E torno con un’altra
Lily/Severus… Non posso farne a meno. Sarà impazzita, ma ho deciso di scrivere
tutto ciò che mi ispira, dato che le idee ci sono… Gli aggiornamenti, visto e
considerato le altre mie storie e gli esami imminenti, non saranno in tempi brevissimi,
però… In questo modo posso scrivere nelle storie per le quali ho ispirazione,
no?
Parlando brevemente della
storia, appunto: parte da una what if gigantesca, che non si limita al solo
momento narrato nel prologo. I caratteri saranno necessariamente OOC (a dirla
tutta, Lily ma soprattutto James saranno OOC. Spero motivati, ma l’avvertimento
va inserito comunque).
Poi che altro dire? È una
long, sì, ma non sarà molto lunga… Spero. Dopo il prologo, ci sarà un momento
in cui vedremo diversi flash… E, poi, una breve conclusione al tutto. Beh,
spero di lasciarvi soddisfatti, in ogni caso… Vedremo come va =)
Intanto, vi auguro una buona
lettura! =)
Prologo
La
donna era davanti ad una culla: le dava la schiena, fissava con ansia la porta
chiusa davanti a sé. Era spaventata, certa che sarebbe morta, conscia del
disastro terribile che sarebbe successo di lì a poco e… Confusa. Le faceva male
la testa. Cercò d’ignorare la sensazione ma, ad un certo punto, con un gemito,
fu costretta a prendersela fra le mani. Si accorse che le colava del sangue dal
naso.
Tempo
pochi secondi e la porta si spalancò. Il bambino dietro di lei, nella culla,
iniziò a piangere.
Doveva
riflettere.
Non
poteva morire, non ora che… Ora che…
“Spostati,
stupida.”
La
voce era fredda, glaciale, crudele… Sadica, persino.
Lei
alzò la testa, ignorando per un momento il dolore. I suoi occhi incontrarono
quelli rossi di un mostro, incastrati su un viso bianco come il latte e quasi
deformato.
Ma
non aveva paura. No, lei non aveva paura. Era determinata, decisa più che mai
ad aggrapparsi a quella flebile opportunità.
“Spostati,
se vuoi che ti risparmi.”
“…
Perché?” riuscì a chiedere, infine, pulendosi il sangue che continuava a colare
con una manica della vestaglia che indossava.
Lui
sgranò gli occhi, sorpreso e divertito dalla domanda.
“Così
posso ammazzare il bambino, no?”
Il
pianto dietro di lei continuava, infastidendola. Si sfiorò una tempia con due
dita, chiuse gli occhi e li riaprì.
“No,
mi chiedevo… Perché non mi uccidi? Perché mi risparmi?”
L’uomo
sembrava essere seccato, ora, come se non vedesse l’ora di sbrigare quello che
era venuto a fare.
“C’è
qualcuno che ti vuole viva.”
Gli
occhi della donna si accesero di speranza, scacciando per un momento la confusione
che regnava sovrana nella sua testa.
“Chi?”
chiese, bramosa “Chi mi vuole?”
Lui
la squadrò un attimo e decise di avere ancora pazienza.
“Uno
dei miei migliori Mangiamorte. Severus Piton.”
“Sev.”
disse la donna, sospirando, e il suo tono era meravigliato ed estasiato.
“E
adesso levati.”
Lei
lo guardò ancora un attimo negli occhi, interrompendo il momento di sogno. Il
pianto del bambino si fece più acuto, più presente.
Il mio bambino, pensò, per un attimo.
No, il bambino di James, si corresse poi, il tono duro.
Le
sue labbra si strinsero in un’espressione decisa. Non si girò per osservare il
bambino, mentre la testa riprendeva a dolerle e il mondo, lo sentiva, stava per
cambiare.
Fece
un passo, di lato.
L’uomo,
a quel gesto, sgranò ancora di più gli occhi, come se non lo avesse creduto possibile.
“Promettimi”
iniziò lei, sempre stando ben attenta a non voltarsi verso il bambino – non
voleva vedere, non doveva vedere –
“Promettimi che, poi, mi porterai da Severus.”
Lui
sorrise, di un sorriso crudele.
“Avada
Kedavra!” urlò.
Il
bambino smise di piangere. Il bambino era morto.
La
donna non sentì alcun dolore.
Si
sentiva libera, libera, finalmente libera…
Allungò
un braccio, sempre con quell’espressione ardente e la bocca chiusa in una riga
sottile.
“Portami
con te.” disse, la voce ferma “Portami da lui.” aggiunse, ed il suo tono
s’incrinò, come se fosse commossa.
Il
sangue tornò a scendere dal suo naso e lei sentì il mal di testa tornare a
premerle sulle tempie, ma non vi badò. Doveva solo avere pazienza, solo un
attimo…
L’uomo
si avvicinò a lei, allungò una mano e le strinse il braccio in una morsa.
Poi,
tutti e due, scomparvero da quella casa.