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Autore: clatomeanslove    13/05/2013    8 recensioni
cari fan di thg, questa ff parlerà della 'ipotizzabile' storia d'amore tra clove e cato, i due tributi del 74esimi del distretto due.
non ho idea di cosa far succedere, scriverò un capito alla volta.
spero vi piaccia, ricensite.uu
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cato, Clove, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Io son Clove.
Sono nata nel distretto due.
Ho 15 anni.
Sono innamorata di un ragazzo che conosco da quando sono nata.
Si chiama Cato.
Volevo offrirmi volontaria per gli Hunger Games.
Ma poi ho scoperto che anche lui mi amava.
Così ho deciso di restare nel distretto due e rinunciare alla gloria.
Ma mi hanno estratta.
E ora sono qui.
Sono sul treno.
Sto andando nell'arena.
Con lui.
Con Cato.
 
Quando mi sveglio, l'altro lato del letto è freddo. In realtà lo è sempre stato, ma vengo sopraffatta da questa terribile sensazione. Mi sento sola, veramente sola.
Mi passo una mano sul viso e realizzo di aver passato tutta la notte facendo incubi e piangendo.
Ma perchè piango? Io non piango. È colpa di Cato, prima di conoscerlo non ero così debole, così piccola e vulnerabile.. se ora arrivasse un favorito mi ucciderebbe anche a mani nude.
Ma che cazzo dico? Io sono un favorito.
Sto impazzendo.
Mi butto giù dal letto, praticamente rotolando, e mi trovo accovacciata a terra, con la testa contro il pavimento.
“Solo una persona farà il percorso inverso e quella sarai tu.”
Ricomincio a piangere come una bambina, e capisco che non sto piangendo solo per Cato.
Sto piangendo per tutto, per tutte quelle cose che in 15 anni si sono accumulate dentro di me.
La morte di mia madre, l'abbandono di mio padre, l'odio, la rabbia, le ingiustizie, la sete di vendetta, il dolore, gli hunger games, la morte, i tributi, la mietitura, l'estrazione.. perchè? Perchè ora? Perchè proprio quando dovrei essere più forte mi ritrovo sdraiata sul pavimento a piangere?
Per la prima volta sento il peso di tutti i miei errori gravarmi sul petto.
Mi sento piccola, e tutto quel dolore è troppo pesante, e sento la mia gabbia toracica schiacciarsi sempre di più, comprimersi, esplodere..
Mi sento come sull'orlo di un precipizio e ho voglia di cadere. Solo lì, in piedi, e sto allungando il piede. Mi vedo, come se ci fosse qualcuno affianco a me e mi guardassi con i suoi occhi. Sembro una bambina spaventata, spaesata, persa, mentre allungo il piede verso il vuoto. Gli occhi sono rossi ma non si vedono le lacrime. I capelli sono mossi dal vento e le lentiggini risaltano sulla pelle bianca. Sembro un fantasma. Sto per cadere, quando sotto, nel vuoto, si accende una luce. Strizzo gli occhi e cerco di mettere a fuoco. C'è un salotto, con un divano rosso. C'è una donna su quel divano e sta leggendo un libro. Alza lo sguardo e mi vede. Sorride. È quel tipo di sorriso contagioso, come quello di Cato. Mi viene voglia di sorriderle, ma mi viene da piangere, così mi trattengo. La donna si rimette a leggere il libro, come se si fosse dimenticata di me. La porta dietro di lei si apre, lentamente. Lei non se ne accorge. Chi è? Chi sta entrando? Non capisco. Non vedo. Mi sporgo un po' di più ma non riesco a capire. So solo che sta stringendo un coltello. Chi è? Perchè vuole fare del male a quella donna? Comincio a gridare, le dico di correre, di scappare, di andarsene, ma non mi sente. Continua a leggere il libro e la persona che è entrata continua ad avvicinarsi a lei. Mi sporgo, gridando, lei sta alzando la testa, ma io perdo l'equilibrio e cado, proprio mentre la persona dietro di lei la pugnala.
 
 
Mi ritrovo sul pavimento in una posizione strana. Mi snodo e mi metto seduta con la schiena contro il letto. Mi tocco il viso e non c'è traccia di lacrime. Corro in bagno. Gli occhi non sono né rossi né gonfi. Non ho pianto. Sospiro. Infondo sono felice, vuol dire che non sono così vulnerabile. Mi infilo nella doccia, mi lavo e mi asciugo i capelli, e mi avvicino all'armadio. Realizzo con orrore che quello non è il mio armadio e che quelli non sono i miei vestiti. Roteo gli occhi e sfilo una maglietta nera e dei pantaloni blu. Li indosso e vado nella carrozza ristorante. Cato e il mentore sono già seduti, quest'ultimo mangia, ma Cato si sta rigirando tra le mani uno stuzzicadenti. Nessuno parla, così mi schiarisco la voce, facendo notare il mio arrivo. Lo stuzzicadenti in mano di Cato si rompe. Lui gira subito la testa e fa finta che io non sia mai arrivata.
Poco male, capisco come si sente. Realizzo che l'unico posto libero è affianco a lui, così mi accomodo e comincio a mangiare. Com'è che si chiamava il mentore? Jack? Jimmy? John? Josh? Boh, ma poco importa. L'unica cosa importante è che lui si ricordi il mio nome, sopratutto quando sono nell'arena.
«Siete di molte parole. Ne sono felice.»
«Umh.» sorride.
«Allora, Cato e Clove, giusto? Posso chiamarvi C al quadrato?» Ride, ma quando realizza che nessun altro ha trovato quell'orrenda battuta divertente smette.
«Va bene, ho capito. Vi dirò solo le cose importanti. Tra meno di due ore arriveremo a Capitol City, lì vi affideremo ai vostri preparatori, voi siete del due, quindi non dovrebbero esserci problemi. Subito dopo vi mostreranno i vostri abiti per la sfilata, sfilerete e poi a letto. Domani abbiamo il primo giorno di allenamenti. Tutto chiaro?»
«A che ora la cena?»
Non posso fare a meno di sorridere. Cato, arena o no, sarà sempre lo stesso. Mi giro, e noto che mi sta guardando. Gli sorrido e lui rimanda. Da sotto il tavolo mi prende la mano e non posso fare a meno di stringerla.
Vorrei dirgli 'ehi, sono qui, ci sono io per te', ma più di questo, non posso fare nulla. Potrò mostrargli il mio amore solo una volta entrati nell'arena. Solo allora.
 
Ah, quindi è questa Capitol City.
Tutta colorata, grande, esagerata.. Capitol City, la città del “troppo”.
Troppe persone, troppo trucco, troppi fronzoli, troppo cibo, troppo spreco, troppo odio, troppa cattiveria, troppo.. troppo tutto.
Mi fanno così schifo quelli di Capitol City. Sono persone orribili, che si divertono a guardarci ammazzare tra di noi, e noi, come deficienti, passiamo la nostra vita preparandoci per questo. Oh, io senza dubbio sono stata la più deficiente. Volevo pure andare volontaria.
Senza dubbio Cato ha distrutto la vecchia me, non c'è più la vecchia Clove, la macchina dei coltelli. La macchina per uccidere.
Ora c'è la nuova Clove, che ha paura. Ma non paura di morire, questo mai. La morte è solo un modo diverso per dire fine, e la fine è una bella cosa. La fine della sofferenza, la fine del dolore, la fine di qualcosa, in questo caso della vita.
Per ora non avevo mai pensato a come sarei voluta morire, ma morire per salvare Cato.. mi andrà più che bene. Sarà la morte migliore che avrei mai potuto desiderare.
Mi giro verso di lui e noto che sta guardando fuori dal finestrino con aria triste.
Mi avvicino e gli prendo la mano, controllando che nessuno ci stia guardando.
«Ehi, stai bene?»
«Mh. Tu?»
«No. Ma almeno non sono sola.»
«Sarò con te fino alla fine.»
«Fino alla fine.» Mi stringe la mano più forte e capisco che con lui non sarò mai più sola. Mai più. Per questo so che non posso tornare a casa senza di lui. Preferisco morire. Non avrei più un motivo per vivere una volta tornata a casa.
Ma lui si. Lui è così forte.. proprio come lo era la vecchia Clove. Voglio dargli un'ultima possibilità. Voglio che torni a casa e viva la sua vita.
Sfilo la mano dalla sua e mi avvicino al finestrino. Vi ucciderò, vi ucciderò tutti. Uno dopo l'altro. E sarà spettacolare. Quasi meglio degli Hunger Games.
Lo guardo, un'ultima volta, mentre fissa malinconico Capitol City. E giuro che sarà l'ultima volta che lo vedrò così. Sospiro e vado a preparare le mie cose.
Il letto è ancora tutto sfatto, e i vestiti sono sparsi sul pavimento. Raccolgo il mio vestito della mietitura e lo stringo. In quel momento mi viene di nuovo in mente ciò che era accaduto la mattina. La donna.. chi era quella donna? E perchè l'ho vista solo ora? Chi è che l'ha uccisa? E sopratutto, perchè l'ha uccisa? Sembrava una persona così buona, così dolce, così pura.. chi può essere stato così cattivo da volerla morta? Non riuscivo più a respirare. Perchè? E perchè l'avevo vista? Chi era? Che collegamento aveva con me? Sento un peso sul petto e poggio la schiena sul letto. Che cosa vuol dire? Sento gli occhi cominciare a pizzicare e realizzo che è il secondo crollo emotivo nel giro di troppo poco tempo.
In cosa mi stanno trasformando questi giochi? Ho sempre saputo che i giochi cambiavano tutti, ma non così. Noi siamo bambini che si devono comportare da soldati.
 
Everybody is waiting
Everybody is watching
Even when you're sleeping
Keep your eyes open
 
Ma io non mollerò. Non ora che ho qualcosa per cui lottare.
 
Everybody is waiting for you to breakdown
Everybody is watching to see the fallout
And Even when you're sleeping,
Keep your eyes open
 
Dolore. Ogni ferita crea una cicatrice. Perchè? Me lo sono sempre chiesto.
Una cicatrice ogni volta che mi faccio male. La cicatrice resta lì e mi guarda. 'Ehi, ti ricordi di me? Ti ricordi quanto hai sofferto per me?' Resta lì per ricordarmelo. Ma non ne voglio un'altra.
Mi guardo le mani. Completamente rovinate, coperte dai calli e dalle cicatrici. La bellezza di tirare i coltelli. Mi soffermo su ogni cicatrice e cerco di ricordarmi ogni sua storia.
Una me la sono fatta proprio quando ero con Cato. Avrò avuto sì e no 10 anni, avevo ricevuto da poco il mio primo vero coltello e giravo per il campo di addestramento molto orgogliosa.
«Ehi Clove, guarda che se continui a girartelo tra le mani si consuma!» disse accompagnato da quelle solite risatine sprezzanti dei suoi amici.
«Ma se te lo conficco in testa no, poi devo solo pulirlo.»
«Siamo di buon umore vedo! Tanto non sai fare male a nessuno, tornatene a torturare le lucertole!»
uno dei miei tanti attacchi di rabbia. Uno normale, solo un po' meno innocente.
Mi sono alzata di scatto e mi sono buttata addosso a lui con il coltello. Non mi sono mossa a caso, ma sistematicamente, infatti, benchè fosse due volte più alto di me, dopo trenta secondi l'avevo immobilizzato, con un coltello alla gola. Il mio coltello. Quello di cui andavo tanto fiera.
«Ultimo desiderio prima di morire?»
«Sarò io ad ucciderti, non il contrario.» e, nonostante l'avessi immobilizzato, riuscì a divincolarsi e ci trovammo con le postazioni invertite. Io la vittima, lui il cacciatore.
«Vuoi ancora comandare, piccola?»
«Brucerai all'inferno!» cercai di sfilargli il mio coltello dalle mani, ma tutto ciò che riuscii ad ottenere fu una mano sanguinante e un dito mezzo mozzato. Ecco perchè odiavo Cato. Perchè era riuscito a vincere già una volta.
Ecco perchè mi ero promessa di vincerli questi hunger games. Per dimostrare che ero più forte di lui, più determinata.
 
Ma come fai a scegliere ora? Come fai a decidere tra la tua vita e quella dell'unica persona che ti abbia mai amato?



SPAZIO AUTRICE.

ehi belli edrvgyuh. allora, come ho promesso a tutti, ecco qui il 4 capitolo, calcolando che non continuavo da mesi lol.
comunque, ora sono decisa a continuare e a finirla. GIURO.
com'è? se volete lasciate una recensione, e se qualcuno vuole lasciarmi una sua storia da leggere mi mandi pure un messaggio, leggo volentieri.
questo capitolo lo dedico a laura, perchè non le frega nulla dei clato o di hunger games, ma è stata costretta (dalla sottoscritta) a leggerla.
un bacio.
  
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