo aver assistito alla morte di suo marito, caduto in una delle tante battaglie che allora, come adesso, si svolgevano nel tentativo di difenderci dalle invasioni vichinghe. Ma questo è solo un mio pensiero attuale, a quei tempi ero poco più di una bambina e non mi ponevo certe domande.

-Mia sorella mi ha chiesto di accompagnarla nelle terre di Higgins- continuò mio padre –Ci vuole vicini per la cerimonia.

-Oh caro, sai bene che io non posso nelle mie condizioni- rispose dispiaciuta mia madre, toccandosi il ventre gonfio per la gravidanza –Sarebbe troppo faticoso per me.

-Lo so bene Elinor- sorrise mio padre –E’ per questo motivo che pensavo di farmi accompagnare da Merida- sorrise, strizzandomi l’occhio.

Io restai a bocca aperta per la sorpresa e corsi ad abbracciarlo per la contentezza. Non avevo mai affrontato un viaggio più lungo di un giorno e quella era per me la notizia migliore del mondo.

Mio padre rise, scompigliandomi i capelli e ricambiando l’abbraccio, ma mia madre sbatté forte il suo calice sul pesante tavolo di legno.

-Assolutamente no!- esclamò autoritaria.

-Elinor!- protestò mio padre, mentre il mio entusiasmo si spense improvvisamente.

-E’ troppo pericoloso Fergus! Sono più di due giorni di cammino e le terre di Higgins sono vicine al confine! Non permetterò che tu metta in pericolo nostra figlia!- continuò la regina accigliandosi.

-Non sarà in pericolo! Saremo scortati dalle mie guardie e non ci sarà assolutamente niente di cui aver paura!

-E cosa farete se verrete attaccati da Mor’du?- chiese mia madre alzando un sopracciglio.

Mio padre divenne improvvisamente serio e rosso per la rabbia, come accadeva ogni volta che veniva nominato l’orso che gli aveva fatto perdere la gamba anni prima.

-Mor’du è un condannato a morte!- sentenziò mio padre, fiero –Aspetta solo il giorno in cui io lo troverò e dopo di che prenderò la mia spada e gliela infilzerò su…

-Fergus!- lo interruppe mia madre –La bambina!

-Non sono più una bambina!- protestai io.

-Elinor- continuò mio padre-Ti assicuro che a Merida non succederà niente. Le voglio bene quanto te e se dovesse succedere qualsiasi cosa, nessuno sarà in grado di torcerle un capello senza essere trapassato da una freccia del mio arco!

-O del mio!-esclamai alzando l’oggetto che portavo sempre con me.

Mia madre sbuffò spazientita e si passò una mano sulla fronte per calmarsi.

-Io sono troppo stanca per poter affrontare queste discussioni- sbottò, continuando a massaggiarsi la pancia.

-Merida verrà con me, io sono il re e ho preso la mia decisione!- esclamò mio padre, guardandola dritta negli occhi.

Si guardarono per un lunghissimo minuto, fino a quando mio padre storse gli occhi, facendo una faccia buffissima ed entrambi scoppiarono a ridere.

-D’accordo- si arrese mia madre alla fine –Ma voglio che tu la faccia comportare bene. Niente giochi con le armi, niente gare di corse con le guardie e soprattutto non deve combinare nessun guaio! Deve comportarsi come una perfetta principessa.- ordinò, indicandomi.

Sia io che mio padre sbuffammo rassegnati.
 

°°°°°°°°°°°°°°°

Qualche giorno dopo tutto era pronto per la partenza. Per me era stata preparata una carrozza, nonostante le mie innumerevoli proteste, ma mia madre e, a sorpresa, mio padre erano stati intransigenti sotto questo punto di vista. Sarebbe stato sconveniente per una principessa arrivare a cavallo, oltre che pericoloso in caso di assalto di briganti.

Raggiungemmo le Terre del Sud, dove ci attendevano mio cugino Berdon e mia zia Ailis. Lei e mio padre si salutarono calorosamente, non essendosi visti per tanto tempo.

Berdon, più grande di me di circa quattro anni, mi guardò per un’infinità di minuti, stupendosi di quanto fossi cresciuta dall’ultima volta che ci eravamo visti. Anche lui aveva i capelli rossi come noi, ma i suoi erano lisci e poco voluminosi.

Restammo una notte nel loro castello, dove venimmo accolti da una ricca e abbondante cena, per poi rifugiarci nelle nostre stanze, dove ci saremmo riposati.

All’alba ripartimmo, questa volta affiancati dalle guardie di mia zia, mentre Berdon e i suoi fratelli cavalcavano in testa accanto a mio padre e mia zia stava nella carrozza con me.

Arrivammo nelle terre di Lord Higgins al tramonto. Ricordo che, nonostante la stanchezza, rimasi stupita davanti il panorama che mi ritrovai davanti. Eravano nella parte più ad ovest della Scozia, sulla costa. Attraversammo una strada che costeggiava le altissime e bellissime scogliere, sotto le quali, infinito e silenzioso, si estendeva il mare.

-Ti piace qui?- chiese d’un tratto mia zia, distraendomi dai miei pensieri.

-Sì, mi piace molto- risposi io, continuando a guardare attraverso i vetri della carrozza.

-Quando Berdon si sposerà, potrai venirci più spesso. A noi farebbe piacere che ci veniste a trovare.-sorrise amorevolmente.

-Lo farò senz’altro- confermai io, girandomi verso di lei per guardarla. Poi una domanda mi frullò per la testa.

-Zia, a Berdon piace la sua promessa?- chiesi curiosa.

Lei sorrise divertita, in un’espressione molto simile a quella di mio padre.

-Non l’ha mai vista- rispose allegra –La conosceremo tutti stasera.

Io restai a bocca aperta –Ma come fa a sposarla se non la conosce?

-E’ così che deve andare- disse alzando le spalle –E’ la tradizione.

Io non risposi e tornai a guardare il panorama davanti a noi. Pensai che quella situazione non era affatto giusta e che Berdon e quella ragazza sarebbero andati incontro ad una vita non scelta da loro.

Quel giorno, per la prima volta, decisi che non avrei mai permesso alla tradizione di scegliere il mio destino.
 
 


Arrivammo al castello di Lord Higgins poco dopo il tramonto.

Scesi dalla carrozza aiutata da una guardia, nonostante specificai che non era assolutamente necessario, ma nessuno era deciso a darmi ascolto.

Fummo accolti da uno squillare di trombe e da una folla che comprendeva le guardie e i servi di Lord Higgins.

L’uomo con la sua famiglia ci attendeva davanti al portone d’ingresso.

Quando ci avvicinammo riuscii finalmente a vederli bene. Avevano entrambi i capelli scuri e sembravano molto più grandi di mio padre.

Lord Higgins era robusto, ma più basso di sua moglie, Lady Higgins, che invece era alta e magra, un po’ come mia madre. Avevano un viso buono e sorrisero gentilmente quando mio padre e mia zia si avvicinarono. Non vedevo da nessuna parte la ragazza.

-Vostra maestà, è per me un immenso onore avervi qui!- esordì Lord Higgins spalancando le braccia.

-Non ci vediamo da più di dieci anni e tu esordisci con “vostra maestà”?- esclamò ridendo mio padre –Vieni qui, vecchio beone!- lo raggiunse e lo stritolò con un abbraccio, sollevandolo da terra.

Iniziarono a parlare presi dall’entusiasmo, raggiunsi ben presto da mia zia che conosceva anche lei Higgins e sua moglie da vecchia data, mentre mio cugino Berdon e i suoi fratelli restavano a guardarli stupiti.

Dal canto mio, cominciavo già ad annoiarmi e stavo anche morendo di fame. Non vedevo l’ora di entrare nel castello per la cena.

Alzai lo sguardo verso una delle alti torri e notai una finestra illuminata, dietro la quale si intravedeva un’ombra ferma ad osservarci. Non riuscii a metterla a fuoco, ma non sembrava una persona con una grande stazza.

Finalmente mio padre e gli altri si staccarono e iniziarono così le presentazioni ufficiali.

-Questo è mio figlio Berdon- esordì mia zia, mentre Berdon faceva un passo avanti, con un leggero inchino.

Lord e Lady Higgins ricambiarono l’inchino, dopo di che si guardarono un attimo imbarazzati.

-Dovete scusarci, conoscerete nostra figlia Eileen domani mattina. Purtroppo stasera non si sentiva molto bene- si scusò Lady Higgins, mortificata.

Io alzai nuovamente lo sguardo verso la finestra di prima, ma adesso era buia e la figura era sparita.

-Non preoccuparti mio caro amico, non stiamo mica scappando!- rise mio padre dandogli una pacca sulla spalla con un po’ troppo vigore e facendolo quasi cadere a terra. –Adesso, per favore, possiamo andare a cenare? Ho talmente fame che potrei dare un morso a te e tua moglie da un momento all’altro!- scherzò, mentre Lady Higgins lo guardò scioccata per un attimo.

Finalmente entrammo nel castello, raggiungendo direttamente l’enorme sala banchetti. La cena fu naturalmente ricca e abbondante e anche, grazie a mio padre, decisamente chiassosa.

Quando sopraggiunse l’ora di andare a dormire, ero talmente stanca da rischiare di addormentarmi sulle scale. Il castello di Lord Higgins era molto più piccolo rispetto a quelli che ero abituata a vedere, così io dovetti dividere la mia stanza con mia zia, ma avevamo comunque molto spazio per entrambe.

Prima di coricarmi mi avvicinai alla finestra della stanza, dalla quale filtravano i raggi della luna. Guardai all’orizzonte e immaginai il rumore delle onde del mare. Mi chiesi cosa si provasse a stare su una nave, in mezzo a quell’enorme distesa d’acqua. Mi promisi che un giorno avrei provato anche quell’avventura.

Mentre fantasticavo su una me stessa adulta che guidava le sue truppe su un veliero contro i nemici, fui distratta da qualcosa che attraversava i giardini. Mi alzai sulla punta dei piedi e notai una figura incappucciata che si dirigeva a passo rapido verso il bosco al confine del giardino. Si guardò intorno con fare circospetto, prima di sparire tra gli alberi. Un’enorme curiosità prese vita in me e mi chiesi chi potesse essere.

-Merida, vai a letto- disse mia zia con la voce assonnata.

-Sì, zia- risposi io obbediente, lanciando un’ultima occhiata verso il basso, ma la figura era già scomparsa.

Mi allontanai dalla finestra e dopo aver indossato la veste da camera, andai finalmente a letto, addormentandomi quasi subito.
 


L’indomani mattina fui svegliata da un chiasso tremendo.

Aprii gli occhi e mi ritrovai mia zia, già perfettamente vestita, che mi guardava con ansia.

-Credo che sia successo qualcosa- mi disse frettolosamente –Tu resta qui e non uscire, vado a vedere di che si tratta- detto questo uscì dalla stanza e riuscii a intravedere una guardia che passava di corsa, prima che mia zia chiudesse la porta.

Mi alzai e raggiunsi l’uscio, appoggiando l’orecchio sulla superficie di legno per sentire cosa stessero dicendo.

-Cos’è successo?- stava chiedendo mia zia all’uomo.

-La signorina Eileen è sparita- la informò lui.

Mi allontanai dalla porta allarmata e ripensai alla figura incappucciata che avevo visto la sera prima.

Aspettai di sentire i passi di mia zia che si allontanavano, poi mi vestii velocemente e presi il mio arco e le frecce.

Controllai che nel corridoio non ci fosse nessuno, uscii dalla stanza e mi diressi verso le scale che portavano al piano di sotto.

Incontrai qualche guardia, ma erano talmente di fretta che non fecero caso a me.

Scesi nel salone principale dove mio padre e Lord Higgins stavano discutendo animatamente per decidere il da farsi. In un angolo, seduta su una sedia di legno, Lady Higgins si teneva la testa disperata, pallida come un gelsomino.

Mi avvicinai furtivamente al portone principale, per fortuna aperto, e uscii in giardino.

Non sapevo se ci fosse qualche collegamento con ciò che avevo visto la sera prima, ma il mio intuito (e la mia incoscienza) mi spinsero verso il bosco, dentro il quale la figura era scomparsa.

Controllai che nessuno mi avesse notato, poi mi infilai tra gli alberi. Rallentai, stando attenta a dove mettevo i piedi e guardandomi intorno.

I boschi mi erano sempre piaciuti. Mi davano una sensazione di pace difficile da trovare in qualche altro luogo, ma in quel momento quel silenzio non riuscii a rilassarmi, così estrassi una freccia e tesi l’arco, pronta a difendermi da qualsiasi cosa.

Camminai per una lunga serie di minuti, tanto che non sentii più le grida provenire dal castello. I rami degli alberi ora erano più fitti e solo pochi raggi solari riuscivano e filtrare tra le foglie.

Sentii il verso di qualche uccello in lontananza e tesi l’orecchio ancora di più, tutti i sensi all’erta.

A un certo punto vidi un cespuglio accanto a me tremare. Alzai l’arco, pronta a colpire, ma quando fui a pochi passi, qualcosa uscì da dietro l’arbusto e cominciò a correre tra gli alberi.

Riuscii a capire che si trattava della figura incappucciata prima che si fosse allontanata troppo e presi a correre anch’io, intenta a raggiungerla.

-Ehi!- urlai, ma la figura non mi dava ascolto. Cercai di aumentare il passo, ma la fitta vegetazione non mi dava modo di correre con la mia solita velocità. La figura non era molto più veloce di me, infatti riuscii sempre a tenerla sotto controllo, fino a quando non la vidi inciampare contro qualcosa e cadere rovinosamente a terra.

Accelerai il passo e la raggiunsi prima che facesse in tempo ad alzarsi, ma si stava tenendo il ginocchio dolorante.

Rallentai d’un tratto e mi avvicinai piano, non sapendo chi aspettarmi.

Quando  mi sentì arrivare, alzò il capo di scatto e il cappuccio le scivolò via dal viso. Restai un attimo bloccata a guardarla.

Era una ragazza di circa la mia età, con i capelli corvini un po’ più corti dei miei e due grandi occhi color nocciola. I lineamenti del viso erano delicati e il suo sguardo in quel momento era spaventato. Non avevo mai visto niente di più bello in vita mia.

-Tu devi essere Eileen- esordì io, dopo essermi ripresa.

Lei per tutta risposta corrugò le sopracciglia, cambiando la sua espressione spaventata in una infastidita. Tentò di alzarsi in piedi, ma la caduta le aveva graffiato un ginocchio, impedendole di alzarsi.

-Aspetta, vediamo cosa ti sei fatta- le dissi gentilmente abbassandomi per controllarle la gamba, ma lei si scansò sgarbatamente.

-Lasciami stare!- esclamò arrabbiata.

-Voglio solo aiutarti!- risposi io sorpresa.

-Non è vero! Tu vuoi solo farmi tornare da loro per farmi sposare con l’altro tizio con i capelli rossi!- sbottò nervosa.

-Nessuno sa che sono qui. Credono che io sia ancora nella mia stanza.- la informai, tentando di guadagnarmi la sua fiducia.

Lei mi guardò un attimo, indecisa. –Stai mentendo- concluse alla fine.

Sospirai esasperata. –Perché dovrei?

-Io non voglio tornare lì- disse lei, abbassando lo sguardo.

-Non ti farò tornare lì, te lo prometto, voglio solo aiutarti.- le tesi la mano e aspettai.

Lei mi guardò ancora una volta, esitante, ma alla fine strinse la mia mano e l’aiutai ad alzarsi, accompagnandola a un enorme sasso per farla sedere. Ne approfittai per guardarle il ginocchio.

-E’ solo graffiato, non è niente di grave.- sentenziai.

-Lo so, ma brucia- si lamentò lei, cedendo un attimo ad un tono puerile. Io sorrisi, provando tenerezza per quel broncio che aveva messo. Mi riscossi chiedendomi cosa diavolo mi stesse succedendo.

-Perché sei scappata?- le chiesi dopo un po’, anche se la risposta era abbastanza ovvia.

-Non voglio sposarmi- disse infatti lei, distogliendo lo sguardo –E non venirmi a dire che è solo una cerimonia e che passerà ancora qualche anno, non fa alcuna differenza!- aggiunse irritata.

-Non avevo intenzione di dirtelo. Sono d’accordo con te.- risposi e trattenni una risata nell’osservare la sua espressione stupita.

-Davvero?- mi chiese infatti.

-Certo- alzai le spalle –Credo che anch’io sarei scappata se fossi stata al tuo posto. Anche se probabilmente sarei riuscita ad arrivare più lontano se fossi scappata di notte- constatai.

-Mi sono persa- si giustificò imbarazzata, poi si riscosse –Aspetta, ma come fai a saperlo?

-Ti ho vista dalla finestra- sorrisi.

-Ah- fece lei.

-E ti ho vista anche sulla torre quando siamo arrivati. Deduco non fossi davvero ammalata.- dissi divertita.

-Avevo litigato con i miei genitori- mi spiegò, abbassando lo sguardo –Ho detto loro di non volermi sposare e ho cominciato a fare un sacco di storie, li ho minacciati di comportarmi male se mi avessero costretto a cenare con voi. Alla fine abbiamo deciso che era meglio se fossi rimasta nella mia stanza.

Alzò lo sguardo verso il mio e per un po’ mi scrutò attentamente. Io mi voltai verso gli alberi e sentii il mio viso riscaldarsi sempre più sotto quello sguardo. Credo che ormai fosse diventato dello stesso colore dei miei capelli.

-Io sono Merida, comunque.- mi presentai per togliermi dall’imbarazzo.

Lei sbarrò gli occhi. –Sei la principessa?- chiese stupita.

-Beh…sì- risposi con un mezzo sorriso.

Sentimmo delle urla e dei passi pesanti avvicinarsi sempre più a noi.

Udii la voce di mio padre urlare spaventato il mio nome e guardai Eileen, come in una silenziosa richiesta. Lei annuii rassegnata.

-Siamo qui!- gridai io. I passi si diressero verso di noi, fino a quando dagli alberi spuntò fuori mio padre, con l’aria più preoccupata che gli avessi mai visto e Lord Higgins più bianco di un lenzuolo, accompagnato da  alcune sue guardie.

-Merida! Stai bene?- mi chiese mio padre sollevandomi da terra.

-Certo che sto bene!- sbottai io –Mettimi giù!

-Eileen!- esclamò Lord Higgins avvicinandosi alla figlia. Guardò il ginocchio insanguinato. –Cos’è successo?- chiese preoccupato.

-Sono caduta- disse semplicemente lei, guardando in tutt’altra direzione.

-Non farci spaventare mai più così!- la rimproverò suo padre, ma aveva un tono di voce più sollevato che arrabbiato. La aiutò ad alzarsi in piedi e la sorresse fin fuori il bosco, dove ci attendevano tutti gli altri. Lady Higgins andò incontrò alla figlia e la abbracciò sollevata.

Mio padre mi sussurrò di rientrare nel castello e io ubbidii, ma prima di allontanarmi lanciai un’ultima occhiata ad Eileen e notai che lei mi stava guardando, ignorando del tutto quello che i suoi genitori le stavano dicendo.
 
 


Quel pomeriggio iniziò finalmente la cerimonia. Come da tradizione, Berdon dovette superare una serie di prove fisiche, tra cui il tiro con l’arco e la lotta contro il capitano delle guardie di Lord Higgins. Naturalmente riuscii in tutte, era pur sempre sangue della mia famiglia.

Io avevo una voglia matta di prendere parte ai giochi, ma mi fecero notare che non sarebbe stato per niente il caso e quella volta, dovetti ammettere, avevano ragione.

Così, in alternativa, restai a fissare tutto il tempo Eileen che, seduta alla sinistra di suo padre, osservava Berdon riuscire nelle prove con aria rassegnata e sconsolata.

Ero infinitamente dispiaciuta per lei. Aveva solo undici anni, come me, e la sua vita era già arrivata ad un limite. Senza contare il fatto che quando Berdon, alla fine del combattimento, si voltò per farle un profondo inchino, con un sorriso stampato in faccia, provai l’enorme impulso si raggiungerlo e dargli un pugno sulla testa. Restai sorpresa da quella sensazione e constatai che, qualsiasi cosa fosse, era terribile.

Alla fine delle prove, Berdon si avvicinò a Lord Higgins, il quale dichiarò che Berdon ed Eileen erano ufficialmente promessi. Un grande applauso partì dalla folla, al quale io non mi sentii di partecipare.

La sera fu allestito un grande banchetto all’esterno del castello, complice la bella serata e la voglia di festeggiare. Eileen stavolta fu costretta a restare con noi e si sedette tra sua madre e suo padre, con lo sguardo più sconfitto del suo repertorio.

Io non toccai quasi cibo, dispiaciuta come se fossi io stessa a dovermi sposare. Mio padre non sembrò accorgersene, troppo intento com’era a intrattenere tutti con il racconto su come avesse perso la gamba con Mor’du.

Fu quando stavano portando l’ennesima portata che qualcosa accadde.

Un fulmine squarciò il cielo, seguito da un fortissimo tuono che fece spaventare tutti.

-Sta per piovere?- chiese allarmata mia zia.

-Ma il cielo è senza nuvole!- constatò mio padre, serio. Una brutta sensazione prese vita in me, mentre sentivo una forte ansia crescere.

All’improvviso si alzò un forte vento, talmente potente da far cadere quasi tutti calici sulla lunga tavola imbastita. La terra cominciò a tremare sotto di noi e presto si creò un panico generale. Mio padre mi allontanò dalla tavola e mi strinse forte mentre urlava a tutti di non entrare dentro il castello perché era pericoloso.

Il terremoto finì, ma qualcos’altro stava succedendo. Una nebbiolina, dapprima leggera, poi sempre più spessa, si creò in tutto il giardino e io ben presto non riuscii più a vedere nessuno, sentivo soltanto le loro urla.

-State calmi!- gridò mio padre, ma era spaventato come tutti.

Le donne urlarono e io mi liberai dalla presa di mio padre per capire cosa stesse succedendo. La nebbia si era quasi del tutto dissolta, ma quasi tutti guardavano terrorizzati verso i cancelli. Mi voltai e restai a bocca aperta.

Un’armata correva veloce verso di noi. Quando mi resi conto di chi stava cavalcando, presi ad urlare anch’io terrorizzata. Erano ombre incappucciate, senza volto.

La gente intorno a noi iniziò a correre e mio padre mi prese sulle spalle con forza, iniziando a scappare anche lui.

Un cavaliere gli si parò davanti, facendolo fermare bruscamente. Cademmo entrambi e quando mi rialzai, mio padre aveva già tirato fuori la spada e stava combattendo contro l’ombra, armata anch’essa.

Mi voltai istintivamente e notai in lontananza Eileen a terra, con un’ombra davanti a lei pronta a prenderla.

-Eileen!- urlai, correndo verso la sua direzione.

-Merida, no!- mi chiamò mio padre, ma io non lo ascoltai nemmeno.

Presi una freccia che avevo nascosto sotto la mia veste insieme all’arco e mirai all’ombra davanti Eileen.

La freccia la oltrepassò e il cavaliere si dissolse nell’aria, insieme al cavallo. Senza perdere tempo afferrai una mano di Eileen e insieme cominciammo a correre più velocemente possibile verso il bosco, mentre intorno a noi regnava il caos.

Sentimmo la voce di mio padre chiamarci, ma non potevamo fermarci o le ombre ci avrebbero prese.

La condussi all’interno del bosco, raggiungendo presto la zona dove gli alberi diventavano più fitti. Mi bloccai quando intorno a noi calò il silenzio più assoluto.

-Che succede?- chiesi spaventata.

-Merida devi andare via- mi ordinò lei.

-Cosa stai dicendo? Io non ti lascio- decisi guardandomi intorno, alla ricerca di quegli esseri spaventosi.

-Loro vogliono me! Sono venuti qui per prendermi!- mi disse terrorizzata –Se resti qui ti uccideranno!

-Come sarebbe vogliono te?- chiesi io, stupefatta.

-Me l’ha detto l’ombra che mi ha aggredito poco fa, quella che tu hai fatto sparire- rispose con voce tremante –Ha… ha ucciso una guardia che stava cercando di proteggermi.- spiegò con gli occhi lucidi.

Io stavo per rispondere, ma sentimmo un rumore simile a un’esplosione vicino a noi.

Apparve una figura incappucciata, ma questa era diversa dalle altre.

Non era a cavallo e il suo mantello era rosso. Camminava lievitando a qualche centimetro da terra e dalle maniche fuoriuscivano due mani pallide e magrissime, che teneva giunte.

Io mi misi istintivamente davanti Eileen e alzai il mio arco, ma ricordai di aver usato l’unica freccia che avevo portato con me per la cena. Quando mi accorsi che eravamo spacciate, rimasi pietrificata, mentre sentivo Eileen tremare dietro di me.

-Spostati- disse una voce gelida e bassa quasi come un sussurro.

-Chi sei tu?- chiesi io con voce acuta, totalmente presa dal panico.

Lo spaventoso individuo non disse niente, si limitò a camminare verso di noi. Sentii la presa di Eileen sul mio braccio, mentre mi sussurrò di scappare.

La figura si fermò quando fu a pochi passi da noi, alzò un indice verso di me e sussurrò qualcosa.

Intravidi due luccichii sotto il cappuccio che dovevano essere i suoi occhi. Ma quella fu l’ultima cosa che vidi, poi tutto divenne buio e non sentii più niente.
 


Quando mi svegliai avevo freddo e sentii qualcuno che si muoveva e urlava intorno a me, ma i suoni arrivavano ovattati e la mia vista era ancora sfocata.

Ci misi un po’ a capire che la persona china su di me che si agitava era mio padre. Riuscii a mettere a fuoco i suoi lineamenti e, insieme alla vista, tornò anche l’udito.

-Merida!- mi stava chiamando spaventato –Merida guardami! Rispondi!

Per un attimo mi guardai intorno e notai i raggi del sole filtrare attraverso gli alberi e capii che era giorno. Lord Higgins, Berdon e mia zia erano in piedi dietro mio padre e mi guardavano tutti preoccupati.

-Stai bene?- continuò il re.

In un primo momento non riuscivo a capire cosa stesse succedendo, poi i ricordi mi investirono come un carro.

-Eileen!- esclamai allarmata.

Lord e Lady Higgins si avvicinarono immediatamente sentendomi pronunciare quel nome.

-Cos’è successo?- chiese terrorizzato l’uomo –Dov’è?

-Io…io…-iniziai insicura, poi scattai in piedi troppo velocemente e la testa iniziò a girarmi, ma Berdon mi afferrò al volo e mi sorresse.

-Lei era qui con me- spiegai, guardandomi attorno, alla ricerca della ragazza –Poi è apparsa una figura strana e…e….- cercai di raccontare, ma non sapevo nemmeno io cosa fosse successo. Spaventata guardai da ogni parte, cercando Eileen, ma non era lì con noi.

-E?- mi esortò mio padre, mentre gli Higgins divenivano sempre più pallidi.

-E..non lo so, era qualcuno incappucciato. Lui mi ha fatto qualcosa e sono svenuta. Ed Eileen, lei…- mi bloccai un attimo ricordano le parole della ragazza –Credo che l’abbia rapita- realizzai solo in quel momento.

Lady Higgins iniziò a piangere e abbracciò forte il marito, mentre tutti gli altri ci guardammo in difficoltà.

-Com’era fatto?- mi chiese serio mio padre.

-Non l’ho visto in viso, era incappucciato. Aveva un mantello rosso.- spiegai io, mentre sentivo la mia voce incrinarsi. Lady Higgins alzò il capo da suo marito e mi guardò per un attimo terrorizzata, ma nessuno sembro notarlo tranne me.

Uscimmo dal bosco e mio padre urlò ordini a tutti quanti, mandandoli ovunque alla ricerca di Eileen.

Restammo altri tre giorni nel castello di Lord Higgins, dove a noi donne era stato ordinato di non uscire per nessun motivo. I fratelli di Berdon, i miei cugini, restarono con noi e alcune guardie per proteggerci in caso di altri attacchi, mentre mio padre, Lord Higgins e tutti i loro uomini partirono alla ricerca della ragazza, esplorando le foreste e i villaggi delle sue terre.

Ma nessuno riuscì a trovarla. Né lei né l’individuo che l’aveva rapita. Nessuna traccia era stata lasciata, nessuno nei paesi più vicini aveva visto il fulmine o sentito il terremoto che ci aveva sorpresi, né tantomeno avevano idea di cosa fosse l’armata del quale parlavano mio padre e Lord Higgins. Era come se ce lo fossimo immaginati.

Alla fine non ci restò altro da fare che tornare a casa. Dopo esserci rammaricati per l’enorme perdita con Lord e Lady Higgins, riprendemmo i nostri cavalli e la nostra carrozza per tornare nelle nostre terre.

Eravamo tutti devastati dagli ultimi avvenimenti, incapaci di dare una qualsiasi spiegazione. Io non avevo più parlato per giorni, schiacciata dal mio profondo senso di colpa. Mi tornava in continuazione in mente la scena di Eileen terrorizzata dietro di me e io incapace di proteggerla. Mi sentivo il cuore spezzato.

Mio padre fu costretto a raccontare tutto a mia madre che prese la notizia nel peggiore dei modi, rimproverandolo di avermi esposto a un grosso pericolo.

In un primo tempo, mio padre scrisse molte lettere agli Higgins, cercando di restare vicino al loro dolore, ma ben presto loro smisero di rispondere e perdemmo definitivamente i contatti.

Con il passare degli anni, quasi tutti dimenticarono la terribile avventura passata quella notte e la nostra vita proseguì tranquillamente. Berdon si sposò con la secondogenita di Lord MacGuffin, biondissima quanto il padre e misero su famiglia quasi subito.

Io diventai sorella di tre piccole pesti e iniziai ad allenarmi ogni giorno della mia vita per essere in grado di affrontare qualsiasi nemico.

Ma non dimenticai mai quella ragazzina che mi colpì dentro come nessun essere umano era stato in grado di fare.

Mai.
 

°°°°°°°°°°°°

Ooooook! Forse è un po’ lunghetto come prologo, ma il prossimo capitolo sarà ambientato otto anni dopo questi fatti, quindi avevo la necessità di inserire tutto qui! XD
Ad ogni modo, questo è solo l’inizio della storia, che conto di scrivere in circa 10 capitoli, ma non ne sono ancora sicura.
Spero vi incuriosisca e che scegliate di seguirla : )
Cercherò di aggiornarla ogni volta che mi sarà possibile, ma tenete conto che adesso inizierà il periodo degli esami all’università, quindi non arrabbiatevi troppo se dovessi ritardare :D
Piccola nota storica: il “confine” di cui parla Elinor a inizio capitolo è il Vallo di Adriano, un lunghissimo muro di pietra che i latini avevano alzato per evitare le invasioni delle popolazioni celtiche nel sud dell’Inghilterra.
Basta, non vi annoio più. Fatemi sapere cosa ne pensate : )
A presto,
Fede.
P.s. per contattarmi mi trovate su twitter, anche lì con “HawkShy”
 
 
 
 
 
 
 
  
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