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Autore: Trick    14/05/2013    3 recensioni
«Siete un uomo spregevole...».
Petyr inarcò un sopracciglio e storse le labbra in un sogghigno divertito.
«È per questo che mi hai tradito?» ridacchiò brevemente. «Perché sono un uomo spregevole? Oh, Ros, mia cara... da te mi sarei aspettato qualcosa di più originale».

Missing Moment nato dalla puntata 03x06, "The Climb".
Genere: Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Petyr Baelish, Ros
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Questa one-shot vorrebbe essere una Missing Moment della 03x06, The Climb. Da morbosa fan di Petyr Baelish, il suo monologo finale mi ha praticamente sciolto d'amore. Sì, io mi sciolgo d'amore per Littlefinger e le scene agghiaccianti e splatter, che posso farci?
Velatissimi accenni Petyr/Sansa – perché è cosa giusta e meravigliosa – ma decisamente one-sided.
Il titolo è preso dal monologo di Petyr.

*
Until it's too late

Il sapore dolciastro del vino che scendeva lungo la gola era inebriante.
Petyr lo sorseggiava lentamente da un costoso calice d'oro, passandosi la lingua sulle labbra sottili per godersi ancora di più quella raffinatezza da lord. Amava i piaceri che costavano – e con il trascorrere del tempo aveva scoperto che ciò che più costava più recava piacere.
Davanti a chi riteneva la ricerca del piacere una strada fatta di gusti personali, Petyr sogghignava appena sotto i baffi. Non c'era alcuna soggettività nell'estasi: c'erano solo i denari con cui comprarla e una folla di sciocchi che non potevano permettersela.
Una volta anche lui aveva creduto che i desideri andassero oltre la mera economia, e a ricordargli di non commettere ancora quell'errore gli era rimasta una lunga cicatrice. Attraversava interamente il suo torso magro dalla scapola al fianco, proprio dove la lama di Brandon Stark era affondata nella carne e aveva rigirato in profondità nel suo orgoglio. La contemplava spesso. La sfiorava con i polpastrelli, ne seguiva la linea scabra e tentava di soffocare l'immagine degli occhi di Catelyn accesi dalla pietà.
Pietà.
Non affetto, non dedizione, non amore... solo una miserevole luce pietosa che brillava sul volto della giovane di cui era sempre stato innamorato.
I ragazzini sono così prevedibili” si diceva in quei momenti. “E io non lo ero certo meno di loro”.
Se solo all'epoca non fosse stato il piccolo lord minore delle Dita, se fosse stato grande, la storia avrebbe visto un seguito ben differente. Ma il glorioso signore del Nord era Stark, non Petyr Baelish – il ragazzino che non avrebbe mai dovuto essere tanto avventato da scommettere su se stesso.
Eppure, Brandon giaceva sotto le pietre gelide di ciò che restava di Grande Inverno; il suo orgoglioso Nord aveva perduto la testa nel medesimo istante in cui l'aveva perduta Ned Stark; l'eroico Robb vinceva ogni battaglia senza poter vincere la guerra e Catelyn... povera, bellissima Catelyn. Niente più di un fiore sciupato da troppe scelte sbagliate.
Chissà se Sansa avrebbe commesso gli stessi errori della madre. Petyr lo dubitava: Catelyn era una Tully nata per essere una Stark, mentre Sansa... Sansa era una Stark nata per essere molto di più.
Scrutò il contenuto sanguigno del calice. L'angolo sinistro della sua bocca si sollevò in un vago sorriso di scherno. “Rosso. Come il riflesso del sole di Approdo del Re fra i capelli di Sansa. Come le sue labbra da ragazzina o le gote accese dal timido pudore giovanile”.
Aveva avuto un debole per le donne dalle chiome ramate fin dalla più tenera età. Meravigliose e apparentemente inarrivabili... ma anche loro avevano un prezzo. Ogni cosa aveva un prezzo.
Il prezzo per Catelyn si era rivelato più alto di quanto avrebbe potuto permettersi. Dopo quel fallimento aveva scoperto il modo di comprarne molte altre, ma nessuna di loro si era rivelata inarrivabile quando la lady di Grande Inverno – né altrettanto meravigliosa. Qualcuna si era mostrata più docile, qualcuna più voluttuosa, qualcuna perfino più preziosa... e qualcuna più sciocca.
«Desiderate altro, mio Lord?».
Petyr appoggiò il calice al tavolino accanto al comodo divano di cuscini e sollevò lo sguardo sulla giovane donna in piedi davanti a lui.
La bellezza era la più innegabile virtù di Ros. I riccioli rossi le incorniciavano il volto aggraziato e scivolavano sulle sue spalle nude, sfiorando la spilla dorata che stringeva l'elegante veste di seta celeste. Prima di piazzarla nel più rinomato dei propri bordelli, Petyr non aveva mai dato molta importanza alle donne del Nord. Il freddo rendeva la loro pelle poco piacevole al tatto e la loro lingua gelida e immobile quanto i ghiacci della Barriera: pessime condizioni per prostitute ricercate quanto quelle di cui lui faceva vanto. Ros si era rivelata una sorpresa particolarmente piacevole. E quando gli occhi di Petyr si erano posati su Sansa Stark... oh, i fiori nati dalla terra arida erano davvero i più incredibili.
«Bevi con me, Ros, mia cara» propose con tono accomodante. Le indicò brevemente di prendere un altro calice. «Oggi brindiamo».
La vide deglutire appena, ma le sue labbra carnose gli rivolsero un largo sorriso affabile. Avvicinò il volto al vino con incredibile lentezza e lo tenne immobile davanti al naso per un secondo quasi impercettibile. Petyr trattenne una risata.
Mia cara, credi davvero potrei mai avvelenarti?”.
«A cosa brindiamo, mio Lord?».
«Alla vita. Ai suoi piaceri. Agli amici». Sollevò appena il calice e fece una smorfia ironica. «Ma soprattutto ai nemici, Ros... a chi più di tutti vuole vederci fallire. Avevi dei nemici a Grande Inverno?».
«Le prostitute non hanno mai nemici, mio Lord. Solo amici che le pagano».
«Oh, talvolta la differenza fra di loro è molto sottile. Ti scivolano fra le dita, ti girano attorno e ti colpiscono alle spalle».
«I nemici o gli amici?».
Petyr sogghignò.
«Entrambi». Si alzò in piedi e si diresse a passi misurati verso l'ampia finestra che si affacciava sul giardino interno del bordello. «Ti ho mai raccontato della mia terra natale, Ros?».
«No, mio Lord».
«Le Dita. Una misera dimora arrampicata sulle scogliere a est di Nido dell'Aquila. Rocce dimenticate dalla corona che non hanno mai generato che sterpaglie e colture di inutile polvere. Io ne sono l'unico erede. L'erede di niente».
«Mio Lord...» s'intromise con voce flautata Ros. «Ora possedete Harrenhal».
«Un castello altrettanto polveroso e inutile». Si voltò per concederle un sorriso vago. «Mio padre mi mandò a istruirmi a Delta delle Acque. Ero lo scudiero di Edmure Tully... un piccolo idiota a modo suo simpatico, ma pur sempre un Tully. L'idiozia scorre nelle loro teste quanto l'acqua nei loro fiumi». Sfiorò distrattamente il vetro, mentre un garzone scalzo entrava dal portone con una grossa cesta di frutta fresca fa le braccia robuste. «Ma di certo lo saprai meglio di me. Tu vieni da Grande Inverno: in tutti i Sette Regni non credo sia mai esistita una famiglia più stolta e meno avveduta degli Stark».
«Ned Stark era un uomo onesto e leale, mio Lord».
Petyr le rivolse una blanda occhiata in tralice.
«E se non lo fosse stato, ora sarebbe ancora fra le mura gelide del suo castello con una testa sul collo. Onesta e lealtà sono pregi sopravvalutati, non trovi?». Si concesse una breve pausa, godendosi il lampo di confuso timore che si era acceso sul volto di Ros. «L'onestà non è altro che una pancia piena che può permettersi il lusso di declinare un'offerta altrimenti vantaggiosa. Un uomo affamato non ha onestà: ha solo fame. E la fame ha un prezzo ben preciso, naturalmente».
Ros si umettò nervosa le labbra, sforzandosi di non distogliere lo sguardo dalla schiena di Petyr. I palmi delle sue mani avevano iniziato a sudare. L'uomo si voltò e le rivolse un sorriso amabile.
«E la lealtà?» riprese con un sopracciglio inarcato. «Cos'è la lealtà, Ros?».
«I-io... io non lo so, mio Lord. Sono solo una prostituta».
«Esattamente. La lealtà è una prostituta. La più costosa e volubile fra tutte». Girò attorno alla sedia sulla quale sedeva Ros e le sfiorò appena le spalle. La sentì tremare sotto al suo tocco. «La più effimera». Le sua dita si conficcarono con forza nella sua pelle candida. «La più pericolosa».
«Mio Lord, io...».
«Qual è stato il prezzo della tua lealtà, mia cara?».
Ros scattò in piedi con un balzo agile, ma Petyr si rivelò più rapido e forte: le strinse con rudezza la nuca e la sbatté duramente contro la scrivania, schiacciandole la guancia contro il legno di mogano. Le sue unghie si piantarono nel suo collo. La giovane tentò di liberarsi, si divincolò con tutte le proprie forze e cercò di colpirlo con qualunque parte del proprio corpo, ma quando avvertì la gelida lama di un coltello appoggiarsi alla gola, ogni sua resistenza parve dissolversi nel nulla. Si morse il labbro e serrò con forza le palpebre mentre gli occhi iniziavano a bruciare di lacrime di terrore.
«Qual è stato il prezzo della tua lealtà, Ros?».
La voce di Petyr non era che un sussurro appena udibile, ma fendette l'aria come l'ascia di un boia.
«M-mio Lord, io...».
«Qual è stato il tuo prezzo?».
Ros non riusciva più a trattenere il pianto. Petyr continuò a fissare il suo volto pallido con espressione imperscrutabile, mentre la lama scivolava sulla sua pelle candida con crescente insistenza. La spinse con più decisione, strappando alla ragazza uno strillo acuto. Un piccolo rigolo di sangue scivolò dalla ferita aperta fino alla clavicola.
«Di certo quel maledetto eunuco non ti ha fottuta» la schernì con una risatina priva di allegria. «Cosa mai può averti promesso che io non potevo offrirti? Non ha denari, non ha titoli, non ha terre... non ha nemmeno l'uccello, per la grazia degli Dèi».
La lasciò andare con un gesto seccato e si accomodò placidamente sulla sedia, rigirando il manico del corto pugnale fra le dita. Ros si lasciò scivolare con le ginocchia sul pavimento e si strinse la mano al lato sinistro del collo, laddove la lama aveva lasciato un profondo taglio sanguinante. Alzò appena il capo su di lui, guardandolo attraverso i riccioli rossi con espressione atterrita.
«M-mio Lord...».
«Chiamami un'altra volta “mio Lord” e il tuo prossimo cliente sarà questo pugnale» la ammonì impietoso. Poi scosse il capo e si massaggiò stanco la tempia destra. «Oh, Ros... perché mi dai questo dolore? Ti ho presa quando non eri che una misera ragazza del Nord abbandonata per le strade di Approdo del Re e ti ho ricoperta di sete e gioielli. Una come te dovrebbe forse pretendere di più? Dimmi, Ros: dovresti pretendere di più?».
Il silenzio della ragazza lo irritò improvvisamente. Rigirò il pugnale nella mano e la colpì con l'impugnatura poco sopra l'orecchio. Lei cacciò un secondo grido e si piegò in avanti, singhiozzando disperata.
«M-mio...».
«Oh, ti prego» la implorò Petyr con un gemito spossato. «Non aggiungere “mio Lord”: doverti picchiare mi infastidisce».
La costrinse ad alzare il volto con la punta dello stivale e fece una smorfia fiacca. Gli occhi di Ros sembravano quelli di un cerbiatto braccato da un lupo. “Ma io non sono un lupo” pensò lui. “E questa, mia cara, è proprio la tua sfortuna”.
«Cosa ti ha offerto Varys?».
Lei socchiuse sconfitta gli occhi. La voce le risalì la gola in un mormorio debole, ma c'era un nota di piccato orgoglio nel modo in cui scandì ogni parola.
«Siete un uomo spregevole...».
Petyr inarcò un sopracciglio e storse le labbra in un sogghigno divertito.
«È per questo che mi hai tradito?» ridacchiò brevemente. «Perché sono un uomo spregevole? Oh, Ros, mia cara... da te mi sarei aspettato qualcosa di più originale».
«Voglio essere libera, mio Lord... voglio tornare a Grande Inverno ed essere libera» piagnucolò tremante. «Vi scongiuro...».
«Libera e povera. Uno scambio vantaggioso».
«Vi scongiuro...».
Petyr sospirò.
«Sto pensando cosa mai dovrei fare con te, ma i tuoi scongiuri mi irritano...».
Ros si afferrò con foga alla stoffa del suo mantello nero e abbassò servizievole la testa riccioluta. Per diversi secondi il suo pianto frenetico fu il solo rumore all'interno della stanza. Petyr continuò a guardarla con aria assente mentre si grattava il mento con la punta del pugnale.
«Troppo tardi: mi hai già irritato» commentò infine. Mosse la mano a mezz'aria e schioccò le dita con eloquenza. «Distraimi».
Lei aprì e richiuse la bocca senza capire, scuotendo febbrile il capo. Petyr alzò drammaticamente gli occhi al cielo e si passò una mano sul volto con un borbottio sconcertato.
«Tu sei una puttana» le chiarì con franchezza, schioccando ancora le dita per enfatizzare il concetto. «Ti ho detto di distrarmi mentre decido cosa dovrei farne di te, Ros».
Lei rimase immobile.
«Ros...?».
«Come desiderate».
«“Come desiderate, mio Lord”» la corresse ironico Petyr. «Quello era il momento perfetto per dirlo».
Si sistemò più comodamente sulla sedia e appoggiò il capo al palmo della mano, mentre scrutava pensieroso la lama sporca del pugnale. Le dita di Ros tremavano nervose mentre slacciavano la cinghia delle sue braghe. Non riuscì a trattenere un sorriso vittorioso davanti al terrore che incuteva nell'animo della giovane, ma distolse l'attenzione da lei in fretta e prese a fissare il cielo azzurro di Approdo del Re al di là della finestra.
Mentre Ros si chinava fra le sue gambe, si domandò se un giorno sarebbe riuscito ad avere al suo posto la candida Sansa Stark.
Il pensiero gli strappò una risata folle che s'infranse nel silenzio della stanza.


   
 
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