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Autore: MrsGreyC    12/05/2013    2 recensioni
Due giovani sorelle vengono divise alla nascita a causa di un incidente. Le ragazze crescono separatamente ma arrivano entrambe al successo.Conoscere gli SHINee per motivi diversi e crescendo sperimentano l'amicizia, la fratellanza e anche l'amore.
Ma riusciranno a ritrovarsi alla fine?
(Storia che riscriverò e aggiornerò in un futuro prossimo dato che fa abbastanza schifo e risale a due anni fa. Per ora la lascio qui a contaminare l'aria (': )
MrsGreyC
Genere: Comico, Commedia, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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River flows in you


(Sheila ver.)

La mia vita stava cambiando. Pensare che dalla mia entrata alla SM, ora tutto era diverso: la mia stanza, il mio ambiente, le mie scarpe e perfino me stessa. Stavo viaggiando, ma non solo per tutto il mondo. Anche il mio animo viaggiava.
Dal primo giorno in cui potevo sentirmi un’estranea, sconosciuta a tutto il resto, ora vantavo di essere a casa, circondata da tutta la mia nuova famiglia.
Un insegnamento che credevo surreale, ora rispecchiava la mia indole artistica. Se volevo realizzare ciò che bramavo da tutta la mia vita dovevo far vale i miei sforzi.
“Se vuoi cambiare il mondo, devi partire da te stesso.”  E io ci stavo riuscendo: passo dopo passo, acceleravo in salita.
I miei capelli da un biondo ramato venivano acconciati con kili di spray, lacche e fermagli. Guardarli portavano a pensare a chiunque, ricoperti da una pellicola sottile e morbida, ma luccicante, così resistente da non spostarsi nemmeno con un monsone invernale in grado di spazzar via ogni cosa. Errore: perfino io potevo venir spazzata via, tranne i miei capelli. Potevano diventare addirittura impermeabili, rivestiti da una tuta che in realtà si dimostrava inesistente.
Erano diventati la mia armatura. Seppur l’apparenza che davano erano straordinariamente morbidi, ancora più di prima.
Quando camminavo per le strade di Seoul, potevo chiaramente vedere i capelli delle fan interamente scompigliati dal vento. I miei invece, erano immobili. Durante i periodi da dedicare agli autografi, mi ponevano un sacco di domande. Questi eventi si organizzavano solitamente all’aperto e, dunque, capitavano spesso le giornate ventose.
Ricordo chiaramente la domanda di un fan:-Non per essere invadente, ma i tuoi capelli hanno anche l’antifurto?
-Oh si, dovresti vedere! Se qualcuno mette mano, parte la canzone Attention di HyunA- e poi iniziai a rendergli più chiara l’idea cantando: -Hey hey, what you gonna do? Attention! Attention, attention ah ah attention!- il ragazzo si spaventò per un attimo, ma dopo avergli ultimato l’autografo, scoppiò a ridere assieme a me.
Con il passare delle settimane iniziavo a sentirmi un po’ spaesata perché erano molte le differenze a circondarmi. Mi divertiva la cosa ma allo stesso tempo mi lasciava perplessa.
Ad esempio, la prima volta che utilizzai il bagno, vidi una strana pelliccia rossa che rivestiva anche la parte inferiore del water, oltre a quella superiore. Pensavo, tuttavia, che prima dell’utilizzo dovessi rimuoverla, ma non ci riuscivo. Così chiamai una delle donne delle pulizie per chiedere aiuto e, quando le illustrai la situazione, scoppiò in una risata euforica, mi mise la mano sulla testa come per accarezzarmi e mi guardò come se fossi di un altro pianeta. Inizialmente mi disse: -Tranquilla, non sei la sola ad essere rimasta perplessa per la pelliccetta… è tutto normale.
Qualche secondo dopo la donna sollevò la mano dai miei capelli e mi guardò stranita: -La musichetta anche rientra nel ‘normale’?!- io annuii e a quel punto andò via confusa.
Non avrei mai immaginato questo nuovo mondo in cui stavo vivendo. Poteva presentare parti imperfette, ma nella sua imperfezione si dimostrava impeccabile. Quel mondo privilegiava la bellezza, quasi maniacale di ogni cosa.
Ritornando alla mia vita interiore, credevo di essere in grado di mostrare sempre le mie stesse capacità, le mie stesse doti, gli stessi rapporti che avevo con gli altri.
Invece iniziavano ad apparire delle sfaccettature, ma non in senso negativo. Alcune mie qualità mutavano diversamente rispetto alle altre. Tutto dipendeva da chi avevo intorno, da quello che provavo, da ciò che mi stava accadendo ogni giorno che passava. Solo aver realizzato ciò che volevo davvero dalla mia vita mi stava trasformando in qualcosa di diverso.
Ora ero più forte sia interiormente che fisicamente, sempre con la forza di rialzarmi, di non farmi abbattere. Dopotutto, cosa può buttarmi giù adesso?
La causa del mio mutamento però, non era dovuta solo al mio genio. C’era una persona che mi aveva aperto gli occhi (difatti ora camminano con le stampelle). Una persona che mi stava trasformando in qualcosa di  simile al miele. Magari un giorno avrebbero potuto utilizzarmi per il mal di gola, chi può dirlo?
 Quella persona con la sua dolcezza e la sua spontaneità mi aveva portato a capire tutto ciò di cui avevo bisogno. Tuttavia, la fiducia che riponevo in essa è cambiata: è diventata più forte e stava mutando in un legame inseparabile. Esempio: avete presente quelle zanzare enormi che quando si accoppiano, si attaccano in maniera oscena? Ecco, ora levatevi questa assurda idea dalla mente e concentratevi su una coppia di formiche che, tentando di accoppiarsi, incollano tra loro i rispettivi posteriori. No, non sto dicendo che quella persona mi sta – MODO BARBARO DI ESPRIMERE IL CONCETTO- con tutte le sue forze. Assolutamente no. Non ancora, insomma…
Ritornando al discorso serio, io stavo conoscendo un sentimento che il mio cuore non aveva mai provato: l’amore profondo verso qualcuno.
Dopo tre mesi di duro lavoro, la mia spensieratezza era improvvisamente deceduta e io sono scoppiata in lacrime. Ma lui era lì, sempre pronto a consolarmi e a starmi accanto. Inutile ammettere che gli dovevo tutto, perché ora lui era diventato il mio tutto. Da quel giorno il mio sorriso non si è mai spento.
Taemin: ormai non sapevo più come trattarlo. Dopo tutto quello che ha fatto per me, dopo quello che ho detto ‘accidentalmente’ in diretta da Star King su di lui, dopo ciò che ha fatto quando l’ho detto. Mio dio, al solo pensiero mi veniva da urlare e da piangere felice così forte da saltare per tutto l’edificio. Nana, la mia maledetta gatta, era altamente infastidita da tutto ciò e, ogni tanto, mi graffiava d’istinto le chiappe per ricordarmi che in quell’appartamento non ci abitavo solo io.
Taemin era sempre con me e, anche se fino a quel momento non avevamo mai discusso ufficialmente sulla nostra storia, stavamo sempre appiccicati.
-Sembrate due piccioni!- mi ripeteva Miharu. Meglio piccioni che zanzare/formiche. Eppure malgrado il suo pensiero, ci vedevo più lei con il suo lui in quella descrizione.
Quel giorno, io e Taemin eravamo in sala prove. Lui mi stava insegnando a ballare Michael Jackson ma io non sarei mai diventata brava come lui. Gli ripetevo sempre che amavo guardarlo ballare quel genere ma lui mi rispondeva di non esserne soddisfatto. Al suo posto non sarei mai riuscita a mantenere tutta quella modestia anche in quel campo.
All’improvviso l’atrio della sala si spalancò. Era Onew con i capelli interamente spettinati e le pantofole gialle a forma di paperelle. Probabilmente era appena tornato da un mondo parallelo e, inizialmente, pensammo fosse uscito da un film buffo per bambini. Poi capimmo che in realtà era appena stato rilasciato da un ufo giocattolo del film Toy story.
Aveva una busta bianca in mano e non faceva che urlare: -Ragazzi, non sapete cosa è successo. Non ci posso credere, non ci posso credere…
-A cosa non puoi credere? In Strambolandia non c’è il pollo fritto?- sorrise sarcastico Taemin. Onew lo guardò in modo strano ma non ci fece molto caso.
-E’ un invito! Quei due si sposano, di già!- urlò Onew con tutta la foga possibile –Cos’è Strambolandia? Hanno aperto un nuovo parco di divertimenti? Ci andiamo?- arricciò le labbra sperando nella compagnia.
-Hyung, sei ritardato!- gli urlò Taemin, ma lui non capì lo stesso e rinunciò a farlo. –Già si sposano? Oh mamma mia, non ci posso credere!- esclamai.
Iniziai a saltare per la sala e a urlare contenta. Taemin mi prese per le mani e iniziammo a saltare come bambini in tondo. Onew ci guardava perplesso. Di solito la situazione era al contrario: eravamo noi a guardare lui perplessi. Sembravamo dei canguri. Poi aggiunsi spontanea –Pensavo fossimo dei piccioni…
-Che intendi?- mi guardò Taemin.
-Ah be’… niente, scherzavo- scoppiai in una risata imbarazzata ma euforica. Forse stavo cambiando in meglio, ma dovevo ancora imparare a trattenere alcune cose.
L’invito era fissato per tre settimane dopo, in pieno Aprile, quando i fiori di ciliegio danzavano nell’aria e ricoprivano i verdi campi sottostanti creando un’atmosfera romantica e amabile.
Onew ritornò nella sua stanza, mentre io e Taemin iniziammo a giocare per la troppa gioia. Lui mi prese sulle sue braccia e iniziò a correre senza una traiettoria precisa. Voleva farmi credere che mi avrebbe lasciato cadere, così da incutermi paura. Ma la paura era l’ultima cosa a cui pensavo. Per nulla al mondo avrei lasciato quella presa così salda che premeva sui miei fianchi. Se fossimo stati formiche (ma anche no) col cavolo che mi sarei staccata da quel bel posteriore.
Mi stringeva a sé, come se fossi il suo tesoro privato, impossibile da condividere con gli altri. Come se fossi solo e unicamente sua. Ma se volevo davvero esserlo, non potevo lasciare le cose così, dovevo darmi una mossa.
Lui frenò di scatto e il suo petto andò in avanti assieme a me. Non pensavo ci sarebbe riuscito, ma la paura di separarmi da lui mi sconvolse. Quel dolce terrore, portò le mie braccia oltre il suo collo e il mio viso accanto al suo. I miei occhi si chiusero con forza e quel morbido abbraccio si strinse.
Lui si fermò e lasciò le mie gambe, ma non mi separai da lui. Il mio corpo restò nella posizione precedente, e non ero presa da un semplice principio di inerzia. Io volevo abbracciarlo così, volevo stargli appiccicata, volevo tante altre cose e pian piano iniziavo a immaginarmele.
Lui ricambiò l’abbraccio, poi mi guardò intenerito e mi baciò la guancia. Così, mi chiese di aspettarlo nella stanza degli strumenti, mezz’ora più tardi. Acconsentii e lui si congedò momentaneamente. Avevo già intuito delle possibilità in quell’incontro. Tutto traspariva da quel semplice bacio sulla guancia: c’era qualcosa su cui dovevamo parlare, chiarire e deciderne una svolta. Giuro che l’avrei spedito a Strambolandia con un calcio, se solo si fosse permesso di richiedere la mia metamorfosi in una formica.
Intanto mi andai a cambiare, e dopo aver sostituito la tuta con un vestitino bianco ricoperto da sottilissime righe color corallo, mi avviai per il luogo stabilito.
Erano passati solo venti minuti, ma lui era già lì. Erano circa le sei del pomeriggio. Il suo aspetto era completamente cambiato: ora aveva una sottile camicia bianca con i primi tre bottoni aperti. Dalla manica rialzata sulla parte superiore del braccio, riuscivo a intravedere dei forti muscoli delineati da alcune vene in rilevo. Portava i capelli leggermente arruffati e ricurvi su loro stessi. Era così attraente; avrei potuto saltargli addosso, ma non mi sarei più limitata solo ad un abbraccio. Nonostante tutto, il suo sorriso era sempre lo stesso e mi faceva sentire a casa.
Mi invitò ad entrare e socchiuse la porta. Disse che c’era una sorpresa per me, così posò dolcemente le sue mani sui miei occhi e, dietro di me, mi indicò la strada. Poi mi aiutò a sedermi e quando aprii gli occhi, mi trovavo davanti un pianoforte bianco e dipinto da raffinati disegni, con un principe seduto proprio accanto a me e pronto a utilizzare le sue belle mani per rendermi omaggio.
Posò per primo il palmo della mano destra sull’asta del piano. Allungò le sue lunghe e magre dita sui tasti. Fissò per un secondo davanti a sé, come per trovare la giusta concentrazione.
Mi guardò sorridente e poi iniziò. Dopo la seconda nota, mi ero già resa conto della melodia che si apprestava a suonare. Quella era da sempre la mia preferita, l’unica melodia che avrei potuto riconoscere ovunque e in qualunque momento. Anche lui la pensava al mio stesso modo, e il grande maestro Yiruma ne era contento.
Stava suonando River flows in you. Ed era dedicata solo a me.
Tante emozioni provai in quel momento: commozione, amorevolezza, stima, ansia, dolcezza, voglia di ricambiare, amore.
Lo guardavo con il fiato a mille. Gli occhi spalancati ad ammirare colui che superava le sette meraviglie del mondo. Per me era il più bello di tutti, di tutto. Restai incantata per diversi minuti come ipnotizzata. Portai la mia mano dietro il suo collo, intenta ad accarezzargli i morbidi capelli. Feci quel gesto senza pensarci. Lui chiuse gli occhi per un attimo sorridendo sicuro e determinato.
Dopo l’assolo, il mio cuore tremò da un caldo brivido. Poi in un’istante l’esecuzione si fermò e sentii qualcosa di morbido e caldo che sfiorava le mie labbra. La sua mano si appoggiò dolcemente sul mio braccio, e quello sguardo dal taglio a mandorla che incrociava il mio a pochissimi centimetri mi pietrificò. Non avrei mai immaginato di organizzare niente del genere. Rimasi stupita da quel gesto.
Quando le nostre labbra si separarono per un attimo, lui sorrise.
-Non dovevi interrompere un’esecuzione da sogno per me-  dissi
ricambiando il suo sorriso.
Poi il suo sguardò si intenerì ancora –Sei tu il mio sogno adesso- mi disse.
Non credevo alle mie orecchie. Non avevo mai sentito una frase così dolce e virile allo stesso tempo. Mossa dall’adrenalina del momento mi spinsi tra le sue braccia, e andai alla ricerca di un bacio appassionato. Avevo le lacrime dalla gioia –Per me è lo stesso- piagnucolai felice. Mi sfiorò le lacrime con le dita, poi mi baciò soddisfatto e contento.
Fu il nostro primo bacio. Non avrei mai più dimenticato ogni singolo particolare di quell’episodio. E tornata nella mia stanza non feci che pensarci per ore, mentre piangevo dalla gioia.
 

(Jonghyun ver.)

Quel giorno mi ero fatto coraggio. Sheila era ormai diventata il mio unico chiodo fisso. Sapevo già che lei era attratta da Taemin, ma nonostante tutto io ero in grado di farle cambiare idea. Lei doveva venire da me un giorno o l’altro. Non doveva più restare contrapposta su due versi.
Così quel giorno, decisi finalmente di parlarle. Avevo tante cose da confessarle. Il mio amore non poteva finire così.
Taemin era uno dei miei migliori amici e io non ho mai avuto niente contro di lui. Tuttavia in amore, vince chi si rivela il migliore a dimostrare i propri sentimento. Lei avrebbe scelto il più meritevole, e quello dovevo essere io ad ogni costo.
Onew mi parlò del matrimonio di Minho con la sua Miharu, e tutti all’edificio SM erano profondamente contenti per lui. Sicuramente anche Sheila era felicissima per la sua amica.
Così, la cercai a lungo per tutto l’edificio. Non riuscivo a trovarla. Era ormai tardo pomeriggio.
Nella mia ricerca pensai a lungo. Iniziai ad avere paura: l’amavo troppo per ricevere un rifiuto.
Volevo fare lunghe passeggiate con lei, andare al cinema, fare shopping per poi riportarla a casa e dirle “Ti amo”. Volevo essere ricambiato, volevo piangere felice. Non vedevo l’ora di vedere avverato questo mio dolce sogno.
Dopo aver cercato in tutte le sale, giunsi nella sala più improbabile: quella degli strumenti. Lei suonava la chitarra, ma quello era l’unico strumento che non si trovava in quella stanza. Stavo per andar via senza controllare, dato che sarebbe stato inutile in ogni caso, dato che non poteva trovarsi lì. Poi però, mi venne in mente un pensiero orribile e decisi di dare un’occhiata per sicurezza.
Mi avvicinai e sentii l’unica melodia che non avrei voluto sentire. Iniziai a spaventarmi e a pensare a numerose possibilità.
Conoscevo quel tocco, quel suono. Era Taemin che suonava il piano. Non avrei mai voluto guardare, avevo troppa paura che la mia amata si trovasse proprio lì. Restai lì impalato per qualche minuto, poi la melodia si fermò d’improvviso. Spinto dalla curiosità mi affacciai in quella piccola fessura. Vidi la cosa più terribile che potesse capitarmi.
Lei era lì, accanto al mio migliore amico. Lui la abbracciava e la baciava, lei era così felice da non trattenere l’emozione.
In amore vince la legge del più forte così come nel mondo. E il più forte, stavolta, non ero io. Assistii a tutta la scena: la melodia, il bacio, la dichiarazione…
Avevo il cuore ormai spezzato. Così mi voltai e mi appoggiai alla porta, piangendo come non avevo mai pianto. Ero così triste di aver perso la mia bella, che non credevo mi sarei nuovamente innamorato. Avevo però giurato in precedenza che, se fosse successo ciò, non le avrei negato la mia amicizia né la mia disponibilità. Quindi ora non mi restava che farmi coraggio e ricominciare da capo.
Guardarli così era per me la sconfitta più grande. In fondo ho sempre saputo di non essere io il prescelto, ma non l’ho mai ammesso a me stesso. Ero troppo orgoglioso per farlo.
 
 
(Miharu ver.)

Dopo sei capitoli di lunghe attese, ora ascolterete finalmente me e le mie demenziali lagne.
Mi presento, sono Miharu, un povero fornetto a microonde che presto sposerà un enorme forno per la pizza. Che dire: si è innamorato dei miei messaggi attaccati su me stessa con magneti a forma di cuoricino, della mia estetica così laccata e luminosa, della mia capacità massima in qualità d’ impianto…
Okay ora smetto subito di sparare idiozie.
Come stavo dicendo, sono sempre stata una misera fan degli SHINee e da anni ero innamorata di uno di loro. Ovviamente ero ben consapevole del fatto che non sarei mai riuscita a incontrarli. Ma la mia determinazione, anzi ossessione, prevalse. Così mi trasferii a Seoul al fine di incontrarli.
Lasciai in Inghilterra, il mio paese d’origine, mio fratello e la mia migliore amica Sheila e poi partii. Continuai a sentirli lo stesso anche se niente era più come prima.
Tentai per diversi mesi di incontrare gli SHINee, di incontrare il mio Minho e di soddisfare il mio pietoso amore. Ma era stato tutto invano. Io non li avrei mai incontrati. Così dopo un anno perso a vuoto a Seoul, decisi di ritornare a casa.  
Quel giorno, prima di partire feci un ultimo giro per le strade coreane. Era un paese così bello, ma non faceva per una come me… Un misero fornetto inglese non c’entrava niente con tutto quel ben di Dio.
Andai in un piccolo laghetto artificiale in Pusan. Non avevo molta fame, così restai tutto il tempo su quel ponte, a pensare afflitta al futuro che non riuscivo a vedere.
Era un posto molto isolato, non era particolarmente ricco di attrazioni, ma rimaneva tranquillo. Perciò non era frequentato da quasi nessuno ed era il posto in cui sicuramente non avrei mai incontrato i miei idoli, il mio amore (né avrei mai sperimentato del sano sesso con lui, ma sorvoliamo).
Mentre ero immersa nei miei pensieri, scoppiai improvvisamente in lacrime, senza nemmeno accorgermene.
Quelle poche persone anziane che stavano sedute sulle panchine, era come se non ci fossero per me. Non sentivo più nulla: né gli uccellini cantare, né le basse acque cristalline sfiorare il ponticello.
Sentivo solo delle voci che mi dicevano di arrendermi, di sprofondare, di farmi rottamare perché tanto quello non sarebbe mai stato il mio vero mondo.
Le lacrime non accennavano a fermarsi, e per un attimo smisi anche di pensare. Mi accasciai sulla ringhiera del piccolo ponte di legno, ripiegandomi su me stessa.
Quando a un tratto, delle mani calde mi presero per i fianchi. Mi girai di scatto e spaventata, pensai fosse un vecchio maniaco. Invece non era così.
Era un tizio piuttosto buffo: aveva i capelli lunghi e di un castano scuro, legati in un codino. Portava un cappello con la visiera e degli enormi occhiali neri da vista. Aveva uno sguardo un po’ camuffato dagli occhiali, ma ebbi un lieve impressione di aver già visto quel viso.
-Posso permettermi di chiederti il motivo di queste lacrime?- disse lui.
-Non è niente di importante- risposi. –Tu chi sei?-
A quella domanda passarono diversi minuti prima di ricevere una risposta. Il ragazzo a me davanti, abbassò lo sguardo e dopo un po’ rispose: -Sono solo un mediocre ventunenne a spasso-
Rimasi colpita dalla risposta, mi asciugai le lacrime, e incuriosita chiesi:
-Come ti chiami?-  quel buffo ragazzo balbettò un attimo, poi mi disse: -Io sono Superman e, modestamente, nemmeno l’ametista mi intimorisce- scoppiò in una lieve risata e io insieme a lui. –Ma non era criptonite?! Comunque se sei Superman, adesso ti alzerai in volo e mi porterai a fare un giro nel cielo?- Lui sorrise e alzò lo sguardo dicendo: -Chiedo venia signorina! Ma al momento le mie forze mi hanno abbandonato ed è per questo che ora sono solo un mediocre ventunenne a spasso!
-E menomale che nemmeno ‘l’ametista’ ti spaventa!- Grazie a quel simpatico idiota avevo ripreso il sorriso e probabilmente la mia partenza si sarebbe rivelata più gioiosa.
Quel giorno lo passai insieme a quel ragazzo senza scoprirne l’identità. Gli rivelai il mio nome, ma lui non ricambiò. Sembrava molto preso dalla mia persona europea. E restammo insieme fino a tarda notte. Continuammo a parlare e a scherzare per tre lunghi giorni, che in realtà si rivelarono ben più brevi di quanto immaginassi.
Il quarto giorno, però, avrei dovuto lasciare il paese, e recarmi nella mia patria. Anche quella mattina rimasi con quel bellissimo sconosciuto, ma quando gli accennai la mia partenza, qualcosa cambiò. Aspettai apposta a dirglielo, proprio per non renderlo triste o forse, nostalgico. Sembrava essersi molto attaccato a me e viceversa.
Quella sera mi accompagnò in aeroporto. Rimase accanto a me tutto il tempo, però sembrava essere alquanto depresso per la mia partenza. Era stata una bella e divertente avventura. Ormai dovevo andare.
Lo salutai calorosamente e gli lasciai il mio recapito telefonico. Poi gli voltai le spalle e mi avviai per l’uscita dell’aereo su cui dovevo salire.
Dopo aver percorso circa sei metri, lui mi corse incontro dicendo: -Non andare via. So di non aver il diritto di fermarti, né di provare qualcosa. Solo, non andare via, devo dirti tutta la verità e confessarti cosa ho provato in questi giorni- rimasi senza parole dal gesto.  Pensai di essere stata solo presa in giro, ma poi presi quella frase in senso positivo. Così mi voltai –Allora dimmi, chi sei tu?-
-Probabilmente non mi crederesti mai, ma per verità intendo tutta la verità- avevo parlato con quel ragazzo della mia passione per gli SHINee e della mia determinazione verso il mio amore non trovato fino a rendermi ridicola. Lui sapeva tutto ciò che pensavo di Minho, quello che mi piaceva e quello che ammiravo. Eppure durante i miei discorsi su Minho, lui mi ripeteva: “Pensi che sia davvero ciò che dimostra?” non capendone mai il significato.
-Non arrabbiarti. Sono quello che tu credi perfetto, il migliore, una star in carriera. Ma in realtà io non sono come mi descrivi, non sono niente di tutto questo… Io sono Minho- si tolse il cappello, gli occhiali. Mi guardò. Io rimasi sconvolta, i miei occhi si dilatarono a mille.
-Perdonami se non te l’ho detto dall’inizio, ma comprendimi, non avrei potuto rivelare la mia identità a chiunque. E cosa importante: in questi giorni sono stato bene come non lo sono mai stato. Tutto grazie a te, Miharu- a quelle parole sorrisi e scossi il capo come per avvisarlo di non preoccuparsi. La mia espressione accennava vergogna e un po’ di imbarazzo. Insomma, il mio amore perduto mi era stato accanto per quattro lunghi giorni e io non ero stata in grado di riconoscerlo?
-Allora, fammi capire bene: tu mi stai dicendo di essere proprio ‘quel’ Minho?- lui annuì. –Oh, benvenuto nel florido mondo di Miharu. Divertiti- sorrise divertito, poimi abbracciò. Restammo così per tanto tempo senza prestare attenzione al resto.
Quando mi allontanai da lui, il mio aereo era già partito da mezz’ora, ed io ero ancora lì, assieme al mio lui. Scorrevano fiumi di lacrime sul mio viso. Erano lacrime di gioia, le stesse che tralasciavano gli otaku dopo aver visto l’ultimo episodio di una serie di 947590692174859381717184927 puntate.
Magari la fortuna avrebbe iniziato a sorridermi?
E infatti fu così, con il passare del tempo il nostro legame crebbe e dopo un mese di amicizia, diventammo qualcosa di più. Eravamo innamorati: io da tantissimo ma ebbi l’occasione di trasformare quell’amore nel suo doppio, invece lui raggiunse quel doppio in così poco tempo.
Ed ora, eccoci qui. Ci stavamo per sposare. Mancavano solo due settimane. L’agitazione cresceva in me, così come l’ansia. Ma anche la gioia. Pensare a tutto ciò che stavo diventando, tutti i preparativi da effettuare: le bomboniere, la chiesa, la festa, i menù, il ristorante…
Ma parliamo della torta: avevamo optato al posto dei classici sposini in cima, a un fornetto a microonde e a un forno in abiti nuziali. Dopotutto la storia li richiedeva.
Invece per quanto riguardava i vestiti da sposi, Minho aveva già deciso. Io invece, ero in leggero ritardo. Esatto: mancavano meno di due settimane e io stavo ancora a zero.
Ebbene signori lettori, il mio vestito non era ancora pronto, dato che nemmeno io ero pienamente convinta della sua estetica. Insomma, era il mio matrimonio con Minho. Non potevo indossare un abito non adatto. Avevo optato per il classico abito bianco. Inizialmente lo scollo era chiuso, ma siccome dall’inizio non mi aveva convinto, ho costretto le sarte ad apportare una modifica, rendendolo interamente di merletto. In questo modo, seppur coperto mostrava una bella scollatura, un po’ eccessiva, ma sexy.
All’attaccatura del corpetto con la parte di merletto, vi era una striscia di piccoli fiorellini bianchi. Il corpetto era decisamente stretto e aveva delle leggere striature che partivano dalla parte superiore per poi incrociarsi e scontrarsi tra loro, fino a finire all’inizio della gonna. L’inizio della gonna era la parte che non mi convinceva: aveva lo strato inferiore bianco e rivestito interamente da ricami. Al di sopra c’erano dei veli arricciati. Tuttavia in vita, dove avveniva il distacco tra il corpetto e la gonna mancava qualcosa. Ma cosa? Non riuscivo a farmi venire in mente niente di decente. Per questo i giorni passavano senza effettuare cambiamenti.
A un tratto mi venne un lampo di genio:- Ese facessi mettere un fiore su un lato tempestato di diamanti?
-Ma signorina, non crede che il prezzo potrebbe rivelarsi eccessivo?- guardai la sarta pensierosa, poi mi incantai verso la finestra sconsolata. La sarta prese ago e filo e si sedette con l’abito in mano. –Dimenticavo che non sono io a sposare un ragazzo perfetto… Insomma Minho è bello, di talento, famoso e… ricco…-
Non avevo mai concretamente pensato a questo, eppure mi resi conto che non era proprio in torto. –Ottima osservazione Margot, lo stavo dimenticando anch’io- anche se non sposavo Minho per tutte quelle qualità. Lo sposavo perché era l’unico che solamente standomi dinanzi riusciva a diventare l’unico soggetto del mio panorama. Era il forno più soddisfacente e innovativo che avessi mai visto.
Era solo questione di tempo e ben presto avrei potuto affermare di essere il mediocre fornetto con calamite più fortunato di questo mondo.
  
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