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Autore: EllieMarsRose    16/05/2013    1 recensioni
Una storia che mischia anime e rock and roll; un accendino rivelatore ed un bassista sull'orlo dell'autodistruzione. Un ragazzo e una ragazza in cerca d'amore. Rea (personaggio di Sailor Moon) è protagonista di questa storia modellata su fatti realmente accaduti fra il 1986 e il 1987; ispirato da "The Dirt" e "The Heroin Diaries". Special guests: Mötley Crüe
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Rei/Rea, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Nessuna serie
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23 The Crüe Wants You

Rea spense il motore della Ford Granada e si guardò nello specchietto retrovisore: «Ho un viso pessimo oggi. Non ho dormito niente stanotte e ho un'espressione veramente sconvolta».

Sbuffò alzandosi la frangia ed avvicinò i polpastrelli alle palpebre, ma Marta la bloccò per il polso sbraitando: «NON TI AZZARDARE A TOCCARTI GLI OCCHI!». La prese per il mento e la girò verso di sé: «Sei così bella, non rovinarti il trucco... e, fra parentesi, non hai il viso stanco». Rea la guardò scettica, ma l'amica le fece l'occhiolino: «Giuro. Sei stupenda».

La bruna le sorrise, più sicura, poi le fece un cenno con il capo ed entrambe scesero dalla macchina per entrare negli studi.


Giovedì 4 giugno 1987, 7 pm

Salivo le scale con le ginocchia che mi tremavano, fissando attentamente i gradini per evitare di inciampare e sperando di non incrociare Yuri sulle scale. Marta mi seguiva guardandosi intorno estasiata; non era mai stata in uno studio di registrazione. Tutte le pareti del corridoio erano tappezzate di gigantografie di quel leaflet che mi aveva fatto avere Nikki tre giorni prima e si udiva un gran vociferare provenire dalla porta in fondo all'edificio. Subito prima c'era una un bancone con dietro un ragazzo obeso e sudaticcio; ci ha guardate, studiandoci dalla testa ai piedi, e poi ci ha chiesto se eravamo lì per le audizioni, ruminandoci in faccia la gomma senza farsi troppi problemi. Abbiamo annuito entrambe, così ha preso i nostri nomi, ci ha dato due numeri e ci ha fatto varcare la soglia.


Come la porta tagliafuoco si aprì, subito una valanga di voci, capelli gonfi di lacca e fragranze femminili si riversarono addosso alle due ragazze, come un pentolone di olio bollente. Le due strizzarono le palpebre per poi riaprirle lentamente; Rea guardò sbalordita quel corridoio gremito di giovani donne: “Santo cielo, Barbie prodotte in serie!”. Tutte le altre, Marta compresa, avevano i capelli biondissimi, naturali od ossigenati che fossero, ed un davanzale più che prosperoso, originale oppure manipolato da qualche chirurgo di Beverly Hills; lei era l'unica con i capelli color carbone ed un seno di terza misura. Si sentì squadrata da capo a piedi da quell'esercito di bambole, mentre si appuntava il numero sull'orlo della canotta a spalline larghe; per un istante fissò la porta e provò l'impulso di darsela a gambe. Proprio in quel momento, Marta, sorridendo, la prese per il polso, quasi volesse preventivamente bloccarla: «Hai visto? A quanto pare qui dentro sei l'unica con un briciolo di personalità propria». Rea rimase piacevolmente colpita dalle parole dell'amica; a quello, proprio, non aveva pensato: sfruttare appieno la sua diversità per spiccare ancora di più e passare le selezioni. “Devo solo controllare le mie emozioni; se riesco a tenerle per i capelli, la voce non mi tremerà di sicuro”.

Lei e Marta si guardarono negli occhi e si scambiarono uno sguardo complice: «Hai ragione»

«Brava, così ti voglio. Combattiva come al tuo solito». Si sorrisero e si scambiarono un fragoroso cinque, facendo praticamente voltare tutte le ragazze che attendevano in fila di essere chiamate per entrare in sala e provare al gruppo che erano all'altezza del ruolo. Rea si appoggiò al muro e cominciò a fare esercizi di respirazione, mentre fissava la porta della sala dove stava provando la band; ad intervalli regolari, il maniglione antipanico si abbassava per far uscire o entrare le aspiranti coriste. Alcune ragazze uscivano gasate perchè pensavano di aver “spaccato”, altre se ne andavano a capo chino, versando lacrime amare poiché non ce l'avevano fatta ad aprire la bocca per l'emozione ed altre ancora che tornavano in corridoio esaltate perchè Vince aveva “largamente apprezzato la loro persona”. Rea si fissò le punte degli stivali: “Chissà se Nikki vorrà degnarmi di una sguardo...”; il suo diaframma si contrasse quasi dolorosamente nel ripensare a lui. Ormai aveva perso il conto dei giorni che erano passati senza vederlo; ma, anche senza contarli, erano decisamente troppi. Alzò nuovamente lo sguardo in direzione della porta: “Una cosa è certa: se Vince fa l'idiota, si prende uno sberlone sonoro”. D'improvviso si sentì chiamare per nome da un omone muscoloso e dall'aria losca: «Trentaquattro. Hino, dentro»; fu come essere bagnata da un getto di acqua gelida. Rea avanzò per quel corridoio fatto da ragazze bionde, sentendosi gli occhi di tutti puntati addosso come riflettori; per un attimo inciampò sulla moquette: “Oh, andiamo! Ho sempre camminato bene con questi stivali!”. Si voltò e fece in tempo a vedere una ragazza con i capelli color platino e le labbra fucsia che ridacchiava; strinse i denti ed abbassò lo sguardo vergognosa: “Cacchio, che figura”. Ma in quell'istante sentì qualcuno bisbigliare: «Ehi!»; subito guardò indietro e vide Marta che le faceva l'occhiolino. Rea sorrise, più forte che mai, e riprese a camminare decisa verso la porta imbottita di gommapiuma: “Devo passare queste selezioni. A qualsiasi costo. Rimarranno sbalorditi”. Si voltò un'ultima volta verso Marta per restituirle un sorriso, ma la guardia del corpo brontolò: «Vogliamo darci una mossa? Sennò chiamo qualcun'altra».

Rea lo fissò con occhi infuocati; subito, quell'omone immenso si fece piccolo piccolo di fronte a tanta decisione: «Entra, entra pure». Con passo sicuro e i pugni stretti passò attraverso una piccola anticamera con le pareti rivestite di gommapiuma grigia e poi entrò nella sala vera e propria, dove il gruppo la stava attendendo.


Giovedì 4 giugno 1987, 7 pm

Mi aspettavo che fosse uno stanzino soffocante e senza finestre, invece le pareti effettivamente insonorizzate e rivestite di sughero e gommapiuma erano solo due. Le rimanenti erano un'unica vetrata molto spessa di un'ampia forma semicircolare, che dava direttamente sul giardino interno degli studios. La luce del sole venata dal verde di quelle piante tropicali illuminava la sala, dandole un'aria quasi mistica e rilassante. Non ero pronta ad essere accolta da così tanto sole; di riflesso mi sono coperta gli occhi con una mano, poi le forme hanno iniziato a diventare più nitide.


La prima persona che vide fu Mick, che se ne stava solo nel suo angolino con il capo nero chino, le spalle curve appesantite dalla Kramer ed il viso rivolto alle manopoline del Marshall; si muoveva a rallentatore e teneva la bocca ermeticamente chiusa. Rea lo stava ancora scrutando, cercando di intravedere il colore dei suoi occhi, quando qualcuno la prese per mano: «Ciao dolcezza». La ragazza girò di colpo la testa e si trovò faccia a faccia con Vince Neil. La ragazza spalancò gli occhi, pietrificata dall'aspetto del cantante: “E questo sarebbe lo stallone biondo?”; il ragazzo aveva i capelli decolorati parecchio disordinati che gli cadevano scomposti sulle spalle, la barba di tre giorni, il viso sudaticcio e due occhi castani che parevano volerla divorare in un solo boccone. Il viso le si deformò spontaneamente in una smorfia schifata quando lui si portò il dorso della sua mano alle labbra inumidite di birra: «Che bella pupa mora che abbiamo qui»

«Ehi» Rea gli tolse lesta la mano dal viso e se la pulì sui pantaloni «non sono qui per uscire con te».

Vince rimase con gli occhi spalancati e la bocca semiaperta a guardare quella massa di capelli corvini che lo fissava con espressione combattiva: “Sti cazzi, che peperino”; poi, nel silenzio della sala, una risata trattenuta lo fece voltare verso la batteria con i nervi a fior di pelle: «Cazzo ridi, stronzo!»

«Lascia perdere Neil, quella è troppo tosta anche per te» Tommy sedeva sullo sgabello con indosso una maglietta di Mighty Mouse e le gambe aperte, mentre giocherellava con le bacchette e masticava spensierato una gomma rosa confetto. Il viso di Rea si illuminò nel rivedere quel volto amico: il sole gli accarezzava i boccoli morbidi, disegnandogli strane volute ai lati del viso sorridente, mentre quegli occhi vispi la salutavano con sincera felicità.

Nel frattempo Vince aveva puntato il proprio indice contro il batterista, quasi fosse un mitragliatore: «Cos'è? Pensi allora di potertela scopare tu, signor “HoilPisellopiùlungodell'universo”?».

Di tutta risposta, T-Bone fece spallucce: «Sono sposato, troione ossigenato, te ne sei dimenticato?».

«Smettetela voi due» sentenziò una voce oscura proveniente da dietro l'amplificatore del basso; il cuore di Rea mancò un battito in quell'istante: “Eccolo”. Nikki riemerse da dietro il cono, accompagnato dalla sua immancabile chioma nerissima cotonata alla perfezione. Istintivamente Rea si portò una mano alla bocca: “Non ci posso credere”; i capelli erano più curati e lucenti, sembrava molto meno emaciato dell'ultima volta che l'aveva incontrato e, soprattutto, gli occhi verde smeraldo gli brillavano di luce propria. Si era ripulito sul serio; stava meglio e si vedeva. Senza che nemmeno avesse il tempo per accorgersi, gli occhi le si velarono di lacrime di gioia. Aveva voglia di saltargli al collo, di dirgli che era stato uno stupido, un pazzo, ma che, dopotutto, lo voleva ancora; “Sai perchè? Perchè ti...”. Quell'idilliaco dipinto mentale fu repentinamente squarciato proprio dal bassista, che la fissò con fare gelido: «Ciao. Hai portato qualche pezzo?». Le lacrime le si riassorbirono in un nanosecondo mentre le pupille le si dilatavano a dismisura; era stato gelido ed asettico.


Giovedì 4 giugno 1987, 7 pm

Diciamo che avrebbe parlato così con chiunque. Insomma, non poteva certo far vedere che mi conosceva o chissà che cosa. Doveva fare quello distaccato, quello professionale; è giusto così, dato che in quel momento lui ricopriva il ruolo del mio “potenziale nuovo datore di lavoro”. Però, nonostante sapessi tutte quelle cose, mi si è gelato il sangue; quello era lo stesso tono di voce che aveva usato con me per cacciarmi fuori dalla sua stanza d'ospedale. Non volevo si comportasse di nuovo così con me, non volevo mi trattasse di nuovo come aveva fatto in precedenza; quindi ho tirato fuori gli artigli.


L'aveva riconosciuta dall'andatura, dall'appoggiarsi ritmico dei tacchi dei suoi texani che aveva un suono inconfondibile; era stato come riconoscere una Harley Davidson a chilometri di distanza. Ed immediatamente gli era mancata la terra sotto i piedi. Si era accovacciato dietro l'amplificatore del basso, con la scusa di dover sistemare una valvola, per chiamare a raccolta tutte le sue forze ed il suo autocontrollo; la verità era che doveva nascondere il più velocemente possibile il rossore delle sue guance: “Sembri un bambinello delle medie alle prese con la sua prima cotta”. Respirò profondamente e girò il viso in direzione del condotto dell'aria condizionata con l'intento di raffreddarlo: “Tranquillo, stai tranquillo”; eppure sapeva che le cose non stavano così. Si prese il collo fra le mani per far schioccare un paio di vertebre e percepì la propria carotide pompare ad un ritmo spropositato; era agitatissimo e non aveva la benchè minima idea di come comportarsi. Poi sentì Vince salutarla con la sua solita voce suadente intrisa di ormoni; istintivamente si morse il labbro inferiore ed espirò violentemente: “Eh no, cazzo, NO! Se allunga le mani lo ammazzo”. Fece per alzarsi inviperito, ma si ricordò che, assolutamente, non doveva far sapere a nessuno che lei era speciale per lui; le cose si stavano complicando in maniera esponenziale nel giro di millesimi di secondo. Ma subito sentì Rea rifiutare Vince, Tommy scoppiare a ridere e sbeffeggiare apertamente il biondo che cercava di far dimenticare la sua figuraccia starnazzando come una gallina e potè tirare un flebile sospiro di sollievo; la guardò, sentendo il suo sguardo ammorbidirsi come burro che si scioglie sul fuoco lento ed il respiro mozzarsi: “E' sempre più meravigliosa”. Poi, puntuale come il treno di mezzogiorno, la solita vocina rompipalle emerse dalla sua coscienza: “Ehi, rimbambito, fai attenzione; fai molta attenzione. Tu la vuoi, vero? Vuoi che passi le selezioni e venga in tour con te?”. Naturalmente, che domande. “E allora guai a te se dai a vedere che la conosci, o peggio, che ti piace”; Nikki si sentì come se avesse ricevuto una roccia in testa. “Vero che non vuoi che lei venga scartata?” scosse la testa fra sé “E allora comportati da stronzo! Tanto sei capace; senza contare che ti riesce anche piuttosto bene”. E così aveva fatto; le aveva chiesto, con fare tagliente, se avesse preparato qualche pezzo in particolare. Rea lo aveva fissato dapprima smarrita, poi il suo sguardo si era indurito ed aveva risposto con il suo identico tono: «Sono preparata su qualsiasi brano».

Un brivido corse lungo la schiena di Nikki; faceva quasi paura sentirla parlare così, però in cuor suo sapeva che anche lei, in fondo, non voleva nemmeno rivolgersi a lui con quel tono. Il bassista aggrottò le sopracciglia e poi ghignò: “Fantastico, me l'ha servita su un piatto d'argento”

«Benissimo, quindi se ti chiedo “Dancing On Glass” non dovresti avere problemi»

«Ehi Sixx, quello è uno dei brani più difficili che abbiamo» Vince si intromise nella conversazione, mentre si appesantiva sull'asta del microfono e si scostava un ciuffo ribelle dal viso

«E chi se ne fotte» rispose di rimando il bassista, fissando dritto negli occhi Rea con aria di sfida «lei vuole essere messa in difficoltà, quindi... questo è il pezzo ideale».


Giovedì 4 giugno 1987, 7 pm

Ho visto una strana scintilla nei suoi occhi; il suo comportamento pareva volermi mettere nelle peggiori acque, però mi aveva proposto la MIA canzone. L'ho guardato stupita; voleva fare lo scostante pur rimanendo tacitamente mio complice. E questo mi ha fatta diventare ancor più sicura di me; nessuno, in quel frangente, avrebbe potuto mettermi al tappeto.


Cantò la canzone tutta d'un fiato, concentratissima e rilassata al tempo stesso; la conosceva come il palmo della sua mano e non si soffermò nemmeno troppo a pensare alle pause da rispettare ed alla quantità di fiato da inspirare. Dopo quasi quattro minuti di esibizione intensa, Vince la fissò con la bocca spalancata: «Porca puttana, impressionante»

«Grazie» Rea si ravvivò i capelli, contentissima della sua performance

«Bene» sentenziò Nikki glaciale «puoi accomodarti fuori, nel pomeriggio comunicheremo i risultati».

La bruna si limitò ad annuire, salutò la band con un veloce cenno della mano, mentre Tommy le faceva furtivo l'occhiolino, ed uscì svelta dalla sala, sentendosi forte ed irrefrenabile.


* * *


Marta la raggiunse nella tavola calda poco distante dagli studi, appena dopo l'una; si sedette trafelata al tavolino, mentre si sistemava velocemente il fiocco rosso specchiandosi nella vetrina che dava su Melrose Avenue. Le ragazze stettero per un attimo in silenzio, mentre una cameriera serviva loro due Pepsi e lasciava sul tavolo le liste, poi la bionda si appoggiò al tavolo con i gomiti e si protese verso l'amica, parlando quasi sottovoce: «Allora?».

Rea fece spallucce, attaccandosi alla cannuccia per sorseggiare un po' di bibita: «Non saprei...»

«Oh, su! Non fare la modesta» Marta scansò l'aria di fronte a sé, abbassando leggermente le palpebre «Guarda che ti ho sentita da fuori e sei stata spettacolare».

La bruna sorrise: «Dici sul serio?»

«Dico, dico!» Marta le fece l'occhiolino «Ci sono state delle ragazze che si sono quasi spaventate; dovevi vedere le loro facce, per la serie: “Siamo fregate, non ce la faremo mai”». Le due risero insieme, poi Rea chiese a Marta com'era andato il suo provino; la bionda guardò per qualche secondo le bollicine scalare allegramente la superficie del bicchiere e sospirò: «Non benissimo. Appena entrata mi sono fatta prendere dal panico; ti puoi immaginare come abbia cantato». La bruna si sentì quasi in colpa per averle fatto quella domanda, ma subito l'amica le strinse le mani: «Ma non importa. Quella che deve passare sei tu, non io».

«Però sarebbe stato bello andare insieme, non ti pare?» Rea sorrise e bevve un sorso di Pepsi «E poi non è detto che passi. Magari adesso è dentro in sala qualcuno di bravissimo e io mi sogno di partire». Abbassò lo sguardo sull'hamburger che era appena stato servito al tavolo, sentendo un peso crescente chiuderle lo stomaco; non aveva quasi più voglia di mangiare. Un sacco di domande iniziarono ad affollarle la mente: “Sarò stata sufficientemente convincente? Avranno apprezzato tutti la mia esibizione? E se... e se ci fosse qualcun'altra ancora più brava di me?”. D'improvviso gli occhi le si velarono di lacrime; tutta la forza e la decisione che aveva avuto fino a quel momento sembravano essere ormai un lontano ricordo. Marta si accorse del suo repentino cambio d'umore ed aumentò la stretta delle mani: «Ehi». Rea alzò timidamente lo sguardo, cercando di nascondere quelle inutili lenti a contatto dietro la frangia. Marta ridacchiò e le scostò i capelli dagli occhi: «Vedrai che andrà tutto bene, ne sono sicura»

«Io non lo sono per nulla» la bruna si mordicchiò il labbro inferiore sentendo lentamente la gola chiudersi

«Invece devi esserlo, altrimenti perchè mai ti avrebbe mandato quel leaflet con dietro quel messaggio così personale?».

Era vero, il ragionamento dell'amica non faceva una grinza; eppure Rea non riusciva ad avere piena fiducia in Nikki: “Beh, sai com'è. Dopo gli ultimi avvenimenti, mi risulta un po' difficile; spero solo che possa riscattarsi presto”.


* * *


Tommy bevve alla goccia la mezza bottiglia di birra che ormai stringeva fra le mani da circa dieci minuti: «Sono finite?»

«Per fortuna sì» Vince si grattò la testa studiando le miriade di fogli con sopra pinzate le foto di tutte le ragazze che si erano presentate quella mattina per le audizioni sparpagliate sul tavolo della sala uno dei Conway Studios.

«Bisogna che si inizi a scegliere» Mick tirò una lunga boccata dalla sua Marlboro seguito da un abbondante sorso di vodka pura «sono tantissime»

«Sì» Nikki allungò le mani e racimolò tutta la carta in una pila ordinata, poi guardò con sguardo corrosivo il resto della band «e, mi raccomando: scelta per doti canore, non di corpo e costituzione»

«Servono anche corpo e costituzione, coglione» Vince si sedette pesantemente sulla sedia di fronte al bassista «non voglio che dei cessi ambulanti cantino al fianco di un bel faccino come il mio»

«Vaffanculo “bel faccino”» in quell'istante il manager, Doc McGhee, un omone tozzo ed inzaccherato di dopobarba, con la pelata abbronzata tirata a lucido, si accomodò al tavolo con i ragazzi «impegnatevi a scegliere queste due ragazze. Devono essere bravissime e anche piacenti». Seguendo gli ordini del manager, le non idonee furono eliminate nel giro di un quarto d'ora e le candidate, da circa cinquanta che erano, si ridussero a sei.

«Dunque» Doc prese i fogli e cominciò a rigirarseli fra i palmi «siamo rimasti con: Emy Canyon, Tamara Kosovic, Donna McDaniel, Hannah Taylor, Rea Hino e Sarah Dwight»

«Oh, la mora resiste» constatò apatico Mick versandosi un altro bicchiere di vodka

«Già» Vince rubò malamente dalle mani di Doc il foglio con appiccicata la foto della ragazza; la fissò quasi con disprezzo: non aveva per nulla digerito che l'avesse rimbalzato così platealmente davanti al resto della band. “Io sono il cantante. Io sono il figo del gruppo. Io sono quello biondo. Io sono la sex machine e NESSUNA può osare rimbalzarmi”; proprio per questa lunga serie di motivi “Quella Hino” non meritava di passare le selezioni.

Intanto Nikki lo fissava in cagnesco dal lato opposto del tavolo; si vedeva lontano un chilometro che Rea non piaceva al biondo, ma sapeva anche che, musicalmente, Vince non era minimamente stimato da nessun altro componente del gruppo e tanto meno dal loro manager. “E poi sono certo che Tommy mi sosterrà al cento per cento. Ora resta solo da convincere Mick”. Doveva riuscire a tutti i costi a far passare la sua Rea; certo, non sarebbe stato per nulla facile riallacciare i rapporti con lei, ma il tour era l'occasione giusta per rimettersi in gioco e dimostrarle che era migliorato sul serio. Fu proprio il bassista a dare il via allo sfoltimento: «Sentite, Hannah non era niente male a cantare, però non era capace di muoversi»

«Effettivamente è vero» Tommy mise le gambe sul tavolo stiracchiandosi sulla sedia «l'ho trovata piuttosto legnosa»

«Senza contare che ha tirato una stecca non trascurabile» Mick parlò da dentro il suo bicchiere colmo di vodka, scatenando l'ira di Vince.

«Smetti di bere! Cazzo, dobbiamo prendere una decisione importante».

Il chitarrista, dal canto suo, fece spallucce e continuò indisturbato a sorseggiare il suo superalcolico: «Da che pulpito, sentilo il forzato astemio».

Nel sentire quelle parole, il cantante scattò in piedi, gonfiandosi come un piccione in calore: «Vai a morire, Mars!».

Mick fissò allibito il biondo per qualche secondo, poi sospirò: «Disse l'uomo che uccise Razzle».

A quel punto il manager si interpose fra i due, per scongiurare un qualsiasi attacco violento da parte di Vince nei confronti del chitarrista mingherlino; non era un bene che lo smontasse ancora prima che iniziasse il tour, sarebbe stato un casino cercare un turnista: «Piantatela, tutti e due. Tu, Mick, smetti di bere. E tu, “Bel Faccino Come Il Culo”, stai tranquillo e concentrati sulle tue partner vocali». Mars poggiò apatico il bicchiere sul tavolo, mentre Neil sbuffò pesantemente alzando gli occhi al cielo e posando malamente il proprio fondo schiena sulla sedia imbottita. Nikki lo fissò con sguardo perforante, quasi volesse estorcergli la risposta a lui più congeniale; alla fine il biondo cedette: «E va bene, Hannah no. Poi?».

YES!” Il primo neurone del bassista alzò il pugno in segno di vittoria “E' nelle mie mani come avevo previsto. Adesso devo solo guidarlo dritto al bersaglio; devo disporgli le esche perfettamente allineate, così finirà dritto nella mia trappola”. Sì, la trappola: farlo lavorare per i successivi dodici mesi con Rea. Già si gustava le scene prima ancora di averle viste: lei che riusciva a tener testa al biondino e che lo comandava a bacchetta; per uno che si comportava da primadonna non ci voleva altri che Fiamma. “Lei. E poi un'altra corista; una a caso, non mi importa chi. La cosa importante è che lei parta con me”.

Tommy fece segno al manager di passargli i fogli che aveva in mano e, da lì, estrasse il curriculum di Sarah Dwight; studiò la foto della ragazza per diversi secondi, poi scosse la testa: «E' brutta»

«Tu stai scherzando» Vince si alzò di scatto e gli strappò di mano la fotografia «insomma, è biondissima, con due pere incredibili...»

«Sì ma... Neil» Nikki cercò nuovamente di tirare acqua al proprio mulino «guardala bene in viso: ha il naso grosso e storto»

«Appunto» Tommy alzò il pollice al bassista; Nikki, da parte sua, gli fece l'occhiolino: il batterista lo stava appoggiando tacitamente in tutto e la cosa lo faceva sentire parecchio tranquillo.

Sfortunatamente Vince si accorse di quello sguardo d'intesa; stette per un attimo in silenzio a studiare chi sedeva con lui al tavolo: Mick che sembrava essere su un altro pianeta, Doc che leggiucchiava i profili delle ragazze e “quei due stronzi” che gli stavano nascondendo qualcosa. Poggiò rumorosamente i gomiti, congiungendo le mani: «Voi due state architettando qualcosa».

Tommy lo guardò con indifferenza: «Perchè mai dovremmo?»

«Esatto» gli fece eco Nikki, ma la voce gli uscì tremolante, come la fiamma di una candela che lotta contro il vento per rimanere accesa.

Vince realizzò cosa stava passando per il cervello dei due e puntò il suo indice dritto contro di loro: «Potete anche scordarvelo».

Porca puttana, e ora?” Nikki si maledisse per quella debolezza millimetrica; il piano stava lentamente compromettendosi: “Fanculo, mi ha appena beccato con le mani nel sacco”. Chinò il capo e si passò nervosamente le mani nei capelli appena tinti, espirando e stringendo i denti: “Si scoprirà tutto prima ancora di partire. Che coglione, coglione!”.

Tommy guardò l'amico con la coda dell'occhio e decise di partire con il contrattacco: «E c'è qualcosa di oggettivo che può farcelo scordare?»

«Sì» Vince ruggì come un leone rabbioso «mi ha trattato a pedate nel culo».

Nell'udire quelle parole, Nikki scoppiò in una risata isterica attirando su di sé l'attenzione di tutti; il bassista picchiò il pugno sul tavolo respirando a fatica: «E questo ti ha certamente tappato le orecchie quando cantava»

«Quella non ha cantato. Ha starnazzato come una gallina. Una fottuta gallina» Vince era sempre più paonazzo in viso e stava stringendo i pugni così forte che stava per tagliarsi i palmi delle mani con le poche unghie che si ritrovava.

Ecco, ora è il momento giusto per scoprire le carte”; Nikki aggrottò le sopracciglia mentre sul viso gli compariva un sorriso malefico: «E a te pare che scegliamo una gallina starnazzante per farti fare i controcanti su “Dancing On Glass”?».

Nella stanza scese un silenzio agghiacciante; Mick smise di guardare il fondo del bicchiere che teneva in mano, Doc alzò lo sguardo dalle foto mentre Vince allargò le pupille all'inverosimile, dischiudendo la bocca. “Non può essere lei, non è vero. Una stronza così non PUO' e non DEVE avere una voce simile. Quella in tour non ce la voglio!”.

«Ma veramente quella è la voce femminile del disco? Quella ragazza che non ho visto perchè quella sera ero a casa ammalato?» il manager poggiò i fogli sul tavolo, incuriosito dalla notizia; aveva sempre pensato che quella voce incredibile appartenesse ad una donna di colore, forse anche un po' sovrappeso, invece a cantare era una bella mora, con la pelle chiara e lo sguardo profondo. Riprese in mano la sua foto e la studiò attentamente per qualche secondo, giungendo alla conclusione che era davvero una splendida ragazza, una bella e capace presenza che sul palco avrebbe dato un supporto eccezionale a Vince; riguardò di sfuggita il nome: “Rea Hino” e subito prese in mano il vinile di “Girls Girls Girls” che giaceva al centro del tavolo e fece scorrere il dito sui crediti dell'album, ritrovando il nome della ragazza. Sorrise soddisfatto, guardando di sottecchi Nikki: “E' un cazzone, ma musicalmente è geniale”.

Tommy notò con la coda dell'occhio che lui e Sixx erano riusciti a tirare dalla loro parte il manager; ormai era fatta, erano tre contro due. Il batterista ridacchiò, tamburellando le dita sul tavolo: «Allora Neil? È ancora così incapace?».

Il cantante, di tutta risposta, si alzò violentemente dalla sedia ed andò ad alzare di peso il bassista per il bavero: «Apri bene le orecchie, bastardo, io quella in tournée non ce la voglio, CHIARO?»

«Uh» Nikki alzò per un secondo un angolo della bocca, fissando Vince con gli occhi iniettati di sangue «qualcosa mi dice che hai perso, brutta checca acida».

Il biondo non ci vide più per un millesimo di secondo, poi il suo destro si schiantò dritto contro lo zigomo del bassista con un tonfo secco. Subito Tommy alzò di peso Vince, lasciandolo sospeso in aria, a scalciare contro il nulla, mentre Doc si chinò a vedere come stava il bassista, che si copriva la faccia, grugnendo frasi incomprensibili nei confronti del cantante. Inaspettatamente, fu Mick a prendere in mano le redini della situazione: «Secondo me non è una buona idea portarla in tour. Insomma, magari i fan cercano qualcosa di nuovo e portar loro la ragazza che ha inciso con noi il disco come corista... forse non è la soluzione migliore. Meglio portare nomi non noti»

«Mars» Nikki stava urlando da dietro la mano con cui si premeva lo zigomo dolorante «smetti di bere, così magari inizi a dire qualcosa di sensato!»

«Sì, sì! Mick ha fottutamente ragione».

Tommy prese Vince per il mento, girandogli forzatamente la faccia verso di lui, e lo guardò con occhi schifati: «Ma falla finita!» e detto questo lo scaraventò a terra.

Doc scosse il capo, sospirò e si rialzò, sollevando con sé Nikki: «E allora sentiamo, cosa proponi?».

Mick spulciò un paio di fogli, poi trovò quello che gli interessava; nel silenzio della stanza si sentivano le sue dita scheletriche scorrere lungo la carta, poi l'omino porse due fogli a Doc: «Queste. Bionde, belle e brave».

Il manager prese in mano i curricula: «Emi Canyon e Donna McDaniel» sussurrò fra i denti, cercando invano di non farsi sentire.

«Grandissimo Mars, vedi che ogni tanto quella testa vuota che ti ritrovi funziona?» Vince si rialzò di scatto per correre incontro al chitarrista per abbracciarlo, ma il batterista lo bloccò di nuovo e lo incatenò ancora più forte a sé, impedendogli quasi di respirare. Nikki fulminò con lo sguardo Mick, digrignando i denti: “Ci mancavi giusto tu”; tolse malamente dalle mani di Doc i fogli e guardò le facce delle due, cercando di ricordare come avevano cantato. Ma più si sforzava, più il suo cervello assomigliava ad un campo a maggese; zero spaccato.

Eri così concentrato su Rea che non hai nemmeno cagato di striscio tutte le altre che sono entrate” i suoi neuroni scossero dissenzienti le loro testoline “Va bene che ti interessava lei (e ha pure fatto un ottimo lavoro), ma cerca di essere un po' più professionale, che cazzo!”. La soluzione migliore era far finta di chiedere a Tommy cosa ne pensava, così avrebbe semplicemente fatto la figura del “dubbioso”, quando invece scaricava completamente sull'amico la responsabilità della scelta della seconda corista, “Perchè la prima deve essere per forza Rea”: «T-Bone, tu cosa dici?».

«A me Emi è piaciuta molto»

«Sì, anche a mmm.....» Vince cercò di intromettersi nel discorso, ma Tommy lo schiacciò violentemente contro di se, mozzandogli il fiato

«Nessuno ha ancora chiesto il tuo parere» il batterista lo mise a tacere, poi riprese «si muove bene e ha una voce piuttosto potente. Per me è ok».

Nikki si limitò ad annuire, guardando negli occhi il manager e fidandosi ciecamente dell'amico.

«Va bene» Doc spuntò con un evidenziatore verde il curriculum «quindi Emi Canyon è stata scelta all'unanimità».

In quel preciso momento, Nikki sentì crescere la tensione dentro di sé: il tempo stringeva e le possibilità di fare entrare Rea nell'organico della band erano dimezzate. Doveva trovare assolutamente il modo per mettere a tacere Vince e far cambiare idea a quell'idiota di Mars, o si sarebbe ritrovato con il culo per terra e il cuore spezzato; due grandi dolori che non era in grado di sopportare contemporaneamente. Ma prima ancora che potesse cominciare la sua arringa in difesa di Rea, Vince partì all'attacco: «A questo punto, io prenderei la McDaniel. È bionda e bella. In questo modo si raggiungerebbe l'equilibrio»

«Equilibrio?» Tommy poggiò il cantante a terra e lo fissò stranito

«Certo: tre cessi mori contro tre figoni biondi. Non c'è storia»

«Tu devi proprio avere il cervello nel culo per dire una stronzata simile!» la rabbia fuoriuscì dal corpo di Nikki con la violenza di un'eruzione vulcanica «Non puoi basare la tua scelta sul colore dei capelli»

«Colore dei capelli?» T-Bone si portò una mano alla bocca, pensieroso.

«Beh, il fatto è che le bionde piacciono sempre di più delle more» Vince parlò con tono da sbeffeggio, quasi fosse un bambino dell'asilo che prende in giro il proprio amichetto perchè “io ho le scarpe rosse e tu no”.

«Ma chi se ne fotte se le bionde piacciono di più delle more! Che poi è sempre tutta da vedere; la verità è che a me la McDaniel non è piaciuta e chi merita di venire con noi è chi ha cantato sul disco e conosce già il nostro repertorio» il bassista parlava con gli occhi iniettati di sangue. Se c'era qualcuna che veramente meritava di passare era Rea: oltre ad avere la voce giusta, conosceva a menadito tutti i brani della band, a differenza della maggior parte delle ragazze che si erano presentate e che avevano candidamente ammesso di essere lì solo per riuscire a diventare famose. E la McDaniel era proprio stata una di quelle.

«A me invece fotte di avere una bella figa di fianco» Vince ribaltò una sedia, giusto per evidenziare il concetto «possibilmente, anzi, sicuramente bionda»

«Bionda?» il batterista era in preda alla confusione più totale; osservava la discussione fra i suoi due compagni di band, senza però capire cosa realmente stava succedendo. Era come se fosse stato rinchiuso in una bolla di sapone e guardasse la scena dipinta con colori gioiosi e zuccherosi. Forse aveva bevuto troppa birra durante le prove e stava iniziando a pagarne le conseguenze.

«Adesso mi hai proprio rotto le palle» Nikki, in preda alla rabbia più nera, alzò il cantante di peso prendendolo per il bavero «questo tuo ragionamento dimostra che non sai scegliere le colleghe. Si prende Hino e basta! Lei sa i pezzi, lei ha cantato sul disco. E sono requisiti più che soddisfacenti perchè diventi una nostra corista»

«Io quella non la voglio!» Vince si aggrappò isterico alla chioma corvina del bassista

«Solo perchè ti ha rifiutato, non significa che non sia capace. Io la trovo migliore di Donna»

«Una stronza che mi rifiuta non merita di lavorare con noi, perchè non ha capito nulla dell'essenza dei Mötley Crüe»

«Essenza?» questa volta non era stato Tommy a ripetere come un ebete l'ultima parola detta; era stato il tenebroso chitarrista ad aprire la bocca.

«Sì, Mars» rispose quasi seccato il biondo, puntandosi l'indice al petto «IO sono l'essenza dei Crüe».

Nell'udire quella frase, Nikki si scaraventò letteralmente su Vince, mettendolo a terra e alzando il pugno destro, pronto a calarlo sullo zigomo del cantante. Per sua fortuna, fu il batterista a bloccare la rissa sul nascere: «Ma piantala di dare aria alla bocca, Neil! Tu non metti mai mano sulla musica perchè strimpelli a malapena la chitarra e tanto meno sui testi perchè sei fottutamente dislessico. E a quanto pare il tuo cervello è in putrefazione, dato che non capisci che Rea è quella giusta»

«Il tuo è in putrefazione, alcolizzato di merda» ragliò il biondo, sotto il peso di Nikki, che immediatamente gli mollò un ceffone sonoro.

A quel punto, Doc si sentì in dovere di prendere in mano la situazione, o la band non sarebbe mai andata in tour, causa “rissa generale terminata con un plateale giro al pronto soccorso di tutto lo staff”; urlò con tutto il fiato che aveva in corpo: «SEDETEVI TUTTI QUANTI AL TAVOLO E STATE ZITTI, CAZZO!». I ragazzi lo fissarono impauriti, come se fossero stati sgridati dal proprio padre; abbassarono tutti il capo e presero posto in silenzio, mantenendo gli sguardi fissi sulle loro scarpe. Il manager attese che fossero tutti composti, poi cominciò a parlare: «Vedo che la vostra maturità è alle stelle. Siete le persone più allucinanti con cui abbia avuto a che fare». Si rivolgeva a loro con tono schifato; così schifato che faceva venire i brividi.

Nikki nascose il proprio viso nei capelli gonfi, sentendo un terribile senso di oppressione a livello dello sterno: “So già come va a finire”.

«Dato che non siete in grado di prendere civilmente una decisione importante, mi vedo costretto a prendere in mano le redini della situazione. Che vi piaccia o no».

Quelle parole sembravano pugnali gelidi nella schiena del bassista: “Ho fallito miseramente. Fallito. Niente Rea in tour, niente recupero, niente spiegazioni. Niente di niente”. La stanza si fece incredibilmente silenziosa; sarebbe stata una tomba, se non si fosse sentito il regolare ticchettio del Rolex di Vince. Nikki respirò profondamente, percependo sempre più imponente sulla propria testa il peso di una spada immaginaria, pronta a trapassargli la materia grigia; alzò gli occhi da dietro il suo nascondiglio nero quel poco che bastava per scrutare gli altri e constatò che anche loro erano più o meno nel suo stesso stato: “Tranne Mick. A lui basta avere la sua bottiglia”.

«La Canyon passa a pieni voti e su questo siamo d'accordo tutti» gli occhi di Doc fissarono le teste dei quattro che, mute, annuivano nervosamente «Rimane il dubbio ora fra McDaniel e Hino».

Nel sentire quel cognome, Nikki ebbe un tuffo al cuore; senza farsi notare, si fissò le ginocchia ed incrociò le dita. Vince alzò timidamente la mano: «Se posso...»

«No» la risposta fu secca «tu taci e basta. TUTTI tacete e basta».

Calò nuovamente il silenzio. Il bassista chiuse gli occhi e cominciò a ripetere mentalmente: “Scegli Rea, ti prego” come se fosse una preghiera.

Il manager si appesantì sul tavolo, facendo scricchiolare l'unica robusta gamba centrale: «Ora, risponderete solo se interpellati».

Sembra di essere in caserma” Nikki strinse ancora più forte le dita.

«Vince» Doc si rivolse al cantante con tono autoritario «ti ricordi quanto era il cachet stabilito per entrambe le ragazze?»

«Dodicimila dollari netti in due per ogni serata»; gli tremava la voce come durante un'interrogazione.

«Bene. Significherebbe seimila dollari netti a testa» fece una pausa strategica, poi riprese «Ma nessuna delle ragazze sa che quella è la propria retribuzione, confermate?».

Tutti annuirono.

«Di conseguenza, se noi facciamo scendere il compenso a quattromila dollari netti pro capite, sono ugualmente contente. Quei soldi non li vedrebbero nemmeno alla fine di un normale mese di lavoro e non avrebbero nulla da ridire».

«Quattromila?» Nikki bisbigliò a se stesso la cifra a bassa voce; non poteva credere alle sue orecchie.

«Sì Sixx» il manager gli tirò una sonora pacca sulla spalla «quattromila è il nostro numero perfetto»

«Ehi Doc» Tommy si sporse verso il pelato, tamburellando con le dita «ma il numero perfetto non era tre?».

Doc gli fece l'occhiolino: «Hai fatto centro, stangone. Le prendiamo tutte e tre, così la finite di piagnucolare e bisticciare. Diciamo che la Canyon e la McDaniel sono due belle bionde che fanno la loro porca figura e non si muovono niente male, ma sarà Hino il nostro asso nella manica».

Asso nella manica?” Nikki si sentiva come se stesse per prendere il volo; aveva voglia di sorridere come un ebete, ma non poteva. Tutti si sarebbero accorti che c'era qualcosa di strano, quindi era meglio continuare ad avere quell'espressione imbronciata.

«La Canyon e la McDaniel sono le nostre due Barbie» sul retro di uno dei curricula scartati, Doc fece uno schizzo del palco «e le faremo salire su due pedane laterali esattamente dietro Sixx e Mars. Ma Hino, che è quella che conosce meglio il repertorio e ha cantato sul disco, la mettiamo sulla pedana centrale». Alzò gli occhi e vide Vince inorridire: «Proprio così biondino, Hino ti farà i cori su quasi tutte le canzoni. La si fa entrare sul secondo pezzo, le si garantisce un momento di stacco per un fulmineo cambio d'abito, magari durante il solo di batteria, e ti sorreggerà fino a che non stramazzi a terra bisognoso di ossigeno. Fattene una ragione».

Nel sentire il discorso, Nikki slegò le dita e strinse i pugni sotto il tavolo in segno di vittoria. Ce l'aveva fatta. Rea era stata notata per il suo talento oggettivo ed era riuscita a passare le selezioni. Si sentiva agitato, con il cuore che gli batteva a mille e lo stomaco ribaltato; non vedeva l'ora di comunicarlo a lei, voleva vedere la sua reazione. Ma ancor di più, non vedeva l'ora di stare con lei tutto il giorno per i successivi undici mesi; voleva farsi perdonare a tutti i costi. Sarebbe stato il cammino più arduo che aveva mai intrapreso fino a quel momento nella propria vita, ma era ben intenzionato a portarlo a termine.


* * *


Dal diario di Nikki. Giovedì 4 giugno 1987.

Ormai è prassi, sono io quello che fa gli annunci. Quando sono uscito dalla sala mi sono ritrovato di fronte ad una massa di teste bionde; la cercavo impaurito, mi sentivo un po' come quando mi veniva a prendere Nona fuori da scuola ed io non riuscivo a vederla. Tremavo come una foglia. Poi l'ho vista: era quasi alla fine del corridoio, vicina ad una ragazza con i capelli biondi ed un fiocco rosso. Il suo viso non mi è del tutto nuovo, forse deve essere una di quelle che abita in casa con lei. Per un istante i nostri sguardi si sono incrociati e mi sono sentito rinvigorire; è incredibile l'effetto che quegli occhi dalle venature indaco hanno su di me. Ho ringraziato tutte senza troppi giri di parole e poi ho fatto l'annuncio: «Passano: la numero 3, Emi Canyon». Primo starnazzo da gallina; già la odio. «La numero 15, Donna McDaniel». Secondo starnazzo da gallina; odio anche lei. Ho preso fiato e ho detto senza fermarmi: «E la numero 34, Rea Hino». Lei non ha starnazzato; è umile e non fa queste uscite. Ha spalancato gli occhi incredula e si è puntata contro l'indice; mi ha guardato e ha mimato: “Io?”. Non ho potuto fare altro che annuire. Lei ha sorriso, il sorriso più bello che abbia mai visto. Ha abbracciato la sua amica bionda e ha alzato il pugno; mi sono venuti gli occhi lucidi, quasi non ci credevo nemmeno io. Poi Doc le ha invitate ad entrare in sala con noi per spiegare loro il lavoro che devono fare: tre prove con noi per stabilire le parti e poi partenza il 16 giugno. Prima serata in Arizona, a Tucson, il 19 giugno; segue tour americano e poi in autunno si va in Giappone. All'inizio del 1988 si comincia con l'Europa. «Sarà faticoso, ma vi divertirete come matte» ha promesso; ho seri dubbi sul divertirsi. Ha detto anche che avranno dei costumi molto sexy per andare in scena e che le sarte prenderanno loro le misure nei minuti successivi. In quel momento ho visto Vince avanzare di nuovo, pericolosamente, verso Rea; le ha bisbigliato qualcosa all'orecchio, ma non sono riuscito a leggere il labiale. Quello di sicuro vuole provarci di nuovo, non gli è bastato il rifiuto di prima; così sono intervenuto: «Prima che si proceda con la presa delle misure dei vestiti delle ragazze, vorrei mettere in chiaro la regola fondamentale del tour».


Tutti si voltarono verso il bassista con sguardo interrogativo. Nikki rimase in silenzio per qualche secondo, convincendosi che quello che stava facendo era per il bene non solo di Rea, ma di tutti, e poi sentenziò: «Nessuno tromba con nessuno. Ragazzi, nessuno tocca le coriste. E le coriste non si fanno toccare da nessuno, né da noi, né dal manager, né dalla security e tanto meno dai roadie».

Emi e Donna batterono le palpebre spaesate e biascicarono un “Ok” appena comprensibile.

«Non vi sta bene?» Nikki arricciò le labbra “Lo sapevo che queste due erano venute solo per succhiarcelo”

«Nessun problema». Tutti si voltarono verso Rea, che aveva parlato in modo deciso. «Mi sembra più che corretto. Siamo colleghi ed è giusto che, fra noi, ci si comporti così».

Nikki le sorrise: «Questo è lo spirito giusto».


* * *


Era uscito dallo studio quasi correndo, subito dopo che la sarta si era portata via le tre ragazze per prender loro le misure per confezionare i vestiti di scena. Aveva chiesto a Tommy di coprirlo, mettendo in giro la voce che se n'era andato a casa prima a causa di un mal di testa perforante come un martello pneumatico, ed aveva inforcato i suoi occhialoni neri. Era sceso per le scale rischiando di scivolare innumerevoli volte per colpa delle suole lisce degli stivali e lì l'aveva vista di sfuggita. Il problema era fermarla senza dare troppo nell'occhio; si fissò per qualche istante nella porta a vetri degli studios: “Gilet leopardato, niente sotto, pantaloni di pelle e texani di pitone. Ti vedrebbe anche un cieco”. Decise di fregarsene e di continuare a seguire a passo spedito quel fiocco rosso; prima o poi l'avrebbe raggiunta sicuramente. Si accese nervoso una sigaretta e ampliò il movimento delle proprie falcate; fortunatamente la bionda camminava lentamente, guardando spensierata il cielo. Quando le fu ad un paio di metri, la chiamò: «Scusa?».

Marta si girò curiosa: «Ci conosciamo?».

Nikki abbassò le lenti nere e fece un passo verso di lei: «Eri anche tu alle audizioni. Sei amica di Rea, vero?».

La ragazza rimase per un attimo spaesata, poi allungò verso di lui la mano destra: «Sì... mi chiamo Marta, piacere».

Il bassista non fece nemmeno caso al suo gesto: «Senti Marta, ti dispiace se ti pago un taxi per tornare a casa?»

«Taxi?»

«Sei venuta in macchina con Rea oggi, immagino» Nikki le fece l'occhiolino e sorrise.

Marta arrossì di colpo; congiunse le mani e se le portò al petto: «Senti, io... io...».

Questa non ha capito proprio niente” il bassista le mise una mano sulla spalla e cercò di tranquillizzarla: «Ascolta Marta, io non ti sto chiedendo di uscire con me stasera o di trovarci da qualche parte. Ti sto chiedendo molto gentilmente di lasciare soli me e la tua amica. Devo parlarle assolutamente».

La ragazza sospirò sentendosi meglio, prese le due banconote da cinquanta dollari che Nikki le stava porgendo e salì sulla prima Ford gialla che accostò. Il bassista guardò gli stop del taxi mischiarsi al traffico del boulevard, poi fece cadere a terra il mozzicone della sua Marlboro: “Quella Ford Granada... dev'essere qui da qualche parte”.

Camminò lungo il marciapiede per cinque minuti abbondanti, poi la scorse, incastrata fra una Chevrolet e una Mustang sgangherata; sorrise, soddisfatto della propria ricerca, e si accesa una seconda sigaretta. Chiuse gli occhi ed aspirò più che potè dal filtro, riempendosi i polmoni di quel denso fumo grigio, ma non fece in tempo ad espirare che una voce gli arrivò da dietro le spalle: «Cosa fai qui?».

Nikki si girò di scatto, iniziando a tossire per lo spavento; gli occhi presero a lacrimargli e fu costretto a gettare sull'asfalto la sigaretta appena iniziata.

Rea incrociò le braccia al petto e scosse il capo: «Quando la smetterai di fumare?»

Eccola. Lei e le sue ramanzine” il bassista sorrise, tossicchiando ed asciugandosi il viso con il dorso della mano. La guardò negli occhi e le sorrise; la mente gli si riempì in un istante di cose. Cose che voleva dirle. Segreti che voleva confessarle. Gesti che voleva fare. Ma tutto quello che riuscì ad articolare fu un timido: «Ciao».

«Ciao» ripetè seccamente Rea. La ragazza lo guardò nella luce del pomeriggio: non era mai stato così bello. Il primo impulso fu quello di buttargli le braccia al collo e baciarlo con ardore; fece per alzarsi in punta di piedi per arrivare meglio alle sue labbra ma subito si bloccò: “No, ti prego. Trattieniti”. «Cosa ci fai davanti alla mia macchina?».

Nikki abbassò gli occhi, imbarazzato: “Avanti... non è difficile! Chiedilelo! Di sicuro non ti saprà dire di no”.

«Ti avverto, non ho tempo da perdere» la ragazza fece volteggiare intorno all'indice le chiavi della vettura.

«Sarò veloce» promise timidamente lui

«E devo anche capire dov'è finita Marta»

«Le ho pagato il taxi per tornare a casa».

Rea rimase con la bocca semiaperta a fissare il bassista; benchè non potesse esternare nessun sentimento nei suoi confronti, quel suo essere timido ed impacciato e, nello stesso tempo, essere vestito come una rockstar lo rendeva ai suoi occhi incredibilmente irresistibile. Lo studiò mentre si passava nervoso la mano aperta nei capelli neri e si sfilava del tutto gli occhiali da sole; uno sciame di farfalle le riempì lo stomaco quando rivide quegli occhi verdi così spettacolari.

«Senti Rea» Nikki le sfiorò le dita della mano; la ragazza chiuse gli occhi per concentrarsi su quel minimo contatto. Lui percepì il suo desiderio e lo fece di nuovo, continuando a parlare: «Volevo chiederti, dato che staremo via per parecchio tempo» e mentre le diceva quelle parole le strinse l'indice nel suo palmo caldo «se potevo lasciare a casa con le tue amiche Spank». Rea aprì gli occhi e guardò Nikki, in cerca di spiegazioni; lui le sorrise e fece un passo verso di lei, accorciando le distanze: «Non mi va di portarlo al canile. Penso che starà meglio con persone che già conosce».

La bruna annuì in silenzio, avvicinando il viso alla spalla di Nikki; emanava un odore buono. Era caldo e virile; le dava i brividi. Ma subito si scansò e riprese a parlare in modo distaccato: «Per Spank nessun problema. Solo ti chiedo di non fare più queste cose; ormai siamo colleghi, te ne sei già dimenticato? La regola l'hai imposta tu».

Già” il bassista abbassò lo sguardo, vergognoso.

Rea lo fissò per l'ultima volta con il cuore in gola, poi si avviò veloce verso la portiera del guidatore: «Portami Spank alle prossime prove, così non dovrai scomodarti per venire fino a casa mia» e senza dargli il tempo di rispondere, accese il motore e scappò verso casa, con la mente affollata dalla confusione e dalla felicità.


NOTE:


Kramer: marca di chitarre.

Mighty Mouse: cartone animato della Terrytoons; è uno dei cartoni preferiti di Tommy Lee.

Forzato astemio: Vince Neil, durante il tour di “Girls, Girls, Girls”, a causa della sua condanna per l'omicidio di Razzle (batterista degli Hanoi Rocks), dovuto a guida in stato di ebbrezza, non poteva assolutamente toccare alcolici.


Dopo un'eternità, finalmente, eccomi qui con questo nuovo papiro, sperando che possa essere di vostro gradimento. Innanzitutto mi scuso con voi per i tempi, ormai veramente dilatati, con cui riesco a pubblicare; sfortunatamente il lavoro mi porta via un sacco di tempo e non ho nemmeno abbastanza ritagli per poter scrivere ogni tanto. Ringrazio come sempre tutte quelle che mi seguono e che mi lasciano recensioni; prometto che, appena potrò, risponderò ad ognuna di voi, come facevo i primi tempi. Ve lo devo, siete sempre molto gentili con me. Come avete potuto vedere, tutto è andato secondo i piani di Nikki; Rea partirà proprio il giorno dell'esame che aveva fissato (chissà come la prenderà Amy, dato che le aveva detto che lo studio era molto importante) ed inizierà una vita a dir poco sfrenata e oltre ogni limite. Preparatevi alle situazioni più assurde, questo tour sarà una cosa a dir poco sconvolgente; sono previste gag, triangoli, quadrilateri e momenti molto “heartbreaking”. Spero solo di non lasciar passare così tanto tempo fra una pubblicazione e l'altra. Fatemi sapere quello che pensate, sono sempre ben accette le vostre recensioni.

Un bacio,

Ellie

   
 
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