Non so spiegarti perché lo faccio.
Non so spiegarti perché tutte le volte che vedo una biro la prendo in mano e inizio a tracciare parole immaginarie nell’aria.
Non so spiegarti perché tutte le volte che vedo un foglio di carta inizio a far finta di scriverci sopra con l’unghia dell’indice sinistro, come se fosse una penna.
Non so spiegarti nemmeno come io riesca a sostituire le persone con le parole.
So che il nostro rapporto è conflittuale perché tu vorresti starmi vicino, ma io progressivamente ti allontano da me, e questo solo per continuare a scrivere parole, parole e ancora parole.
So che tu non mi capisci.
So che tu pensi che io sia pazza, malata, perché tu non credi sia possibile passare ore e ore a battere le dita sulla tastiera di un computer o a scribacchiare parole con una penna a sfera su un foglio di carta sciupato.
So che tu in un certo senso mi ammiri, perché sai benissimo che tu non riusciresti mai a fare ciò che sto facendo io ora.
Ma so anche che tu hai paura di me.
Ti chiedi come sia possibile che una ragazzina della mia età possa preferire lo scrivere all’uscire con gli amici o al guardare la televisione.
Ti chiedi come sia possibile che ogni giorno io scriva fiumi di parole in maniera così naturale mentre tu fai fatica a scrivere cinque righe o poco più.
Sai madre, ormai per me è difficile spiegare le cose a voce, ecco perché scrivo.
Ciò che scrivo viene sempre apprezzato,  o tantomeno compreso, mentre ciò che dico è deriso, preso come una sciocchezza uscita dalla bocca di una ragazzina viziata.
Scrivo perché così riesco a sfogarmi. Riesco a dire ciò che è troppo imbarazzante per essere detto a voce, scrivo di desideri irrealizzabili e di ciò che vorrei per me.
Mi dispiace, madre, ma lo scrivere per me è come il respirare per te.
Cerca di capire che nemmeno per me è semplice: lo scrivere non mi allontana solo da te, ma dal mondo.