Embrace
me With Your Mind.
Prologo.
Apro gli occhi
di scatto. Guardo la radiosveglia che segna
le due e quarantacinque di notte, sbuffo guardando la donna che occupa
l’altra
parte del letto e mi metto seduto. Mi passo freneticamente una mano tra
i
capelli e mi alzo per andare in bagno. Mi guardo allo specchio che si
trova
attaccato al muro, sopra il lavabo. Per la millesima volta fisso
quell’uomo che
non sono. Mi guardo, non riconoscendo neanche una minima parte di me
stesso. Mi
faccio schifo, ecco cosa. Mi manca il ragazzo spensierato, che non gli
importava se faceva sesso con una donna per poi dimenticarne il nome.
Che non
gli importava se sua madre si disperava perché non vedeva il
figlio per tre
giorni consecutivamente. Non gli importava ma era felice, non era
represso, non
era costretto, non era quello che è adesso, non doveva
sopportare tutto quello
che sopporta adesso. Quel ragazzo che per certi versi era peggiore di
quello
che è adesso. Apro l’acqua e violentemente sfrego
le mani sulla mia faccia,
come a voler eliminare il volto della persona che ho appena visto allo
specchio,
ma, ovviamente, non elimino un cazzo, elimino solo la mia voglia di
tornare
indietro, cercando di non pensarci, cercando di vivere come negli anni
precedenti, come fino a ieri.
Il sole fa capolino, illuminando il Big-Ben, mostrando la
bellezza di Londra, in tutto il suo fascino. Ho sempre amato questa
città, da
quando ero piccolo mi sono sempre sentito fortunato a vivere qui, ad
essere
nato qui. E’ decisamente la città dove tutti
vorrebbero essere nati. Mi passo
una mano in fronte, cercando di togliere un po’ del sudore
causato dalla mia “corsa
mattutina”. Tra due ore devo essere al lavoro, ma tornare a
casa adesso sarebbe
troppo. Sarebbe troppo sopportare il bacio del buongiorno da una
persona che ti
disgusta. Sarebbe troppo sopportare la sua voce da gallina annoiata di
prima
mattina. Perciò mi siedo sul rialzo del marciapiede e mi
guardo attorno. Chissà
com’è la gente che mi passa davanti. Molte volte,
nelle mattine come questa, mi
ritrovo a guardarmi attorno, immaginando la vita della gente, degli
uccellini
che cantano sopra un albero, dei cani, delle auto stesse. Qualsiasi
cosa per
evitare di pensare a me, a quanto schifo mi faccia la mia vita,
nonostante io
sia pieno di soldi, nonostante sia sposato a soli trentuno anni,
nonostante ci
sono molti dei miei conoscenti che mi invidiano. Sono quella persona
che se la
conosci davvero la eviti, sono quella persona che potrebbe essere
considerata
spregevole, sono quella persona che vive, respira agisce per interesse.
Mi
piace il lusso, mi piace il mio lavoro, mi piace bere vini pregiati, ma
a che
prezzo? A quello di farmi schifo, a quello di sputare nello specchio
dove mi
vedo riflesso. Sono Edward Cullen, un uomo di trentuno anni, un
fallito, un
pediatra raccomandato. Un uomo che si è rovinato la vita con
le sue stesse mani.
Sbradabambambam.
Eccomi, ancora, yay :p
La mia storia, per chi la conosce “Love Save The
Pain” è
quasi terminata. Questa piccola storiella è nella mia mente
già da parecchio
tempo, ma sono sicura che, non riuscirei ad iniziare due storie
insieme, un po’
perché non
mi piace farlo, un po’ perché
poi avrei trascurato una delle due.
Spero che questo prologo incuriosisca, lo spero davvero.
Vorrei dire una cosa alla gente che mi conosce: ebbene, per la prima
volta mi
imbatto in una storia senza malinconia, cioè forse un
po’ di malinconia c’è, ma
non è il genere che predominerà la storia
ecco…quindi, TRANQUILLE! Ahahahahahah.
Okay, me ne vado…Fatemi sapere :p