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Autore: girlsgowild8    14/05/2013    13 recensioni
"Devi innamorarti. Io ti aiuterò, ma sappi che hai poco tempo”
“Mh, cioè?”
“50 giorni”
Fu lì che scoppiai a ridere. “50 giorni? Tesoro bello, sai che nessuna può resistere al mio charme?”
“Ever sì” tossicchiò lui mentre cercava di non ridere.
“Ever? Cosa centra lei?”
“Dovrai conquistare lei” esclamò cominciando a ridere a crepapelle.
*******************************
Una cosa che proprio non sapevo fare era dire bugie del genere, soprattutto quando le mie guance si facevano rosse come in quel momento.
Ecco perché Kate scoppiò a ridere. “Sei tutta rossa!” rise “Se non vuoi dirmelo non fa niente ma non negare l’evidenza”
“Ok, mi ha baciato e gli ho mollato uno schiaffo” sorrisi ricordandolo.
Lei rise ancora di più. “Carino da parte tua, e poi?”
“E poi l’ho baciato io”
“E lui ti ha dato uno schiaffo?” domandò mentre posava il cellulare sul bancone.
“Mi ha ribaciato” scrollai le spalle.
Genere: Comico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I'm Ever.
Ever's POV.



Sbattei con forza l’anta del mio vecchio armadietto che provocò un fastidiosissimo scricchiolio, ma non me ne curai visto che i miei pensieri erano rivolti solo ad un'unica persona: il mio Louis.
Il mio ragazzo era perfetto, un buono a nulla, ma perfetto per me. Era stato bocciato una volta, ma aveva finito la scuola, ora frequentava l’università. Non aveva bisogno di un lavoro.
Era intelligente, simpatico e aveva sempre la battuta pronta.
Ricontrollai ancora una volta i libri che avevo preso, assicurandomi che fossero quelli giusti per le prossime due ore di lezione, non che me ne importasse più di tanto: chimica e storia.
Odiavo altamente la storia, eppure ero costretta a studiarla, se non volevo essere bocciata a causa di un inutile voto ed essere pestata da mia madre.
In realtà odiavo la scuola in generale, dettagli.
Camminavo a pasto spedito verso il laboratorio quando sentii le spalle pesarmi e per poco non persi l’equilibrio.
«Buon giorno compagna di disavventure!» esclamò la mia migliore amica prima di tornare con i piedi per terra. Mi scoccò un sonoro bacio sulla guancia che ricambiai con un sorriso amichevole, per quanto ci riuscii.
Di prima mattina sembravo più un procione in prognosi riservata, soprattutto se mi trovavo a scuola.
«Allora?» mi chiese dopo qualche attimo di silenzio.
Mi voltai verso di lei, confusa. «Allora cosa?»
Lei mi osservò per circa tre secondi, sembrava stesse trattenendo il respiro, prima di scoppiare in una sonora e profonda risata.
Continuavo a non capire, inarcai le sopracciglia e strinsi i libri al mio petto con più pressione.
Che diavolo rideva? Ero davvero così buffa?
Haven sembrò rendersi conto del mio fastidio quando si alzò, dopo essersi piegata in due, cercando di trovare un po’ del contegno perso.
«Oh andiamo Ever! Tutta la scuola sa quello che è successo ieri» esclamò con voce troppo stridula, causando solo gli sguardi assassini di tre studenti e di una professoressa.
«Mah, io non ti capisco …» ammisi.
«Certo, certo! Avanti, cosa è successo ieri?» mi domandò con voce infantile, scandendo bene ogni parola.
Come se stesse parlando ad una poppante!
Ci pensai su, cercando di ricordare eventuali eventi storici e importanti avvenuti il giorno precedente.
«Non lo so» borbottai mentre voltavo l’angolo a sinistra.
Un sorriso si formò sul viso della mia amica. Serrò subito le labbra, cercando di evitare di tornare a ridere.
«Hai passato la notte con Louis Tomlinson!» urlò avendo lo stesso risultato di prima, se non peggiore: questa volta quattro gruppetti di studenti si girarono verso di noi, alcuni con occhi quasi schifati, altri con la bocca spalancata dallo stupore.
Già, un essere orripilante come me era la fidanzata di un Dio greco come Louis Tomlinson.
E poi c’erano loro, quel gruppo composto solo da oche e poco di buono, che mi osservavano con disdegno e superficialità, tipico di loro.
Scossi subito la testa tappandole la bocca.
«Ok Haven, adesso basta! Vorresti mettere degli striscioni per caso? E magari scriverlo sulle tavolette del bagno?» la rimproverai.
Lei sorrise con aria innocente, che cambiò subito quando ci trovammo finalmente davanti l’aula.
Mi prese per un braccio, costringendomi a girarmi verso di lei, faccia a faccia.
«Allora lo ammetti!» mi puntò l’indice contro alzando gli angoli della bocca.
«Non abbiamo fatto niente di quello che pensi» ammonii subito i suoi pensieri sporchi, liberandomi della sua presa ed entrando in classe.
Lei non mi lasciò in pace, seguendomi passo dopo passo e accomodandosi sulla sedia di fronte a quella dove io avevo preso posto.
Poggiai i libri sul tavolo e cacciai dalla mia enorme borsa a tracolla il piccolo astuccio nero.
Me lo aveva regalato proprio Haven, lo aveva comprato quando eravamo andate in gita con la classe e con il suo correttore liquido aveva scritto “Migliori amiche per sempre”.
Sapevo che non era stato un regalo costoso, ma era stato un pensiero carino che avevo apprezzato molto.
Anche se ogni tanto mi veniva voglia di infilarcelo nel sedere quel piccolo borsellino.
Il professore di chimica ovviamente non si era ancora presentato nel laboratorio, e nemmeno tutti gli studenti del corso si erano fatti vivi.
Dondolai un po’ i piedi, sentendomi a disagio dato che alcune persone mi stavano fissando: avevano sentito quello che la mia amica aveva urlato in corridoio, la voce si stava spargendo.
Perfetto!
Sentivo uno sguardo pesare più di tutti quanti, quello di Haven.
Alzai lo sguardo: mi guardava con occhi sognanti, mordendosi un labbro. La fissai dritta nelle sue iridi nere, prima di aprire la bocca e contenermi dal mandarla a quel paese.
«Che cosa vuoi ancora?» la intimai subito.
«I dettagli»
«I dettagli di cosa?» sbottai irritata.
Pensava davvero che avessi fatto quello che pensava con Louis? E magari avrei fatto anche un video, giusto per mostrarle i dettagli che voleva.
«Non me la bevo la storia che non è successo nulla» affermò, sul suo volto c’era la convinzione.
«Haven, sei libera di credermi o no, ma io sono ancora vergine» sussurrai.
Lei sbuffò. «Davvero?»
«Davvero» affermai.
«Quindi fra te e Tomlinson …»
«No»
«Mi deludi, E.» mi liquidò fingendosi arrabbiata, mentre guardava in basso e scuoteva la testa.
«Non chiamarmi E, sono Ever» l’ammonii, prima che il prof. entrasse in aula.
*****
Il venticello che soffiava fra i miei capelli mi accarezzava il viso, mentre ero distesa a pancia in su, giocherellando con la mano di Louis che era a sua volta disteso come me al mio fianco.
Mi aveva appena dato la magnifica notizia che nemmeno quella sera saremmo stati insieme, come il sabato scorso.
Sbuffai stringendo con rabbia la sua mano. Lui sorrise e si girò a guardarmi.
«Quindi anche questa sera starò da sola, a deprimermi …» scherzai.
Louis si girò di più verso di me e poggiò la testa nell’incavo del mio collo, lasciandomi prima un bacio sulla guancia.
«Sai che devo stare anche con i miei amici» mi spiegò.
Certo, lo capivo. Anche io avevo bisogno del mio spazio, ma era il terzo finesettimana che passava con loro, ed io?
Sarei stata di nuovo con Haven a guardare film deprimenti.
Mentre mi distraevo a pensare alla mia “fantastica” serata di quel giorno, Louis mi aveva alzato di poco la maglia e aveva iniziato a fare disegni astratti sulla mia pancia
Gli accarezzai i capelli: sapeva che per farmi calmare mi bastavano delle semplici coccole.
«Come è andata oggi a scuola?» mi domandò.
«Una merda» ammisi rammentando la magnifica insufficienza che avevo preso in matematica: quella materia non era proprio il mio forte, dovevo ammetterlo. Tutti quei calcoli mi davano alla testa e mi facevano solo confondere.
Che poi a che cosa mi sarebbe servita? Tanto quelle rare volte che facevo la spesa manco controllavo il resto!
Sentii Louis ridacchiare, prima di alzare la testa e appoggiare la sua fronte sulla mia.
«Rendiamola migliore allora» mormorò prima di baciarmi.
Ogni volta che le mie labbra incontravano le sue erano sensazioni nuove, sempre più intense e positive ovviamente. E mi piaceva, tanto.
Alzai di poco la testa, per poter avere un contatto maggiore.
Poggiò una mano nei miei capelli, cominciando ad accarezzarli con dolcezza. Ci staccammo solo per riprendere fiato.
Sorrisi debolmente prima di prendere il cellulare per poter controllare l'orario.
«Cazzo, devo scappare Louis! Dovevo passare a lavoro a prendere delle cose» esclamai scrollandomelo di dosso e alzandomi di scatto, mentre lui ridacchiava.
Mi pulii i pantaloni sperando che non ci fossero tracce verdi sul sedere, afferrai la borsa e mi passai una mano nei capelli, imbarazzata per aver interrotto il nostro momento dolce.
Sbuffò mentre si alzava e imitava il mio gesto sui suoi jeans, circondandomi i fianchi e scoccandomi un bacio sul naso che arricciai subito dopo.
«Ci sentiamo, piccola» sussurrò prima di lasciarmi un bacio sulle labbra.
Sorrisi timidamente, mentre raccoglievo la mia borsa da terra e andarmene, dopo averlo salutato ancora una volta con un gesto impacciato della mano.
Non ci misi molto a prendere alcuni appunti della scuola che avevo dimenticato in libreria.
Kate, una mia cara amica nonché collega, aveva già raccolto tutti i miei fogli con una graffetta, li aveva imbustati in uno di quei contenitori trasparenti con i buchi al lato, e aveva poggiato il tutto nel nostro piccolo ripostiglio, su uno scaffale ben pulito, quindi tornai subito a casa.
Non mi piaceva molto fisicamente: era piccola, e aveva solo due stanze, ma mi dava quel non so che di confortevole
Abitavo da sola perché appena compiuti i sedici anni avevo deciso di andarmene di casa e intraprendere così una vita da studentessa in piena regola: con una casa mia, un mio lavoro che serviva per mantenere i miei studi.
Appena entrai in casa trovai tutto come lo avevo lasciato prima di andare a scuola, ovviamente: il letto era sfatto e c’era ancora un po’ di polvere sui mobili che mi ero ripromessa di togliere appena avessi avuto tempo.
Ma c’era qualcosa di diverso, perché nell'aria albergava ancora il profumo di Louis: la sera prima io e il mio ragazzo avevamo passato tutto il tempo insieme, ci eravamo addormentati abbracciati e ci eravamo risvegliati con il sorriso sulle labbra. e così -colta da un improvviso momento di nostalgia- mi buttai sul letto per sentire ancora il suo odore
Mentre mi rotolavo tra le lenzuola pensai che magari un giorno si sarebbe potuto trasferire da me, così avremmo passato insieme più momenti simili. O, meglio ancora, avremmo potuto comprare una casa solo per noi, tanto sapevo che i suoi genitori ci avrebbero aiutato, io avrei contribuito con il mio lavoro e Louis con i suoi risparmi o il suo eventuale lavoro appena terminata l'università. Sarebbe potuto essere perfetto.
Sul comodino, come ogni volta che passavo del tempo con lui, c’era la nostra videocamera. In realtà era mia, ma c’erano solo foto e video che ci ritraevano. Louis aveva quella mania di filmare ogni momento, anche se non importate, e ciò mi divertiva, tanto quei video sarebbero rimasti nostri e basta.
Quel pomeriggio avevo chiacchierato con Louis a telefono, poi ci eravamo salutati perché lui doveva andare a prendere un suo amico. Mi aveva promesso che non avrebbe bevuto e che mi avrebbe richiamato il giorno dopo.
Avevo in mente di fare una festa, o anche solo di andare da qualche parte per svagare i miei pensieri ed uscire dal mondo ‘Louis’.
Lui si divertiva anche senza di me, non era giusto che per me non fosse lo stesso.
Perciò presi il cellulare e composi il numero di Rocky.
Rocky era una malata del divertimento, con lei era impossibile annoiarsi, perché sapeva sempre come farti spassare.
Facevamo il corso di chimica insieme, e spesso ci ritrovavamo a parlare e divertirci; nonostante ciò, sapevo che non era una compagnia raccomandabile: spesso le sue svagate si trasformavano in feste fatte di droga e preservativi.
Dopo il quarto squillo rispose con la sua solita allegria.
«Ehi, ciao. Sono Ever»
«Ever! Da quanto tempo, tutto bene?» scherzò.
Ci eravamo viste solo quella mattina, quando per poco lei non aveva fatto scoppiare una provetta.
«No, per questo ti ho chiamato»
«Dimmi tutto tesoro»
Sospirai profondamente, sperando di non pentirmi della mia scelta.
«Stasera non ho nulla da fare, e …»
«Ho capito tutto» mi interruppe «Ti mando un messaggio con l’indirizzo di casa mia, porta chi vuoi. A dopo» mi liquidò riattaccando la telefonata.
Risi tra me e me. La perspicacia di quella ragazza non aveva limiti, nonostante anche un bambino avrebbe capito che non avrei voluto passare la serata ad annoiarmi.
Dopo meno di due minuti Rocky mi aveva inviato il messaggio, come promesso, con l’indirizzo di casa sua e l’orario adatto per presentarmici.
“Porta chi vuoi”.
Avrei volentieri portato Louis, se solo non fosse stato impegnato, quindi invitai Haven e Kate. Passai il resto del tempo a scegliere cosa indossare e quando fui soddisfatta della mia scelta aspettai le mie amiche, che non tardarono ad arrivare.
Prendemmo un taxy, dato che nessuna di noi guidava.
Quando arrivammo a casa di Roxy rimasi sorpresa nel notare persone anche fuori dall’abitacolo, che bevevano in giardino o che si scambiavano effusioni.
«Mh … dove mi avete portata» rise Kate.
«Atti osceni in luogo pubblico» scherzò Haven indicando con la testa due ragazzi che si davano da fare.
Scoppiai a ridere mentre ci avvicinavamo alla porta che ovviamente era aperta; del resto se fosse stata chiusa saremmo rimasti tutti fuori a causa della musica assordante che proveniva da dentro.
Appena entrati fu come trovarsi in un uragano fatto di gente che ti trascinava controvoglia ovunque, mentre ballavano e si divertivano, bevendo non so quanti e quali alcolici. L’odore di quelle bevande mi fece quasi girare la testa, mentre a questo problema contribuivano la musica a tutto volume che mi pulsava nelle orecchie e per finire l’ammasso di persone tutte attaccate fra loro. La casa non era affatto piccola, al contrario ero certa riuscisse ad ospitare un sacco di gente, ma forse erano davvero troppo gli invitati e considerando che parte dell’enorme stanza era occupato da diversi divani, poltrone e tavoli con bevande, non mi sorpresi quando a stendo riuscii a poggiare i piedi per terra.
«Ok, questo si chiama caos!» esclamò Haver, sembrava soddisfatta. Sapevo che, sotto l’aspetto quieto che mostrava ai genitori e, il più delle volte, anche ai professori, c’era un animo ribelle. Lo si poteva notare già dal suo abbigliamento. Era stata la prima cosa che avevo notato di lei: abiti per lo più scuri, scollati al punto giusto, stretti sulle sue forme quasi perfette …
Io ero più il tipo da camicetta di jeans e pantaloni della tuta. Non che non dessi molta importanza all’abbigliamento o all’aspetto esteriore, ma mi piaceva stare comoda.
Kate era come me, semplice nel vestire e anche caratterialmente.
«Allora, cosa facciamo?» domandai voltandomi verso le mie amiche che si guardavano attorno con la bocca aperta.
«Troviamoci un bel ragazzo e spassiamocela» fu la semplice risposta di Haver, che alzò le spalle come se fosse stato ovvio.
Kate scoppiò a ridere, mentre mi guardava perplessa.
«Non tradirò Louis, se è quello che pensi» le sorrisi facendole l’occhiolino.
Ero una ragazza fedele, non ci avrei mai pensato a tradirlo. Inoltre lui non lo meritava.
Pochi secondi dopo partì Scream and Shout, una delle canzoni preferite di Haver, coincidenza che la portò a sorridere a trentadue denti, mentre ci salutava raggiante e si recava più infondo nella stanza, per ballare con qualche sconosciuto, mentre sculettava in modo troppo divertente per essere provocante.
Io e Kate ci guardammo prima di trattenerci la pancia dalle risate.
«Andiamo a ballare?» mi chiese sorridente.
Annuii ricambiando la smorfia, mentre cercavamo inutilmente di raggiungere la nostra amica, mantenendoci la mano a vicenda per non perderci anche noi. Ma di Haver non c’era traccia, a causa delle troppe persone. Così io e la mia amica cominciammo a divertirci da sole, mentre ci muovevamo ridendo e scherzando fra di noi.
Altre canzoni riempirono l’atmosfera, io e Kate stavamo ancora «ballando», se così si potevano definire i nostri movimenti buffi.
Quando ad un tratto sentii un piccolo pizzico sul fianco destro, inaspettatamente, e sobbalzai subito.
«Ever, non ti facevo il tipo da feste» rise una voce antipatica alle mie spalle.
Conoscevo perfettamente il mittente: quel rompicoglioni di Harry Styles.
Non che avessi qualcosa contro di lui, era lui stesso a farsi odiare. Del resto era un ragazzo carino, un ripetente asino che però se voleva avrebbe potuto andare anche bene a scuola. Certe volte chiacchieravamo anche amichevolmente, facevamo battutine … altre volte invece si divertiva a dare fastidio, lui ed il suo ego.
«Ciao Harry» lo salutai girandomi verso di lui.
Non potevo negare che era un bel ragazzo davvero: alto, riccio, un sorriso bellissimo che formava due adorabili fossette agli angoli della bocca … l’importante era non farlo parlare, la sua antipatia avrebbe rovinato il quadretto.
«Dove hai lasciato il fidanzatino?» scherzò ancora avvicinandosi troppo per i miei gusti.
«Da nessuna parte che ti riguardi» gli risposi a tono io, ammiccando.
Lui rise al mio tentativo di essere lasciata in pace, mentre mi afferrava un fianco e faceva combaciare il suo bacino con il mio.
Roteai gli occhi.
In tutti gli anni che avevo passato a studiarlo, ero arrivata alla conclusione che per parlare con lui la cosa migliore da fare era tenergli testa, usare le sue stesse tattiche …
«Vuoi ballare con me?» chiese poggiando la sua fronte sulla mia.
Troppa vicinanza, e inoltre Kate sembrava sparita.
«No grazie, devo andare in bagno» lo liquidai allontanandolo con tutta la forza che avevo.
Lui rimase serio a guardarmi, mentre mi voltavo verso la mia amica che era stata lì tutto il tempo a guardare in silenzio, e la trascinai con me nel bagno.
«Bel culo!» gridò Harry mentre continuavo a dargli le spalle.
In tutta risposta alzai il dito medio, mentre sembrava riuscissi a sentire solo la sua risata.








I'm Here.
Ritorno con una nuova storia OuO finalmente!
Vi sono mancata, eh? So che la risposta è un NO, ma lascio correre e vi dico un paio di cose.
Allora, questa fanfiction è fantasy, la prima che scrivo di questo genere. Dal titolo si può pensare alla solita scommessa che fa il puttaniere: far innamorare la suora in 50 giorni.
SBAGLIATO.
Per prima cosa Harry qui non è cattivo, infatti la protagonista spiega che ogni tanto ci chiacchiera anche amichevolmente. Lui è un ragazzo comune. E nessuno farà nessuna scommessa.
Detto questo ringrazio Sara_Scrive per il magnifico banner.
Aggiungo che la prima parte, con una breve descrizione di Holmes Chaple l'ho trovata su internet in tutte le lingue purché l'taliano, quindi l'ho dovuta un attimo tradurre e poi riassumere. Veneratemi.
Scusate per eventuali errori, non è colpa mia ma della tastierina. 
La protagonista della storia si chiama Anna Lutoskin ed è bellissima. Quella foto nel banner non rende particolarmente, questa sì.
Non abituatevi a 6 pagine di word, i prossimi capitoli saranno più corti, per vostra fortuna e pensavo di pubblicarne uno a settimana.
Credo di non dover aggiungere nulla ... credo.
Ci tengo a ringraziare però tutte le persone che hanno seguito la mia storia precedente: Speak Now! Operazione matrimonio., davvero, grazie di cuore.
Spero che anche questa storia vi piaccia o vi abbia almeno incuriosite tanto da aspettare il prossimo capitolo.
Lasciatemi una recensione per dirmi che ne pensate.
Vi lascio sotto i link di me stessa (?). A presto babe.

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