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Autore: Yu_Kanda    12/05/2013    0 recensioni
Kanda, uno studente delle superiori di una scuola privata, si trova a scontrarsi con un gatto invadente mentre medita in un parco, ritrovandoselo appiccicato suo malgrado.
[AU, CAT!Lavi (sì, avete letto bene, Lavi è un gatto, un autentico micio DOC), LaviYuu]
[Fanfiction Classificata 2° al Contest "Neko Lovers" indetto da SweetTDemly e giudicato da ro-chan sul Forum di EFP]
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Rabi/Lavi, Yu Kanda | Coppie: Rabi/Kanda
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER: non possiedo alcun diritto su D. Gray-man, PURTROPPO è tutto in mano a quella pazza della Hoshino... Perchè, se fosse stato altrimenti... Il manga non sarebbe diventato un'accozzaglia informe di assurdità, e Lavi sarebbe insieme a Kanda da un bel pezzo!

ATTENZIONE YAOI - se non sapete cosa questa parola voglia dire, o se non gradite le relazioni uomo/uomo questa storia non fa per voi, siete avvisati! Come si dice, se non vi piace NON LEGGETE!



So che questa è una sorpresa, ma alla fine tra una disgrazia e l'altra sono riuscita a rivedere i capitoli precedenti e sistemare il nuovo.
Questo ha comportato lo slittamento di una pagina da quello precedente al presente capitolo e un cambio di titolo, mi spiace, era necessario.
Non posso, dato il perdurare della mia precaria situazione familiare, garantire continuità di lavoro, però ci provo, considerato che scrivere è l'unica cosa che mi rimane per non impazzire del tutto.
Nessuno può fornirmi il recapito di un bravo killer? Glie ne sarei immensamente grata.





Il Gatto sulla Panchina

 

Capitolo 5: Il Pozzo della Leggenda


Bookman era andato a parlargli per cercare di riportarlo sulla 'retta via', come la chiamava lui, nonostante davanti a tutti gli avesse chiaramente detto di ritenerlo un traditore. Vista la sua attuale situazione, Lavi aveva deciso che smettere di mentire fosse la soluzione migliore. Rivelò all'anziano mentore i sentimenti che provava per il giovane umano e l'intenzione di lasciare il popolo dei gatti per vivere con lui (omettendo per ovvi motivi la parte in cui desiderava di diventare umano a sua volta). Bookman parve scosso dalle parole dell'allievo e gli lasciò intendere senza mezzi termini che, se quella era la sua posizione definitiva, la condanna a morte diventava cosa certa e inevitabile.

Lavi aveva incassato la notizia senza mostrare alcuna emozione, tanto era consapevole di quale sorte lo attendesse dal momento in cui lo avevano imprigionato. Così aveva detto addio al maestro senza rancore, augurandogli di riuscire nei suoi progetti, cosa che era sembrata quasi commuovere l'anziano gatto. Poi Bookman si era voltato, abbandonandolo al suo destino senza dirgli altro.

Così ora aspettava e sperava, sognando che Hevlaska lo salvasse ed esaudisse il suo desiderio proibito come nelle fiabe degli umani, permettendogli di ricongiungersi a Yuu.

Lo stato di dormiveglia in cui era caduto fu scosso all'improvviso da un rumore metallico contro le sbarre della cella. Lavi si destò di soprassalto, cercando di mettere a fuoco le figure dinanzi a lui, che sostavano di fronte alla sua prigione.

- Lavi. - disse una voce calda da dietro i due gatti intenti ad armeggiare con la barra del chiavistello che lo teneva rinchiuso. - Ho trovato le notizie di cui avevi bisogno. - Hevlaska comparve davanti a lui, il collare con la gemma che decretava il suo rango sfiorò la serratura sulla grata d'accesso e questa si aprì di colpo con uno scatto secco. - Sei libero, seguimi. - lo esortò in tono deciso, fissandolo con quei suoi occhi che parevano due frammenti di cielo.

Lavi si perse per un attimo in essi, incerto su cosa l'anziana leader della comunità felina di quei luoghi stesse cercando di dirgli.

- Seguirti dove, saggia Hevlaska? - chiese confuso e in parte spaventato, ma lei distese le labbra in quello che su un umano sarebbe stato un sorriso, facendo vibrare i lunghi baffi argentei.

- Al pozzo, Lavi. - rispose con dolcezza, facendo un cenno con la testa ai suoi accompagnatori, i quali attesero che il fuggitivo seguisse la loro padrona, per poi accodarsi.

Lavi restò a bocca aperta a quella notizia, e quasi gli cedettero le zampe per l'emozione. Hevlaska aveva davvero trovato il modo di usare il pozzo della leggenda? E come, se era soltanto una favola che si raccontava fra il popolo dei gatti per far sognare i giovani? Bè, se l'anziana lo credeva possibile, chi era lui per dissentire? Le si portò accanto, obbediente, camminando in silenzio dentro uno dei tunnel che scendevano più in profondità nelle viscere della terra.

I due gatti guardiani si posizionarono all'ingresso del cunicolo, in attesa del loro ritorno.

 

 

Lavi seguiva Hevlaska nel buio del sottosuolo, reggendosi con la bocca alla coda di lei per non perderla e non inciampare, vista la sua attuale ridotta capacità visiva. Dopo parecchi minuti di cammino infine si aprì davanti a loro uno spiazzo leggermente più ampio, di forma circolare e illuminato da un fascio di luce bianca proveniente dall'alto. Al centro dell'alcova si stagliava un pozzo di pietra, sulla sommità della cui carrucola era posta una mezzaluna di metallo arrugginito, come gli altri sostegni che sovrastavano la costruzione, del resto.

Lavi si fermò, guardando verso Hevlaska, in attesa.

- Devi bere l'acqua del pozzo sotto la luce della luna. La leggenda dice che entro le dodici ore successive diverrai umano. - la gatta bianca indicò il secchio con una zampa aggraziata, ma vide che il suo protetto era molto abbattuto. - Che c'è?

- Non ce la farò mai a tirare su acqua da dentro un buco così profondo. - mormorò Lavi, scuotendo il musetto, sconsolato. - Sono solo un gatto...

Per tutta risposta Hevlaska saltò sul bordo del pozzo e con i denti recise le corde che trattenevano il secchio, mostrando che il mestolo era a sua volta assicurato a esse, perché non cadesse per errore all'interno dell'apertura.

- Coraggio, così è più semplice no? - disse srotolando la corda, la quale trascinò con sé il ramaiolo nell'acqua con un sonoro 'splash'.

Lavi fissò la gatta con stupore. Balzò sul ciglio di pietra mentre lei scendeva, portandosi all'ingresso del tunnel dal quale erano arrivati, poi afferrò la corda con i denti e iniziò a tirare aiutandosi con le zampe per trainarla meglio. Scivolò a terra lentamente, tirando finché il mestolo non ricomparve oltre l'orlo del pozzo. Pian piano lo fece salire sul muretto, con cautela perché non se ne rovesciasse l'intero contenuto, quindi guardò verso Hevlaska, che dette un cenno affermativo con la testa.

- Sali su e lecca nel mestolo. - disse la gatta, come se il risultato di quell'azione fosse assoluta certezza.

Lavi obbedì. Infilò il musetto nella testa del ramaiolo, lappando la poca acqua in esso contenuta, e fu in quel momento una strana luce lo avvolse. Durò solo un attimo, la gemma sul collo di Hevlaska sprigionò un fascio luminoso che investì Lavi e poi si dissolse, ma al gatto rosso parve fosse stata la luce della luna a circondarlo. Sedette sul bordo del pozzo, fissando l'anziana gatta per qualche secondo prima di muoversi e tornare accanto a lei.

- E ora? - chiese ansioso, non percependo alcun cambiamento in sé. Hevlaska gli diede una leccatina affettuosa sul muso.

- Un po' di pazienza, tra qualche ora diverrai un umano. Non puoi restare qui, va' nel luogo dove sai che incontrerai il giovane con cui vuoi dividere il resto della tua vita. - esortò il suo protetto, prima d'incamminarsi con passo spedito nel cunicolo per ritornare dentro il sotterraneo della Biblioteca, probabilmente preoccupata di venire sorpresa mentre lasciava fuggire un traditore, come lo definivano gli Storici. Lavi trotterellava dietro di lei senza protestare, il cuore in gola al pensiero che ci fosse del vero nella leggenda e che quindi sarebbe diventato umano prima di giorno. Quasi ansimando, si fermò davanti ai due gatti di guardia, attendendo che Hevlaska scambiasse qualche parola con loro e poi tornasse a rivolgere la sua attenzione a lui. - Loro ti scorteranno fuori. - lo informò lei, toccandolo sul muso con una zampa, delicatamente. - Buona fortuna, Lavi. Non credo ci rivedremo più da ora in poi.

Lavi si voltò indietro a guardarla un'ultima volta mentre seguiva docilmente le due guide fuori della città dei gatti, abbandonando per sempre i suoi simili.

 

 

Kanda camminava come ogni mattina per il sentiero che si snodava all'interno del parco in cui aveva incontrato per la prima volta il gatto rosso, a passo lento, osservando con attenzione qualunque movimento sospetto. Scrutando ogni anfratto, ogni filo d'erba.

Anche quella notte l'aveva sognato. Sedeva sulle sue ginocchia per tenergli compagnia finché studiava, rivolgendogli un 'miao?' interrogativo di quando in quando o mordendogli la camicia per fargli abbassare gli occhi a guardarlo. Allora lui gli aveva posato una mano sulla groppa con aria di rimprovero, ottenendo un altro 'miao!', questa volta carico di disappunto. Tuttavia, nonostante l'espressione contrariata con cui lo scrutava, s'era soffermato a grattargli il pelo, prima sul dorso e poi sulla testolina, mettendo così in moto la macchina delle fusa. Quel meraviglioso concerto di vibrazioni suadenti aveva iniziato a cullare i suoi pensieri, rilassandolo; finché la sveglia non l'aveva strappato all'idillio. Scosse piano la testa, come a volersi liberare delle sensazioni che gli aveva lasciato il sogno.

In cuor suo era ostinatamente persuaso che un giorno o l'altro l'avrebbe ritrovato ad aspettarlo su quella panchina per la quale avevano litigato. Era stupido sperare una cosa del genere, lo sapeva, eppure continuava a passare in pellegrinaggio per quel boschetto ogni fottuto giorno della sua inutile vita. Mattina e sera, mentre si recava a scuola o ne tornava e anche quando la scuola non c'era.

Sospirò, vedendo avvicinarsi il luogo in questione, e si preparò mentalmente alla delusione di trovarlo ancora una volta deserto, come sempre. Solo che questa volta gli giunsero dei rumori bizzarri dallo spiazzo in cui era la famosa panchina... sembrava quasi che qualcuno si stesse azzuffando.

Con il cuore in gola corse fra gli alberi, sbucando accanto all'aiuola dove il gatto rosso si era appostato la prima volta che l'aveva visto, sperando di trovarlo che giocava. Davanti a lui invece si parò tutto un altro spettacolo: la rissa c'era davvero. Un gruppetto di studentelli imberbi stava pestando qualcuno, probabilmente un compagno meno forte di loro. Scrollò le spalle, deluso e quasi indispettito di non aver trovato ciò che sperava, accingendosi a proseguire per la sua strada.

Quando però udì che chiamavano il malcapitato 'minorato', 'guercio' e 'animale', Kanda non poté evitare d'intromettersi: odiava troppo i bulli. Specie se così precoci. Si voltò bruscamente, avvicinandosi, e ne afferrò due per la collottola, sferrando un calcio ben assestato al terzo. Quest'ultimo si diede immediatamente alla fuga, mentre i suoi compari cercavano di liberarsi dalla presa di Kanda, agitandosi come dannati, ma lui non intendeva mollarli, anzi.

Vedendo che la loro vittima era nuda come un verme si sentì ribollire il sangue. Sbatté violentemente i due bastardi rimasti uno contro l'altro, facendogli perdere i sensi, quindi li lasciò cadere a terra senza troppi riguardi.

Si avvicinò al ragazzo che i tre stavano picchiando, accorgendosi che era molto più grande di loro, probabilmente della sua stessa età. Si proteggeva la testa con entrambe le braccia, accovacciato fra l'erba sotto uno dei grandi alberi, tremante di freddo e probabilmente di paura. I suoi capelli rossi come il fuoco erano sporchi e scarmigliati, aveva lividi ovunque e si lamentava pietosamente, senza però articolare suoni intelligibili, dando l'impressione di non essere in grado di esprimersi. Kanda si chiese se il poveretto fosse sordomuto o qualcosa del genere, e gli si avvicinò per rassicurarlo.

- Mi capisci? - esordì a disagio, non sapendo bene come trattare con un disabile. - Se ne sono andati. - scandì lentamente sperando che il giovane lo potesse udire.

Lavi sollevò di scatto la testa al suono di quella voce familiare e il suo volto s'illuminò di gioia e sollievo nel confermare che apparteneva proprio alla persona che più desiderava d'incontrare. Una lacrima gli solcò la guancia sinistra: era salvo. Si lanciò su Kanda, mugolando qualcosa che suonava come un lamento disperato e che invece era il suo tentativo di dire 'Yuu'.

Kanda serrò la mascella, trattenendo la sua irritazione. Lo slancio del giovane quasi l'aveva gettato a terra e si era trovato costretto ad abbracciarlo per evitare di finire con la schiena nell'erba. Imprecando fra sé cercò di staccarselo di dosso, ma questi sembrava davvero scosso e non ne voleva sapere di lasciarlo andare. Continuava a strofinarsi a lui, tremante.

- Uuuuuu! - cercò di articolare Lavi, ma senza successo, assumendo un'espressione contrita nell'accorgersi della propria incapacità.

Sebbene sapesse come parlavano gli umani, ora che ne aveva la forma trovava estremamente difficile pronunciare qualcosa nella loro lingua, e la cosa lo angustiava profondamente. Desiderava così tanto poter comunicare con Yuu, aveva sempre sognato di poterlo fare e ora che gli era possibile non ci riusciva.

- Calmati, ti porto in un posto dove ti daranno un'occhiata, va bene? - gli disse Kanda, prendendolo per le spalle e forzandolo a guardarlo in viso. Fu così che si accorse di un altro particolare, che il poveretto aveva un occhio chiuso solcato da una cicatrice, probabilmente cieco, e ne restò colpito. La sua mente faceva collegamenti senza che lui lo volesse. Scosse la testa per scacciare quel pensiero, allungando una mano verso la borsa da ginnastica, abbandonata poco distante. - Ascolta, non puoi andare in giro così, ti presto i miei vestiti. A occhio e croce dovrebbero starti. - propose, iniziando a spogliarsi sotto lo sguardo stupito di Lavi, che non capiva cosa stesse facendo; subito dopo indossò il kimono da Kendo e porse all'altro ciò che si era tolto. - Infila questi. - ordinò, mettendo in mano al giovane camicia e pantaloni, ma questi li prese fissandoli come se non sapesse cosa farne.

Con uno sbuffo seccato Kanda gli afferrò la mano in questione, forzandogli addosso prima una manica e poi l'altra della blusa, abbottonandola in fretta; quindi passò immediatamente a occuparsi delle gambe. Quando infine riuscì a terminare di vestirlo, si accorse che il giovane rimaneva piegato a terra, nella stessa posizione di un... un... No, doveva smettere di lasciarsi influenzare dal suo stato d'animo, iniziava a vedere comportamenti felini ovunque e non era affatto positivo.

Prese un bel respiro, poi tornò a rivolgere l'attenzione verso il suo attuale problema, il quale, seduto nell'erba lo stava fissando, in attesa, sorridendogli in maniera idiota, come se si aspettasse qualcosa da lui. Le sopracciglia di Kanda si contrassero e il suo viso si accigliò. Gli sfuggì un'esclamazione seccata, e il giovane ai suoi piedi emise un altro strano lamento che somigliava molto a un... miao.

- CHE. - Kanda inveì mentalmente contro la propria stupidità; era impossibile che l'idiota avesse miagolato, la sua immaginazione adesso stava davvero esagerando, tanto da diventare quasi imbarazzante.

Fece segno alla seccatura che gli era capitata fra capo e collo di alzarsi, ma quella continuava a fissarlo con aria interrogativa, senza muoversi. Pensando che l'avessero ferito più di quel che sembrava e non potesse camminare, Kanda si abbassò, passandosi un braccio del malcapitato attorno al collo e sollevandolo di peso.

Lavi allora capì che come umano avrebbe dovuto camminare eretto, si trattava solo di fare un po' d'esercizio e gli sarebbe riuscito perfettamente; inoltre, essere sorretto da Yuu rappresentava un favoloso incentivo. Cercò d'impegnarsi per gravare il meno possibile su di lui, anzi per meglio aiutarlo ne afferrò la cartella, rivolgendogli un altro radioso sorriso.

Kanda lo guardò sorpreso, piegandosi a sua volta per raccogliere la borsa da ginnastica. Quindi guidò il misterioso giovane con i capelli rossi verso la sua scuola, contando di farlo visitare nell'infermeria anche se non era uno degli studenti.

 

 

- Come ti chiami? - chiese l'infermiera, mentre controllava le ferite di Lavi e le disinfettava, strappandogli grugniti e proteste inarticolate.

Lavi aprì la bocca per dire il proprio nome, ma ne uscì soltanto una storpiatura.

- A... ii. - fu tutto ciò che riuscì ad articolare. A quel suono si rattristò, facendo il broncio e sforzandosi di parlare ancora. - Aa... vii! - riuscì a sillabare questa volta; si stava avvicinando, ma non bastava, doveva riuscire a parlare a ogni costo! Sospirò, rivolgendo a Yuu uno sguardo disperato.

- Piantala di fissarmi così, non ho la più pallida idea di cosa tu voglia dire! - sibilò Kanda esasperato, incrociando le braccia al petto e ignorando l'espressione lacrimosa del giovane di fronte a lui.

- Kanda, controllati, non è colpa sua se non riesce a parlare. - lo rimproverò l'infermiera, accarezzando amorevolmente la testa di Lavi, il quale, incoraggiato dalle premure della donna, le sorrise prendendo di nuovo fiato.

- La... vi! - riuscì infine a dire, la soddisfazione che gli illuminava di gioia il volto pieno di lividi.

- È solo sotto shock e un po' ammaccato, ma sta benissimo. - annunciò l'infermiera con soddisfazione, lanciando un'occhiata significativa a Kanda e godendo della sua meraviglia nel sentire il giovane parlare. - Lavi è il tuo nome, vero? - un cenno affermativo del capo le disse che aveva capito bene. - Dove possiamo contattare i tuoi genitori? - chiese allora; quando Lavi scosse la testa l'infermiera capì di aver toccato un tasto dolente, e si rattristò. - Mi dispiace... Chi possiamo chiamare per avvisare che stai bene e farti venire a prendere?

Lavi si bloccò di colpo. Che doveva fare adesso? Non poteva certo dire: "Ero un gatto fino a ieri, non ho nessun posto dove andare."

Ammesso poi che riuscisse a farsi capire... Vagliò velocemente le alternative che aveva, e l'unica era mentire spudoratamente: avrebbe detto di non ricordare nulla.

- No... - iniziò, ed entrambi i suoi interlocutori lo fissarono in trepidante attesa. Si umettò le labbra, cercando di concentrarsi sulle parole da dire. - Io... no... ric... ordo... - Lavi sospirò; molto meglio, stava andando davvero bene, presto sarebbe stato in grado di parlare decentemente. Almeno sperava.

L'infermiera apparve subito turbata da quella dichiarazione e scambiò uno sguardo eloquente con Kanda, il quale si strinse nelle spalle, segnalando che nemmeno lui ne sapeva nulla di quel tipo. Appena finito di medicarlo e di piazzagli cerotti qui e là su viso e corpo, la donna aiutò Lavi a rivestirsi, quindi si rivolse a Kanda. Quest'ultimo fingeva d'interessarsi al muro accanto a sé, spostando nervosamente il peso del corpo da un piede all'altro, chiaramente ansioso.

- Kanda, se nemmeno tu sai chi sia questo ragazzo, dovremo chiamare i servizi sociali e affidarlo alle loro cure. - affermò l'infermiera, riponendo l'attrezzatura medica al suo posto.

Kanda non vedeva proprio come la cosa potesse riguardarlo, o interessarlo; annuì, girando la maniglia per uscire.

- Benissimo, allora l'affido a lei. - rispose, oltrepassando la soglia dell'infermeria. - Ora devo andare in classe, il professor Mikk mi aveva concesso solo venti minuti. - aggiunse, voltandosi appena prima di oltrepassare la soglia e richiudere la porta dietro di sé.

Lavi comprese che lo stava abbandonando, che non lo aveva riconosciuto, anzi peggio, non poteva identificarlo in nessun modo ora che era un umano come lui! Si alzò di scatto dal lettino, balzando a terra e, nonostante ancora molto incerto, si precipitò su Kanda, aggrappandosi forte a lui sia per non cadere sia per non esserne separato.

- Yuu! No! - esclamò in tono disperato, affondando il viso nei capelli del giovane e spingendolo contro la parete di fronte alla sala medicazioni nell'impeto del suo gesto.

Kanda sussultò per la sorpresa, in particolare per il fatto che Lavi avesse pronunciato il suo nome, un nome che non poteva conoscere in alcun modo. Forse... forse lo aveva letto sulla sua borsa del Kendo, non c'era altra spiegazione. Bè, avrebbe dovuto insegnargli che nessuno poteva chiamarlo per nome. Stava per rivoltarglisi contro e scrollarselo di dosso con la forza quando una voce assai familiare lo chiamò dal fondo del corridoio, facendo voltare sia lui che Lavi.

- Yuu-kun! Ti cercavo! - disse in tono gioioso il suo patrigno, appena uscito dallo studio dello psicologo della scuola. - Stai di nuovo litigando con un tuo amico?

Kanda si chiese che accidenti fosse venuto a fare nel suo liceo, non gli pareva di essersi messo in condizione di far chiamare un genitore, che motivo avevano avuto mai per convocarlo? Poi ebbe un lampo: il fottuto psicologo, certo. Quel Reever Wenham non si faceva mai gli affari suoi, cosa poteva aver raccontato al suo tutore?

- Non sto litigando; e questo qui nemmeno lo conosco. - disse Kanda in tono gelido e nonostante tutto seccato, fissando il patrigno con astio.

- Oh, signor Tiedoll. - lo salutò cordialmente l'infermiera, posando poi una mano sulla spalla di Lavi. L'uomo ricambiò il saluto, osservando il giovane dai capelli rossi con interesse, visto quanto appariva legato al suo Yuu. - Questo ragazzo ha perso la memoria, stavo per chiamare i servizi sociali, ma non vuole separarsi da suo figlio. - spiegò la donna, e Tiedoll annuì con comprensione. Kanda aggrottò le sopracciglia al suono della parola 'figlio', ma non commentò la cosa; più che altro perché sentì Lavi stringersi maggiormente a lui, e questo gli bloccò il respiro in gola. - Kanda l'ha salvato da un gruppo di ragazzacci che lo stavano picchiando, immagino sia per questo che fa riferimento a lui, dal momento che non ricorda altro.

- Ben fatto, Yuu-kun; sono molto fiero di te, figliolo. - commentò Tiedoll, posandogli una mano sulla testa con fare paterno. - Lo ospiteremo noi, signora, non chiami nessuno. Il ragazzo è già abbastanza traumatizzato così com'è. Appena ricorderà qualcosa penserò io a contattare la famiglia. - assicurò con un sorriso.

Quell'annuncio fece morire sulle labbra di Kanda la risposta tagliente che si preparava a dare, lasciandolo di sasso.

- Signor Tiedoll, è davvero un gesto nobile da parte sua, dopo che ha già accolto in casa ben tre ragazzi orfani! - esclamò ammirata l'infermiera, annuendo ripetutamente. - Dio gliene renderà certo merito!

Kanda non condivideva affatto quel punto di vista; se quell'idiota veniva a stare a casa sua non avrebbe più avuto un attimo di pace, ne era certo. Il patrigno avrebbe preteso che se ne occupasse lui, e quell'invadente gli sarebbe stato sempre appiccicato! Non fece in tempo a dar voce alle sue rimostranze che l'uomo già si accomiatava dall'infermiera, rivolgendo la sua attenzione a Lavi.

- Starai con noi finché non ti tornerà la memoria, va bene? - annunciò in tono paterno; il sorriso radioso che ricevette in risposta assieme a un cenno d'assenso gli fece considerare chiusa la questione, e Kanda roteò gli occhi incredulo. Nemmeno poteva liberarsi dell'abbraccio dell'idiota, adesso. - Come ti chiami? - chiese quindi Tiedoll con voce gentile, cosa che strappò uno sbuffo seccato a Kanda.

Lavi spostò lo sguardo dall'uno all'altro dei suoi salvatori prima di rispondere alla domanda, continuando a sorridere.

- La-vi... - riuscì a sillabare questa volta. Oh, era andata quasi bene, si congratulò con sé stesso, ascoltando come gli era riuscito di pronunciare il proprio nome. - Lavi. - ripeté con più sicurezza, porgendo una mano al suo futuro padre.

- Molto piacere. - Tiedoll la strinse con calore, dando poi al giovane una pacca sulla spalla. - Ora lascia andare Yuu, deve tornare in classe. Tu verrai a casa con me, va bene? Aspetteremo che Yuu ritorni preparando la tua stanza.

Lavi annuì e si staccò lentamente dal suo prezioso Yuu, accettando il sostegno di Tiedoll senza ribellarsi. Kanda li seguì con lo sguardo mentre si allontanavano insieme. Si sentiva spiazzato dall'immediata fiducia che quel misterioso tipo con i capelli rossi aveva concesso al suo tutore, dopo aver fatto il diavolo a quattro per non farsi separare da lui.

Scuotendo la testa sconsolato, si diresse verso l'aula in cui aveva lezione.

 

 

Appena suonata la campanella che annunciava la fine dell'ultima ora Kanda scattò in piedi. Radunò le sue cose, afferrò la cartella e uscì in fretta e furia dall'edificio scolastico, come aveva fatto dal giorno in cui il gatto rosso era scomparso. Rinnovò il suo pellegrinaggio in tutti i luoghi che li avevano visti insieme, studio del veterinario incluso e, come ogni giorno da allora, non ottenne alcun risultato. Il gatto era svanito nel nulla.

Si sedette sulla loro panchina, contemplando l'aiuola fiorita che l'animale era solito vandalizzare inseguendo farfalle e, dopo qualche istante, si prese la testa fra le mani.

Avrebbe voluto essere capace di piangere, ma non ci riusciva.

Kanda lasciò il parco a capo chino, il kimono da Kendo ancora addosso, visto che i suoi abiti normali li aveva dati a quel Lavi, e si diresse infine verso casa.

 

 

Lavi riconobbe immediatamente la casa ed entrando non poté fare a meno di soffermarsi di fronte alla stanza che sapeva essere di Yuu, tanto che Tiedoll notò il suo sguardo indugiare su quella particolare porta.

- Quella è la stanza di Yuu. So che vorresti dividerla con lui, ma Yuu non è un ragazzo troppo socievole. - disse, e posò una mano sulla spalla di Lavi, sorridendogli con fare comprensivo. - A dire la verità Yuu odia avere a che fare con la gente. Non ha molti amici, sai. Anzi a sentire lui non ne ha affatto, anche se Lenalee avrebbe da ridire su questo. - Lenalee... Lavi ricordava la ragazza, l'aveva vista con Yuu, gli era sembrata simpatica. Anche il patrigno di Yuu pareva un brav'uomo, sebbene fosse un gran chiacchierone. - Yuu è molto riservato, i suoi fratelli gli danno persino dell'asociale. - continuò Tiedoll. - Non ti permetterebbe mai di condividere la camera con lui. - Lavi annuì, ricambiandone il sorriso e dimostrando che aveva capito, così l'uomo lo condusse davanti a un'altra porta, aprendola. - Dormirai qui finché resterai in questa casa. Non hai nulla con te, è così? Gli abiti che porti sono di Yuu.

- No. - confermò Lavi con aria triste. - No. - ripeté ancora, stringendosi un braccio contro il corpo con l'altra mano.

- Domani ti procureremo dei vestiti di tuo gusto. - promise Tiedoll, arruffandogli i capelli con affetto e compiacendosi dell'espressione felice che si dipinse sul viso del giovane. - Ora prepariamo il letto, vuoi?

Lavi annuì. Il signor Tiedoll gli piaceva molto e non capiva perché Yuu invece lo considerasse insopportabile, tanto da non volerlo avere intorno più dello stretto indispensabile. Si grattò la testa con fare pensieroso cercando di dare una risposta plausibile a quel dilemma; ma, forse, come diceva il suo patrigno, per Yuu era tutto così. Chiaro e semplice.

Seguì Tiedoll in cucina, pensando di aiutarlo a preparare la cena, e questi gli presentò il fratellastro più grande di Yuu, che Lavi già sapeva essere cieco, avendolo incontrato in precedenza nella sua forma felina. Tuttavia si comportò come se l'ignorasse, lasciando che fosse lui a rivelare la propria menomazione mentre parlavano.

Qualche ora più tardi anche l'altro fratello adottivo rientrò dalla scuola; ma non Yuu. Così, apprese da Tiedoll che la ragione del ritardo era legata a un gatto, un adorabile micetto arancione che Yuu aveva salvato e curato tempo prima, sparito di casa da qualche giorno.

Lavi sapeva bene di essere lui quel gatto. Il suo cuore si spezzò venendo a conoscenza del dolore di Yuu per la sua fuga, ma non poteva farci nulla. Rivelargli che il micio scomparso altri non era che lui l'avrebbe solo fatto passare per pazzo, rovinando quello che aveva così faticosamente ottenuto a un prezzo tanto alto.

Sperò che Yuu, avendolo accanto, avrebbe dimenticato la perdita del suo alter ego felino.

   
 
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