Libri > I Miserabili
Segui la storia  |       
Autore: Morwen_Eledhwen    14/05/2013    3 recensioni
E se le cose fossero andate diversamente?
Storia ambientata durante e dopo la battaglia alla barricata, con un nuovo personaggio (che, diciamolo, ha una pesante cotta per Enjolras): Angèle, che si reca alla barricata in cerca di Éponine.
Gli si avvicinò e quella fastidiosa sensazione di inferiorità si impossessò di lei come tutte le volte in cui aveva assistito ai suoi pedanti comizi: si sentiva inutile in quella rivoluzione, inutile per il popolo francese, inutile per il povero Gavroche. Enjolras, invece, pareva un angelo portatore di salvezza.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Enjolras, Grantaire, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

IX. A Heart Full of Love





Erano rimasti seduti sul marciapiede senza parlarsi per lunghissimo tempo, forse per ore intere. Angèle non avrebbe saputo dire quanto.
Aveva osservato la luna, lasciandosi inebriare dal suo chiarore argenteo e cercando di non pretendere nulla di più dal destino. Al suo fianco c’era Enjolras, anche lui intento a scrutare la notte silenziosa, ma non era altro che un’ombra come tante. Non avrebbe mai allungato una mano verso di lei, non l’avrebbe mai presa tra le sue braccia, non avrebbe mai avvicinato le proprie labbra alle sue. Ma questo non le importava. Aveva compreso quali fossero le sue priorità e le avrebbe rispettate. Lui amava la patria, il popolo, la rivoluzione, a lei bastava un cielo stellato per sentirsi leggera, libera, viva.
Senza rendersene conto, Angèle stava sorridendo. Un sorriso sereno, un sorriso di pace, rivolto a quei piccoli lumi che riempivano di luce l’oscurità parigina.
Enjolras si alzò.
«Sarà meglio rientrare. Si è fatto tardi», affermò con il suo solito tono austero.
Angèle non rispose. Abbassò lo sguardo verso il selciato e rimase immobile, mentre il ragazzo entrava nel palazzo.
Nonostante avesse ancora sulle spalle la giacca di lui, Angèle iniziò a sentire freddo. Si rannicchiò ancora di più su se stessa, finché le palpebre non iniziarono ad abbassarsi. A quel punto si decise ad alzarsi ed andare a dormire.
Salì le scale cercando di non far rumore, finché non giunse al pianerottolo del secondo piano. Si ritrovò davanti alla porta della stanza di Enjolras, ma subito virò a sinistra e si accinse ad entrare nella stanza dove Grantaire russava sonoramente.
Non appena posò la mano sul pomolo della porta, però, sentì uno scricchiolio provenire da dietro le proprie spalle e si voltò di scatto.
Enjolras era in piedi di fronte a lei, ma la sua figura si distingueva a fatica ed il suo volto era in ombra, poiché solo qualche debole raggio di luna riusciva a penetrare attraverso una finestrella nel vano delle scale.
Angèle rimase immobile ad osservarlo.
Lui si schiarì la gola.
«Potresti aiutarmi a cambiarmi le bende sulla spalla?», le chiese sottovoce.
Angèle, spiazzata, annuì e lo seguì nell’altra stanza. Questa era illuminata solamente da una piccola candela posta sul tavolo di legno, la quale disegnava sulle pareti un alone piuttosto sinistro.
Senza dire una parola, lui si sedette sul letto ed iniziò a sbottonarsi la camicia.
Angèle rimase immobile come una statua, incapace di muoversi poiché colta da un’ondata di imbarazzo.
Era forse impazzito? Voleva farla morire di vergogna?
«Allora? Non riesco a slegare le bende», le disse con una calma assoluta, come se quella situazione fosse perfettamente usuale.
Angèle si scosse e tornò in sè, ricordandosi che lui probabilmente non conosceva imbarazzo, passione o sentimento, e che quindi qualsiasi contatto con una donna non gli avrebbe causato il minimo problema.
Gli si avvicinò ed iniziò a togliere delicatamente le bende che gli fasciavano la spalla, incapace di riportare il proprio cuore ad un ritmo regolare. Se la luce nella stanza non fosse stata così fioca, Enjolras avrebbe potuto notare le sue guance rosse come il sangue e bollenti come un fuoco scoppiettante. Nemmeno Angèle riusciva a scorgere bene il viso di lui, anche perché tentava di concentrarsi sulla spalla sfregiata da una grossa ferita circolare che si stava piano piano cicatrizzando.
Era in piedi davanti a lui, che stava seduto sul bordo del letto, e sentiva che la propria veste gli sfiorava le ginocchia. Avrebbe voluto fuggire, sparire, essere risucchiata dal pavimento per evitare quella situazione. Non voleva che lui si accorgesse di ciò che lei provava per lui, poiché di sicuro non gli sarebbe piaciuto e sarebbe bastato per perderlo per sempre. E, cercando di seppellire i propri sentimenti, lei aveva iniziato a considerarlo un amico, e perdere un amico era l'ultima cosa che avrebbe voluto. Perché, in tutta la sua vita, ne aveva avuti davvero pochi.
Osservò la ferita e, per liberarsi di tutto quell’imbarazzo, decise di dire la prima frase che le venne in mente.
«L’hai scampata bella. Potevano colpirti al cuore.»
Ma se ne pentì subito, poiché sentì di aver detto qualcosa di immensamente stupido e banale.
«Ma non ce l’hanno fatta», disse Enjolras.
Angèle riuscì ad intravedere un lieve sorriso sul volto di lui, e questo la incoraggiò a continuare la conversazione.
«La smetterai di fare rivoluzioni, vero?», gli disse in tono scherzoso.
Lui rimase in silenzio, mentre Angèle iniziava a coprirgli la ferita con una benda pulita, ma poi rispose serio: «Ho un dovere verso la mia patria. Non posso mollare tutto solo perché sono sopravvissuto ad una rivoluzione fallita. È il dovere di ognuno di noi ribellarsi fino alla fine. Finché i popoli della terra non saranno finalmente liberi.»
Angèle deglutì. Avrebbe voluto chiedergli se stesse scherzando e ridere con lui, ma, rabbrividendo, seppe che Enjolras parlava seriamente. La lezione non gli era bastata. La morte di tutti i suoi compagni non gli era bastata.
Nella stanza piombò il silenzio.
Angèle sentiva un macigno sul cuore e un’immensa tristezza le aveva invaso la mente.
«E poi a chi importerebbe della mia morte?», riprese Enjolras.
Angèle lo guardò in viso.
«Ai tuoi amici importerebbe.»
«Loro sono morti.»
Da quelle parole Angèle seppe di non essere inclusa nell'elenco dei suoi amici. Ma che cosa importava? Avrebbe dovuto saperlo dall’inizio.
Abbassò lo sguardo, incapace di parlare.
«A te importerebbe?», azzardò Enjolras in tono incerto.
Lei tornò a guardarlo negli occhi, ma la sua bocca non riusciva ad emettere alcun suono. Era come se qualcuno le avesse rubato le corde vocali. Si stava di nuovo perdendo nell’abisso di quegli occhi e doveva risalirne. Doveva salvarsi, doveva trovare il coraggio di tornare a galla.
Mentre lottava con se stessa, accadde qualcosa di inaspettato: Enjolras posò le proprie mani sui fianchi di lei e la fece sedere sulle proprie ginocchia.
Angèle non capiva.
Era come se qualcuno l'avesse appena colpita alla testa. La stanza iniziò a girare vorticosamente intorno a lei, mentre il petto lasciato in vista dalla camicia sbottonata e il viso di lui che si faceva sempre più vicino le facevano mancare il respiro.
Lui la strinse a sè e le loro labbra si incontrarono.
Fu un bacio lungo, dolce e appassionato.
Forse stava sognando, ma non le importava.
Lo strinse più forte che poté, per paura che svanisse troppo in fretta, e tutta la sua anima si sciolse a contatto con quelle labbra morbide.
Forse, dopotutto, Apollo non era di marmo e non amava solo la Francia.
 
 
L’alba giungeva lentamente per liberare Parigi dalle tenebre, lasciando che la propria luce penetrasse in ogni casa attraverso i vetri delle finestre e sorprendendo Angèle ed Enjolras che dormivano abbracciati nel letto dove lui aveva passato quei pochi giorni di convalescenza.
Ma non fu l’alba a svegliarli. Un certo fermento proveniente dalle scale li fece balzare in piedi.
Oltre ai passi di numerose persone e le proteste di quella che pareva la voce di Madame da Lamartine, udirono più volte gridare: «Polizia!», «Trovate i ragazzi!», «Se oppongono resistenza uccideteli!». Angèle, terrorizzata, riconobbe la voce di Javert.
In una frazione di secondo Enjolras la spinse giù dal letto con forza e la obbligò a nascondersi sotto di esso, portandosi un dito alla bocca per intimarle di fare silenzio ed impedirle di protestare.
Nel momento esatto in cui egli si rialzò in piedi, Javert fece irruzione nella stanza.
«Bene, bene, bene. Guarda un po’ chi abbiamo qui.»
«Ispettore, abbiamo preso l’altro», disse qualcuno, probabilmente conducendo nella stanza Grantaire.
Angèle, nascosta sotto il letto e protetta dalle lunghe lenzuola che lo coprivano e pendevano ai lati di esso toccando quasi il pavimento, poteva scorgere solo tanti piedi che entravano precipitosamente nella stanza.
«Ebbene, i topi sono stati stanati, finalmente. Credevate forse di riuscire a sfuggire alla giustizia?»
Ad ogni parola pronunciata da Javert, l’animo di Angèle si riempiva sempre di più di odio furioso verso quell’uomo.
«A proposito. Dove avete lasciato la ragazza?», chiese Javert con un tono divertito che fece rabbrividire Angèle.
Nessuno rispose.
«Poco importa. Dubito che abbia avuto un ruolo rilevante nella vostra inutile rivoluzione.»
Javert fece una pausa.
«Non dovreste essere abbastanza grandi per capire quando un gioco diventa pericoloso?», ridacchiò.
Poi si fece serio. «Forse quel bambino che era tra voi e che avete mandato al macello come una bestia non lo sapeva... Ma voi...»
Angèle si intristì, ripensando al piccolo Gavroche.
«Siete voi che scambiate la vita di un intero popolo per un gioco», dichiarò Enjolras con voce ferma.
«Bada a come parli, ragazzino. Mostra un po’ di rispetto per chi opera innumerevoli sacrifici affinché le leggi vengano rispettate e un popolo non si comporti come una mandria di bestie.»
A quest’affermazione seguì un sonoro sbadiglio di Grantaire.
«Ma veniamo al dunque», aggiunse Javert fingendo di non aver sentito.
Fece qualche passo per la stanza.
«Ora vi condurremo fino al carcere e, una volta arrivati, sarete fucilati nel cortile. Così potrete riunirvi ai vostri cari amici che sono già andati al Creatore durante la battaglia alla barricata.»
Il cuore di Angèle mancò un battito.
«Potevano evitarlo, naturalmente, come voi. Ma avete voluto continuare a giocare, ed ecco qual è il prezzo da pagare.»
Dopo che Javert ebbe pronunciato queste parole, tutti coloro che si trovavano nella stanza si diressero verso l’uscita, trascinandosi dietro i due prigionieri.
Angèle dovette lottare con tutte le proprie forze per non mettersi a piangere. Perché le stavano portando via il suo angelo? Perché la razza umana era così crudele? Come poteva un uomo essere capace di uccidere a sangue freddo dei ragazzi come loro o dei bambini come Gavroche?
Una lacrima le scese sulla guancia mentre la sua mente iniziava a delineare le figure di Enjolras e Grantaire che, tenendosi per mano, venivano colpite da innumerevoli pallottole e si accasciavano a terra in un mare di sangue.
Non avrebbe mai potuto sopportarlo. Non avrebbe mai potuto continuare a vivere: il pensiero della loro morte si sarebbe insinuato nelle sue viscere e non l’avrebbe mai abbandonata, tormentandola fino a condurla al suicidio.
Javert si era fermato sulla soglia della porta e pareva indugiare, perso in chissà quali riflessioni.
Dopo qualche lunghissimo minuto, girò sui tacchi e se ne andò.
In una frazione di secondo Angèle si precipitò fuori dal suo nascondiglio e, accecata dalla rabbia e dalla disperazione, si lanciò dietro all’ispettore.
«Perché volete farli ammazzare? Non avete un minimo di compassione? Siete voi la bestia!»
Javert, bloccandosi su un gradino a metà della rampa di scale, si voltò lentamente.
«Oh, eccoti qui. Sapevo che non dovevi essere andata lontano. Direi che puoi seguire i tuoi amici», affermò con uno sguardo severo che avrebbe intimorito anche i più temerari.
Angèle decise di cambiare tono e passare alle suppliche.
«Ispettore, non fateli morire. Non potete ucciderli solo perché credevano in un sogno. Sono stati sciocchi, sì, ma non meritano la morte.»
Javert si umettò le labbra guardandosi intorno con aria tranquilla, prima di rispondere.
«La legge va rispettata. Chi si pone contro di essa è un pericolo per l’umanità», dichiarò mentre si avvicinava lentamente ad Angèle fino ad afferrarla per un braccio.
«Ora, però, devi venire con me», le disse in tono autoritario.
Lei non oppose alcuna resistenza, lasciandosi guidare da lui come un corpo senza vita che procede per inerzia. Dopotutto non le importava più nulla: sarebbe morta insieme ad Enjolras e questo le bastava.
Ma era davvero pronta a morire?
Ancora una volta, dopo la terribile battaglia alla barricata, Angèle ebbe paura.
 

Il gruppo procedeva lentamente per le vie del quartiere parigino: quattro poliziotti in testa, i quali si trascinavano dietro Enjolras e Grantaire, e Javert che li seguiva da lontano con Angèle.
Ad un certo punto passarono, come un piccolo corteo, nei pressi di una chiesa dall’imponente facciata di pietra, davanti alla quale un gruppetto di persone elegantemente vestite sembravano attendere qualcosa o qualcuno.
In quel momento il grande portone di legno istoriato si aprì e né i poliziotti, né i prigionieri, riuscirono a restistere all’impulso di lanciare uno sguardo in direzione dei due giovani sposi che uscivano sorridendo. Le urla di gioia degli invitati contrastavano fortemente con il silenzio di quel piccolo corteo che, mestamente, sfilava sul lato della strada opposto alla chiesa.
Lo sguardo di Angèle incontrò quello dello sposo, il quale mutò improvvisamente espressione.
Era Marius.
Anche Enjolras e Grantaire dovevano averlo riconosciuto, poiché avevano rallentato il passo, ma subito i poliziotti li avevano strattonati ed essi avevano abbassato lo sguardo. Solo Angèle mantenne i propri occhi fissi su quelli di Marius, notando il dolore misto alla sorpresa stampato sul viso del giovane che teneva per mano una sorridente fanciulla dai lineamenti delicati ed i capelli color miele. Chissà a che cosa stava pensando Marius in quel momento: di sicuro aveva creduto che Enjolras e Grantaire fossero morti alla barricata insieme a tutti gli altri, ma ancora più straziante doveva essere vederli marciare incontro alla morte un’altra volta.
Poi Javert la costrinse a voltare l’angolo e i due sposi sparirono dalla sua vista.

  
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > I Miserabili / Vai alla pagina dell'autore: Morwen_Eledhwen